Il percorso liturgico che spezzetta il mistero pasquale passo passo lungo segmenti che ce ne fanno cogliere gradualmente la complessità, ci avvia ormai a “rivivere” il mistero dell’Ascensione: Gesù, in quella forma storica nella quale l’hanno conosciuto, amato e toccato i primi discepoli (1Gv 1, 1ss), non può arrivare fino a noi… Ma non ci abbandona! “Rimane” tra noi con una diversa qualità di presenza e di assenza, che è il nostro tormento e la nostra salvezza. Anzi, secondo Gesù, è il luogo della nostra gioia “piena”, se ne scopriamo il segreto! La chiesa delle sorgenti ha vissuto questa esperienza drammatica dell’allontanamento di Gesù, accompagnata e istruita personalmente, per così dire, da lui stesso – il quale la ritiene necessaria per la scoperta del suo vero modo di ”rimanere ” in mezzo a noi! Per questo i testi che ce lo raccontano sono paradigmatici per noi.
Anch’io sono un uomo come te! Ma adesso finalmente mi sono accorto che…
È una delle “scoperte” più importanti e determinanti della genuinità della nuova “fede” a cui sono chiamati i discepoli. La visione che Pietro ha appena avuto (At 10,11ss) del lenzuolo contenente ogni specie di bestie impure… purificate dal Signore, trova sempre (lungo i secoli… fino ad oggi!) una opposizione dura e sorda…che tenta invincibilmente di attenuarne l’esplosività, ridividendo il lenzuolo dell’umanità in zone di maggiore o minor purezza o ortodossia o vicinanza a Dio, secondo i criteri culturali, razziali, religiosi, morali… che impregnano le diverse identità delle persone e dei popoli. Ma tutte queste barriere culturali sono ormai relativizzate dall’irruzione nel cuore della gente – i singoli e i gruppi! – dello Spirito mandato da Gesù! Con due effetti dirompenti. Il primo effetto dello Spirito è l’apertura del cuore dei discepoli alla fraternità universale degli uomini nella loro uguale dignità, secondo le misure sconfinate del cuore del Padre, che annulla ogni discriminazione, compresa quella religiosa o sacrale. Il convertito fa fatica a capirlo, perché vorrebbe ‘sacralizzare’ tutto quanto l’ha effettivamente aiutato a incontrare il Signore. Ma il Signore non si ferma nelle forme sacre attraverso le quali passa storicamente, le quali anzi, se “assolutizzate”, disviano dall’incontro con il Signore, che ci chiama sempre più avanti nel cammino! La seconda è l’altra esperienza di Pietro, che per uscire dalle strettoie insuperabili dalla sua invincibile diffidenza verso i pagani, è stato “spinto” ad andare a casa dell’altro. Non per insegnare o convertire … ma per “capire”, cioè per dilatare il cuore e comprendere sperimentalmente… “Andare a casa dell’altro” (la missione!) è già segno di amore, è smuoversi da casa propria, è portare lo Spirito… Una dinamica interiore essenziale alla maturazione della fede, perché fa scattare la scintilla delle due conversioni che si incontrano: mentre Pietro stava per entrare, Cornelio gli andò incontro. La contemporaneità (mentre ancora parlava… lo Spirito…) vuol esprimere la doppia azione dello Spirito, che non è “portato” da Pietro, ma è da lui riconosciuto, accolto e annunciato, e per così dire garantito, con l’inserimento nell’intreccio ecclesiale attraverso il Battesimo. Ogni missione, dunque, è autenticata dalla retromissione, cioè dal ritorno dello Spirito che, annunciato dal discepolo, innesca sempre nuove sintesi di umanità convertita, nuove esperienze di fede, nuove relazioni di amore, nuove occasioni di speranza. Se queste sono accolte, ri/convertono a loro volta il discepolo stesso, lo aprono a più ampi orizzonti e lo purificano dalle inevitabili incrostazioni storiche della sua fede di partenza. Senza queste “scoperte” o consapevolezze nuove, che l’ingresso dei pagani nella chiesa ha fatto fare a Pietro, Paolo, Barnaba… e poi alla comunità, il gruppo dei discepoli di Gesù sarebbe forse divenuto una sterile setta giudeocristiana…
Non siamo stati noi ad amare Dio… il primato dell’amore di Dio in ogni storia!
