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martedì 5 gennaio 2016

Battesimo del Signore


Dal libro del profeta Isaìa (Is 40,1-5.9-11)

«Consolate, consolate il mio popolo – dice il vostro Dio. Parlate al cuore di Gerusalemme e gridatele che la sua tribolazione è compiuta la sua colpa è scontata, perché ha ricevuto dalla mano del Signore il doppio per tutti i suoi peccati». Una voce grida: «Nel deserto preparate la via al Signore, spianate nella steppa la strada per il nostro Dio. Ogni valle sia innalzata, ogni monte e ogni colle siano abbassati; il terreno accidentato si trasformi in piano e quello scosceso in vallata. Allora si rivelerà la gloria del Signore e tutti gli uomini insieme la vedranno, perché la bocca del Signore ha parlato». Sali su un alto monte, tu che annunci liete notizie a Sion! Alza la tua voce con forza, tu che annunci liete notizie a Gerusalemme. Alza la voce, non temere; annuncia alle città di Giuda: «Ecco il vostro Dio! Ecco, il Signore Dio viene con potenza, il suo braccio esercita il dominio. Ecco, egli ha con sé il premio e la sua ricompensa lo precede. Come un pastore egli fa pascolare il gregge e con il suo braccio lo raduna; porta gli agnellini sul petto e conduce dolcemente le pecore madri».

 

Dalla lettera di san Paolo apostolo a Tito (Tt 2,11-14;3,4-7)

Figlio mio, è apparsa la grazia di Dio, che porta salvezza a tutti gli uomini e ci insegna a rinnegare l’empietà e i desideri mondani e a vivere in questo mondo con sobrietà, con giustizia e con pietà, nell’attesa della beata speranza e della manifestazione della gloria del nostro grande Dio e salvatore Gesù Cristo. Egli ha dato se stesso per noi, per riscattarci da ogni iniquità e formare per sé un popolo puro che gli appartenga, pieno di zelo per le opere buone. Ma quando apparvero la bontà di Dio, salvatore nostro, e il suo amore per gli uomini, egli ci ha salvati, non per opere giuste da noi compiute, ma per la sua misericordia, con un’acqua che rigenera e rinnova nello Spirito Santo, che Dio ha effuso su di noi in abbondanza per mezzo di Gesù Cristo, salvatore nostro, affinché, giustificati per la sua grazia, diventassimo, nella speranza, eredi della vita eterna.

 

Dal Vangelo secondo Luca (Lc 3,15-16.21-22)

In quel tempo, poiché il popolo era in attesa e tutti, riguardo a Giovanni, si domandavano in cuor loro se non fosse lui il Cristo, Giovanni rispose a tutti dicendo: «Io vi battezzo con acqua; ma viene colui che è più forte di me, a cui non sono degno di slegare i lacci dei sandali. Egli vi battezzerà in Spirito Santo e fuoco». Ed ecco, mentre tutto il popolo veniva battezzato e Gesù, ricevuto anche lui il battesimo, stava in preghiera, il cielo si aprì e discese sopra di lui lo Spirito Santo in forma corporea, come una colomba, e venne una voce dal cielo: «Tu sei il Figlio mio, l’amato: in te ho posto il mio compiacimento».

 

Domenica celebreremo la festa del Battesimo del Signore, il cui racconto quest’anno ci è presentato nella versione di Luca. È un testo molto noto che, peraltro, nelle diverse presentazioni degli evangelisti, leggiamo ogni anno. Vorrei perciò soffermarmi quest’oggi solo su un’espressione: «il cielo si aprì».

Essa infatti mi ha fatto ripensare al vangelo di settimana scorsa, il Prologo poetico di Giovanni. Durante la messa mi aveva colpito – rileggendo quel testo – la parola “presso” («il Verbo era presso Dio»), che è un termine che nell’ultimo anno della mia vita ho riscoperto.

Infatti, abitando insieme ad altre persone, quando qualcuno mi scrive una lettera o una cartolina, deve indirizzarla a Chiara Giuliani, c/o Fraternità carmelitana ecc… c/o, presso. Vuol dire che io sono lì, abito lì, sto lì dentro…

Non ci avevo mai pensato, ma nel Prologo si dice che da sempre Gesù è c/o Dio: se vuoi scrivergli una cartolina devi indirizzarla lì.

