Pagine

ATTENZIONE!


Ci è stato segnalato che alcuni link audio e/o video sono, come si dice in gergo, “morti”. Se insomma cliccate su un file e trovate che non sia più disponibile, vi preghiamo di segnalarcelo nei commenti al post interessato. Capite bene che ripassare tutto il blog per verificarlo, richiederebbe quel (troppo) tempo che non abbiamo… Se ci tenete quindi a riaverli: collaborate! Da parte nostra cercheremo di renderli di nuovo disponibili al più presto. Promesso! Grazie.

martedì 19 agosto 2014

XX Domenica del Tempo Ordinario


Dal libro del profeta Isaìa (Is 56,1.6-7)

Così dice il Signore: «Osservate il diritto e praticate la giustizia, perché la mia salvezza sta per venire, la mia giustizia sta per rivelarsi. Gli stranieri, che hanno aderito al Signore per servirlo e per amare il nome del Signore, e per essere suoi servi, quanti si guardano dal profanare il sabato e restano fermi nella mia alleanza, li condurrò sul mio monte santo e li colmerò di gioia nella mia casa di preghiera. I loro olocausti e i loro sacrifici saranno graditi sul mio altare, perché la mia casa si chiamerà casa di preghiera per tutti i popoli».

 

Dalla lettera di san Paolo apostolo ai Romani (Rm 11,13-15.29-32)

Fratelli, a voi, genti, ecco che cosa dico: come apostolo delle genti, io faccio onore al mio ministero, nella speranza di suscitare la gelosia di quelli del mio sangue e di salvarne alcuni. Se infatti il loro essere rifiutati è stata una riconciliazione del mondo, che cosa sarà la loro riammissione se non una vita dai morti? Infatti i doni e la chiamata di Dio sono irrevocabili! Come voi un tempo siete stati disobbedienti a Dio e ora avete ottenuto misericordia a motivo della loro disobbedienza, così anch’essi ora sono diventati disobbedienti a motivo della misericordia da voi ricevuta, perché anch’essi ottengano misericordia. Dio infatti ha rinchiuso tutti nella disobbedienza, per essere misericordioso verso tutti!

 

Dal Vangelo secondo Matteo (Mt 15,21-28)

In quel tempo, partito di là, Gesù si ritirò verso la zona di Tiro e di Sidòne. Ed ecco una donna Cananèa, che veniva da quella regione, si mise a gridare: «Pietà di me, Signore, figlio di Davide! Mia figlia è molto tormentata da un demonio». Ma egli non le rivolse neppure una parola. Allora i suoi discepoli gli si avvicinarono e lo implorarono: «Esaudiscila, perché ci viene dietro gridando!». Egli rispose: «Non sono stato mandato se non alle pecore perdute della casa d’Israele». Ma quella si avvicinò e si prostrò dinanzi a lui, dicendo: «Signore, aiutami!». Ed egli rispose: «Non è bene prendere il pane dei figli e gettarlo ai cagnolini». «È vero, Signore – disse la donna –, eppure i cagnolini mangiano le briciole che cadono dalla tavola dei loro padroni». Allora Gesù le replicò: «Donna, grande è la tua fede! Avvenga per te come desideri». E da quell’istante sua figlia fu guarita.

Il vangelo che la liturgia ci propone è molto noto e, rispetto a quanto scrivevo 6 e 3 anni fa, non avrei molto altro da dire.

Userò perciò lo spazio del commento di questa domenica per provare a riflettere sul mio presente a partire da quanto i testi suggeriscono.

(Chi invece fosse interessato ad un commento più puntuale del brano può andarsi a rileggere le vecchie lectio su questo blog)

Parto da questa constatazione: il testo del vangelo mostra, come in un’icona, il momento in cui Gesù ha capito che l’amore del Padre non è mai amore per qualcuno contro qualcun altro, ma è sempre amore per ciascuno, dunque per tutti.

