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sabato 27 dicembre 2014

Santa famiglia di Gesù, Giuseppe e Maria


Dal libro della Gènesi (Gen 15,1-6; 21,1-3)

In quei giorni, fu rivolta ad Abram, in visione, questa parola del Signore: «Non temere, Abram. Io sono il tuo scudo; la tua ricompensa sarà molto grande». Rispose Abram: «Signore Dio, che cosa mi darai? Io me ne vado senza figli e l’erede della mia casa è Elièzer di Damasco». Soggiunse Abram: «Ecco, a me non hai dato discendenza e un mio domestico sarà mio erede». Ed ecco, gli fu rivolta questa parola dal Signore: «Non sarà costui il tuo erede, ma uno nato da te sarà il tuo erede». Poi lo condusse fuori e gli disse: «Guarda in cielo e conta le stelle, se riesci a contarle» e soggiunse: «Tale sarà la tua discendenza». Egli credette al Signore, che glielo accreditò come giustizia. Il Signore visitò Sara, come aveva detto, e fece a Sara come aveva promesso. Sara concepì e partorì ad Abramo un figlio nella vecchiaia, nel tempo che Dio aveva fissato. Abramo chiamò Isacco il figlio che gli era nato, che Sara gli aveva partorito.

 

Dalla lettera agli Ebrei (Eb 11,8.11-12.17-19)

Fratelli, per fede, Abramo, chiamato da Dio, obbedì partendo per un luogo che doveva ricevere in eredità, e partì senza sapere dove andava. Per fede, anche Sara, sebbene fuori dell’età, ricevette la possibilità di diventare madre, perché ritenne degno di fede colui che glielo aveva promesso. Per questo da un uomo solo, e inoltre già segnato dalla morte, nacque una discendenza numerosa come le stelle del cielo e come la sabbia che si trova lungo la spiaggia del mare e non si può contare. Per fede, Abramo, messo alla prova, offrì Isacco, e proprio lui, che aveva ricevuto le promesse, offrì il suo unigenito figlio, del quale era stato detto: «Mediante Isacco avrai una tua discendenza». Egli pensava infatti che Dio è capace di far risorgere anche dai morti: per questo lo riebbe anche come simbolo.

 

Dal Vangelo secondo Luca (Lc 2,22-40)

Quando furono compiuti i giorni della loro purificazione rituale, secondo la legge di Mosè, [Maria e Giuseppe] portarono il bambino [Gesù] a Gerusalemme per presentarlo al Signore – come è scritto nella legge del Signore: «Ogni maschio primogenito sarà sacro al Signore» – e per offrire in sacrificio una coppia di tortore o due giovani colombi, come prescrive la legge del Signore. Ora a Gerusalemme c’era un uomo di nome Simeone, uomo giusto e pio, che aspettava la consolazione d’Israele, e lo Spirito Santo era su di lui. Lo Spirito Santo gli aveva preannunciato che non avrebbe visto la morte senza prima aver veduto il Cristo del Signore. Mosso dallo Spirito, si recò al tempio e, mentre i genitori vi portavano il bambino Gesù per fare ciò che la Legge prescriveva a suo riguardo, anch’egli lo accolse tra le braccia e benedisse Dio, dicendo: «Ora puoi lasciare, o Signore, che il tuo servo vada in pace, secondo la tua parola, perché i miei occhi hanno visto la tua salvezza, preparata da te davanti a tutti i popoli: luce per rivelarti alle genti e gloria del tuo popolo, Israele». Il padre e la madre di Gesù si stupivano delle cose che si dicevano di lui. Simeone li benedisse e a Maria, sua madre, disse: «Ecco, egli è qui per la caduta e la risurrezione di molti in Israele e come segno di contraddizione – e anche a te una spada trafiggerà l’anima –, affinché siano svelati i pensieri di molti cuori». C’era anche una profetessa, Anna, figlia di Fanuèle, della tribù di Aser. Era molto avanzata in età, aveva vissuto con il marito sette anni dopo il suo matrimonio, era poi rimasta vedova e ora aveva ottantaquattro anni. Non si allontanava mai dal tempio, servendo Dio notte e giorno con digiuni e preghiere. Sopraggiunta in quel momento, si mise anche lei a lodare Dio e parlava del bambino a quanti aspettavano la redenzione di Gerusalemme. Quando ebbero adempiuto ogni cosa secondo la legge del Signore, fecero ritorno in Galilea, alla loro città di Nàzaret. Il bambino cresceva e si fortificava, pieno di sapienza, e la grazia di Dio era su di lui.

