Sofonia (iconostasis del XVIII secolo, mon. di Kizhi, Russia) |
Il profeta Sofonia, che ha vissuto sei secoli prima di Cristo si trova ad esercitare la sua missione in un periodo storico di grande desolazione. La tribù di Giuda scampata all’invasione del re assiro Sennacherib è stata devastata economicamente e la miseria si diffonde ovunque. Ora davanti a questa miseria, sociale, economica, esistenziale, politica, che diventa anche religiosa, il profeta constata alcune cose che possiamo verificare anche noi nella nostra vita.
Davanti alla propria povertà e miseria, anche al solo rischio di diventarlo, una persona, un popolo può reagire in vari modi: O non crede alla possibilità di un cambiamento o cerca di cambiare le cose. Coloro che non credono al cambiamento si lasciano andare rassegnandosi al proprio destino di miseria o maledicendo dio o implorando un intervento dall’alto nella propria vita. Ma queste persone non muovono un dito (non andrebbero neanche a Lourdes!), perché la situazione cambi veramente, perché non ci credono che possa cambiare: miracolismo e fatalismo – ateo o religioso che siano – sono figli della stessa disperazione.
Però anche chi vuole reagire e cambiare le cose può non essere poi così diverso da questo primo gruppo di persone disperate: è colui che, cerca di battere il ricco sul suo stesso terreno adottandone la mentalità, diventandone abile imitatore. Ma in questo modo è già sconfitto, perché per diventare ricco e uscire dalla propria ingiusta miseria, si fa imitatore di colui che è causa di questa ingiustizia. Infatti questa persona, questo popolo, non si cura dell’ingiustizia con cui i suoi concittadini sono mantenuti nella miseria, gli basta di non esserlo lui e le persone della sua casa o nazione. Anche a costo di arrivare a dei compromessi con i propri ideali, con la propria dignità, con la propria fede, con la propria cultura e con il proprio dio e con il proprio corpo. Coinvolgendo in questo persino i propri cari.
Se è vero che la cronaca di questi giorni ce la propone come nauseante realtà, la mia intenzione va piuttosto a un esame spassionato sulla nostra vita, sul nostro modo di relazionarci in questa società e in questo pianeta.
E se riusciamo ancora ad essere schifati di deputati che si vendono e di genitori e figlie e figli che si corrompono e della “folla” che subisce tutto passivamente, allora forse ci è rimasta ancora un po’ di forza per poter ascoltare un’altra parola: Colui che vuole cambiare veramente le cose, togliendo ogni molestia – ci ricorda il Signore per bocca di Sofonia – deve cercare la giustizia, deve cercare non di diventare grande e potente, ma umile, cioè piccolo, perché solo se ciascuno si mette al servizio dell’altro potrà nascere il vero benessere e la vera libertà per tutti e non solo per qualche privilegiato. Ma per fare questo bisogna confidare nel Signore, cioè credere nella verità della sua parola, perché sola può dare compimento al nostro desiderio di una vita di pace e di giustizia. D’altronde comincia a diventare evidente quanto menzognera e fraudolenta appare la proposta che pone nella rassegnazione o nell’amicizia col padrone la soluzione dei problemi della propria vita e della nostra società (cfr quel film “criminale” che è La ricerca della felicità).
Se la smette di lamentarsi o di prostituirsi, allora il povero diventa il vero privilegiato perché unico destinatario della Parola. Non ce lo ricorda soltanto Paolo descrivendoci senza vergogna e quasi con orgoglio la povertà sociale e culturale della sua comunità, ce lo mostra plasticamente anche il Vangelo di oggi.
Dicevo che occorre confidare nel Signore, credere nella verità della sua parola, perché solo lei può senza inganno dare compimento al nostro desiderio di una vita di pace e di giustizia, perché è con quella stessa parola che siamo creati e solo di quella parola ci è possibile vivere. E guardiamola questa Parola! Cerchiamo per un attimo di vederci lì ai piedi di Gesù che parla. È la Parola che parla, senza mediazioni, senza clero, senza nessuno che ce la debba ridire e spiegare, senza bisogno di incenso e di teologi: si sta rivolgendo direttamente a ciascuno di noi.: Gesù laico che parla a dei laici...
Quelle parole che Gesù pronuncia è quella stessa Parola – immagine del Padre – con cui noi siamo stati creati dal Padre a sua immagine. Di quella parola siamo fatti, è nel nostro intimo più intimo (che è lo stesso intimo di Dio) e ora ci parla, si rivolge a noi. È fuori di noi, in Gesù che parla, ma è anche dentro di noi, nel Verbo di cui siamo fatti: la bocca di Gesù ci sta rivelando quello che ignorato abbiamo dentro. Basta ascoltarla, basta accoglierla per scoprirsi nuovi, diversi da come gli altri ci vogliono (infelici), uguali a come il Padre ci ama (felici). Andare verso Gesù allora vuol dire andare verso quella Parola di cui siamo fatti: è abbracciare veramente se stessi, scoprendosi figli. E nello stesso tempo, andare verso Gesù vuol dire andare verso quella Parola che è Dio nel cuore di Dio: è abbracciare veramente un Dio scoprendolo padre. Per questo la povertà, così vissuta, è la “cifra” di Dio in quanto è la “forma” dell’amore che unisce.
Quelle parole che Gesù pronuncia è quella stessa Parola – immagine del Padre – con cui noi siamo stati creati dal Padre a sua immagine. Di quella parola siamo fatti, è nel nostro intimo più intimo (che è lo stesso intimo di Dio) e ora ci parla, si rivolge a noi. È fuori di noi, in Gesù che parla, ma è anche dentro di noi, nel Verbo di cui siamo fatti: la bocca di Gesù ci sta rivelando quello che ignorato abbiamo dentro. Basta ascoltarla, basta accoglierla per scoprirsi nuovi, diversi da come gli altri ci vogliono (infelici), uguali a come il Padre ci ama (felici). Andare verso Gesù allora vuol dire andare verso quella Parola di cui siamo fatti: è abbracciare veramente se stessi, scoprendosi figli. E nello stesso tempo, andare verso Gesù vuol dire andare verso quella Parola che è Dio nel cuore di Dio: è abbracciare veramente un Dio scoprendolo padre. Per questo la povertà, così vissuta, è la “cifra” di Dio in quanto è la “forma” dell’amore che unisce.
E allora di cosa abbiamo paura? Siamo finalmente uomini e donne libere, perché niente ci manca di ciò di cui il nostro cuore vive: il lavoro faticoso di un cambiamento possibile della storia – senza rassegnazione e senza prostituzione – nasce solo da questa pienezza di vita.
4 commenti:
Mario, bella l' immagina della"...Parola che parla, senza mediazioni, senza clero, senza nessuno che ce la debba ridire e spiegare, senza bisogno di incenso e di teologi: si sta rivolgendo direttamente a ciascuno di noi.: Gesù laico che parla a dei laici..." Non più lamentazioni su quest povera chiesa sperduta, Gesù parla a ciascuno di noi come allora, come sempre,la Salvezza è Lui, Parola Vivente del Padre:tocca a noi cercare di porci alla Sua Sequela. Greg50
E' così bella... da far paura!
CI MANCA SOPRATUTTO IL CORAGGIO DI VIVERLA LA PAROLA DEL PADRE NOSTRO.....
LA SOLITUDINE DI VIVERLA E' IMMOBILITA'
SOLO CON LA CONDIVISIONE E LA ....... COMUNIONE IN LUI CI POSSONO DARE LA..... FORZA DI VIVERLA
Ho fatto un errore: togliere il CON dall'ultima frase. Scusate
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