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venerdì 4 settembre 2015

XXIII Domenica del Tempo ordinario


Dal libro del profeta Isaia (Is 35,4-7a)

Dite agli smarriti di cuore: «Coraggio, non temete! Ecco il vostro Dio, giunge la vendetta, la ricompensa divina. Egli viene a salvarvi». Allora si apriranno gli occhi dei ciechi e si schiuderanno gli orecchi dei sordi. Allora lo zoppo salterà come un cervo, griderà di gioia la lingua del muto, perché scaturiranno acque nel deserto, scorreranno torrenti nella steppa. La terra bruciata diventerà una palude, il suolo riarso sorgenti d'acqua.

 

Dalla lettera di Giacomo (Gc 2,1-5)

Fratelli miei, la vostra fede nel Signore nostro Gesù Cristo, Signore della gloria, sia immune da favoritismi personali. Supponiamo che, in una delle vostre riunioni, entri qualcuno con un anello d'oro al dito, vestito lussuosamente, ed entri anche un povero con un vestito logoro. Se guardate colui che è vestito lussuosamente e gli dite: «Tu siediti qui, comodamente», e al povero dite: «Tu mettiti là, in piedi», oppure: «Siediti qui ai piedi del mio sgabello», non fate forse discriminazioni e non siete giudici dai giudizi perversi? Ascoltate, fratelli miei carissimi: Dio non ha forse scelto i poveri agli occhi del mondo, che sono ricchi nella fede ed eredi del Regno, promesso a quelli che lo amano?

 

Dal Vangelo di Marco (Mc 7,31-37)

In quel tempo, Gesù, uscito dalla regione di Tiro, passando per Sidòne, venne verso il mare di Galilea in pieno territorio della Decàpoli. Gli portarono un sordomuto e lo pregarono di imporgli la mano. Lo prese in disparte, lontano dalla folla, gli pose le dita negli orecchi e con la saliva gli toccò la lingua; guardando quindi verso il cielo, emise un sospiro e gli disse: «Effatà», cioè: «Apriti!». E subito gli si aprirono gli orecchi, si sciolse il nodo della sua lingua e parlava correttamente. E comandò loro di non dirlo a nessuno. Ma più egli lo proibiva, più essi lo proclamavano e, pieni di stupore, dicevano: «Ha fatto bene ogni cosa: fa udire i sordi e fa parlare i muti!».

 

Dopo il duro scontro, che il vangelo di domenica scorsa presentava, tra Gesù e i farisei, il testo riporta l’annotazione per cui Gesù, «partito di là, andò nella regione di Tiro. Entrato in una casa, non voleva che alcuno lo sapesse» (Mc 7,24).

Gesù cioè, di fronte all’ennesima controversia con i suoi oppositori e di fronte all’ennesima conferma della durezza e ipocrisia dei loro cuori, sembra volersi ritirare in luoghi stranieri per starsene un po’ solo. Non vuole infatti che nessuno sappia della sua presenza.

Ma – come gli era già successo in occasione della moltiplicazione dei pani (cfr Mc 6,30-34), quando, volendosi ritirare in disparte coi suoi discepoli, era invece stato seguito da una grande folla – anche qui il suo intento sfuma: una donna siro-fenicia prima (Mc 7,25-30) e un sordomuto poi (Mc 7,31-37, che è il brano odierno) gli si pongono sul cammino e lo sollecitano a uscire dal nascondimento in cui Egli invece avrebbe preferito, per un poco, restare.

Anche in questa occasione, come con la folla a cui poi aveva moltiplicato il pane, Gesù non reagisce malamente, non rifiuta l’incontro per seguire il suo (giusto) desiderio di starsene un po’ in disparte, non riesce a «stare nascosto» (Mc 7,24); anzi, proprio come allora, quando si era intenerito perché tutta quella gente gli era apparsa come pecore senza pastore, anche qui in Gesù ciò che viene immediatamente a coscienza è la com-passione, è il lasciarsi interpellare dall’altro che gli si fa incontro, è il lasciarsi coinvolgere nella sua storia e nella drammatica della sua vita.

Nonostante dunque il bisogno di stare in disparte, ingeneratosi in lui dalla discussione coi farisei, nonostante il suo desiderio di essere lasciato in pace, Gesù di fronte alla donna pagana con la figlia malata e al sordomuto che gli portano – di fronte cioè ai piccoli dell’umanità – non riesce a non farsi intenerire e entrambe le volte fa ciò che gli chiedono.

In questa rapida analisi di come ha “funzionato” in quelle occasioni la libertà di Gesù, emerge un tratto dell’interiorità di Dio davvero inedito, perché – per noi cristiani – chi vede Gesù, vede come è fatto Dio!

lunedì 3 settembre 2012

XXIII Domenica del Tempo Ordinario


Dal libro del profeta Isaia (Is 35,4-7a)

Dite agli smarriti di cuore: «Coraggio, non temete! Ecco il vostro Dio, giunge la vendetta, la ricompensa divina. Egli viene a salvarvi». Allora si apriranno gli occhi dei ciechi e si schiuderanno gli orecchi dei sordi. Allora lo zoppo salterà come un cervo, griderà di gioia la lingua del muto, perché scaturiranno acque nel deserto, scorreranno torrenti nella steppa. La terra bruciata diventerà una palude, il suolo riarso sorgenti d'acqua.