 

Il testo del vangelo proposto per questa prima domenica dopo Natale, in cui si ricorda la famiglia di Gesù, ci parla delle varie prescrizioni ebraiche legate alla nascita di un figlio maschio cui anche Gesù fu sottoposto: dopo la circoncisione, la presentazione al tempio e il riscatto del primogenito.

I fatti narrati avvengono a Gerusalemme, che non è molto distante da Betlemme, luogo in cui la tradizione colloca la nascita di Gesù, e si concludono con il ritorno a Nazaret di Maria, Giuseppe e del loro bimbo. È questa la città in cui Gesù diventerà grande e vivrà la maggior parte della sua vita, tanto da essere identificato anche come “nazareno”.

Ciò su cui però il testo vuole attirare l’attenzione è il racconto degli incontri che la famiglia di Gesù fa a Gerusalemme, quello con Simeone e quello con Anna, dove ciò che emerge con chiarezza è il riconoscimento che entrambi fanno di questo bambino come l’atteso da Israele.

Come tutti i testi dell’infanzia di Gesù, si tratta di ricostruzioni teologiche, perciò più che andare alla ricerca di “cosa è accaduto veramente”, la giusta domanda con cui leggere il brano dovrebbe essere le seguente: cosa voleva comunicare di Gesù l’evangelista, narrando questi eventi?

giovedì 18 dicembre 2014

IV Domenica di Avvento: L'Annunciazione


Dal secondo libro di Samuèle (2Sam 7,1-5.8-12.14.16)

Il re Davide, quando si fu stabilito nella sua casa, e il Signore gli ebbe dato riposo da tutti i suoi nemici all’intorno, disse al profeta Natan: «Vedi, io abito in una casa di cedro, mentre l’arca di Dio sta sotto i teli di una tenda». Natan rispose al re: «Va’, fa’ quanto hai in cuor tuo, perché il Signore è con te». Ma quella stessa notte fu rivolta a Natan questa parola del Signore: «Va’ e di’ al mio servo Davide: “Così dice il Signore: Forse tu mi costruirai una casa, perché io vi abiti? Io ti ho preso dal pascolo, mentre seguivi il gregge, perché tu fossi capo del mio popolo Israele. Sono stato con te dovunque sei andato, ho distrutto tutti i tuoi nemici davanti a te e renderò il tuo nome grande come quello dei grandi che sono sulla terra. Fisserò un luogo per Israele, mio popolo, e ve lo pianterò perché vi abiti e non tremi più e i malfattori non lo opprimano come in passato e come dal giorno in cui avevo stabilito dei giudici sul mio popolo Israele. Ti darò riposo da tutti i tuoi nemici. Il Signore ti annuncia che farà a te una casa. Quando i tuoi giorni saranno compiuti e tu dormirai con i tuoi padri, io susciterò un tuo discendente dopo di te, uscito dalle tue viscere, e renderò stabile il suo regno. Io sarò per lui padre ed egli sarà per me figlio. La tua casa e il tuo regno saranno saldi per sempre davanti a me, il tuo trono sarà reso stabile per sempre”».