È quanto poi Gesù annuncerà per tutta la sua vita, fin (e soprattutto) su quella croce; è ciò che diventerà il cuore del suo messaggio, ma qui l’evangelista vuole come fissare un momento in cui Gesù stesso ha preso coscienza di questa novità assoluta nel panorama religioso (e umano). E lo fa per sottolineare proprio quanto la convinzione di Gesù riguardo all’universalità dell’amore del Padre fosse il centro del suo annuncio, qualcosa che non si può perdere strada facendo, annacquandolo nelle molte altre cose importanti che ha detto; qualcosa che – appunto – è una novità tale che non può passarci via senza che ce ne accorgiamo (come succede con le cose poco importanti o con quelle troppo importanti: così disomogenee che ci sembrano incomprensibili, suscitando un meccanismo inconscio di by-pass).

L’evangelista non vuole che su questo by-passiamo: per questo costruisce questo episodio di Gesù con la cananea in modo tale che non possiamo non andarci a sbattere. Lo fa, portandoci a picchiare la testa contro qualcosa di talmente inaspettato da farci sobbalzare: Gesù cambia idea! E la cambia per opera di una donna, per di più straniera!

Questa cosa ci costringe a tornare a rileggere, a vedere se abbiamo capito bene, tanto è lontana dal nostro modo di pensare Gesù, il Messia (Ha cambiato idea? Il Messia? Ma non sapeva già tutto?), e così di rilettura in rilettura, di domanda in domanda, non possiamo non accorgerci che sotto il nostro naso l’evangelista sta dicendoci qualcosa di inaudito: la proposta del Dio di Gesù non è contenibile in quella arcaica del “Dio dei nostri”. La logica della “difesa dei miei” in nome di Dio non è quella del Dio di Gesù.

Dico “arcaica” sia perché esiste fin dal principio, cioè affonda le radici nella notte dei tempi, sia perché è un principio sempre presente nel cuore dell’uomo, che si trasmette di generazione in generazione, fino a noi: fa come da matrice per il senso religioso dell’uomo di sempre.

Tant’è che anche noi comunemente tendiamo a “funzionare” così: cioè a pensare che – va bene tutto, va bene l’amore per l’umanità, l’altruismo, ecc… – ma i “miei” sono i miei! Basti pensare alla struttura famigliare o a quella amicale; a quella del clan o a quella del campanilismo… La difesa di chi sento “mio” è come un dovere morale.

Solo che in questi recinti in cui mettiamo idealmente i “nostri”, non tutti possono starci (tra l’altro nei recinti stessi ci sono i “nostri più nostri degli altri” – il figlio preferito, l’amico migliore, ecc…), cosicché pian piano il mondo si divide tra “i nostri” e “gli altri”.

Qualcuno in questo mondo ha più diritto alla nostra custodia, alla nostra cura, alla nostra difesa, al nostro bene, degli altri. E quante cose facciamo agli altri in nome del bene dei nostri!

Gli altri li facciamo morire nel Mediterraneo, li facciamo scannare a pochi Km dai nostri confini, li affamiamo, li costringiamo a vendere il loro corpo, ecc… ecc… ecc…

Ma senza andare subito a mettere in campo le grandi tragedie del nostro tempo, prendiamo la questione da un altro versante: che ne diremmo di un sindaco che per il bene del suo comune andasse contro la sua provincia? O di una provincia che per fare il bene dei suoi andasse contro la regione? O di una regione che per il bene dei suoi abitanti andasse contro l’Italia intera?

E – uscendo dai confini – cosa penseremmo di uno Stato europeo che per il suo bene andasse contro l’Europa? O di un continente che per il suo bene andasse contro l’umanità?

La questione – io credo – può essere riassunta così: il bene fatto a qualcuno contro qualcun altro è ancora bene?

Io credo di no: può essere ragion di stato, male minore, quello che volete… ma non è bene.

E allora, capisco anch’io che ci sono tutta una serie di questioni geopolitiche complicatissime in cui è proprio difficile districarsi e in cui forse è impossibile fare il bene…

Ma questo è ben altra cosa dal sostenere che il bene fatto ai miei contro gli altri sia bene… soprattutto nel nostro piccolo, quando le questioni non sono geopolitiche e le vicende più districabili.

