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giovedì 6 novembre 2008

Il tempio-cattedra cristiano è il corpo del figlio dell’uomo!

La 32a domenica dopo Pentecoste capita questa anno nella data della
dedicazione della cattedrale di Roma, che non è S. Pietro, ma S. Giovanni in
Laterano, antica sede dei papi. Perciò con tutta la chiesa cattolica celebriamo
questo segno di unità e comunione. Se nella logica liturgico politica di
affermazione della centralità di Roma, talora si è inteso questa chiesa come
“capostipite e madre di tutte le chiese” (così c’è scritto sulla facciata),
questa è come sopraffatta dalla logica biblica dei testi prescelti e offre un
percorso illuminante del cammino cristiano.

Il vicolo chiuso della religione
La vita dall’uomo è contrassegnata da una caratteristica unica, sembra, nel creato: è intelligente… e subito sa di dover morire! E questa consapevolezza della precarietà, ambiguità e caducità della sua esistenza sulla terra gli fa nascere nel cuore la voglia di un “oltre” più sicuro, protettivo, potente… della propria nuda umanità – e soprattutto duraturo per sempre! Questo bisogno di trascendenza, per essere percepibile e gestibile, non può che materializzarsi in qualche modo, attraverso simboli, riti, invocazioni, sacrifici, paramenti… che nella storia di tutte le religioni assumono una particolare sacralità, perché intrisi di un intenso riferimento al divino, o comunque al sovrumano. Il sito ove Dio sembra esser più vicino è il tempio, che, nelle sue infinite versioni, è sempre la sua casa, “il luogo dove Dio ascolta la preghiera del suo popolo”, come dice Salomone.
Ma la religione, proprio quando ha successo, sta già svuotandosi del suo senso, e rivela la sua contraddizione intima. Perché il suo successo, cioè l’aver investito l’anelito di trascendenza in qualcosa di “umano”, fabbricato dall’uomo (culturale, quindi immanente!), ri/avvelena l’oggetto sacro della medesima precarietà e ambiguità propria di ogni cosa umana, che è proprio ciò che si voleva fuggire. La religione palesa così la sua origine: l’elaborazione del lutto, la manipolazione o ritualizzazione del bisogno della trascendenza che è la fonte stessa della religione. Un tentativo maldestro di condensare l’assoluto in una parte soltanto della vita (il sacro), sperando che possa salvare tutto il resto: ma questa parte sacralizzata si rivela per quello che è, altrettanto mortale e ambigua di tutte le altre. È solo capace di ricordare all’uomo la sua distanza da Dio, e la sua radicale inadeguatezza a raggiungerlo. La sua debolezza è la sua grandezza: stare di fronte a Dio con l’umile atteggiamento di Salomone, lo stesso del pubblicano in fondo al tempio: ascolta e perdona!
Dalla religione alla rivelazione
Nella storia di Israele, nel contesto religioso dell’antico medio oriente, si apre un orizzonte nuovo: la rivelazione. Se la religione è il faticoso cammino dell’uomo verso il Dio irraggiungibile, la rivelazione è l’inaspettato e sorprendente cammino di Dio verso l’uomo, il manifestarsi progressivo della sua “parola” e della sua “volontà” nella storia. “Manifestazioni” (o epifanie) che l’uomo fa fatica a capire e seguire, tanto sono diverse dai parametri normali del suo linguaggio e della sua natura. È Dio stesso che chiama l’uomo nei più diversi modi, con voce flebile ma irresistibile, leggera e potente, nei sogni come nella veglia, con parole e con irruzioni, nelle vicende e nelle situazioni ambigue della storia degli uomini. Che imparano a intuire o intravedere, forse solo di spalle, il suo volto, sempre disomogeneo e irriducibile all’immagine che l’uomo se ne fa. Da Abramo, attraverso i Patriarchi, all’avventura dell’Esodo, nel drammatico percorso verso la terra promessa (dove non scorreva, purtroppo, latte e miele); al fallimento della monarchia e di ogni pretesa di potenza teocratica, fino all’esilio, con la perdita della terra e della libertà, e infine ai profeti instancabili nel riproporre una fede “purificata” dalle scorie umane… Fino alla promessa di un salto di qualità, rispetto al dono (pur eccelso) dell’Alleanza e delle tavole della legge: la trasformazione del cuore di pietra in cuore di carne. Finalmente “un luogo” sulla terra dove Dio possa davvero esser ascoltato ad amato: il cuore di carne dell’uomo, unico luogo sacro a Dio! Sono i passi e le tappe che segnano il cammino paradigmatico per ogni credente, perché la salvezza viene storicamente dai giudei!