 

Dalla lettera di san Paolo apostolo ai Romani (Rm 16,25-27)

Fratelli, a colui che ha il potere di confermarvi nel mio vangelo, che annuncia Gesù Cristo, secondo la rivelazione del mistero, avvolto nel silenzio per secoli eterni, ma ora manifestato mediante le scritture dei Profeti, per ordine dell’eterno Dio, annunciato a tutte le genti perché giungano all’obbedienza della fede, a Dio, che solo è sapiente, per mezzo di Gesù Cristo, la gloria nei secoli. Amen.

 

Dal Vangelo secondo Luca (Lc 1,26-38)

In quel tempo, l’angelo Gabriele fu mandato da Dio in una città della Galilea, chiamata Nàzaret, a una vergine, promessa sposa di un uomo della casa di Davide, di nome Giuseppe. La vergine si chiamava Maria. Entrando da lei, disse: «Rallègrati, piena di grazia: il Signore è con te». A queste parole ella fu molto turbata e si domandava che senso avesse un saluto come questo. L’angelo le disse: «Non temere, Maria, perché hai trovato grazia presso Dio. Ed ecco, concepirai un figlio, lo darai alla luce e lo chiamerai Gesù. Sarà grande e verrà chiamato Figlio dell’Altissimo; il Signore Dio gli darà il trono di Davide suo padre e regnerà per sempre sulla casa di Giacobbe e il suo regno non avrà fine». Allora Maria disse all’angelo: «Come avverrà questo, poiché non conosco uomo?». Le rispose l’angelo: «Lo Spirito Santo scenderà su di te e la potenza dell’Altissimo ti coprirà con la sua ombra. Perciò colui che nascerà sarà santo e sarà chiamato Figlio di Dio. Ed ecco, Elisabetta, tua parente, nella sua vecchiaia ha concepito anch’essa un figlio e questo è il sesto mese per lei, che era detta sterile: nulla è impossibile a Dio». Allora Maria disse: «Ecco la serva del Signore: avvenga per me secondo la tua parola». E l’angelo si allontanò da lei.

 

In questa quarta domenica di avvento, la liturgia ci presenta il brano dell’annunciazione.

Vorrei guardarlo da un punto di vista particolare: cosa avviene quando Dio arriva nella vita dell’uomo (e qui, precisamente, della donna).

Innanzitutto: l’angelo Gabriele.

Chi mi conosce sa che non sono molto appassionata di angeli e simili. Tutte queste figure particolari, rese ancora più immaginifiche dai secoli di arte che ci hanno preceduto, mi fanno sempre temere che pensarli, o anche solo nominarli, porti a quella deriva magica della fede, che credo, più di ogni altra cosa, porti lontano dal volto di Dio che Gesù ci ha rivelato.

Eppure, non si può negare che nei racconti dell’infanzia essi – gli angeli – siano dei protagonisti: è un angelo che secondo la tradizione di Luca annuncia a Maria che diventerà la madre di Gesù. È un angelo che secondo la tradizione di Matteo parla al cuore di Giuseppe. Sono gli angeli infine a dare l’annuncio ai pastori della nascita del Messia.

Ma chi sono gli “angeli”? Ce lo chiediamo proprio alla luce del punto prospettico da cui vogliamo guardare il brano di oggi, perché quando Dio arriva, in queste storie dell’infanzia di Gesù, lo fa tramite loro.

La parola “angelo” viene dal verbo greco “anghello” che significa “annunciare”. L’angelo è perciò l’annunciatore, colui che porta un messaggio, in questo caso un messaggio di Dio. Non a caso se aggiungiamo una “v” alla parola “angelo” ci esce “vangelo”. Vangelo è un’aferesi, cioè è una parola risultante dalla caduta di una vocale iniziale: per intero sarebbe “evangelo”, dove “ev” significa buono/bello e “angelo”, appunto “annuncio”, da cui “lieta notizia”.

Gli angeli sono perciò coloro che portano dei messaggi, delle notizie, degli annunci. Sarà solo successivamente che essi prenderanno i tratti anticotestamentari delle ali e di tutto il resto. Mentre in realtà nei vangeli questi messaggeri al massimo hanno vesti bianche, ma nessuno parla di ali o simili.

