
Un'altra opera d'arte che ci aiuta a riflettere. Con un deciso balzo all'indietro rispetto alla modernità di Ensor, questa volta andiamo in Germania, a vedere un'opera di Albrecht Durer (1471 - 1528)
Artista tedesco di grandissima qualità, vissuto a cavallo tra il Quattrocento e il Cinquecento, Durer ha segnato la storia dell'arte con le sue opere, che mettono in comunicazione le esperienze figurative nordiche e quelle italiane. Tuttavia, ciò che di quest'opera è notevole non è solo lo stile. Quello aiuta, certo: si tratta di un'immagine gradevole a vedersi, equilibrata nella composizione, e non si può non rimanere affascinati dalla perizia tecnica dell'artista (per inciso, questa dovrebbe essere la sua prima lastra a bulino a noi nota): tutto ciò che vediamo è realizzato incidendo una lastra di rame attraverso uno strumento tagliente, il bulino, appunto, e poi procedendo all'inchiostratura e alla stampa della lastra.
Ma ciò che la rende, a mio avviso, davvero significativa, è la scelta del soggetto. Durer sceglie di raffigurare la parabola del figliol prodigo, narrata dal vangelo di Luca al capitolo 15. Questo racconto è largamente rappresentato nella storia dell'arte, ma solitamente ciò su cui si concentrano gli artisti - da Rembrandt a Martini e De Chirico - è il momento conclusivo, con l'abbraccio del padre che riaccoglie in casa il figlio perduto. Durer, invece, ci mostra un altro momento. Per rievocarlo ci appoggiamo direttamente al testo evangelico:
L'opera, dunque, ci mostra il momento del pentimento, della presa di coscienza; e, secondo me, è questo il momento centrale del racconto. Se avessimo un cuore pronto a riconoscere il vero volto di Dio, sapremmo infatti che lui è già alla finestra, ci attende...sempre, aspetta il nostro passo. Tutto ciò che noi dobbiamo fare è accorgerci di questo, mutare il nostro pensiero, in una parola convertirci. Mi sembra dunque una bellissima immagine che, in modo indiretto, ci parla di perdono e di come, forse, dobbiamo mutare le nostre idee "mercantili" su questo argomento.
Allora si mise con uno degli abitanti di quel paese, il quale lo mandò nei suoi campi a pascolare i maiali. Ed egli avrebbe voluto sfamarsi con i baccelli che i maiali mangiavano, ma nessuno gliene dava. Allora, rientrato in sé, disse: "Quanti servi di mio padre hanno pane in abbondanza e io qui muoio di fame! Io mi alzerò e andrò da mio padre, e gli dirò: padre, ho peccato contro il cielo e contro di te: non sono più degno di essere chiamato tuo figlio; trattami come uno dei tuoi servi".
L'opera, dunque, ci mostra il momento del pentimento, della presa di coscienza; e, secondo me, è questo il momento centrale del racconto. Se avessimo un cuore pronto a riconoscere il vero volto di Dio, sapremmo infatti che lui è già alla finestra, ci attende...sempre, aspetta il nostro passo. Tutto ciò che noi dobbiamo fare è accorgerci di questo, mutare il nostro pensiero, in una parola convertirci. Mi sembra dunque una bellissima immagine che, in modo indiretto, ci parla di perdono e di come, forse, dobbiamo mutare le nostre idee "mercantili" su questo argomento.