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domenica 3 giugno 2007

di Pasqua in Pasqua

Proprio perché, come scrivevamo, il senso del nostro agire (umano-cristiano-missionario), è dato dall’orientamento del nostro camminare nella nostra storia concreta, sia come singoli che come collettività, diventa vitale la domanda sull’origine del viaggio stesso. Affinché il nostro camminare non sia un “girovagare senza meta” o un “girare su se stessi” ma tragga dallo stesso avanzare la forza per sostenere la “fatica del viaggio”.
Come una barca in mezzo al mare, sbattuta dalle acque e senza una striscia di terra all’orizzonte che possa farne intravedere l’arrivo, occorre “fare il punto” della fede, sulla mappa della storia, per vedere a che punto siamo del tragitto e se, sballottati dal vento e dalla tempesta dei problemi della nostra vita, non ci siamo involontariamente allontanati dalla meta, come “smarriti nei pensieri dei nostri cuori” appesantiti dal quotidiano tran-tran dell’esistenza.
La meta non dobbiamo inventarcela, dobbiamo solo tracciare la rotta, nel mare senza strade e pieno di pericoli della vita, della “mia vita concreta”. Altri ci hanno preceduti, alcuni hanno fatto da “apripista” e taluni si sono accodati, molti sono già arrivati, altri ci seguono, altri ancora stanno partendo… Altri, forse i più, vorrebbero partire, ma timorosi, stanno a guardare se noi non… affondiamo!
L’unica nostra preoccupazione, per ora, deve essere però quella di vedere se siamo nella “direzione” giusta, se siamo ancora “in rotta”!
Per questo resta importante fissare lo sguardo là dove il viaggio è iniziato, per noi, per tutti, e cercare di vedere quale itinerario è stato percorso e perché, da coloro che ci hanno preceduti nel viaggio della fede e hanno “saputo” arrivare a destinazione.
E iniziamo allora là dove questo cammino ha cominciato nella storia dell’umanità.
Dove? A mio modesto avviso la “storia” ha inizio esattamente “qui”:

Ora Mosè stava pascolando il gregge di Ietro, suo suocero, sacerdote di Madian, e condusse il bestiame oltre il deserto e arrivò al monte di Dio, l'Oreb. L'angelo del Signore gli apparve in una fiamma di fuoco in mezzo a un roveto. Egli guardò ed ecco: il roveto ardeva nel fuoco, ma quel roveto non si consumava. Mosè pensò: «Voglio avvicinarmi a vedere questo grande spettacolo: perché il roveto non brucia?». Il Signore vide che si era avvicinato per vedere e Dio lo chiamò dal roveto e disse: «Mosè, Mosè!». Rispose: «Eccomi!». Riprese: «Non avvicinarti! Togliti i sandali dai piedi, perché il luogo sul quale tu stai è una terra santa!». E disse: «Io sono il Dio di tuo padre, il Dio di Abramo, il Dio di Isacco, il Dio di Giacobbe». Mosè allora si velò il viso, perché aveva paura di guardare verso Dio.
Il Signore disse: «Ho osservato la miseria del mio popolo in Egitto e ho udito il suo grido a causa dei suoi sorveglianti; conosco infatti le sue sofferenze. Sono sceso per liberarlo dalla mano dell'Egitto e per farlo uscire da questo paese verso un paese bello e spazioso, verso un paese dove scorre latte e miele, verso il luogo dove si trovano il Cananeo, l'Hittita,l'Amorreo, il Perizzita, l'Eveo, il Gebuseo. Ora dunque il grido degli Israeliti è arrivato fino a me e io stesso ho visto l'oppressione con cui gli Egiziani li tormentano. Ora và! Io ti mando dal faraone. Fà uscire dall'Egitto il mio popolo, gli Israeliti!».
Mosè disse a Dio: «Chi sono io per andare dal faraone e per far uscire dall'Egitto gli Israeliti?». Rispose: «Io sarò con te. Eccoti il segno che io ti ho mandato: quando tu avrai fatto uscire il popolo dall'Egitto, servirete Dio su questo monte».
Mosè disse a Dio: «Ecco io arrivo dagli Israeliti e dico loro: Il Dio dei vostri padri mi ha mandato a voi. Ma mi diranno: Come si chiama? E io che cosa risponderò loro?». Dio disse a Mosè: «Io sono colui che sono/sarò!». Poi disse:«Dirai agli Israeliti: Io-Sono mi ha mandato a voi». Dio aggiunse a Mosè:«Dirai agli Israeliti: Il Signore, il Dio dei vostri padri, il Dio di Abramo, il Dio di Isacco, il Dio di Giacobbe mi ha mandato a voi. Questo è il mio nome per sempre; questo è il titolo con cui sarò ricordato di generazione in generazione.
Và! Riunisci gli anziani d'Israele e dì loro: Il Signore, Dio dei vostri padri, mi è apparso, il Dio di Abramo, di Isacco, di Giacobbe, dicendo: Sono venuto a vedere voi e ciò che vien fatto a voi in Egitto. E ho detto: Vi farò uscire dalla umiliazione dell'Egitto verso il paese del Cananeo,dell'Hittita, dell'Amorreo, del Perizzita, dell'Eveo e del Gebuseo, verso un paese dove scorre latte e miele.
Essi ascolteranno la tua voce e tu e gli anziani d'Israele andrete dal re di Egitto e gli riferirete: Il Signore, Dio degli Ebrei, si è presentato a noi. Ci sia permesso di andare nel deserto a tre giorni di cammino, per fare un sacrificio al Signore, nostro Dio. Io so che il re d'Egitto non vi permetterà di partire, se non con l'intervento di una mano forte. Stenderò dunque la mano e colpirò l'Egitto con tutti i prodigi che opererò in mezzo ad esso, dopo egli vi lascerà andare.
Farò sì che questo popolo trovi grazia agli occhi degli Egiziani: quando partirete, non ve ne andrete a mani vuote. Ogni donna domanderà alla sua vicina e all'inquilina della sua casa oggetti di argento e oggetti d'oro e vesti; ne caricherete i vostri figli e le vostre figlie e spoglierete l'Egitto»