Liberi tutti quindi di immaginarceli senza ali, semplicemente dei messaggeri, quasi fossero la voce di Dio che raggiunge il cuore dell’uomo nel modo umano, cioè con linguaggi, parole, suoni che noi possiamo comprendere.

Il nostro Gabriele è dunque un messaggero.

Guardiamo perciò al suo messaggio: «Rallègrati, piena di grazia: il Signore è con te».

La prima parola che Dio dice a Maria – tramite il suo messaggero o la sua voce o come volete chiamarlo – è “Rallegrati”. Indicativo della sua identità. Dio quando si approssima all’uomo, lo fa annunciandosi come qualcuno che invita alla gioia.

Tra l’altro dà subito un’indicazione ulteriore “piena di grazia: il Signore è con te”. Che ci dice che l’incontro è fonte di gioia perché è l’incontro con qualcuno che la ama, che ha uno sguardo di benevolenza incondizionata nei suoi confronti. Maria è piena della vicinanza del Signore.

E se ancora ci fossero dei dubbi: prima di dare il suo messaggio, l’angelo aggiunge “Non temere”, non avere paura.

Dio quando irrompe nella vita dell’uomo lo vuole vedere sorridere, perché alla base di tutto gli vuole dire che gli vuole bene e che quindi di Lui, qualsiasi cosa noi pensiamo o ci abbiano detto o abbiamo creduto, non bisogna avere paura.

Sarà ciò che per tutta la vita, quel bambino, di cui settimana prossima ricorderemo la nascita, tenterà di far entrare nella nostra testa dura.

Allora mi sembra importante prenderci il tempo, che manca alla festa del Natale, per tornare su questa lettura dell’annunciazione e, come Maria, farci coprire dall’ombra di questo Dio che ci entra nella vita solo per dirci che ci vuole bene, che ci vuole vedere sorridere, che è così delicato perché nulla ci faccia pensare che sia qualcuno da temere, da tenere buono, da ingraziarsi, da compiacere.

Sciogliendo anche la punta di amarezza per una storia “cristiana” che ci ha insegnato un dio diverso.

Sciogliendola, questa amarezza, perché adesso – che siamo grandi (sia come età che come maturità cristiana) e queste parole possiamo leggerle da noi – se lo vogliamo, possiamo davvero consegnarci a questo messaggio e a questo Dio.

lunedì 8 dicembre 2014

III Domenica di Avvento


Dal libro del profeta Isaìa (Is 61,1-2.10-11)

Lo spirito del Signore Dio è su di me, perché il Signore mi ha consacrato con l’unzione; mi ha mandato a portare il lieto annuncio ai miseri, a fasciare le piaghe dei cuori spezzati, a proclamare la libertà degli schiavi, la scarcerazione dei prigionieri, a promulgare l’anno di grazia del Signore. Io gioisco pienamente nel Signore, la mia anima esulta nel mio Dio, perché mi ha rivestito delle vesti della salvezza, mi ha avvolto con il mantello della giustizia, come uno sposo si mette il diadema e come una sposa si adorna di gioielli. Poiché, come la terra produce i suoi germogli e come un giardino fa germogliare i suoi semi, così il Signore Dio farà germogliare la giustizia e la lode davanti a tutte le genti.

 

Dalla prima lettera di san Paolo apostolo ai Tessalonicési (1Ts 5,16-24)

Fratelli, siate sempre lieti, pregate ininterrottamente, in ogni cosa rendete grazie: questa infatti è volontà di Dio in Cristo Gesù verso di voi. Non spegnete lo Spirito, non disprezzate le profezie. Vagliate ogni cosa e tenete ciò che è buono. Astenetevi da ogni specie di male. Il Dio della pace vi santifichi interamente, e tutta la vostra persona, spirito, anima e corpo, si conservi irreprensibile per la venuta del Signore nostro Gesù Cristo. Degno di fede è colui che vi chiama: egli farà tutto questo!