In questo sta l’amore, dice Giovanni, non siamo stati noi ad amare Dio, ma è stato lui ad amare noi. Perché? Perché il nostro amore è “bisogno”, ben motivato dalla nostra situazione di indigenza radicale…E non può essere subito amore dell’altro, ma è amore di sé! Non mira a far crescere l’altro, ma usa l’altro per accontentare sé! Come troppo spesso le nostre vicende quotidiane di competizione, di prepotenza e relative frustrazioni… ci confermano giorno dopo giorno! Non è questo l’amore di cui parla Gesù! L’amore esemplare, generativo di ogni vero amore, è quello del Padre, che ha mandato il figlio a salvarci, perché noi avessimo la vita per mezzo di lui, a costo di fargli assorbire su di sé il veleno che ci faceva morire… Questo vuol dire divenire vittima di espiazione per i nostri peccati! Non poteva sopportare che noi ci perdessimo nella nostra miseria… perciò l’ha assunta, vissuta e disinquinata nelì lungo tragitto della sua breve vita, da Betlemme, a Nazareth a Gerusalemme. Questa esperienza umana del figlio, che ha vissuto nella sua vicenda storica in questo mondo il suo rapporto ineguagliabilmente intenso con il Padre, che gli donava la vita, la forza e la fede, ci ha coinvolti in questa sua originale dinamica vitale di amore. Ci ha aperto la strada all’apprendimento (ma è un dono del suo Spirito) di questo alfabeto nuovo dell’amore. All’inizio (e sempre da capo!) balbettiamo, mescolando parole vecchie e parole nuove, sentimenti egocentrici con desideri di gratuità, convinzioni discriminati con la consapevolezza che Dio non fa preferenze di persone: abbiamo i suoi mezzi (Parola – Eucaristia - nel tessuto ecclesiale che è il suo corpo) per imparare ad amarci nella storia, “come lui ci ha amati” ¬ cioè con il suo amore, che è lo Spirito. Sono gesti, atteggiamenti, cenni di perdono o consolazione o vicinanza, umili espressioni sempre ricominciate, nelle quali apriamo il cuore alla benevolenza del Padre che passa attraverso di noi, per lo Sòpirito di Cristo Gesù. È il modo cristiano di “conoscere” vitalmente Dio. Una conoscenza che ha bisogno delle mani, della pelle, degli occhi, della bocca… del cuore, nelle umili faccende quotidiane, dove, imitando questo primato dell’amore divino, ci sbilanciamo ad amare gli altri, senza verifiche e senza misure, senza giudizi e senza ricatti, senza paure di fallimenti o di inutilità, perché anche solo il desiderio o il tentativo… è “generato in noi da Dio” ed ha già tutto il suo compenso dentro di sé!
Non vi chiamo più servi…ma vi ho chiamato amici
Questa trasformazione radicale del rapporto con Dio, che da servi legati a un padrone (è l’origine della “religione”!) ci ha aperto la strada dell’amicizia con Gesù, è appunto il frutto di questa nuova conoscenza vitale di cui abbiamo ricevuto la forza e il mandato. Questo è il testamento di Gesù. Non è una conoscenza intellettuale, ma esistenziale ed operativa, come un rapporto profondo di amore e dedizione interiore che investe il cuore e dal cuore impregna la testa, le parole i sentimenti e le opere che si fanno. Gesù ha imparato e vissuto nel quotidiano questo riferimento appassionato e totale al Padre, che l’ha travolto e gli impregnato di gioia e di pienezza la vita. E ora non ha altro desiderio che comunicarcelo: tutto ciò che ho udito dal Padre mio l'ho fatto conoscere a voi. Non per essere ringraziato o venerato o ubbidito… ma per amicizia, che è la voglia spontanea del cuore che il tuo amico goda di tutto ciò che tu sei e che hai, a partire dall’esperienza fondamentale della sua vita, il rapporto con il Padre! Se osserverete i miei comandamenti, rimarrete nel mio amore come io ho osservato i comandamenti del Padre mio e rimango nel suo amore. Vi ho detto queste cose perché la mia gioia sia in voi e la vostra gioia sia piena.
