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sabato 26 dicembre 2015

Santa Famiglia 2015


Dal primo libro di Samuèle (1Sam 1,20-22.24-28)

Al finir dell’anno Anna concepì e partorì un figlio e lo chiamò Samuèle, «perché – diceva – al Signore l’ho richiesto». Quando poi Elkanà andò con tutta la famiglia a offrire il sacrificio di ogni anno al Signore e a soddisfare il suo voto, Anna non andò, perché disse al marito: «Non verrò, finché il bambino non sia svezzato e io possa condurlo a vedere il volto del Signore; poi resterà là per sempre». Dopo averlo svezzato, lo portò con sé, con un giovenco di tre anni, un’efa di farina e un otre di vino, e lo introdusse nel tempio del Signore a Silo: era ancora un fanciullo. Immolato il giovenco, presentarono il fanciullo a Eli e lei disse: «Perdona, mio signore. Per la tua vita, mio signore, io sono quella donna che era stata qui presso di te a pregare il Signore. Per questo fanciullo ho pregato e il Signore mi ha concesso la grazia che gli ho richiesto. Anch’io lascio che il Signore lo richieda: per tutti i giorni della sua vita egli è richiesto per il Signore». E si prostrarono là davanti al Signore.

 

Dalla prima lettera di san Giovanni apostolo (1Gv 3,1-2.21-24)

Carissimi, vedete quale grande amore ci ha dato il Padre per essere chiamati figli di Dio, e lo siamo realmente! Per questo il mondo non ci conosce: perché non ha conosciuto lui. Carissimi, noi fin d’ora siamo figli di Dio, ma ciò che saremo non è stato ancora rivelato. Sappiamo però che quando egli si sarà manifestato, noi saremo simili a lui, perché lo vedremo così come egli è. Carissimi, se il nostro cuore non ci rimprovera nulla, abbiamo fiducia in Dio, e qualunque cosa chiediamo, la riceviamo da lui, perché osserviamo i suoi comandamenti e facciamo quello che gli è gradito. Questo è il suo comandamento: che crediamo nel nome del Figlio suo Gesù Cristo e ci amiamo gli uni gli altri, secondo il precetto che ci ha dato. Chi osserva i suoi comandamenti rimane in Dio e Dio in lui. In questo conosciamo che egli rimane in noi: dallo Spirito che ci ha dato.

 

Dal Vangelo secondo Luca (Lc 2,41-52)

I genitori di Gesù si recavano ogni anno a Gerusalemme per la festa di Pasqua. Quando egli ebbe dodici anni, vi salirono secondo la consuetudine della festa. Ma, trascorsi i giorni, mentre riprendevano la via del ritorno, il fanciullo Gesù rimase a Gerusalemme, senza che i genitori se ne accorgessero. Credendo che egli fosse nella comitiva, fecero una giornata di viaggio, e poi si misero a cercarlo tra i parenti e i conoscenti; non avendolo trovato, tornarono in cerca di lui a Gerusalemme. Dopo tre giorni lo trovarono nel tempio, seduto in mezzo ai maestri, mentre li ascoltava e li interrogava. E tutti quelli che l’udivano erano pieni di stupore per la sua intelligenza e le sue risposte. Al vederlo restarono stupiti, e sua madre gli disse: «Figlio, perché ci hai fatto questo? Ecco, tuo padre e io, angosciati, ti cercavamo». Ed egli rispose loro: «Perché mi cercavate? Non sapevate che io devo occuparmi delle cose del Padre mio?». Ma essi non compresero ciò che aveva detto loro. Scese dunque con loro e venne a Nàzaret e stava loro sottomesso. Sua madre custodiva tutte queste cose nel suo cuore. E Gesù cresceva in sapienza, età e grazia davanti a Dio e agli uomini.

 

In questa prima domenica dopo Natale, la Chiesa ci invita a soffermarci sulla Santa Famiglia di Gesù, Maria e Giuseppe; e lo fa presentandoci come brano del vangelo il testo di Luca che parla di Gesù dodicenne.

È strano ad appena due giorni da Natale ritrovarsi ad avere a che fare con Gesù già ragazzino ed è soprattutto per questo che ho deciso di concentrare questo commento, più che sul brano proposto, sulla festa in sé: la festa della Santa Famiglia di Gesù, Maria e Giuseppe.

