Quando il viaggio verso Gerusalemme arriva alla fine,
…il profeta pellegrino, partito facendosi la faccia dura (9,51), per resistere ad ogni ostacolo e tentazione, alla vista della città, finisce in pianto, per l’impotenza di non potere salvare la sua città dalla distruzione: “Se avessi compreso anche tu, in questo giorno, la via della pace. Ma ormai è nascosta ai tuoi occhi…. proprio perché non hai riconosciuto il tempo in cui sei stata visitata” (19,41s). La Chiesa rilegge le profezie tragiche del Signore sulla distruzione del tempio, con tutte le sue decorazioni e rifiniture, … e sulla sofferenza e lo stermino di tanta gente del popolo, con carestie, malattie, torture … E nasce nei discepoli sbigottiti l’eterna domanda dell’uomo nella sventura: ma allora quando il Regno? Gesù non risponde, e attira invece la loro attenzione sul “prima” della fine, perché è questo il momento della nostra responsabilità: il tempo in cui siamo visitati - e anche noi, come Gerusalemme e i suoi abitanti, rischiamo di non accorgerci del passaggio del Signore. Marco, prima che le cose avvengano, dice ai cristiani della prima generazione come attenderlo, in quei frangenti tragici. Luca, dopo che quelle cose sono già avvenute, dice alla seconda generazione e a tutti noi … come attenderlo sempre, in ogni tornante della storia, finché il Signore arriva.
La tragedia dell’uomo, di ogni tempo, balza agli occhi, e sembra senza speranza
…ma non è questa la fine! – non subito! La vita prosegue, il bene nasce solo dall’impasto ambiguo che è la storia degli uomini e il cuore di ognuno. Come in un crogiolo si distinguono i metalli dalla melma nella quali sono contenuti, è in questa nostra storia, che si apre la possibilità di separare ciò che è promessa vera di futuro, dalle radici infestanti e dai germogli mortiferi: quel giorno (ogni giorno, alla luce della Parola!) venendo, li incendierà dice il Signore degli eserciti, in modo da non lasciar loro né radice né germoglio. L’espressione semitica, come talora la passione educativa, non dà tanto spazio alle cause seconde, quindi sembra Dio stesso che personalmente intervenga nella storia per punire. Ma come è stato per Gerusalemme, è il cuore degli uomini, che si chiude alla pace, per darsi a progetti di prepotenza e ingiustizia. Ma, reagendo alla violenza con altrettanta violenza, tutto si consumerà come la paglia nel fuoco, perché non ha né consistenza né avvenire. Lo sguardo del profeta vede il futuro dentro gli eventi, nel presente davanti a lui, e lo annuncia come lo sguardo di Dio: uno sguardo che penetra la verità delle cose e ne coglie lo svolgimento, la dinamica interna e quindi la destinazione…
Non per questo, Dio abbandona la storia degli uomini:
“l’apocalisse”, il disvelamento, lo sguardo smagato, che non si lascia ammaliare dalle parole e dai trionfi effimeri, ma legge nel profondo la verità degli eventi, non è per spaventare o deprimere l’uomo. È provocazione alla conversione, piuttosto che un annuncio di sventura. La quale invece incombe, se l’uomo non presta ascolto alla Parola, che è venuta ad annunciare a noi che il tempo è vicino e il Regno è già in mezzo a noi. Non c’è nessuna speranza dalla forza dell’uomo, che è incapace di salvarsi, perché nel suo cuore prevale l’ingiustizia, cioè l’affermazione si sé, ad ogni costo! Perciò nessuna delle costruzioni umane, di cui siamo orgogliosi, rimarrà in piedi, né materiali né mentali, né affettive. Neanche quelle che ci sembrano più sacre, i templi e le teologie …o le mamme che allattano i piccoli. Niente resiste alla consunzione che sta divorando l’universo e il minuscolo abitante pensante di questo pianeta … Il quale, per un perverso masochismo della specie, sta aumentando da se stesso la sofferenza della sua razza e l’inquinamento della sua casa, invece che cercare alternative di salvezza.
Ma non c’è uscita da questa atroce universale sofferenza?