Forse nel nostro piccolo ciò che proprio ci manca è assimilare l’idea di amore del Padre: troppo spesso nelle nostre famiglie, nei nostri gruppi di amici, nelle nostre associazioni, nelle nostre parrocchie, nelle nostre comunità agiamo mossi dal criterio della salvaguardia della specie (la nostra), della purità della razza (la nostra), della difesa di chi è “mio” (fratello/sorella, padre/madre, amico/a, figlio/a…): come se un bambino siriano che muore soffocato dal gas di scarico di una carretta del mare non fosse mio!

 

Lo vorrei dire quest’anno in particolare al mondo religioso che fa riferimento a Gesù: perché la religione è stata lungo la storia la sacralizzazione di questa discriminazione “i nostri” / “gli altri”. Ma il cristianesimo non può continuare a tradire se stesso, inserendosi nella logica delle religioni delle civiltà arcaiche: i popoli antichi credevano che il loro dio uscisse in battaglia contro gli dei degli altri popoli… Gesù no! Gesù ha tolto alla radice l’idea che qualcuno potesse essere messo tra “gli altri”: egli ha tolto qualsiasi discrimen che facesse pensare che qualcuno potesse non essere “suo” (figlio) e dunque “mio” (fratello).

E invece… continuiamo a vedere recinti… sacralizzati… da cui di tanto intanto qualche intruso viene spedito (catapultato) fuori… perché “non è dei nostri”… anche se a noi aveva legato il suo destino…

 

A chi ha provato l’ebbrezza di questa catapulta come a chi ha premuto il tasto dell’eiezione ricordo (perché consolino o perché facciano riflettere) le parole di un fratello (non di sangue e non di professione religiosa, ma di vita, che è l’unica fraternità vera, perché storica, dunque reale) che tutte queste cose le aveva già dette e mai tradite:

 

«La ragione e il cuore… per uscire dalle strettoie religiose!

Anche a Gesù, nella sua appassionata e sconcertante avventura di Messia del popolo di Israele, questa verità “difficile” (passare da una religione del “nostro” Dio ‑ il Dio di Israele – cioè dalla consapevolezza di popolo eletto tra gli altri popoli – di fatto storicamente in guerra contro gli altri popoli – al Dio di tutti) gli è scoppiata tra le mani. Tant’è vero che tanti lettori e commentatori sono rimasti perplessi di fronte a questi brani duri del Vangelo, così che per paura di offuscare la divinità di Gesù (che sa tutto!) ne oscurano l’umanità (rischiando di ridurla ad una riproduzione teatrale di un dramma pedagogico, perché già preventivamente risolto). Gesù, invece, sembra cercare il Padre con totale e inimitabile dedizione, perché è suo figlio, ma partendo inevitabilmente dai paradigmi mentali della cultura del suo tempo. Gesù sa dalle Scritture di "essere stato inviato solo alle pecore perdute della casa d'Israele"… Ha però imparato (da sua Madre, direbbe Luca) a guardare le vicende e la gente, a confrontare tra di loro le cose che capitano cercandone il senso, alla luce della Parola e nella preghiera… Ha scoperto con gioia e stupore che il Padre manda il suo sole e la sua pioggia su giusti e ingiusti, su buoni e cattivi… e rivela i misteri del suo agire sulla terra (il Regno) ai piccoli e ignoranti… con una sapienza che non viene dalle cattedre e dai libri, ma dalla fatica e sofferenza della vita quotidiana… Per districarsi e non affogare nella congerie di tradizioni e divieti, di tabù e di riti magici ha scoperto come filtro e criterio “il cuore”, che è la capacità di guardare all’altro con amore e simpatia, oltre ogni etichetta, e “l’intelletto”, per discernere ciò che è importante e porta al bene e ciò che è oppressivo e impedisce all’uomo di crescere. Lui, l’eletto, ha imparato dai reietti cosa significa che Dio vuole misericordia e non sacrificio!

questo è il vero miracolo, avvenuto sotto gli occhi increduli e incomprensivi non solo dei discepoli, ma di Gesù stesso! Gesù difende ostinatamente il paradigma culturale entro il quale la sua fede e la sua missione gli è stata trasmessa, ma il suo cuore va in crisi, perché questi limiti estromettono i più piccoli e deboli… Il “cuore” appassionato di una mamma disperata lo contamina e lentamente ma inesorabilmente corrode la durezza discriminante della sua “teologia” – e così anche “la ragione” s’accorge dell’assurdità crudele delle norme discriminanti, e dei pesi insopportabili, che le guide religiose non toccano con un dito.

