Concludevamo il precedente articolo, affermando che la Missione della Chiesa consiste in un annuncio di liberazione che si attua nella comunione amicale con Gesù Cristo e con coloro che egli “associa a sé”, cioè con ogni uomo e ogni donna (cfr Matteo 25,31ss) che in quanto tali domandano una proposta concreta di cammino di liberazione (Provate a meditare in questa prospettiva la liberazione di Barabba descritta in Luca 23,18!)L’“annuncio” cristiano quindi che non è semplice annuncio verbale ma è concreta attuazione storica di itinerari praticabili di liberazione: e questa, dicevamo, è la forma storica, e quindi vera dell’Amore, almeno come ci è stato tramandato dalla Bibbia e dalla Tradizione.Questo “annuncio” di libertà è il luogo dove si fa sintesi di ogni verità e di ogni amore che non si riducano a “dottrina” astratta o a “sentimento” narcisista, ma diventano vita, senso-orientamento dell’esistenza di ogni persona perché è per ogni persona.Una “vecchia” enciclica del 1888 di Leone XIII che fin dall’inizio proclama solennemente che questa è la missione della chiesa, la dice lunga su quanto poco cammino, sia a livello teologico che pastorale, è stato fatto, anche nella chiesa, per attuare quello che è la ragione stessa della missione della chiesa nel mondo! Certo il documento è scritto più per contestare una certa visione non cristiana della libertà e al suo interno le argomentazioni e il linguaggio stesso sono più debitrici di una certa filosofia che di una meditata teologia biblica… Ma l’affermazione, certamente clamorosa per le orecchie diseducate di molti “spiritualisti” resta. Fin dall’inizio si proclama solennemente che “Gesù Cristo è il liberatore del genere umano” e che “missione della chiesa”, è “diffondere in tutto il corso dei secoli i benefici recati a noi da Gesù Cristo”(leggi) eppure di acqua sotto i ponti ne è passata da allora: c’è stato un Concilio, preceduto e seguito da un “risveglio” (evidentemente prima “dormivano”! cfr Matteo 25,5), degli studi teologici, biblici e liturgici oltre che una consapevolezza maggiore del ruolo di ogni componente della comunità ecclesiale all’interno della chiesa (laicato, episcopato, vita religiosa, movimenti, ecc.). Ci sono stati tentativi e deviazioni che hanno sollecitato altri interventi magisteriali, ma l’affermazione di fondo resta: “Il Vangelo di Gesù Cristo è un messaggio di libertà e una forza di liberazione”come cita il documento Vaticano Libertatis Nuntius del 1984 [1].
La “paura” di sbagliare non può soffocare in noi e nella storia umana, l’“annuncio di gioia” del dono della libertà attuato da Dio in Gesù Cristo a cominciare dalla “creazione” del popolo di Israele e che si attua e diffonde nella storia con la “creazione” continua del “popolo di Dio”…
Ma evidentemente non basta scrivere dei bei documenti o articoli per cambiare la storia, per cambiare la vita, occorre il coraggio della speranza perché “la proposta cristiana” diventi storia…E questo capacità di osare che spesso ci manca. Osare nel pensare e ripensare: giudizio. Senza dare per definitivamente acquisite le nostre conoscenze, senza voler trasformare ogni verità in dogma. Osare nell’agire storico: discernimento. Senza dare per definitivamente acquisite le nostre soluzioni. Perché la storia cammina, e dobbiamo camminare con essa e portare quell’annuncio di liberazione là dove l’uomo si trova.Osare nel “creare” la storia come Dio Padre sogna che essa sia per ogni uomo e ogni donna (cfr Luca 16,8: “poiché i figli di questo mondo, nella loro generazione, sono più avveduti-saggi-prudenti [2] dei figli della luce”).Osare che è accettazione prima di tutto del rischio di sbagliare (Cfr la “Parabola dei talenti” in Matteo 25,14-30), e che ci dà la vera misura di noi stessi (umiltà: la paura di sbagliare rivela forse la nostra pretesa adamitica di volerci come Dio?). Ma che è anche rischiarci di proprio perché questo annuncio accada anche oggi, per l’uomo che incontriamo adesso, ora, come abbiamo “visto” in modo “paradossale” in Luca 23,18.È questa mancanza di coraggio che rattrista il cuore di Gesù e il nostro! Che ci impedisce di vivere una vera comunione col Padre, perché è mancanza di fiducia nella sua Parola, è indocilità all’azione dello Spirito e alla Loro proposta di vita nuova, di vita vera, di libertà autentica in un amore liberante. Per questo la nostra preghiera diventa illusoria, “monologo alienante”… È la nostra missione e il nostro annuncio “inappetibili” e incapaci di dialogo autentico.È davanti agli occhi di tutti il fallimento di un annuncio che non affascina più… Le chiese sono vuote e continuano a svuotarsi; le nostre liturgie sono “tristi”; i giovani sono spariti; le vocazioni languono; il matrimonio è in crisi e molto prima dei fatidici sette anni; la società è ridotta a mercato sempre meno equo e sempre meno solidale; le ideologie si pervertono in integralismi; le conversioni nei Paesi del cosiddetto Terzo Mondo, sono spesso più illusorie che reali (le statistiche che sembrano mostrare una crescita quantitativa del cristianesimo non si parlano della loro effettiva consistenza: come mi diceva un teologo, “Non ci si converte, si trasloca” di religione!)…Invece di lamentarci che le cose non vanno più come una volta o come vorremmo. Invece che ripiegarci su noi stessi in una nostalgica, nonché sterile, riesumazione dei tempi che furono che non torneranno mai più, dobbiamo avere il coraggio di rimettere in discussione il nostro modo di vita e il nostro stesso modo di pensare e interpretare la realtà e di “organizzarla”… Dobbiamo avere il coraggio di “rifondare” evangelicamente “il tutto”, che poi in realtà è un “tornare” al fondamento della nostra vita, della nostra libertà.Come le vergini avvedute-sagge-prudenti (ancora phrónimoi! cfr nota 2) del Vangelo (Matteo 25,2), se ci siamo ri-addormentati poco importa, ma ora lo “Sposo è arrivato” e il grido dell’umanità è assordante, è il momento di ri-svegliarci e senza paura, ora, “usciamo” per andargli incontro! ___________
[1] Scarica l'intero documento in formato pdf
[2] In greco Phrónimos. Espressione che allude alla lucidità nel cogliere la gravità della situazione e nella prontezza di darne una soluzione nella consapevolezza di vivere un momento storico decisivo (kairós) e il conseguente coraggio di arrischiarsi nel prendere delle decisioni. Phrónimoi dovrebbero dimostrarsi i discepoli di Gesù nel “lavorare” per il Regno (cf Matteo 10,16: il che ci dice quanto poco “evangelico” sia il nostro concetto di prudenza).