…guardate bene di non lasciarvi ingannare, perché molti verranno in mio nome, dicendo “ecco, sono io!” “è arrivato il momento”… Non andate dietro a loro. bisogna che queste cose avvengano prima! È come la formula della passione del Figlio dell’uomo: prima “bisogna” passare attraverso la sofferenza…! E chi propone miraggi diversi, per salvaguardarsi dalla sofferenza comune della gente e ritagliarsi un rifugio per la salvezza in proprio (magari abusando del mio nome!), non seguitelo, vi imbroglia! Dunque il male e la sofferenza non sono la punizione dei misfatti che ricade su di noi dopo averli fatti, sono piuttosto la nostra condizione storica “prima” della fine - cioè adesso, perché possiamo capire … aprire la mente e il cuore! “Dopo”, c’è solo la manifestazione del Signore. Quando verrà lui, non ci saranno più dubbi né ripentimenti: …allora vedranno il Figlio dell’uomo venire in una nube con potenza e gloria grande! (27). La sofferenza e la sventura sono dunque il necessario fuoco del crogiolo del bene? Non si può dire salvezza, se non passando nel fuoco della “passione”?
L’odio è dentro nell’impasto originario dell’umanità… “prima”!
“l’oggetto nasce dall’odio”, diceva nel suo linguaggio mitico e fascinoso Freud, per dire l’importanza fondamentale, nella preistoria del processo psichico, del contrapporsi all’altro, per individuarlo come oggetto da controllare e possedere, fin dall’inizio della vita (simbolicamente, a cominciare dalla madre). Lì amore e odio (cioè il bisogno di possedere e fondersi e la voglia di distanziarsi, per affermare la propria identità) sono ancora informi, ma preparano il magma della storia tragica dell’amore e dell’odio tra gli uomini. Cioè l’odio sta al fondo del processo psichico nella scoperta stessa della relazione, a iniziare dal trauma della separazione, rifiuto, espulsione da sé. Questo rigetto di difesa, odio primitivo e cieco, a guardare la storia dell’individuo come della sua tribù… è “necessario” alla costituzione del soggetto, personale e sociale, e ne garantisce l’autoconservazione, assicurando, con questa presa di distanza, la permanenza dell’oggetto rifiutato, in un rapporto drammatico di attrazione e rifiuto.
Il mistero del male è originario,
Questo conflitto doloroso non è semplicemente radicato nel cuore dell’uomo, ma lo ha accompagnato nel formarsi della sua psiche, tanto che ci portiamo dentro irrimediabilmente questa dialettica tragica, contro cui tutte le religioni e le filosofie e le morali si sono scontrate, senza trovare risposta esauriente. “Io non riesco a capire neppure ciò che faccio: infatti non quello che voglio io faccio, ma quello che io odio” (Rom 7,15). L’amore, che pure è la fame della nostra vita, non ci si è accessibile se non attraverso questa mistura ambigua di desiderio e di rifiuto, di affetto e di rabbia… cui spesso il linguaggio biblico ricorre, per segnare i passi importanti del cammino (vocazione) umano, con attrazioni e repulsioni violente, tra Dio stesso e l’uomo. tra Adamo ed Eva, l’uomo e la terra, Abele e Caino… L’uomo dovrà strapparsi da suo padre e sua madre, per costituire una nuova famiglia…lottare sempre, fino al Diluvio, quando Dio sembra volersi sottrarre a questa guerra santa, schierandosi definitivamente per la pace…
Sulla croce Cristo ha ucciso l’odio. Ma l’arcobaleno rimane disegnato in cielo, mentre sulla terra continua la tensione violenta che obbliga a scelte di amore / odio… fino a Gesù: “Se uno viene a me e non odia suo padre, sua madre, la moglie, i figli, i fratelli, le sorelle e perfino la propria vita, non può essere mio discepolo. Chi non porta la propria croce e non viene dietro di me, non può essere mio discepolo”. Fino ai martiri dell’odio, che per amore l’assorbono su di sé , da Abele fino ad… oggi: in un cammino crudele e non senza rigurgiti, se i Maccabei o, nei primi secoli, alcuni martiri morivano maledicendo i torturatori e augurando loro l’inferno… nonostante l’esempio in contrario di Gesù e del protomartire Stefano! Di questo radicale dramma umano il Nuovo Testamento fa la chiave di interpretazione della salvezza: “Cristo infatti è la nostra pace, colui che ha fatto dei due un popolo solo, abbattendo il muro di separazione che era frammezzo, cioè l’odio, annullando, per mezzo della sua carne, la legge fatta di prescrizioni e di decreti, per creare in se stesso, dei due, un solo uomo nuovo, facendo la pace, e per riconciliare tutti e due con Dio in un solo corpo, Cristo ha riconciliato con Dio gli uni e gli altri in un sol corpo, attraverso la croce: su questa egli ha ucciso l’odio” (Ef 2,15s).