 

Dal Vangelo secondo Giovanni (Gv 1,6-8.19-28)

Venne un uomo mandato da Dio: il suo nome era Giovanni. Egli venne come testimone per dare testimonianza alla luce, perché tutti credessero per mezzo di lui. Non era lui la luce, ma doveva dare testimonianza alla luce. Questa è la testimonianza di Giovanni, quando i Giudei gli inviarono da Gerusalemme sacerdoti e levìti a interrogarlo: «Tu, chi sei?». Egli confessò e non negò. Confessò: «Io non sono il Cristo». Allora gli chiesero: «Chi sei, dunque? Sei tu Elia?». «Non lo sono», disse. «Sei tu il profeta?». «No», rispose. Gli dissero allora: «Chi sei? Perché possiamo dare una risposta a coloro che ci hanno mandato. Che cosa dici di te stesso?». Rispose: «Io sono voce di uno che grida nel deserto: Rendete diritta la via del Signore, come disse il profeta Isaìa». Quelli che erano stati inviati venivano dai farisei. Essi lo interrogarono e gli dissero: «Perché dunque tu battezzi, se non sei il Cristo, né Elia, né il profeta?». Giovanni rispose loro: «Io battezzo nell’acqua. In mezzo a voi sta uno che voi non conoscete, colui che viene dopo di me: a lui io non sono degno di slegare il laccio del sandalo». Questo avvenne in Betània, al di là del Giordano, dove Giovanni stava battezzando.

 

In questa terza domenica di Avvento la liturgia ci propone ancora la figura del precursore: il protagonista del brano di Vangelo è infatti nuovamente Giovanni, il battezzatore. Rispetto alla domenica precedente però, siamo di fronte a una diversa tradizione evangelica: il testo di oggi infatti non è tratto dalla narrazione di Marco, ma da quella dell’evangelista Giovanni.

La cosa non è insignificante, perché il Quarto Vangelo ha una strutturazione a sé stante rispetto ai tre sinottici, dovuta non solo alla sua redazione posteriore rispetto agli altri, ma anche al fatto di delineare prospettive teologiche diverse. Questo si ripercuote anche su dati concreti della vicenda: per esempio Giovanni Battista e Gesù sembrano non conoscersi affatto, mentre Luca sostiene che erano parenti.

Ciò che però l’autore del Quarto Vangelo mette in campo come tratto distintivo del Battista, distinguendosi in questo dai sinottici, è il fatto che Giovanni più che come battezzatore sia dipinto come il testimone. Infatti «nella presentazione che di lui fa il quarto evangelista è ricordata sì la sua attività battesimale, ma non ci sono folle che vengono a farsi battezzare, e nemmeno c’è la predicazione morale che viene ricordata da Matteo e Luca. Il Battista è caratterizzato soltanto da una parola, è colui che rende testimonianza» (P. Pezzoli, in “Scuola della Parola 1997”).

martedì 2 dicembre 2014

II Domenica di Avvento (B)


Dal libro del profeta Isaìa (Is 40,1-5.9-11)

«Consolate, consolate il mio popolo – dice il vostro Dio –. Parlate al cuore di Gerusalemme e gridatele che la sua tribolazione è compiuta, la sua colpa è scontata, perché ha ricevuto dalla mano del Signore il doppio per tutti i suoi peccati». Una voce grida: «Nel deserto preparate la via al Signore, spianate nella steppa la strada per il nostro Dio. Ogni valle sia innalzata, ogni monte e ogni colle siano abbassati; il terreno accidentato si trasformi in piano e quello scosceso in vallata. Allora si rivelerà la gloria del Signore e tutti gli uomini insieme la vedranno, perché la bocca del Signore ha parlato». Sali su un alto monte, tu che annunci liete notizie a Sion! Alza la tua voce con forza, tu che annunci liete notizie a Gerusalemme. Alza la voce, non temere; annuncia alle città di Giuda: «Ecco il vostro Dio! Ecco, il Signore Dio viene con potenza, il suo braccio esercita il dominio. Ecco, egli ha con sé il premio e la sua ricompensa lo precede. Come un pastore egli fa pascolare il gregge e con il suo braccio lo raduna; porta gli agnellini sul petto e conduce dolcemente le pecore madri».