Perché mi veniva da pensare che – come dicevamo settimana scorsa per Maria – forse il “modello di famiglia” che la tradizione e la predicazione ci hanno proposto andrebbe un po’ riconsiderato.

Sull’ideale di famiglia che la morale cattolica ha sviluppato nei secoli (e sulla forma sociale che concretamente ha incarnato fino a non poco tempo fa e ancora oggi in molte persone) non serve dilungarsi, credo che tutti sappiano a cosa faccio riferimento: famiglia eterosessuale, con marito lavoratore e donna casalinga nel ruolo di moglie e madre; una famiglia buona, fedele e casta, che abita la sua casa, vive con osservanza le tradizioni religiose del suo popolo, ecc… una “buona famiglia” come si usa dire gergalmente, una “famiglia del mulino bianco” come più efficacemente si dice oggi.

mercoledì 16 dicembre 2015

IV Domenica di Avvento


Dal libro del profeta Michèa (Mi 5,1-4a)

Così dice il Signore: «E tu, Betlemme di Èfrata, così piccola per essere fra i villaggi di Giuda, da te uscirà per me colui che deve essere il dominatore in Israele; le sue origini sono dall’antichità, dai giorni più remoti. Perciò Dio li metterà in potere altrui, fino a quando partorirà colei che deve partorire; e il resto dei tuoi fratelli ritornerà ai figli d’Israele. Egli si leverà e pascerà con la forza del Signore, con la maestà del nome del Signore, suo Dio. Abiteranno sicuri, perché egli allora sarà grande fino agli estremi confini della terra. Egli stesso sarà la pace!».

 

Dalla lettera agli Ebrei (Eb 10,5-10)

Fratelli, entrando nel mondo, Cristo dice: «Tu non hai voluto né sacrificio né offerta, un corpo invece mi hai preparato. Non hai gradito né olocausti né sacrifici per il peccato. Allora ho detto: “Ecco, io vengo – poiché di me sta scritto nel rotolo del libro – per fare, o Dio, la tua volontà”». Dopo aver detto: «Tu non hai voluto e non hai gradito né sacrifici né offerte, né olocausti né sacrifici per il peccato», cose che vengono offerte secondo la Legge, soggiunge: «Ecco, io vengo per fare la tua volontà». Così egli abolisce il primo sacrificio per costituire quello nuovo. Mediante quella volontà siamo stati santificati per mezzo dell’offerta del corpo di Gesù Cristo, una volta per sempre.

 

Dal Vangelo secondo Luca (Lc 1,39-45)

In quei giorni Maria si alzò e andò in fretta verso la regione montuosa, in una città di Giuda. Entrata nella casa di Zaccarìa, salutò Elisabetta. Appena Elisabetta ebbe udito il saluto di Maria, il bambino sussultò nel suo grembo. Elisabetta fu colmata di Spirito Santo ed esclamò a gran voce: «Benedetta tu fra le donne e benedetto il frutto del tuo grembo! A che cosa devo che la madre del mio Signore venga da me? Ecco, appena il tuo saluto è giunto ai miei orecchi, il bambino ha sussultato di gioia nel mio grembo. E beata colei che ha creduto nell’adempimento di ciò che il Signore le ha detto».

 

In questa Quarta e ultima Domenica di Avvento la Chiesa ci propone di riflettere sull’episodio del vangelo di Luca, tradizionalmente titolato “La visitazione”: Maria – dopo aver ricevuto, da parte dell’angelo Gabriele, l’annuncio del concepimento di Gesù – parte «in fretta» per andare da Elisabetta, sua parente.

Per quale motivo Maria si reca da Elisabetta? Secondo un diffuso sentire popolare Maria sarebbe stata spinta dalla carità: si sarebbe cioè recata da Elisabetta per aiutarla.