Sarete odiati da tutti per causa del mio nome
…Anche il discepolo, attirerà l’odio su di sé: perché? L’amore è rifiutato. Qualcosa di troppo grande e irrimediabile ci sfugge… Gesù ha pianto (19,41), e l’ira del rifiuto gli scoppierà, da dentro, subito dopo, nel tempio profanato! Colui che è stato mandato a salvarci, è impotente di fronte al rigetto e all’odio. C’è qualcosa che non può salvarsi? se no, perché piangere? forse comunque il peso è troppo grande per un uomo! sia pure figlio di Dio. Nel profondo di questo mistero c’è qualcosa che non riusciamo a gestire: è di un altro ordine, fuori del nostro potere, un nodo dove si è inchiodati senza difesa alla contrapposizione distruttiva.. Non c’è che consegnarsi all’odio assurdo, senza esserne avvelenati, per amore. È lì dove Gesù ha ucciso l’odio, prendendolo su di sé e perdonando i suoi persecutori. Lì Qualcuno ci attende per proteggerci e custodirci totalmente (neppure un capello del vostro capo perirà)! Per resistere in questa attesa bisogna prendere tempo, ritrovare nelle Scritture e nell’eucaristia fraterna la speranza operosa che dà senso ancora al credere: … nella vostra pazienza guadagnerete le vostre anime!
…il profeta pellegrino, partito facendosi la faccia dura (9,51), per resistere ad ogni ostacolo e tentazione, alla vista della città, finisce in pianto, per l’impotenza di non potere salvare la sua città dalla distruzione: “Se avessi compreso anche tu, in questo giorno, la via della pace. Ma ormai è nascosta ai tuoi occhi…. proprio perché non hai riconosciuto il tempo in cui sei stata visitata” (19,41s). La Chiesa rilegge le profezie tragiche del Signore sulla distruzione del tempio, con tutte le sue decorazioni e rifiniture, … e sulla sofferenza e lo stermino di tanta gente del popolo, con carestie, malattie, torture … E nasce nei discepoli sbigottiti l’eterna domanda dell’uomo nella sventura: ma allora quando il Regno? Gesù non risponde, e attira invece la loro attenzione sul “prima” della fine, perché è questo il momento della nostra responsabilità: il tempo in cui siamo visitati - e anche noi, come Gerusalemme e i suoi abitanti, rischiamo di non accorgerci del passaggio del Signore. Marco, prima che le cose avvengano, dice ai cristiani della prima generazione come attenderlo, in quei frangenti tragici. Luca, dopo che quelle cose sono già avvenute, dice alla seconda generazione e a tutti noi … come attenderlo sempre, in ogni tornante della storia, finché il Signore arriva.
La tragedia dell’uomo, di ogni tempo, balza agli occhi, e sembra senza speranza
…ma non è questa la fine! – non subito! La vita prosegue, il bene nasce solo dall’impasto ambiguo che è la storia degli uomini e il cuore di ognuno. Come in un crogiolo si distinguono i metalli dalla melma nella quali sono contenuti, è in questa nostra storia, che si apre la possibilità di separare ciò che è promessa vera di futuro, dalle radici infestanti e dai germogli mortiferi: quel giorno (ogni giorno, alla luce della Parola!) venendo, li incendierà dice il Signore degli eserciti, in modo da non lasciar loro né radice né germoglio. L’espressione semitica, come talora la passione educativa, non dà tanto spazio alle cause seconde, quindi sembra Dio stesso che personalmente intervenga nella storia per punire. Ma come è stato per Gerusalemme, è il cuore degli uomini, che si chiude alla pace, per darsi a progetti di prepotenza e ingiustizia. Ma, reagendo alla violenza con altrettanta violenza, tutto si consumerà come la paglia nel fuoco, perché non ha né consistenza né avvenire. Lo sguardo del profeta vede il futuro dentro gli eventi, nel presente davanti a lui, e lo annuncia come lo sguardo di Dio: uno sguardo che penetra la verità delle cose e ne coglie lo svolgimento, la dinamica interna e quindi la destinazione…
Non per questo, Dio abbandona la storia degli uomini:
“l’apocalisse”, il disvelamento, lo sguardo smagato, che non si lascia ammaliare dalle parole e dai trionfi effimeri, ma legge nel profondo la verità degli eventi, non è per spaventare o deprimere l’uomo. È provocazione alla conversione, piuttosto che un annuncio di sventura. La quale invece incombe, se l’uomo non presta ascolto alla Parola, che è venuta ad annunciare a noi che il tempo è vicino e il Regno è già in mezzo a noi. Non c’è nessuna speranza dalla forza dell’uomo, che è incapace di salvarsi, perché nel suo cuore prevale l’ingiustizia, cioè l’affermazione si sé, ad ogni costo! Perciò nessuna delle costruzioni umane, di cui siamo orgogliosi, rimarrà in piedi, né materiali né mentali, né affettive. Neanche quelle che ci sembrano più sacre, i templi e le teologie …o le mamme che allattano i piccoli. Niente resiste alla consunzione che sta divorando l’universo e il minuscolo abitante pensante di questo pianeta … Il quale, per un perverso masochismo della specie, sta aumentando da se stesso la sofferenza della sua razza e l’inquinamento della sua casa, invece che cercare alternative di salvezza.
