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martedì 20 ottobre 2015

XXX Domenica del Tempo Ordinario


Dal libro del profeta Geremìa (Ger 31,7-9)

Così dice il Signore: «Innalzate canti di gioia per Giacobbe, esultate per la prima delle nazioni, fate udire la vostra lode e dite: “Il Signore ha salvato il suo popolo, il resto d’Israele”. Ecco, li riconduco dalla terra del settentrione e li raduno dalle estremità della terra; fra loro sono il cieco e lo zoppo, la donna incinta e la partoriente: ritorneranno qui in gran folla. Erano partiti nel pianto, io li riporterò tra le consolazioni; li ricondurrò a fiumi ricchi d’acqua per una strada dritta in cui non inciamperanno, perché io sono un padre per Israele, Èfraim è il mio primogenito».

 

Dalla lettera agli Ebrei (Eb 5,1-6)

Ogni sommo sacerdote è scelto fra gli uomini e per gli uomini viene costituito tale nelle cose che riguardano Dio, per offrire doni e sacrifici per i peccati. Egli è in grado di sentire giusta compassione per quelli che sono nell’ignoranza e nell’errore, essendo anche lui rivestito di debolezza. A causa di questa egli deve offrire sacrifici per i peccati anche per se stesso, come fa per il popolo. Nessuno attribuisce a se stesso questo onore, se non chi è chiamato da Dio, come Aronne. Nello stesso modo Cristo non attribuì a se stesso la gloria di sommo sacerdote, ma colui che gli disse: «Tu sei mio figlio, oggi ti ho generato», gliela conferì come è detto in un altro passo: «Tu sei sacerdote per sempre, secondo l’ordine di Melchìsedek».

 

Dal Vangelo secondo Marco (Mc 10,46-52)

In quel tempo, mentre Gesù partiva da Gèrico insieme ai suoi discepoli e a molta folla, il figlio di Timèo, Bartimèo, che era cieco, sedeva lungo la strada a mendicare. Sentendo che era Gesù Nazareno, cominciò a gridare e a dire: «Figlio di Davide, Gesù, abbi pietà di me!». Molti lo rimproveravano perché tacesse, ma egli gridava ancora più forte: «Figlio di Davide, abbi pietà di me!». Gesù si fermò e disse: «Chiamatelo!». Chiamarono il cieco, dicendogli: «Coraggio! Àlzati, ti chiama!». Egli, gettato via il suo mantello, balzò in piedi e venne da Gesù. Allora Gesù gli disse: «Che cosa vuoi che io faccia per te?». E il cieco gli rispose: «Rabbunì, che io veda di nuovo!». E Gesù gli disse: «Va’, la tua fede ti ha salvato». E subito vide di nuovo e lo seguiva lungo la strada.

 

L’episodio del cieco Bartimeo che la Chiesa ci propone nel vangelo di domenica è particolarmente significativo: ad una prima lettura infatti esso potrebbe apparire come uno dei tanti miracoli di Gesù raccontati dai testi evangelici, che per lo più noi abbiamo già sentito, riconosciamo e di cui magari sappiamo anche rinarrare la vicenda, ma che assolutamente non sapremmo collocare né geograficamente, né “cronologicamente”.

In realtà invece è molto importante, soprattutto in questo caso, andare a cercare dove si trova questo passo evangelico e scoprire che l’episodio del cieco Bartimeo è l’ultimo dei miracoli di Gesù che la narrazione del vangelo di Marco riporta ed è collocato immediatamente prima dell’inizio del racconto della passione. Non a caso siamo ormai in terra di Giudea, precisamente sulla strada che da Gerico porta a Gerusalemme (la medesima in cui Luca collocherà la parabola del buon samaritano, Lc 10,29-35).

Gerico… «La più antica città del mondo, così dicono. A 200 metri sotto il livello del mare, vicino al Mar Morto, è un crocevia commerciale di carovane…» [p. Giuliano Bettati].