Poi però, sempre nel Prologo, si dice che Gesù «si è fatto carne e pose la tenda (= venne ad abitare) in mezzo a noi»… cioè ha cambiato casa, ha cambiato indirizzo. Da quel momento se vuoi mandargli una cartolina, devi mandarla c/o la sua tenda, che è in mezzo a noi.

Solo che poi Gesù è morto, risorto e asceso al cielo, cioè, come dice la tradizione, è tornato c/o Dio… era dunque stato solo un cambio di indirizzo momentaneo? La cartolina ora va di nuovo spedita in cielo, c/o Dio?

La frase del brano di Luca di oggi può illuminare la questione: «il cielo si aprì».

L’abbiamo detto tante volte e il Prologo di settimana scorsa ce l’ha nuovamente ricordato: Gesù ci ha raccontato chi è Dio («Dio nessuno lo ha mai visto, l’unigenito ce lo ha rivelato»). Dobbiamo perciò rivedere l’organizzazione spaziale dei nostri ragionamenti religiosi.

Noi, se ci guardiamo intorno, vediamo la terra “sotto” e il cielo “sopra” e questo è un dato di fatto della nostra percezione spaziale. Solo che, religiosamente parlando, abbiamo identificato la terra con l’uomo e il cielo con Dio. Perciò risulta che l’uomo è sotto e Dio è in cielo.

Ma il Prologo di Giovanni non dice che Gesù era in cielo, c/o Dio, dice solo che era c/o Dio. E la vera differenza è che “prese carne”, non che “discese”. Questo può aiutarci a cambiare la nostra mentalità.

Non si tratta di “sotto”-“sopra”, ma modalità di esistenza diverse: semplificando un po’ “visibile-invisibile”.

Dire perciò che «il cielo si aprì» vuol dire rompere dal di dentro il meccanismo del “sotto”-“sopra”.

Come se la storia di Gesù ci dicesse: cari uomini, non era vero quello che avete sempre creduto: che Dio fosse lassù e voi quaggiù. Ma se anche l’avete creduto ed è difficile per voi levarvi dalla testa questo schemino, vi dico una cosa che rompe questo marchingegno tanto nefasto: faccio finta che fosse vero, ma vi dico che il cielo si è aperto. Non c’è più Dio lassù e voi quaggiù. Il velo si è squarciato.

Non a caso nel racconto del Battesimo di Gesù entra in scena lo spirito di Dio, che discende: è cioè il flusso Dio-uomo rimesso in circolo (in verità non si era mai interrotto, ma prima che Gesù ce lo rivelasse, noi non lo sapevamo e continuavamo a credere che Dio fosse lassù col suo spirito, che ogni tanto – in maniera estemporanea – riversava su qualcuno).

Il problema vero è che noi continuiamo a pensare come se la rivelazione di Gesù su chi è, dov’è e come è Dio non ci fosse stata. Abbiamo introiettato una versione della storia raccontataci da Gesù circoscritta alla sua vita: abbiamo cioè pensato che con lui morto, risorto e asceso al cielo, il cielo stesso si fosse richiuso. E a noi non restasse che lo spirito di Dio, che – di nuovo – a volte si riversa su qualcuno.

Io credo invece che la rivelazione (cioè il racconto) di Dio che Gesù ci ha fatto, avesse di mira la conversione della nostra organizzazione mentale: Dio non è sopra, chiuso nel suo cielo, ma da sempre ha posto la sua tenda in mezzo a noi, in una modalità di essere diversa da quella visibile («Dio è spirito»), ma non per questo inaccessibile. Questo Gesù ci ha rivelato / raccontato, facendosi visibile, cioè prendendo carne.

Perciò qualsiasi cartolina spedita “in cielo” torna indietro al mittente… il quale potrà recapitarla solo se, abbassando gli occhi dal cielo alla terra, si accorgerà che il suo destinatario aveva la tenda nel suo stesso accampamento.

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