e vi ho costituiti perché andiate e portiate frutto e il vostro frutto rimanga
… chi tiene fisso lo sguardo su Gesù incontra Dio, immergendosi nel tempo. In lui incontriamo il Dio dei giorni e della storia: vivere il rapporto con Dio immersi nel tempo vuol dire imparare a raccogliere tutto il passato, purificandone la memoria, ad attendere il futuro, senza cedere all’immaginario, e a vivere intensamente il presente, senza perdere nulla dei doni vitali che esso ci consegna.Anche la preghiera liturgica ha questa movenza, ma spesso le sue formule restano esteriori, non incidono affatto nella vita di ogni giorno e nelle relazioni con gli altri. L’incontro con Dio rivelato da Gesù si realizza con l’immersione totale nel tempo: è il Dio che era, che è e che viene (Ap 1,8). Spesso però i discepoli di Gesù vivono il rapporto con Dio in modo non cristiano, cioè senza la modulazione trinitaria. Lo considerano Creatore, Legislatore o Giudice. Raramente è il principio di vita, che dà senso al passato, che promette il futuro e che nell’istante offre doni di vita da consegnare ai fratelli. Eppure questa è la specificità della spiritualità cristiana: la modulazione trinitaria del rapporto con Dio: Principio, Parola, Spirito: Dio che era, che è e che viene. … L’immersione nel tempo l’abbiamo scoperta attraverso Gesù: tenendo fisso lo sguardo su di lui (Eb 3,1; 12,2) abbiamo capito la sua fedeltà al Padre, di cui ha incarnato la Parola, giorno dopo giorno, e di cui ha accolto lo Spirito. Nella preghiera e nell’ascolto ha percorso il cammino che, attraverso il tragitto della croce, dove ha espresso il suo amore ‘fino alla fine’, è giunto alla risurrezione... Chi impara da Lui a incontrare Dio nelle dimensioni del tempo o a vivere il tempo nella presenza di Dio, diventa consapevole della forza che lo investe, dell’amore che lo avvolge, dell’energia che in ogni istante irrompe nella sua storia come un dono nuovo. Per lui non ci sono più situazioni resistenti alla vita. Anche gli eventi che suscitano ansia o procurano sofferenza possono essere attraversati con serenità, nella certezza che l’offerta che viene da Dio conduce ad un destino eterno, a quel compimento che in Gesù è stato indicato, ma che non è dato ancora sapere in che cosa consista – se non che produrrà in noi una gioia piena come la sua (cfr C. MOLARI, Rocca 15.07.’07, p 52s)!
Anch’io sono un uomo come te! Ma adesso finalmente mi sono accorto che…
È una delle “scoperte” più importanti e determinanti della genuinità della nuova “fede” a cui sono chiamati i discepoli. La visione che Pietro ha appena avuto (At 10,11ss) del lenzuolo contenente ogni specie di bestie impure… purificate dal Signore, trova sempre (lungo i secoli… fino ad oggi!) una opposizione dura e sorda…che tenta invincibilmente di attenuarne l’esplosività, ridividendo il lenzuolo dell’umanità in zone di maggiore o minor purezza o ortodossia o vicinanza a Dio, secondo i criteri culturali, razziali, religiosi, morali… che impregnano le diverse identità delle persone e dei popoli. Ma tutte queste barriere culturali sono ormai relativizzate dall’irruzione nel cuore della gente – i singoli e i gruppi! – dello Spirito mandato da Gesù! Con due effetti dirompenti. Il primo effetto dello Spirito è l’apertura del cuore dei discepoli alla fraternità universale degli uomini nella loro uguale dignità, secondo le misure sconfinate del cuore del Padre, che annulla ogni discriminazione, compresa quella religiosa o sacrale. Il convertito fa fatica a capirlo, perché vorrebbe ‘sacralizzare’ tutto quanto l’ha effettivamente aiutato a incontrare il Signore. Ma il Signore non si ferma nelle forme sacre attraverso le quali passa storicamente, le quali anzi, se “assolutizzate”, disviano dall’incontro con il Signore, che ci chiama sempre più avanti nel cammino! La seconda è l’altra esperienza di Pietro, che per uscire dalle strettoie insuperabili dalla sua invincibile diffidenza verso i pagani, è stato “spinto” ad