 

Dalla lettera di Giacomo (Gc 2,1-5)

Fratelli miei, la vostra fede nel Signore nostro Gesù Cristo, Signore della gloria, sia immune da favoritismi personali. Supponiamo che, in una delle vostre riunioni, entri qualcuno con un anello d'oro al dito, vestito lussuosamente, ed entri anche un povero con un vestito logoro. Se guardate colui che è vestito lussuosamente e gli dite: «Tu siediti qui, comodamente», e al povero dite: «Tu mettiti là, in piedi», oppure: «Siediti qui ai piedi del mio sgabello», non fate forse discriminazioni e non siete giudici dai giudizi perversi? Ascoltate, fratelli miei carissimi: Dio non ha forse scelto i poveri agli occhi del mondo, che sono ricchi nella fede ed eredi del Regno, promesso a quelli che lo amano?

 

Dal Vangelo di Marco (Mc 7,31-37)

In quel tempo, Gesù, uscito dalla regione di Tiro, passando per Sidòne, venne verso il mare di Galilea in pieno territorio della Decàpoli. Gli portarono un sordomuto e lo pregarono di imporgli la mano. Lo prese in disparte, lontano dalla folla, gli pose le dita negli orecchi e con la saliva gli toccò la lingua; guardando quindi verso il cielo, emise un sospiro e gli disse: «Effatà», cioè: «Apriti!». E subito gli si aprirono gli orecchi, si sciolse il nodo della sua lingua e parlava correttamente. E comandò loro di non dirlo a nessuno. Ma più egli lo proibiva, più essi lo proclamavano e, pieni di stupore, dicevano: «Ha fatto bene ogni cosa: fa udire i sordi e fa parlare i muti!».

 

«Ha fatto bene ogni cosa: fa udire i sordi e fa parlare i muti!».

Il vangelo, che la Liturgia di questa Ventitreesima Domenica del Tempo Ordinario ci propone, termina così, con questa grido di gioia che alcuni stranieri (siamo infatti «in pieno territorio della Decàpoli») innalzano dopo aver incontrato Gesù.

Chissà se sanno che stanno pronunciando il compimento delle profezie antiche? «“Ecco il vostro Dio”. […]. Allora si apriranno gli occhi dei ciechi e si schiuderanno gli orecchi dei sordi. Allora lo zoppo salterà come un cervo, griderà di gioia la lingua del muto, perché scaturiranno acque nel deserto».

Certo la domanda è retorica, perché indubbiamente Marco – il redattore del vangelo – lo sa e non a caso mette proprio queste parole sulle labbra di questo ex sordo e “malparlante” e dei suoi amici.

Marco vuole proprio dire questo: con Gesù è arrivato Dio!

E Dio quando arriva, fa così: raddrizza le gambe storte, apre le orecchie sorde, schiude gli occhi ciechi, scioglie le parole ai muti…

Dio è questa cosa qua, inequivocabilmente, dopo Gesù.

E non importa nemmeno più – ora – se sono le gambe storte o gli occhi ciechi dei nostri o di quegl’altri: qualche versetto fa – infatti – (versetti che la liturgia omette) Gesù si è fatto convertire da una donna sirofenicia… la donna che ha fatto cambiare idea al figlio di Dio…

Perché lei voleva che lui le guarisse la figlioletta… ma lui era titubante, perché né lei, né – quindi – la bimba erano figlie di Israele, ma straniere, appunto… infedeli. E lui pensava di essere venuto soprattutto e certamente prima per il suo popolo. Ma le parole di lei riescono ad intercettarlo nel profondo e a con-vertirlo, cioè a fargli girare la mentalità: quest’infedele ha fede in lui e ha una bimba malata a casa. Ed ecco… la liberazione dal male avviene! Anche per loro! Dunque, d’ora in avanti, senza più dis-criminante.

Il nostro sordo e malparlante di oggi infatti è il primo beneficiario di questa conversione di Gesù alle parole della mamma sirofenicia: anche lui è straniero, ma stavolta Gesù non risponde a chi glielo porta «Lascia prima che si sazino i figli, perché non è bene prendere il pane dei figli e gettarlo ai cagnolini», ma lo prende subito… addirittura in disparte, cioè lo coinvolge in una dinamica a tu per tu, fatta di gestualità, intimità, simbologia, parole, che lo aprono, cioè lo dis-chiudono, lo liberano, lo slegano… come spesso è per chi ha il coraggio di relazionarsi a quelli con “il nodo alla gola” (per chissà quali infiniti motivi) con il linguaggio della prossimità, della tenerezza, del non-ribrezzo e dell’assenza di paura... un linguaggio che va certo accompagnato da una parola che lo spieghi e da una simbologia che lo renda inequivoco, ma che se perdesse la sua carica di “pelle a pelle” rimarrebbe anch’esso muto, irrecepibile, lontano.

Ma questa metodologia “pelle a pelle” di Gesù, che – tra l’altro – come è di tutte le metodologie è sempre insieme anche un modo d’essere “pelle a pelle”, a noi spaventa un po’… perché è troppo compromissoria… non a caso a furia di “pelle a pelle” con gli uomini, la sua pelle è rimasta appesa ad una croce… e perciò tendiamo sempre un po’ a sottrarcene, a stare lontani, a “fare il bene” da lontano…

Invece, forse, dovremmo avere di più il coraggio di una com-promissione con le povertà altrui (che sono talmente vaste e varie che non lasciano fuori proprio nessun uomo che è su questa terra) senza attivare quei meccanismi di censura e di presa di distanza che siamo così bravi a creare (le pacche sulle spalle alle persone che hanno appena perso qualcuno che amavano, i bonifici bancari per i bambini che muoiono di fame, le retoriche sulla carcerazione come mezzo di recupero, ecc… ecc… ecc…). Per arrivare – almeno un po’ – a far nostra la logica del Padre che – come ci ricorda Giacomo – «non ha forse scelto i poveri agli occhi del mondo?».

 
 
 
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