Avrei dovuto scrivere tutto il libro dell’Esodo, alla cui lettura integrale rimando, ma non potendo, ho voluto qui riportare per esteso almeno il brano che è capitale per comprendere il cammino che intendiamo intraprendere perché vi è descritta l’esperienza primordiale e fondante di ogni esperienza di Dio, di ogni vocazione.
Siamo qui al capitolo 3° del libro dell’Esodo dove, nelle varie versioni della Bibbia, si dice che qui si tratta della vocazione di Mosé, ma stiamo attenti a non lasciarci ingannare, qui più che la vocazione di Mosé c’è la descrizione, passatemi il termine, della “Vocazione di Dio” e in quella di Dio, quella di Mosé e del popolo di Israele, di Gesù e dei suoi discepoli… Della nostra e quella di ogni uomo e donna.
Israele stesso ne è come positivamente “ossessionato”… E noi con lui… Bisognerebbe ritagliare il brano e incollarlo su un cartoncino per farne come un “segnalibro” tra le pagine della Bibbia per averlo continuamente sott’occhio ogni volta che leggiamo un qualunque altro brano. Non c’è infatti praticamente un solo passo della Bibbia, Antico e Nuovo Testamento, che in un modo o nell’altro, direttamente o indirettamente non vi faccia in qualche modo riferimento…
Tutta la storia di Israele, la predicazione dei profeti, la sua preghiera e il suo culto, le immagini e i simboli della Bibbia stessa (fuoco, acqua, vento…), hanno la preoccupazione di “dilatare” nella storia questo avvenimento di liberazione e di attualizzarlo rendendolo “visibile” facendone continuamente memoria. Così che, in un continuo rinvio circolare, (ri)attualizzandolo, ne (ri)comprende sempre meglio la infinita ricchezza della sua manifestazione.
Gesù stesso vi farà continuamente riferimento prima e dopo la resurrezione: in quanto ne è “l’ispiratore” (Gesù è Dio in quanto Figlio del Padre) e colui che lo porta a compimento realizzando definitivamente nella propria umanità ciò che in Mosé il Padre ha iniziato nella storia dell’umanità. E, in quanto “corpo di Cristo”, la Chiesa stessa (e la sua missione), non può esistere e capirsi se non in questa stessa dinamica. Il cristiano cioè, non può comprendere la propria missione e identità se non a partire, a imitazione di Gesù Cristo, dalla figura di Mosé e dalla storia di liberazione che ne segue(vedi nota), diventandone “vivente epifania”.


La Pasqua come avvenimento di liberazione e inaugurazione di una vita nuova, è, e resta, nella sua continuità e nella sua diversa compiutezza, l’avvenimento fondante sia per il cristiano che per l’ebreo. E a questa vita nuova, nella assunzione responsabile della libertà, rimanda tutta l’azione di Dio nella storia come descritta dalla tradizione biblica. E nuove, nel suo rinnovato significato, appaiono anche le “parole” ivi contenute.
Ad esempio, ma è solo veramente un piccolissimo esempio, parole “positive” come: libertà, figlio, amico, salvezza, riscatto, redenzione, guarigione, dono, grazia, amore, promessa, terra, popolo, Alleanza, fede, speranza, carità, avvocato, testimonianza, perdono, cuore, coscienza, anima, s/Spirito, Signore, dono, ascesi, vita, creazione, “Legge”, “comandamenti”… E naturalmente il loro contrario “negativo” come: schiavitù, servo, dannazione, malattia, odio, vendetta, peccato, fallimento, infedeltà, disperazione, morte… non possono essere comprese in modo adeguato nel loro autentico senso biblico se non all’interno della prospettiva inaugurata da questo avvenimento di liberazione ivi descritto. E questo è vero sia per l’Antico che per il Nuovo Testamento. Sia nell’esperienza credente del popolo di ebraico che nell’esperienza credente del popolo cristiano.
Infatti essa non fa altro che rimandare, come declinazioni storiche in un crescendo di attuazione e rivelazione, a quest’avvenimento fondamentale in cui Dio si manifesta come Liberatore e quindi conseguentemente nell’agire come tale, Creatore del suo popolo e per questo Signore della storia. Ed è da qui che deve “partire” ogni autentica vocazione missionaria…
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nota: Ricordo qui un solo esempio per il prima: l’episodio della Trasfigurazione (Lc 9,30; Mc 9,4; Mt 17,3) e per il dopo: l’episodio dei discepoli di Emmaus (Lc 24,27).

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