In realtà da nessuna parte del testo è suggerito che il motivo del viaggio di Maria sia stato questo. Tanto più che Maria ritorna a casa sua prima della nascita del Battista (Lc 1,56): un po’ strano che qualcuno venuto per assistere una parente durante la gravidanza se ne vada proprio prima del parto…

La ragione di questa visita dev’essere perciò un altro

lunedì 7 dicembre 2015

III Domenica di Avvento


Dal libro del profeta Sofonìa (Sof 3,14-18)

Rallègrati, figlia di Sion, grida di gioia, Israele, esulta e acclama con tutto il cuore, figlia di Gerusalemme! Il Signore ha revocato la tua condanna, ha disperso il tuo nemico. Re d’Israele è il Signore in mezzo a te, tu non temerai più alcuna sventura. In quel giorno si dirà a Gerusalemme: «Non temere, Sion, non lasciarti cadere le braccia! Il Signore, tuo Dio, in mezzo a te è un salvatore potente. Gioirà per te, ti rinnoverà con il suo amore, esulterà per te con grida di gioia».

 

Dalla lettera di san Paolo apostolo ai Filippési (Fil 4,4-7)

Fratelli, siate sempre lieti nel Signore, ve lo ripeto: siate lieti. La vostra amabilità sia nota a tutti. Il Signore è vicino! Non angustiatevi per nulla, ma in ogni circostanza fate presenti a Dio le vostre richieste con preghiere, suppliche e ringraziamenti. E la pace di Dio, che supera ogni intelligenza, custodirà i vostri cuori e le vostre menti in Cristo Gesù.

 

Dal Vangelo secondo Luca (Lc 3,10-18)

In quel tempo, le folle interrogavano Giovanni, dicendo: «Che cosa dobbiamo fare?». Rispondeva loro: «Chi ha due tuniche, ne dia a chi non ne ha, e chi ha da mangiare, faccia altrettanto». Vennero anche dei pubblicani a farsi battezzare e gli chiesero: «Maestro, che cosa dobbiamo fare?». Ed egli disse loro: «Non esigete nulla di più di quanto vi è stato fissato». Lo interrogavano anche alcuni soldati: «E noi, che cosa dobbiamo fare?». Rispose loro: «Non maltrattate e non estorcete niente a nessuno; accontentatevi delle vostre paghe». Poiché il popolo era in attesa e tutti, riguardo a Giovanni, si domandavano in cuor loro se non fosse lui il Cristo, Giovanni rispose a tutti dicendo: «Io vi battezzo con acqua; ma viene colui che è più forte di me, a cui non sono degno di slegare i lacci dei sandali. Egli vi battezzerà in Spirito Santo e fuoco. Tiene in mano la pala per pulire la sua aia e per raccogliere il frumento nel suo granaio; ma brucerà la paglia con un fuoco inestinguibile». Con molte altre esortazioni Giovanni evangelizzava il popolo.

 

Rieccoci alle prese con Giovanni Battista.

Il brano di oggi si conclude così: «Giovanni evangelizzava il popolo».

Tenendo presente che “evangelizzare” vuol dire “dare una buona notizia”, non pare che il commento di Luca sia proprio azzeccato: un attimo prima infatti fa dire al Battista: «Tiene in mano la pala per pulire la sua aia e per raccogliere il frumento nel suo granaio; ma brucerà la paglia con un fuoco inestinguibile».

Almeno per la “paglia”, l’annuncio non è lieto, non si tratta proprio di una buona notizia.

Cosa dobbiamo concludere?

mercoledì 2 dicembre 2015

II Domenica di Avvento


Dal libro del profeta Baruc (Bar 5,1-9)
Deponi, o Gerusalemme, la veste del lutto e dell’afflizione, rivèstiti dello splendore della gloria che ti viene da Dio per sempre. Avvolgiti nel manto della giustizia di Dio, metti sul tuo capo il diadema di gloria dell’Eterno, perché Dio mostrerà il tuo splendore a ogni creatura sotto il cielo. Sarai chiamata da Dio per sempre: «Pace di giustizia» e «Gloria di pietà». Sorgi, o Gerusalemme, sta’ in piedi sull’altura e guarda verso oriente; vedi i tuoi figli riuniti, dal tramonto del sole fino al suo sorgere, alla parola del Santo, esultanti per il ricordo di Dio. Si sono allontanati da te a piedi, incalzati dai nemici; ora Dio te li riconduce in trionfo come sopra un trono regale. Poiché Dio ha deciso di spianare ogni alta montagna e le rupi perenni, di colmare le valli livellando il terreno, perché Israele proceda sicuro sotto la gloria di Dio. Anche le selve e ogni albero odoroso hanno fatto ombra a Israele per comando di Dio. Perché Dio ricondurrà Israele con gioia alla luce della sua gloria, con la misericordia e la giustizia che vengono da lui.
 