La parola di Dio fatta carne
… per farsi capire da un cuore … di carne, troppo indurito dalle fatiche e dalla paure della vita e della morte, e anche dalle leggi che vorrebbero costringerlo a comportarsi bene…, la Parola di Dio, nella pienezza dei tempi, si è fatta carne! Anzi è lui, Gesù, il vero cuore di carne umana, che “parlando” all’uomo, incide nel suo cuore di pietra il linguaggio del Padre e lo intenerisce… lo umanizza. Inserire in un corpo umano la divinità senza farlo esplodere o perderne l’umanità …è il mistero insondabile e sconcertante che l’uomo (il cristiano) continua da duemila anni a cercare di contenere e controllare. Il racconto dell’incontro di Gesù con la Samaritana, da cui è tratto il vangelo di oggi, ne è una delle esperienze più vivaci e provocatorie. Gesù abbandona Gerusalemme, dove ha sconvolto la gente e i capi rovesciando le bancarelle e scacciando i commercianti e le loro bestie dal tempio (la casa del Padre mio ridotta ad un mercato!)… e attraversa la Samaria, terra di eretici e bastardi, immerso nella diversità e ambiguità degli uomini, che a lui non suscitano ribrezzo, ma un’attenzione di simpatia avvincente. Stanco anche lui, siede sul muricciolo di un pozzo della storia biblica, di Abramo, Giacobbe, Giuseppe, Giosuè… Con questi spettatori simbolici, un uomo e una donna si parlano, in un dialogo che incespica in barriere insormontabili culturali e personali, di genere, di religione, di sangue… Non dovrebbero neanche parlarsi, dice la donna! In comune hanno soltanto il mezzogiorno della vita, la sete, la voglia di ascoltarsi…
Il difficile dialogo
Appena Gesù comincia a parlare (la Parola che si fa umana) cominciano anche i fraintendimenti (intendimenti fra estraneità che interagiscono, perciò colmi di malintesi e precomprensioni). Ma la sete reciproca è più importante delle ferite e degli steccati storici ed esistenziali! Cominciano anche le spiegazioni e le intese… Le diverse seti “fraintese” sono chiamate a confrontarsi e unificarsi nella sete fondante della persona: la sete di relazione, (cioè di amore: quella che ha mosso il Padre a “cercaree plasmare con la sua Parola i veri adoratori… La sete reciproca (dammi da bere!io ti darò da bere!) non è più solo dialogo di parole, ma coinvolgimento vitale in una relazione che trasforma l’esistenza in amore. La Parola non elimina la sete, sopprimendone l’umanità (come i riti sacrificali) - ma dissetandola, con una sorgente intima zampillante, che la rende insieme totalmente dipendente e libera: lo Spirito! «L'acqua che io gli darò diventerà in lui sorgente di acqua che zampilla per la vita eterna!». La proposta adesso è chiara e accolta con entusiasmo, ma di fatto la donna (il credente) non è pronta, perché la fede non è un gesto, un rito o un credo da interiorizzare. È una persona da seguire ed amare, e ci vuole una vita, perché questa relazione diventi vitale. Perché quest’acqua (questa relazione!) è alternativa a tutte le altre bevande nelle quali la donna sta consumando la sua sete (i mariti… gli idoli, i valori assolutizzati, le debolezze morali, gli steccati storici…). Sono tutte relazioni fuorvianti o inadeguate. Non dissetano ma consumano il cuore dell’uomo. E soffocano la vera relazione che ci reintegra e ci salva: Io sono, che parlo con te!
La pietra scartata… dagli uomini
…perché troppo umana, debole, sconfitta, abbandonata da tutti, inchiodata sul legno maledetto – è il nuovo tempio: il luogo dove più forte (divina!) è la presenza terrestre di Dio. È il paradosso centrale del vangelo, dove il circuito religioso brucia ogni sua pretesa: la piena rivelazione della divinità è l'umanità di Gesù! Non la sua predicazione, il suo comportamento eccelso, i suoi miracoli, ma la sua sconfitta, la disfatta di ogni suo potere, per amore! Non più correndo ai templi vi cercherete Dio. Ma “stringendovi a lui [a Gesù Cristo], pietra viva, rigettata dagli uomini, ma scelta e preziosa davanti a Dio, anche voi venite impiegati come pietre vive per la costruzione di un edificio spirituale, per un sacerdozio santo, per offrire sacrifici spirituali graditi a Dio… Il divino raggiunge la sua pienezza solo nell'umano, sulla terra, in un corpo d'uomo. La nostra fede passa per l'umanità di Cristo: lì vediamo il volto accogliente, amante, perdonante del Padre. Alla teologia del tempio di pietra, Gesù ci insegna a sostituire la teologia del tempio di carne, dei figli di Dio come santuario della sua presenza.