La “paura” di sbagliare non può soffocare in noi e nella storia umana, l’“annuncio di gioia” del dono della libertà attuato da Dio in Gesù Cristo a cominciare dalla “creazione” del popolo di Israele e che si attua e diffonde nella storia con la “creazione” continua del “popolo di Dio”…
Ma evidentemente non basta scrivere dei bei documenti o articoli per cambiare la storia, per cambiare la vita, occorre il coraggio della speranza perché “la proposta cristiana” diventi storia…E questo capacità di osare che spesso ci manca. Osare nel pensare e ripensare: giudizio. Senza dare per definitivamente acquisite le nostre conoscenze, senza voler trasformare ogni verità in dogma. Osare nell’agire storico: discernimento. Senza dare per definitivamente acquisite le nostre soluzioni. Perché la storia cammina, e dobbiamo camminare con essa e portare quell’annuncio di liberazione là dove l’uomo si trova.Osare nel “creare” la storia come Dio Padre sogna che essa sia per ogni uomo e ogni donna (cfr Luca 16,8: “poiché i figli di questo mondo, nella loro generazione, sono più avveduti-saggi-prudenti [2] dei figli della luce”).Osare che è accettazione prima di tutto del rischio di sbagliare (Cfr la “Parabola dei talenti” in Matteo 25,14-30), e che ci dà la vera misura di noi stessi (umiltà: la paura di sbagliare rivela forse la nostra pretesa adamitica di volerci come Dio?). Ma che è anche rischiarci di proprio perché questo annuncio accada anche oggi, per l’uomo che incontriamo adesso, ora, come abbiamo “visto” in modo “paradossale” in Luca 23,18.È questa mancanza di coraggio che rattrista il cuore di Gesù e il nostro! Che ci impedisce di vivere una vera comunione col Padre, perché è mancanza di fiducia nella sua Parola, è indocilità all’azione dello Spirito e alla Loro proposta di vita nuova, di vita vera, di libertà autentica in un amore liberante. Per questo la nostra preghiera diventa illusoria, “monologo alienante”… È la nostra missione e il nostro annuncio “inappetibili” e incapaci di dialogo autentico.È davanti agli occhi di tutti il fallimento di un annuncio che non affascina più… Le chiese sono vuote e continuano a svuotarsi; le nostre liturgie sono “tristi”; i giovani sono spariti; le vocazioni languono; il matrimonio è in crisi e molto prima dei fatidici sette anni; la società è ridotta a mercato sempre meno equo e sempre meno solidale; le ideologie si pervertono in integralismi; le conversioni nei Paesi del cosiddetto Terzo Mondo, sono spesso più illusorie che reali (le statistiche che sembrano mostrare una crescita quantitativa del cristianesimo non si parlano della loro effettiva consistenza: come mi diceva un teologo, “Non ci si converte, si trasloca” di religione!)…Invece di lamentarci che le cose non vanno più come una volta o come vorremmo. Invece che ripiegarci su noi stessi in una nostalgica, nonché sterile, riesumazione dei tempi che furono che non torneranno mai più, dobbiamo avere il coraggio di rimettere in discussione il nostro modo di vita e il nostro stesso modo di pensare e interpretare la realtà e di “organizzarla”… Dobbiamo avere il coraggio di “rifondare” evangelicamente “il tutto”, che poi in realtà è un “tornare” al fondamento della nostra vita, della nostra libertà.Come le vergini avvedute-sagge-prudenti (ancora phrónimoi! cfr nota 2) del Vangelo (Matteo 25,2), se ci siamo ri-addormentati poco importa, ma ora lo “Sposo è arrivato” e il grido dell’umanità è assordante, è il momento di ri-svegliarci e senza paura, ora, “usciamo” per andargli incontro! ___________
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[2] In greco Phrónimos. Espressione che allude alla lucidità nel cogliere la gravità della situazione e nella prontezza di darne una soluzione nella consapevolezza di vivere un momento storico decisivo (kairós) e il conseguente coraggio di arrischiarsi nel prendere delle decisioni. Phrónimoi dovrebbero dimostrarsi i discepoli di Gesù nel “lavorare” per il Regno (cf Matteo 10,16: il che ci dice quanto poco “evangelico” sia il nostro concetto di prudenza).
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