Qui ci ha condotto «il viaggio, che abbiamo percorso con i discepoli verso Gerusalemme nelle domeniche scorse», un viaggio che «ci ha fatto prendere coscienza delle sconvolgenti proposte del Vangelo nel cuore delle grandi relazioni che costituiscono la nostra umanità: sessualità e fedeltà nell’amore – economia e condivisione dei beni – la politica e la competizione per il potere. Ma nello stesso tempo ci ha reso più consapevoli della nostra radicale incapacità di seguire Gesù (…se andò intristito!)… C’è una specie di fame e di sete di salvezza negli uomini che Gesù incontra: chi domanda come fare nei conflitti affettivi e sessuali, chi vuol essere guidato nella divisione dei beni, chi… vuol essere il primo, a tutti i costi … Ma alla fine tutto finisce in una triste delusione, quando Gesù propone ad ognuno le sue sconvolgenti soluzioni “evangeliche”… […] Ora il viaggio prosegue …

C’è un cieco che passa la sua vita seduto (tanto, non vede dove andare) ai bordi della strada, senza poter intervenire nel frastuono della vita degli uomini che passano, sperando soltanto in qualche briciola di elemosina per sopravvivere. A Gerico! […] Un mendicante cieco. Mendicante perché cieco, e nessuno può farci niente. Cosa c’è di più inutile alla vita e alla storia della città, di uno che non vede cosa succede e non sa cosa fare, se non mendicare? Ma tanti di noi, quando scopriamo davvero chi siamo, dentro, andremmo a sederci volentieri vicino a lui, ne avessimo il coraggio!

Un giorno, proprio da quella strada, passa Gesù… La folla e i discepoli (e noi!) da tempo stanno seguendo il Signore, ma solo il cieco sussulta “al sentire che passava Gesù Nazareno”. Anzi, gli altri, a cominciare dai discepoli, si inquietano quando si mette a gridare invocandolo, e lo zittiscono, non certo per malevolenza, ma stizziti per l’inutile disturbo. Cosa si può fare a un cieco? Questo incontro casuale diventa così la parabola del tipico “incontro con Gesù”, per tutti quelli a cui la propria cecità comincia a pesare tanto da sbloccare l’orgoglio o la vergogna o la tristezza rassegnata… per lasciar emergere il gemito che ognuno ha dentro: Gesù, figlio di Davide, abbi pietà di me!» [p. Giuliano Bettati].

Un incontro “tipico”, dunque, questo del cieco… un incontro “paradigmatico”… perché ci fa capire come “funziona” Dio quando si relaziona con un uomo.

«Gesù si fermò e disse: “Chiamatelo!”. Chiamarono il cieco, dicendogli: “Coraggio! Àlzati, ti chiama!”».

Bartimeo aveva gridato… e Gesù l’ha chiamato…

[Interessanti gli echi che questa parola ha preso nei secoli… “I chiamati da Dio…”… Certo, sono tanti quelli che Gesù, nel suo vangelo chiama e che a noi vengono immediatamente in mente (pensiamo ai discepoli), ma quanti altri chiamati ci sono nel vangelo che invece non ci vengono in mente per niente (Maria, Bartimeo…)? E perché quelli ci vengono in mente subito e questi no?]

«Egli, gettato via il suo mantello, balzò in piedi e venne da Gesù. Allora Gesù gli disse: “Che cosa vuoi che io faccia per te?”».

«C’è una serie di reazioni simboliche di una totale disponibilità all’incontro. Questo disabile è sicuro di essere finalmente di fronte alla sua salvezza [è l’unico nel vangelo di Marco a chiamare Gesù “Gesù” = Dio salva]. Ecco perché avviene l’inversione della domanda, lo scambio dei desideri “religiosi” – che legano cioè Dio e l’uomo! I discepoli, desiderosi del primo posto, avevano domandato poco prima a Gesù : noi vogliamo che tu ci faccia quello che ti chiederemo! senza neanche accorgersi del loro infantilismo evangelico. Qui è Gesù che, vista la disposizione “evangelica” del cieco, offre la sua completa disponibilità: Che vuoi che io ti faccia?» [p. Giuliano Bettati].

«E il cieco gli rispose: “Rabbunì, che io veda di nuovo!”. E Gesù gli disse: “Va’, la tua fede ti ha salvato”».

Ai discepoli che nelle pagine successive del racconto di passione mostreranno di non avere fede in Gesù, di non riuscire più a credergli quando lo vedranno sconfitto (proprio come capita a noi) fa da contrasto la fede, la fiducia di Bartimeo. Non a caso viene posto come miracolo finale, un miracolo in cui viene sanata la cecità: per comprendere quanto infatti è stato finora annunciato e quanto sta per accadere sotto gli occhi di tutti, serve essere guariti dalla cecità che impedisce di vedere l’affidabilità di Gesù: perché solo quando si riconosce che qualcuno è affidabile, gli si dà fiducia, si ha fede in lui. E si continua ad accordargliela anche quando la storia sembra smentirlo.

Il punto, allora, è proprio questo: per me Gesù è affidabile?

È la domanda che il vangelo di domenica scorsa, sull’incomprensione dei discepoli di fronte alla croce, e questo odierno ci rimandano. Ed è una domanda, come ben si vede, dalle molte implicazioni.

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