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martedì 20 dicembre 2011

Natale 2011

Ho sempre cercato di “scampare” il dovere di fare la lectio a Natale (la lectio più difficile dell’anno!), con la scusa che il mio impegno era di fare la lectio della domenica e non quella delle altre festività… Ma quest’anno non ho scuse… perché Natale cade proprio di domenica… e quindi… mi tocca…

Però – ci tenevo a dirvelo – è con tanta trepidazione che mi metto a scrivere… perché davvero il rischio di dire cose banali o cose anche belle, ma che volano 3 metri sopra la nostra testa, è grande… soprattutto in questa occasione…

Cerco allora di andare con ordine.

Sapete che a Natale ci sono tante messe (quella della notte, quella dell’aurora, quella del giorno) e ognuna ha le sue letture. Io mi sono “imposta” quelle del giorno, perché sono quelle che la Chiesa ha scelto per la maggior parte dei fedeli che – s’immagina – vadano a messa di giorno!

Se avessi seguito altri criteri, penso che avrei volentieri deviato soprattutto dal Prologo di Giovanni, bellissimo, ma… impegnativissimo…

E invece, eccoci qui, tutti di fronte a questi testi…



Dal libro del profeta Isaìa (Is 52,7-10)

Come sono belli sui monti i piedi del messaggero che annuncia la pace, del messaggero di buone notizie che annuncia la salvezza, che dice a Sion: «Regna il tuo Dio». Una voce! Le tue sentinelle alzano la voce, insieme esultano, poiché vedono con gli occhi il ritorno del Signore a Sion. Prorompete insieme in canti di gioia, rovine di Gerusalemme, perché il Signore ha consolato il suo popolo, ha riscattato Gerusalemme. Il Signore ha snudato il suo santo braccio davanti a tutte le nazioni; tutti i confini della terra vedranno la salvezza del nostro Dio.



Il primo testo che la Chiesa sceglie per questo Natale è tratto dal libro del profeta Isaia.

È un testo che dà subito la tonalità alla celebrazione che viviamo: c’è infatti una buona notizia, un messaggio di pace, un annuncio di salvezza, che consiste nel ritorno del Signore, nella consolazione che Egli porta al suo popolo.

È un brano che Israele scrive pensando ai tempi messianici…

La Chiesa lo sceglie per raccontare della nascita di Gesù…

È quindi un brano scritto per il ritorno di Dio, per l’instaurarsi del suo Regno… che però viene attribuito ad un bambino, ad un piccolo d’uomo, fatto di carne, latte, strilli sdentati, cordone ombelicale e pannoloni (o chi per essi)… E se non fosse per l’abitudine, già questo dovrebbe farci sobbalzare… In Gesù, Dio è un bambino!



Dalla lettera agli Ebrei (E 1,1-6)

Dio, che molte volte e in diversi modi nei tempi antichi aveva parlato ai padri per mezzo dei profeti, ultimamente, in questi giorni, ha parlato a noi per mezzo del Figlio, che ha stabilito erede di tutte le cose e mediante il quale ha fatto anche il mondo. Egli è irradiazione della sua gloria e impronta della sua sostanza, e tutto sostiene con la sua parola potente. Dopo aver compiuto la purificazione dei peccati, sedette alla destra della maestà nell’alto dei cieli, divenuto tanto superiore agli angeli quanto più eccellente del loro è il nome che ha ereditato. Infatti, a quale degli angeli Dio ha mai detto: «Tu sei mio figlio, oggi ti ho generato»? e ancora: «Io sarò per lui padre ed egli sarà per me figlio»? Quando invece introduce il primogenito nel mondo, dice: «Lo adorino tutti gli angeli di Dio».



È facendosi bambino che – ultimamente, cioè nell’ultimo momento, nel momento finale, decisivo – Dio «ha parlato a noi».

Un bambino che certo diventerà grande, farà tante cose, ne dirà molte altre, vivrà e morirà in un certo modo, risorgerà… Una parola dunque che non si ferma a quel bambino e che tuttavia inizia a pronunciarsi dentro ad un corpicino in fasce.

Se ci pensiamo, noi conosciamo gli altri, li capiamo, cogliamo chi sono, da ciò che fanno, da ciò che dicono, dalle posizioni che prendono (o non prendono), da come si muovono nella storia…

Beh, anche con Dio “funziona” così: lo possiamo conoscere, lo possiamo capire, possiamo capire chi e come Egli sia, guardando a ciò che dice, a ciò che fa, a come si muove nella storia…

Ebbene, sarebbe interessante chiederci cosa dice di Lui il fatto di dirsi in un bambino, che non può parlare!

Ricordo una mia amica – specializzanda in pediatria – che doveva far tirocinio nel reparto di neonatologia e mi diceva: “Ci vado volentieri per questi sei mesi, ma nella vita non voglio certo fare la neonatologa; io voglio avere a che fare con bambini con cui potermi relazionare, che parlino!”.

Ecco – quando Dio si dice – si dice in un bambino che non può neanche parlare. Per Lui, parla la decisione (muta) di presentarsi così.

Non è immediatamente la sua parola vocale a entrare nella storia, ma il suo linguaggio non verbale.

In Gesù, Dio è un bambino che non sa ancora parlare.



Eppure, proprio Lui è il Verbo, la Parola di Dio!



Dal Vangelo secondo Giovanni (Gv1,1-18)

In principio era il Verbo,

e il Verbo era presso Dio

e il Verbo era Dio.

Egli era, in principio, presso Dio:

tutto è stato fatto per mezzo di lui

e senza di lui nulla è stato fatto di ciò che esiste.

In lui era la vita

e la vita era la luce degli uomini;

la luce splende nelle tenebre

e le tenebre non l’hanno vinta.

Venne un uomo mandato da Dio:

il suo nome era Giovanni.

Egli venne come testimone

per dare testimonianza alla luce,

perché tutti credessero per mezzo di lui.

Non era lui la luce,

ma doveva dare testimonianza alla luce.

Veniva nel mondo la luce vera,

quella che illumina ogni uomo.

Era nel mondo

e il mondo è stato fatto per mezzo di lui;

eppure il mondo non lo ha riconosciuto.

Venne fra i suoi,

e i suoi non lo hanno accolto.

A quanti però lo hanno accolto

ha dato potere di diventare figli di Dio:

a quelli che credono nel suo nome,

i quali, non da sangue

né da volere di carne

né da volere di uomo,

ma da Dio sono stati generati.

E il Verbo si fece carne

e venne ad abitare in mezzo a noi;

e noi abbiamo contemplato la sua gloria,

gloria come del Figlio unigenito

che viene dal Padre,

pieno di grazia e di verità.

Giovanni gli dà testimonianza e proclama:

«Era di lui che io dissi:

Colui che viene dopo di me

è avanti a me,

perché era prima di me».

Dalla sua pienezza

noi tutti abbiamo ricevuto:

grazia su grazia.

Perché la Legge fu data per mezzo di Mosè,

la grazia e la verità vennero per mezzo di Gesù Cristo.

Dio, nessuno lo ha mai visto:

il Figlio unigenito, che è Dio

ed è nel seno del Padre,

è lui che lo ha rivelato.



È lui che lo ha rivelato, è lui che ci ha raccontato Dio!



A tutti e a ciascuno auguro la passione per il linguaggio verbale e non verbale di questo bambino,

Figlio dell’uomo e Figlio di Dio.


Chiara

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