…Un po’ tutti, oggi, piccoli e grandi, siamo pervasi (o vorremmo) da sentimenti di pace e di benevolenza e lo esprimiamo con i tradizionali segni degli auguri e dei doni, i quali, pur svuotati e commercializzati… vorrebbero contenere un po’ di fede e speranza. Perché, in qualunque modo lo intendiamo, Dio, oggi, è più vicino. Un Dio, indicato con i più diversi nomi e immagini, dicibili o misteriosi: un’energia originaria, un immenso “oltre” ogni cosa?... oppure è soprattutto una parola di altri linguaggi, una voce, un interlocutore, un volto “di spalle”?…o, come dicono le religioni storiche, è insieme l’Onnipotente e il Condiscendente, la potenza degli eserciti e la difesa degli sconfitti, il Misericordioso e il Vendicatore… Comunque le esperienze di fede si esprimono meglio con il simbolo (cioè un’immagine “lanciata” verso il mistero con una carico di senso, come suggerisce l’etimo greco): quindi con l’allegoria, la parabola o i racconti, la poesia, tutte modalità di espressione che mirano a provocare nell’ascoltatore una reazione esistenziale: ad andare più in là, “esporsi” in qualche modo, e “coinvolgersi” di fronte al segreto misterioso che è in noi e viene verso di noi… Comunque sia “dio”!
…è “un bambino”!… i racconti di Luca e di Matteo, se l’abitudine non ci facesse velo, ci scandalizzerebbero. Non hanno dubbi. I racconti, le immagini, le profezie reinterpretate e illuminate… tutto in loro converge non verso un simbolo religioso o il disvelamento di una verità, ma verso un “bambino” vero, di carne. Questo bimbo è il segno, è l’atteso, è colui che era indicato dalle Scritture e dagli angeli, dai sogni e dalle stelle. È indicato sia ai i pastori ignoranti: Andarono dunque senz'indugio e trovarono Maria e Giuseppe e il bambino, che giaceva nella mangiatoia. E dopo averlo visto, riferirono ciò che del bambino era stato detto loro (Lc 2,16s), come ai magi sapienti: Entrati nella casa, videro il bambino con Maria sua madre, e prostratisi lo adorarono. Poi aprirono i loro scrigni…”(Mt 2,11)… Con questi racconti ci ha preparato il tempo di‘avvento’!
Ma la liturgia di oggi, nella terza messa natalizia, quella così detta “del giorno”, tralascia ogni racconto. E ci propone il prologo di Giovanni. È l’ultimo evangelista, conosce tutta la ricerca di fede su Gesù nella chiesa nei dei decenni precedenti, che, indagando sull’origine di Gesù, risale fino a questo bambino. E mentre siamo qui davanti a lui, in ogni presepe, ci pone la domanda più difficile: “chi è questo bambino?”…
...in principio era la Parola… L’origine di tutto (cioè la risposta alla nostra domanda di senso) è l’inimmaginabile voglia di Dio di… parlare, di esprimere e comunicare l’immenso “bene” che è dentro di lui, con tale passione d’amore quale si può (con termini umani!) solo dire di un “figlio”… Ogni bene viene da questa Parola interna a Dio. Ma la Parola suppone due che si parlano, si ascoltano, si amano. Non c’è necessità, fatalità, destino. C’è amore e libertà infiniti e c’è razionalità (cioè una dinamica riconoscibile della verità). Questa irradiazione della sua gloria e impronta della sua sostanza… è il principio di ogni divenire: dal figlio, interno a Dio, proviene misteriosamente ogni cosa che esiste, per cui tutto ciò che esiste, “originariamente” è amore!
...e la Parola divenne carne e si attendò fra di noi: al centro di Dio adesso c’è misteriosamente il Natale. Non è più possibile un “Credo” in Dio che non debba dirlo: “Per noi uomini e per la nostra salvezza discese dal cielo e per opera dello Spirito Santo si è incarnato nel seno della Vergine Maria e si è fatto uomo". Questo è lo scandalo in cui tutti inciampiamo. Perchè adesso per conoscere “dio”, amare “dio”, farsi salvare da “dio”… bisogna passare dall’uomo! cioè conoscere, amare, farsi salvare dall’uomo. Ogni distinguo è una fuga… e ne abbiamo fatte tante, troppe nella storia, cercando di ricollocare e rinconsacrare la “verità divina” fatta uomo, nei riti, nei libri sacri, nelle leggi o verità… tutte cose utili! Ma il Natale insegna che la verità è un evento, non una cosa, un incontro inserito nel tessuto delle relazioni tra gli uomini, come i tanti incontri di cui raccontano i vangeli… cioè nella povertà, nella fragilità, nel peccato, nella voglia di perdono, di pace, di guarigione…
Non è il “dio” che pensavamo! La verità di fondo del Natale, infatti, è lo spostamento del centro di gravità, attorno a cui gira ogni religione che necessariamente mette questo baricentro in Dio. Il vangelo invece lo mette in un bambino, che prima ancora di crescere è già perseguitato, a profezia del rifiuto definitivo che finirà nella ignominiosa morte di Croce. A ragione i teologi del suo tempo lo accuseranno: “tu, che sei uomo, ti sei fatto Dio”! Vedevano ovviamente l’inverso, ma vedevano giusto!… È lo scacco impensato di cui dice il prologo: Venne nel mondo e il mondo fu fatto per mezzo di lui e il mondo non lo riconobbe…Era troppo ‘divina’ la loro idea di Dio, e troppo umana la realtà che avevano sotto gli occhi! Eppure su questo discrimine si gioca ancor oggi la nostra fede, che gira ancora sui questi due cardini: un cardine è fatto di alcune fragilissime cose umane, dotate di “forza” divina: un pezzo di pane, un goccio di vino, un poco d’acqua o di olio, un Libro pieno di racconti antichi, e soprattutto la compagnia di fratelli e sorelle deboli e inaffidabili come noi, che imparano a perdonarsi sempre… e l’altro cardine è questo: le leggi e le istituzioni furono date per mezzo di tanti “Mosè” della storia… Ma la grazia e la verità è per mezzo di Gesù Cristo. Per la vita del mondo che Lui è venuto a salvare!
Buon Natale!
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