Dalla lettera di san Paolo apostolo ai Filippési (Fil 1,4-6.8-11)
Fratelli, sempre, quando prego per tutti voi, lo faccio con gioia a motivo della vostra cooperazione per il Vangelo, dal primo giorno fino al presente. Sono persuaso che colui il quale ha iniziato in voi quest’opera buona, la porterà a compimento fino al giorno di Cristo Gesù. Infatti Dio mi è testimone del vivo desiderio che nutro per tutti voi nell’amore di Cristo Gesù. E perciò prego che la vostra carità cresca sempre più in conoscenza e in pieno discernimento, perché possiate distinguere ciò che è meglio ed essere integri e irreprensibili per il giorno di Cristo, ricolmi di quel frutto di giustizia che si ottiene per mezzo di Gesù Cristo, a gloria e lode di Dio.
 
Dal Vangelo secondo Luca (Lc 3,1-6)
Nell’anno quindicesimo dell’impero di Tiberio Cesare, mentre Ponzio Pilato era governatore della Giudea, Erode tetràrca della Galilea, e Filippo, suo fratello, tetràrca dell’Iturèa e della Traconìtide, e Lisània tetràrca dell’Abilène, sotto i sommi sacerdoti Anna e Càifa, la parola di Dio venne su Giovanni, figlio di Zaccarìa, nel deserto. Egli percorse tutta la regione del Giordano, predicando un battesimo di conversione per il perdono dei peccati, com’è scritto nel libro degli oracoli del profeta Isaìa: «Voce di uno che grida nel deserto: Preparate la via del Signore, raddrizzate i suoi sentieri! Ogni burrone sarà riempito, ogni monte e ogni colle sarà abbassato; le vie tortuose diverranno diritte e quelle impervie, spianate. Ogni uomo vedrà la salvezza di Dio!».
 
In questa Seconda Domenica di Avvento, la Chiesa ci introduce – con le sue letture – in un clima di attesa decisamente più luminoso di quello presentato la settimana scorsa da Lc 21:
-          «Deponi, o Gerusalemme, la veste del lutto e dell’afflizione, rivèstiti dello splendore della gloria che ti viene da Dio per sempre» – proclama il profeta Baruc;
-          «Ogni uomo vedrà la salvezza di Dio!» – gli fa eco Isaia, citato da Luca…
-          E Paolo, nella sua lettera ai Filippesi, non è da meno: «Sono persuaso che colui il quale ha iniziato in voi quest’opera buona, la porterà a compimento fino al giorno di Cristo Gesù».
Tutta questa effervescenza ovviamente è legata al mistero del Natale di Gesù che – con l’Avvento – ci prepariamo ad accogliere; eppure l’attenzione non è ancora posta precisamente su di Lui: la Chiesa infatti ci invita a concentrarci (e lo farà per due domeniche di seguito) sul Precursore, su Giovanni.
Questo dato è molto interessante: la Chiesa infatti – per parlare della venuta di Gesù – invita sempre a farlo passando da Giovanni Battista.
E questo da sempre, tant’è che tutti e quattro i vangeli attribuiscono grande importanza a questo personaggio e sottolineano come si possa iniziare a parlare di Gesù solo attraverso suo “cugino”…
Diventa indispensabile dunque anche per noi oggi, ripercorrere l’esperienza storica di quest’uomo (storica al 100%, data la puntigliosità di Luca nel collocarla nel quadro dei grandi avvenimenti storico-politici dell’epoca: «Nell’anno quindicesimo dell’impero di Tiberio Cesare, mentre Ponzio Pilato era governatore della Giudea, Erode tetràrca della Galilea, e Filippo, suo fratello, tetràrca dell’Iturèa e della Traconìtide, e Lisània tetràrca dell’Abilène, sotto i sommi sacerdoti Anna e Càifa, la parola di Dio venne su Giovanni, figlio di Zaccarìa, nel deserto»).
Lo facciamo lasciandoci guidare dalle preziose indicazioni contenute nel capitolo 1 del libro Con Marco in cammino verso il Regno del Monastero delle Carmelitane scalze di Legnano.
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