C’è un pensiero triste – triste come la morte – che spesso può attraversare la mente di un genitore: quello di non credere più alla possibilità di educare e di saper educare i propri figli.
Non c’è niente di peggio per un genitore, e non c’è niente di peggio per un educatore…
In quella grande istituzione anche “educativa” che è la Chiesa, questo è un cancro mortale che gli impedisce di essere Chiesa, missionaria, annunciatrice, di un volto nuovo di Dio…
Quando un genitore arriva a quel punto, o “scomunica” il figlio cacciandolo di casa, o lo denuncia ai carabinieri, per farlo “internare”. In ogni caso gli nasconde il suo volto.
Per alcuni può essere una extrema ratio… Dovrebbero chiamarla però extrema irratio in quanto figlia della disperazione. Sintomo che il dialogo tra educatore e educando si è interrotto da tempo e rivela l’incapacità dell’educatore di perderci di persona per ricomporlo. Di perderci la faccia!
Più che la scacciata del figlio, è la morte del padre, che il padre mette in atto! Perché uccide la speranza, l’unica “cosa” che ci tiene in vita: padri e figli. E uccidendola in sé, il padre la distrugge anche nel figlio!
Una non-paternità, la negazione stessa della propria maternità! Sottraendo il proprio sguardo, al figlio.
Qualcosa del genere accade da tempo in una “pastorale” della Chiesa italiana, in cui la “madre” delega al braccio potente della politica il suo compito di “custodire”, con-vertire, accogliere, dialogare, annunciare… Una Chiesa che chiede al potere secolare di aiutarla o almeno non ostacolarla è diversa da una Chiesa che chiede al potere secolare di sostituirsi alla sua missione educativa.
Chiedi a tutti di aiutarti ad esercitare al massimo il tuo ruolo di educatore, padre, madre, fratello, sorella, ma non delegare a nessuno il tuo essere padre, madre, fratello, sorella!
La legge contro l’aborto che lo limita a casi ben specifici è stata approvata nel lontano 22 maggio 1978 e confermata anche dai cattolici italiani che hanno respinto il doppio referendum che ne chiedeva in parte l’abrogazione (sia in senso permissivo, sia in senso restrittivo) il 17 maggio 1981.
E siamo ancora a quel punto? Ma non è questo il punto…
Affermare, anche indirettamente, come fa Bagnasco nella sua prolusione, che ci vuole un politico pro-life per impedire l’aborto, è un’aberrazione di una madre che ha paura di farsi madre. Che non crede più nelle proprie capacità di convinzione, di annuncio, di formazione delle coscienze… È una Chiesa che rinuncia a farsi missionaria parlando al “cuore” delle persone, prendendone veramente a “cuore” i destini. In tutti questi anni la Chiesa non ha convinto perché non ha parlato al cuore, e non ha parlato al cuore, perché per parlare al cuore, occorre veramente farsi carico delle angosce dell’altro e morirci, come ci muore una madre.
E allora si delega al rappresentante politico, al potere forte della legge e della giustizia il compito che le spetta come Madre.
Quando poi si parla di giustizialismo si sa che cosa si sta dicendo? Il vero giustizialismo non è forse la rinuncia ad essere fratello, sorella e madre? Le relazioni affettive sono sostituite da quelle “contrattuali” della legge! All’astrazione di una legge, che mai può tener conto della “fatica” nell’osservarla!
L’astrazione… si vede anche nel modo in cui si argomenta: dai principi primi ai i principi secondi… Prima viene la vita, dice Bagnasco, in ogni sua dimensione, soprattutto estrema, poi viene la l’oikonomos, la fatica di viverla…
Niente di più falso, niente di più astratto, niente di più antievangelico! Non a caso Gesù mette il rapporto col denaro a fondamento del rapporto con Dio e con gli uomini (e le donne!).
Nel Vangelo Mammona non è il potere, Mammona è il denaro con il quale si raggiunge e si conserva il potere di ogni Faraone, di ogni Erode, che si divorano i nostri feti e i nostri nonni non più “efficienti”.
C’è un vuoto di riflessione nella Chiesa sul denaro e sul suo potere ammaliante sulle coscienze. Che consegna la Chiesa tra le braccia di Mammona.
Anche la pedofilia, per fare una parentesi che parentesi non è: è possibile esercitarla solo da una posizione di “potere”, al quale credo non sia del tutto estranea la dimensione del potere economico che prende la forma del turismo sessuale e della corruzione con regali del minore… Forse sarebbe interessante approfondire anche questo aspetto: «Il potere dei soldi nella corruzione di tutta la morale (non solo sessuale) dell’Occidente e Oltre». Un buon tema, per la prossima prolusione del nostro caro monsignor Bagnasco. Che ci provi almeno, ne scoprirà delle belle!