andare a casa dell’altro. Non per insegnare o convertire … ma per “capire”, cioè per dilatare il cuore e comprendere sperimentalmente… “Andare a casa dell’altro” (la missione!) è già segno di amore, è smuoversi da casa propria, è portare lo Spirito… Una dinamica interiore essenziale alla maturazione della fede, perché fa scattare la scintilla delle due conversioni che si incontrano: mentre Pietro stava per entrare, Cornelio gli andò incontro. La contemporaneità (mentre ancora parlava… lo Spirito…) vuol esprimere la doppia azione dello Spirito, che non è “portato” da Pietro, ma è da lui riconosciuto, accolto e annunciato, e per così dire garantito, con l’inserimento nell’intreccio ecclesiale attraverso il Battesimo. Ogni missione, dunque, è autenticata dalla retromissione, cioè dal ritorno dello Spirito che, annunciato dal discepolo, innesca sempre nuove sintesi di umanità convertita, nuove esperienze di fede, nuove relazioni di amore, nuove occasioni di speranza. Se queste sono accolte, ri/convertono a loro volta il discepolo stesso, lo aprono a più ampi orizzonti e lo purificano dalle inevitabili incrostazioni storiche della sua fede di partenza. Senza queste “scoperte” o consapevolezze nuove, che l’ingresso dei pagani nella chiesa ha fatto fare a Pietro, Paolo, Barnaba… e poi alla comunità, il gruppo dei discepoli di Gesù sarebbe forse divenuto una sterile setta giudeocristiana…
Non siamo stati noi ad amare Dio… il primato dell’amore di Dio in ogni storia!
In questo sta l’amore, dice Giovanni, non siamo stati noi ad amare Dio, ma è stato lui ad amare noi. Perché? Perché il nostro amore è “bisogno”, ben motivato dalla nostra situazione di indigenza radicale…E non può essere subito amore dell’altro, ma è amore di sé! Non mira a far crescere l’altro, ma usa l’altro per accontentare sé! Come troppo spesso le nostre vicende quotidiane di competizione, di prepotenza e relative frustrazioni… ci confermano giorno dopo giorno! Non è questo l’amore di cui parla Gesù! L’amore esemplare, generativo di ogni vero amore, è quello del Padre, che ha mandato il figlio a salvarci, perché noi avessimo la vita per mezzo di lui, a costo di fargli assorbire su di sé il veleno che ci faceva morire… Questo vuol dire divenire vittima di espiazione per i nostri peccati! Non poteva sopportare che noi ci perdessimo nella nostra miseria… perciò l’ha assunta, vissuta e disinquinata nelì lungo tragitto della sua breve vita, da Betlemme, a Nazareth a Gerusalemme. Questa esperienza umana del figlio, che ha vissuto nella sua vicenda storica in questo mondo il suo rapporto ineguagliabilmente intenso con il Padre, che gli donava la vita, la forza e la fede, ci ha coinvolti in questa sua originale dinamica vitale di amore. Ci ha aperto la strada all’apprendimento (ma è un dono del suo Spirito) di questo alfabeto nuovo dell’amore. All’inizio (e sempre da capo!) balbettiamo, mescolando parole vecchie e parole nuove, sentimenti egocentrici con desideri di gratuità, convinzioni discriminati con la consapevolezza che Dio non fa preferenze di persone: abbiamo i suoi mezzi (Parola – Eucaristia - nel tessuto ecclesiale che è il suo corpo) per imparare ad amarci nella storia, “come lui ci ha amati” ¬ cioè con il suo amore, che è lo Spirito. Sono gesti, atteggiamenti, cenni di perdono o consolazione o vicinanza, umili espressioni sempre ricominciate, nelle quali apriamo il cuore alla benevolenza del Padre che passa attraverso di noi, per lo Sòpirito di Cristo Gesù. È il modo cristiano di “conoscere” vitalmente Dio. Una conoscenza che ha bisogno delle mani, della pelle, degli occhi, della bocca… del cuore, nelle umili faccende quotidiane, dove, imitando questo primato dell’amore divino, ci sbilanciamo ad amare gli altri, senza verifiche e senza misure, senza giudizi e senza ricatti, senza paure di fallimenti o di inutilità, perché anche solo il desiderio o il tentativo… è “generato in noi da Dio” ed ha già tutto il suo compenso dentro di sé!