Dalla seconda lettera di san Pietro apostolo (2Pt 3,8-14)

Una cosa non dovete perdere di vista, carissimi: davanti al Signore un solo giorno è come mille anni e mille anni come un solo giorno. Il Signore non ritarda nel compiere la sua promessa, anche se alcuni parlano di lentezza. Egli invece è magnanimo con voi, perché non vuole che alcuno si perda, ma che tutti abbiano modo di pentirsi. Il giorno del Signore verrà come un ladro; allora i cieli spariranno in un grande boato, gli elementi, consumati dal calore, si dissolveranno e la terra, con tutte le sue opere, sarà distrutta. Dato che tutte queste cose dovranno finire in questo modo, quale deve essere la vostra vita nella santità della condotta e nelle preghiere, mentre aspettate e affrettate la venuta del giorno di Dio, nel quale i cieli in fiamme si dissolveranno e gli elementi incendiati fonderanno! Noi infatti, secondo la sua promessa, aspettiamo nuovi cieli e una terra nuova, nei quali abita la giustizia. Perciò, carissimi, nell’attesa di questi eventi, fate di tutto perché Dio vi trovi in pace, senza colpa e senza macchia.

Dal Vangelo secondo Marco (Mc 1,1-8)

Inizio del vangelo di Gesù, Cristo, Figlio di Dio. Come sta scritto nel profeta Isaìa: «Ecco, dinanzi a te io mando il mio messaggero: egli preparerà la tua via. Voce di uno che grida nel deserto: Preparate la via del Signore, raddrizzate i suoi sentieri», vi fu Giovanni, che battezzava nel deserto e proclamava un battesimo di conversione per il perdono dei peccati. Accorrevano a lui tutta la regione della Giudea e tutti gli abitanti di Gerusalemme. E si facevano battezzare da lui nel fiume Giordano, confessando i loro peccati. Giovanni era vestito di peli di cammello, con una cintura di pelle attorno ai fianchi, e mangiava cavallette e miele selvatico. E proclamava: «Viene dopo di me colui che è più forte di me: io non sono degno di chinarmi per slegare i lacci dei suoi sandali. Io vi ho battezzato con acqua, ma egli vi battezzerà in Spirito Santo».

 

La II e la III domenica di Avvento si concentrano sulla figura del precursore: Giovanni Battista. Questa domenica si fa riferimento al testo del vangelo di Marco, mentre settimana prossima sarà Giovanni a raccontarci del Battezzatore.

La cosa interessante di Marco è che, dopo il I versetto di tutto il vangelo (Mc 1,1: «Inizio del vangelo di Gesù, Cristo, Figlio di Dio»), che gli esegeti suggeriscono essere il titolo dello scritto, più che l’inizio della narrazione vera e propria, il primo personaggio che si incontra non è Gesù, ma appunto Giovanni.

In altre parole, dopo aver posto la tesi del suo libro (Gesù è il Cristo, il Figlio di Dio), Marco inizia il suo racconto, che ha il preciso scopo di rispondere alla domanda “Chi è Gesù?”, cioè di riempire di significato quei titoli che gli dà in apertura (Cristo – titolo che infatti si rincontrerà a metà vangelo, nella confessione di fede di Pietro: «Tu sei il Cristo», Mc 8,29; e Figlio di Dio – che rincontreremo sotto la croce quando il centurione romano commenterà la morte di Gesù, dicendo: «Davvero quest’uomo era Figlio di Dio!»), con Giovanni Battista.
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