E la “precisazione ligure” arrivata nelle ore in cui riflettevo su questo scritto, non sposta di una virgola la prospettiva. Anzi, spostando le pedine del gioco, ne conferma il gioco.
Al politico chiedo che faccia bene il suo mestiere di amministratore della polis senza appropriarsi di beni che son di tutti… ma è a mia madre che, senza giudicarmi, domando di tenermi la mano che mi aiuti a sentirmi meno solo.
E allora… A che serve dire, senza dirlo, di non votare Emma Bonino o Mercedes Bresso, ma di votare “gli altri”, se poi la donna quando deve fare la scelta sulla “vita della sua vita” è lasciata sola, illudendosi colpevolmente che le basti un “consultorio” per toglierle il dramma della solitudine?…
A che serve… al disoccupato, forse anche con famiglia a carico, che non ritrova il lavoro, se poi concretamente, i “fratelli e sorelle nella fede”, chiusi nella loro attività parrocchiale lo lasciano solo con i suoi problemi di sopravvivenza, delegando quasi tutto all’istituzione della Cassa Integrazione o all’Ufficio di Collocamento o alla Caritas?…
A che serve… al morente solo col suo dolore, attorniato da extraterrestri in camice bianco che gli fanno capire quanto è di peso, a loro, alla società e ai familiari?…
Servisse a niente! sarebbe già qualcosa. Ma a qualcosa purtroppo serve… a sentirsi ancora più abbandonati, ancora più “usati”, ancor più soli…
Non c’è niente di peggio per un genitore, e non c’è niente di peggio per un educatore…
In quella grande istituzione anche “educativa” che è la Chiesa, questo è un cancro mortale che gli impedisce di essere Chiesa, missionaria, annunciatrice, di un volto nuovo di Dio…
Quando un genitore arriva a quel punto, o “scomunica” il figlio cacciandolo di casa, o lo denuncia ai carabinieri, per farlo “internare”. In ogni caso gli nasconde il suo volto.
Per alcuni può essere una extrema ratio… Dovrebbero chiamarla però extrema irratio in quanto figlia della disperazione. Sintomo che il dialogo tra educatore e educando si è interrotto da tempo e rivela l’incapacità dell’educatore di perderci di persona per ricomporlo. Di perderci la faccia!
Più che la scacciata del figlio, è la morte del padre, che il padre mette in atto! Perché uccide la speranza, l’unica “cosa” che ci tiene in vita: padri e figli. E uccidendola in sé, il padre la distrugge anche nel figlio!
Una non-paternità, la negazione stessa della propria maternità! Sottraendo il proprio sguardo, al figlio.
Qualcosa del genere accade da tempo in una “pastorale” della Chiesa italiana, in cui la “madre” delega al braccio potente della politica il suo compito di “custodire”, con-vertire, accogliere, dialogare, annunciare… Una Chiesa che chiede al potere secolare di aiutarla o almeno non ostacolarla è diversa da una Chiesa che chiede al potere secolare di sostituirsi alla sua missione educativa.
Chiedi a tutti di aiutarti ad esercitare al massimo il tuo ruolo di educatore, padre, madre, fratello, sorella, ma non delegare a nessuno il tuo essere padre, madre, fratello, sorella!
La legge contro l’aborto che lo limita a casi ben specifici è stata approvata nel lontano 22 maggio 1978 e confermata anche dai cattolici italiani che hanno respinto il doppio referendum che ne chiedeva in parte l’abrogazione (sia in senso permissivo, sia in senso restrittivo) il 17 maggio 1981.
E siamo ancora a quel punto? Ma non è questo il punto…
Affermare, anche indirettamente, come fa Bagnasco nella sua prolusione, che ci vuole un politico pro-life per impedire l’aborto, è un’aberrazione di una madre che ha paura di farsi madre. Che non crede più nelle proprie capacità di convinzione, di annuncio, di formazione delle coscienze… È una Chiesa che rinuncia a farsi missionaria parlando al “cuore” delle persone, prendendone veramente a “cuore” i destini. In tutti questi anni la Chiesa non ha convinto perché non ha parlato al cuore, e non ha parlato al cuore, perché per parlare al cuore, occorre veramente farsi carico delle angosce dell’altro e morirci, come ci muore una madre.
E allora si delega al rappresentante politico, al potere forte della legge e della giustizia il compito che le spetta come Madre.
Quando poi si parla di giustizialismo si sa che cosa si sta dicendo? Il vero giustizialismo non è forse la rinuncia ad essere fratello, sorella e madre? Le relazioni affettive sono sostituite da quelle “contrattuali” della legge! All’astrazione di una legge, che mai può tener conto della “fatica” nell’osservarla!