Un catecumenato sulla sua pelle… di Messia! Sua catechista… una donna!

Il suo cammino di conversione segna ancor oggi, per noi, i passi di una conversione religiosa, ideologica, razziale… che rimane il punto di riferimento di tutte le generazioni cristiane.

§        Dapprima Gesù "non gli rivolse neppure una parola". Non c’è spazio per nessuno, là dove tutto è già predisposto, catalogato, sacralizzato… e quindi indiscutibile. Non c’è neanche da parlare, perché non c’è da ascoltare! Poveri, schiavi, donne, disgraziati, diversi, eretici o nemici… Sono destinati alla loro sorte. Non c’è dio per loro! infatti sono “cani”, non figli!

§        Poi il rifiuto più esplicito: "Non sono stato inviato che alle pecore perdute della casa d'Israele". Non tocca a me! E che ci posso fare io? È il destino ( o la volontà… di dio!?). Io devo seguire la mia vocazione, non posso occuparmi di tutti i mali del mondo (… poi, Gesù, su questo letale atteggiamento ci farà una parabola scandalosa, con il sacerdote e il levita, che passano oltre…)

§        Infine, il rifiuto continua ancora, ma il cuore comincia a cedere, pensando alla bambina morente (un diminutivo affettuoso lo tradisce: "Non è bene prendere il pane dei figli per gettarlo ai cagnolini"). Ma il pane è ancora quello della competizione, dove condividere vuol dire togliere a chi ne ha diritto.

Donna, grande à la tua fede!

… infatti è la fede di questa donna pagana che ormai lo ha contagiato e ha finito per corrodere le strutture oppressive e discriminanti introiettate dalla tradizione. Gesù oramai capisce e prevede la necessità del fallimento della missione di Messia potente e quindi discriminante, l’abbandono dei discepoli, la coalizione del potere religioso, politico e finanziario contro il suo Vangelo di amore e libertà… e la sua morte fuori della città! Capisce che la condivisione moltiplica il pane, non lo diminuisce. Però la condivisione è irreversibile, senza riserve, e la gente è affamata… Il Messia sa quale sarà la sua fine : non c’è fine al lasciarsi mangiare!

… e così il cuore (la compassione) ha fatto spazio nella mente, e svela la perversione teologica dell’ideologia, che sacralizza gli interessi di alcuni (i più forti o fortunati) attribuendone il privilegio (l’elezione) a Dio stesso. Le tappe del lento cammino educativo del popolo sono diventate gabbie oppressive.

Non vuol dire che l’appartenenza ad una razza, cultura, religione, ordine religioso o sacro (e tutte le norme che le regolano) non contino nulla, perché, appunto, storicamente sono (o sono stati) passi necessari del cammino… Vuol dire soltanto che Gesù li ha scoperti e proclamati tutti secondari, non risolutivi. Non c’è nessun altro criterio essenziale di appartenenza al Regno che la fede… in Gesù. Proprio come liberatore da tutte queste costrizioni, da cui ci ha riscattati con il suo sangue sulla croce, facendo dei due popoli (puro e impuro) un solo popolo di salvati. "Il vangelo è potenza di Dio per la salvezza di chiunque crede, del Giudeo prima e poi del Greco" (Rm 1,16). Non c’è un Dio per te! Se non quello che ti porta a scoprire che era il Dio dell’altro! Dio appartiene ai sofferenti di qualsiasi fede, di qualsiasi nazione, e su loro va misurata la nostra debole fede per scoprirne l’inevitabile diabolica tentazione di fabbricarci un dio che salvi noi e condanni loro!».

[Giuliano]

Nessun commento:

Posta un commento

Related Posts Plugin for WordPress, Blogger...

I più letti in assoluto

Relax con Bubble Shooter

Altri? qui

Countries

Flag Counter