Il tempio – cattedra del cristiano
Vi parrà pure che godendo di queste cose così sublimi, non si debba più fermare la meditazione sui misteri della sacratissima Umanità di nostro Signore Gesù Cristo, ma occuparsi soltanto in amare. Su questo argomento ho già scritto a lungo in un altro luogo. Alcuni mi hanno fatto opposizione, e mi hanno detto che non me ne intendo … Tuttavia non mi faranno mai confessare che questo sia un buon cammino.
…Ma io non capisco a che cosa pensino. Separarsi da ciò che è corporeo per bruciare continuamente di amore è proprio degli spiriti angelici, non di noi che viviamo in corpo mortale…. non dobbiamo separarci dalla sacratissima Umanità di nostro Signore Gesù Cristo, unico nostro bene e rimedio. … Non dice forse il Signore che Egli è la via? Non afferma ancora che è luce, e che nessuno può andare al Padre se non per Lui? E quest'altre parole: Chi vede me vede il Padre mio? Diranno che si devono spiegare in altro modo. Io non conosco altre spiegazioni: con questa mi sono sempre trovata assai bene, e la mia anima sente che è vera.

[S.Teresa d’Avila 6 M 7, 5-6]

…che falsa strada avevo preso
Eppure, o mio Dio, io mi sono allontanata da Voi nella speranza di meglio servirvi!... Quando vi abbandonavo con il peccato, almeno non vi conoscevo, ma conoscervi, Signore, e credere di meglio avanzare abbandonandovi!... Oh che falsa strada avevo preso, Signore! Anzi, ero del tutto fuori strada! Ma Voi avete raddrizzato i miei passi, e dacché vi vedo a me vicino, vedo pure ogni bene. Non mi è più venuta una prova che, mirandovi innanzi ai tribunali, non abbia sopportata facilmente. Tutto si può sopportare con un amico così buono, con un così valoroso capitano che per primo entrò nei patimenti. Egli aiuta e incoraggia, non viene mai meno, è un amico fedele. Per me, specialmente dopo quell'inganno, ho sempre riconosciuto e tuttora riconosco che non possiamo piacere a Dio, né Dio accorda le sue grazie se non per il tramite dell'Umanità sacratissima di Cristo, nel quale ha detto di compiacersi. Ne ho fatta molte volte l'esperienza, e me l'ha detto Lui stesso, per cui posso dire di aver veduto che per essere a parte dei segreti di Dio, bisogna passare per questa porta.

[S.Teresa d’Avila V 22,6-7 - 22,10]

Soliloqui con la samaritana
Nel pieno della vita …e della sete, Gesù aspetta, seduto sul pozzo della sapienza antica (ripetuta, tramandata e inefficace), senza alcun pre/giudizio sulla mia umanità ferita, assetata e delusa (lui è più assetato di me e aspetta la mia brocca, un mio gesto)
La mia storia – una storia normale ‑ è stata un fraintendere continuo, più o meno ostinato e inconsapevole, dietro a valori ibridi e inadeguati. Ho dissetato le mie voglie e desideri con acque inquinate e ho speso energie dietro a pseudo-valori (miraggi di stima e potere, spezzoni di piacere egocentrico, competizione e durezza, salvare a tutti i costi quel poco di stima e di faccia, …)... sono i miraggi che mi hanno illuso, senza poterne fare a meno, per troppa sete… E mi hanno spesso costretto a ritagliarmi Dio e profeti e tempio e morale e legge a mia immagine…
Eppure affascina, ancora e sempre, questa chiamata sorprendente… a dare da bere a lui, più assetato di me! … a superare tutte le ambiguità e i disamori, cedendo al Padre che cerca adoratori in Amore e Verità. Essere vero, però, e lasciarmi cercare (prendere) fa paura. Come si fa a cedergli … per ascoltare e rendere totalizzante la relazione vitale con “Io sono - che ti parlo”?
Lui ti aveva guardata con occhi e cuore così accoglienti e vivificanti che ti sei sentita da lui “parlata” (raccontata – rinata, con una nuova storia di salvezza, raccontata dai suoi occhi e dal suo amore). Per questo testimoniavi ai compaesani: “mi ha detto tutto quello che ho fatto”. Allora è davvero il Messia? - il Cristo!? Non sai, ma sperimenti che la sua “Parola” esprime l’amore di un Padre!
Essere cristiani è guardare, come lui, con occhi benevoli, le persone e gli eventi, per raccontarne (elaborarne di nuovo) la storia - come messaggeri, indicatori e compagni dell’ unico Messia - Parola – Pane ‑ acqua di vita.

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