Non vi chiamo più servi…ma vi ho chiamato amici
Questa trasformazione radicale del rapporto con Dio, che da servi legati a un padrone (è l’origine della “religione”!) ci ha aperto la strada dell’amicizia con Gesù, è appunto il frutto di questa nuova conoscenza vitale di cui abbiamo ricevuto la forza e il mandato. Questo è il testamento di Gesù. Non è una conoscenza intellettuale, ma esistenziale ed operativa, come un rapporto profondo di amore e dedizione interiore che investe il cuore e dal cuore impregna la testa, le parole i sentimenti e le opere che si fanno. Gesù ha imparato e vissuto nel quotidiano questo riferimento appassionato e totale al Padre, che l’ha travolto e gli impregnato di gioia e di pienezza la vita. E ora non ha altro desiderio che comunicarcelo: tutto ciò che ho udito dal Padre mio l'ho fatto conoscere a voi. Non per essere ringraziato o venerato o ubbidito… ma per amicizia, che è la voglia spontanea del cuore che il tuo amico goda di tutto ciò che tu sei e che hai, a partire dall’esperienza fondamentale della sua vita, il rapporto con il Padre! Se osserverete i miei comandamenti, rimarrete nel mio amore come io ho osservato i comandamenti del Padre mio e rimango nel suo amore. Vi ho detto queste cose perché la mia gioia sia in voi e la vostra gioia sia piena.
e vi ho costituiti perché andiate e portiate frutto e il vostro frutto rimanga
… chi tiene fisso lo sguardo su Gesù incontra Dio, immergendosi nel tempo. In lui incontriamo il Dio dei giorni e della storia: vivere il rapporto con Dio immersi nel tempo vuol dire imparare a raccogliere tutto il passato, purificandone la memoria, ad attendere il futuro, senza cedere all’immaginario, e a vivere intensamente il presente, senza perdere nulla dei doni vitali che esso ci consegna.Anche la preghiera liturgica ha questa movenza, ma spesso le sue formule restano esteriori, non incidono affatto nella vita di ogni giorno e nelle relazioni con gli altri. L’incontro con Dio rivelato da Gesù si realizza con l’immersione totale nel tempo: è il Dio che era, che è e che viene (Ap 1,8). Spesso però i discepoli di Gesù vivono il rapporto con Dio in modo non cristiano, cioè senza la modulazione trinitaria. Lo considerano Creatore, Legislatore o Giudice. Raramente è il principio di vita, che dà senso al passato, che promette il futuro e che nell’istante offre doni di vita da consegnare ai fratelli. Eppure questa è la specificità della spiritualità cristiana: la modulazione trinitaria del rapporto con Dio: Principio, Parola, Spirito: Dio che era, che è e che viene. … L’immersione nel tempo l’abbiamo scoperta attraverso Gesù: tenendo fisso lo sguardo su di lui (Eb 3,1; 12,2) abbiamo capito la sua fedeltà al Padre, di cui ha incarnato la Parola, giorno dopo giorno, e di cui ha accolto lo Spirito. Nella preghiera e nell’ascolto ha percorso il cammino che, attraverso il tragitto della croce, dove ha espresso il suo amore ‘fino alla fine’, è giunto alla risurrezione... Chi impara da Lui a incontrare Dio nelle dimensioni del tempo o a vivere il tempo nella presenza di Dio, diventa consapevole della forza che lo investe, dell’amore che lo avvolge, dell’energia che in ogni istante irrompe nella sua storia come un dono nuovo. Per lui non ci sono più situazioni resistenti alla vita. Anche gli eventi che suscitano ansia o procurano sofferenza possono essere attraversati con serenità, nella certezza che l’offerta che viene da Dio conduce ad un destino eterno, a quel compimento che in Gesù è stato indicato, ma che non è dato ancora sapere in che cosa consista – se non che produrrà in noi una gioia piena come la sua (cfr C. MOLARI, Rocca 15.07.’07, p 52s)!
1 commento:
...nelle dimensioni del tempo e a vivere il tempo nella presenza di Dio...... è la sfida che oggi ci viene chiesta nel seguire Gesù.
Grazie
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