L’astrazione… si vede anche nel modo in cui si argomenta: dai principi primi ai i principi secondi… Prima viene la vita, dice Bagnasco, in ogni sua dimensione, soprattutto estrema, poi viene la l’oikonomos, la fatica di viverla…
Niente di più falso, niente di più astratto, niente di più antievangelico! Non a caso Gesù mette il rapporto col denaro a fondamento del rapporto con Dio e con gli uomini (e le donne!).
Nel Vangelo Mammona non è il potere, Mammona è il denaro con il quale si raggiunge e si conserva il potere di ogni Faraone, di ogni Erode, che si divorano i nostri feti e i nostri nonni non più “efficienti”.
C’è un vuoto di riflessione nella Chiesa sul denaro e sul suo potere ammaliante sulle coscienze. Che consegna la Chiesa tra le braccia di Mammona.
Anche la pedofilia, per fare una parentesi che parentesi non è: è possibile esercitarla solo da una posizione di “potere”, al quale credo non sia del tutto estranea la dimensione del potere economico che prende la forma del turismo sessuale e della corruzione con regali del minore… Forse sarebbe interessante approfondire anche questo aspetto: «Il potere dei soldi nella corruzione di tutta la morale (non solo sessuale) dell’Occidente e Oltre». Un buon tema, per la prossima prolusione del nostro caro monsignor Bagnasco. Che ci provi almeno, ne scoprirà delle belle!
E la “precisazione ligure” arrivata nelle ore in cui riflettevo su questo scritto, non sposta di una virgola la prospettiva. Anzi, spostando le pedine del gioco, ne conferma il gioco.
Al politico chiedo che faccia bene il suo mestiere di amministratore della polis senza appropriarsi di beni che son di tutti… ma è a mia madre che, senza giudicarmi, domando di tenermi la mano che mi aiuti a sentirmi meno solo.
E allora… A che serve dire, senza dirlo, di non votare Emma Bonino o Mercedes Bresso, ma di votare “gli altri”, se poi la donna quando deve fare la scelta sulla “vita della sua vita” è lasciata sola, illudendosi colpevolmente che le basti un “consultorio” per toglierle il dramma della solitudine?…
A che serve… al disoccupato, forse anche con famiglia a carico, che non ritrova il lavoro, se poi concretamente, i “fratelli e sorelle nella fede”, chiusi nella loro attività parrocchiale lo lasciano solo con i suoi problemi di sopravvivenza, delegando quasi tutto all’istituzione della Cassa Integrazione o all’Ufficio di Collocamento o alla Caritas?…
A che serve… al morente solo col suo dolore, attorniato da extraterrestri in camice bianco che gli fanno capire quanto è di peso, a loro, alla società e ai familiari?…
Servisse a niente! sarebbe già qualcosa. Ma a qualcosa purtroppo serve… a sentirsi ancora più abbandonati, ancora più “usati”, ancor più soli…
8 commenti:
Mi sembrava strano non aver ancora visto un tuo post su quest'argomento...le dichiarazioni di Bagnasco mi hanno lasciata come dire? delusa....ma hai notato che stavolta non è stato detto "la chiesa non deve intromettersi nella politica" come di solito avviene, ad es. quando parla Tettamanzi,...anzi sembra che sia stato tutto un plauso? Esagero?
E allora a che serve dire.... al disoccupato...... chiusi nelle loro attività parrocchiali...... a che serve al morente .....
sentirsi, sentirmi usata per un piccolo gesto di fraternità e sempre più solitudine...Mi aspetto sempre tanto, troppo, e la pretesa non è vivere il vangelo, mi dicono in tanti. Andare avanti, comunque e nonostante tutto e tutti
@Sam: sappiamo con che non-politici oggi abbiamo a che fare. Che il faraone costruisca le proprie piramidi non mi stupisce... ma che la chiesa si metta a portargli i mattoni... questo è lo scandalo!
@maria sole: chiedere non è pretendere... ma oggi ci negano il diritto di chiedere, mentre loro, a cominciare dai figli, non fanno altro che pretendere...
Sul "domandare" come dimensione fondamentale dell'uomo e donna che si riconoscono bisognosi dell'aiuto anche morale dell'altro si fonda lo stesso rapporto col Padre: chi non chiede è un uomo già morto perché è un uomo che non attede-spera più niente di nuovo dalla vita. E allora tu continua comunque a chiedere, anche agli uomini... e poi attendiamo con pazienza la risposta della loro libertà liberata. Anche questo ci insegna il Padre Nostro...
Ciò che ho pensato leggendo il tuo commento, Maria Sole, l'ha già scritto Mario.
Troppo spesso si confonde la legittima e naturale richiesta con una pretesa, più per inerzia e sconsideratezza che per ingenuità.
Non vedo soluzione, ma piuttosto l'insopprimibile potere di scelta: di continuare ad offrire, o a chiedere.
Ma come si fa quando il mio prossimo rifiuta, Mario?
Tu scrivi di aspettare con pazienza.
E' saper aspettare con pazienza anche restare in silenzio, lasciando solo la porta socchiusa, ma senza fare ulteriori passi?
Se il silenzio non è dettato da una "legge" arbitraria ed inflessibile, ma dal mio prendere atto del rifiuto dell'altro; può aver senso o designa comunque un fallimento?
Per carità, non mi aspetto che tu abbia la mia risposta: non sei il mio confessore, anzi ritengo che nelle passate occasioni di dialogo tu nemmeno abbia colto, o potuto / voluto cogliere, chi io sia. Ma si può essere amici, persino mancando di conoscere intimamente l'altro, e riuscire a prendersi.
Lo so, non ho scritto del tema in questione nè di Bagnasco, anche perché semplicemente ancora non l'ho letta.
Ma è quel che mi è venuto fuori.
Mi permetto di aggiungere ancora una richiesta di aiuto per cercare di comprendere: sulla bilancia un benestante proprietario non molto in regola per vari aspetti; l'altro è un povero con famiglia che ha perso il lavoro e non riesce a vivere, in questo vivere metto tutto anche l'umiliazione di chiedere € 10 per la medicina di un bambino. Di chi vi preoccupate? Chi sostenete? E' vero che è giusto chiedere al ricco di avere pazienza, ecc. Ma al povero truffato e lasciato lì?
@Denise Cecilia: bella domanda! Forse “la” domanda… che è al “cuore stesso della proposta evangelica”…
E più ci penso e più toglierei il “forse”! In fondo che cos’è quello che stiamo meditando da una vita e in particolare in questi giorni – il vivere e il morire di Gesù Cristo – se non il modo con cui il Padre risponde al nostro rifiuto?
La tua domanda ci immerge allora nel “dramma” stesso di Dio, nel “grido” sulla Croce del Figlio, nel “gemito” stesso dello Spirito, nella testimonianza lancinante di ogni uomo e donna che si riconoscano figli di un tale Padre. E solo partire da qui cercare/trovare una possibile risposta.
E dovrei fermarmi qui… ma provo lo stesso ad osare, farfugliando una ulteriore declinazione… che potrebbe benissimo essere ignorata!
Nel concreto quindi, per quanto riesca a cogliere, non esiste una risposta standard, nel senso che non esiste una risposta automatica che possa andar bene comunque in ogni luogo e in ogni situazione: l’unica “via” è “specchiarsi” in quella di Cristo e invocare lo Spirito che ci aiuti a dare la nostra. Solo esperimentando sulla nostra pelle il vissuto di questa “drammatica”, possiamo trovare – non senza errori e tentativi fallimentari (la compagnia dei fratelli serve a sostenerci in questo) – una nostra risposta “creativa” che sia figlia e sorella di tanta folle e scandalosa passione per ogni, e sottolineo “ogni”, uomo e donna e ogni creatura.
La “resurrezione” che sperimentiamo nel morire della nostra carne, dovrebbe esserci garanzia (segno) sufficiente per poter giungere fino in fondo al cammino nel suo compimento.
Parole le mie, semplicemente inutili parole se non diventano Parola che solo nell’esperienza dei fatti attende di trovare personale conferma…
Allora aggiungo, perchè finalmente è uscita la frase: NON AFFITTIAMO LE CASE AGLI STRANIERI.
Il mio grido interiore è solo mio che cerco spesso di condividere con Lui, aiutando a far lievitare la mia fiducia in Lui. Però il solo fatto che una, dieci, venti persone siano poste davanti e dentro il loro rifiuto.... mi consente di ringraziare sempre Lui che educa costantemente la mia capacità divivere con il cuore aperto.
Mi dice qualcosa quella triade: dramma, grido, gemito. Sedimentava già mentre leggevo.
Può darsi che una risposta creativa al rifiuto sia appunto la creazione (modellamento) di un sè differente: dev'essere migliore un silenzio aperto e non incattivito di un'ostinazione inutilmente sfiancante.
Mi aiuta molto l'espressione utilizzata da Chia: è alle persone in forma di grumo di sangue impaurito che non cesso di essere presente, forse la perdita non è riuscita a rovinarmi davvero - e cessare le mie relazioni con le persone a cui vorrei "salvare la Vita", ma che mi dimenticano o rifiutano, non è equivalso ad interrompere il legame più intimo con esse. Forse.
Il resto è esercizio di pazienza, silenzio e disciplina... alla faccia, Abbà.
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