Ma non c’è uscita da questa atroce universale sofferenza?
…guardate bene di non lasciarvi ingannare, perché molti verranno in mio nome, dicendo “ecco, sono io!” “è arrivato il momento”… Non andate dietro a loro. bisogna che queste cose avvengano prima! È come la formula della passione del Figlio dell’uomo: prima “bisogna” passare attraverso la sofferenza…! E chi propone miraggi diversi, per salvaguardarsi dalla sofferenza comune della gente e ritagliarsi un rifugio per la salvezza in proprio (magari abusando del mio nome!), non seguitelo, vi imbroglia! Dunque il male e la sofferenza non sono la punizione dei misfatti che ricade su di noi dopo averli fatti, sono piuttosto la nostra condizione storica “prima” della fine - cioè adesso, perché possiamo capire … aprire la mente e il cuore! “Dopo”, c’è solo la manifestazione del Signore. Quando verrà lui, non ci saranno più dubbi né ripentimenti: …allora vedranno il Figlio dell’uomo venire in una nube con potenza e gloria grande! (27). La sofferenza e la sventura sono dunque il necessario fuoco del crogiolo del bene? Non si può dire salvezza, se non passando nel fuoco della “passione”?
L’odio è dentro nell’impasto originario dell’umanità… “prima”!
“l’oggetto nasce dall’odio”, diceva nel suo linguaggio mitico e fascinoso Freud, per dire l’importanza fondamentale, nella preistoria del processo psichico, del contrapporsi all’altro, per individuarlo come oggetto da controllare e possedere, fin dall’inizio della vita (simbolicamente, a cominciare dalla madre). Lì amore e odio (cioè il bisogno di possedere e fondersi e la voglia di distanziarsi, per affermare la propria identità) sono ancora informi, ma preparano il magma della storia tragica dell’amore e dell’odio tra gli uomini. Cioè l’odio sta al fondo del processo psichico nella scoperta stessa della relazione, a iniziare dal trauma della separazione, rifiuto, espulsione da sé. Questo rigetto di difesa, odio primitivo e cieco, a guardare la storia dell’individuo come della sua tribù… è “necessario” alla costituzione del soggetto, personale e sociale, e ne garantisce l’autoconservazione, assicurando, con questa presa di distanza, la permanenza dell’oggetto rifiutato, in un rapporto drammatico di attrazione e rifiuto.
Il mistero del male è originario,
Questo conflitto doloroso non è semplicemente radicato nel cuore dell’uomo, ma lo ha accompagnato nel formarsi della sua psiche, tanto che ci portiamo dentro irrimediabilmente questa dialettica tragica, contro cui tutte le religioni e le filosofie e le morali si sono scontrate, senza trovare risposta esauriente. “Io non riesco a capire neppure ciò che faccio: infatti non quello che voglio io faccio, ma quello che io odio” (Rom 7,15). L’amore, che pure è la fame della nostra vita, non ci si è accessibile se non attraverso questa mistura ambigua di desiderio e di rifiuto, di affetto e di rabbia… cui spesso il linguaggio biblico ricorre, per segnare i passi importanti del cammino (vocazione) umano, con attrazioni e repulsioni violente, tra Dio stesso e l’uomo. tra Adamo ed Eva, l’uomo e la terra, Abele e Caino… L’uomo dovrà strapparsi da suo padre e sua madre, per costituire una nuova famiglia…lottare sempre, fino al Diluvio, quando Dio sembra volersi sottrarre a questa guerra santa, schierandosi definitivamente per la pace…
Sulla croce Cristo ha ucciso l’odio. Ma l’arcobaleno rimane disegnato in cielo, mentre sulla terra continua la tensione violenta che obbliga a scelte di amore / odio… fino a Gesù: “Se uno viene a me e non odia suo padre, sua madre, la moglie, i figli, i fratelli, le sorelle e perfino la propria vita, non può essere mio discepolo. Chi non porta la propria croce e non viene dietro di me, non può essere mio discepolo”. Fino ai martiri dell’odio, che per amore l’assorbono su di sé , da Abele fino ad… oggi: in un cammino crudele e non senza rigurgiti, se i Maccabei o, nei primi secoli, alcuni martiri morivano maledicendo i torturatori e augurando loro l’inferno… nonostante l’esempio in contrario di Gesù e del protomartire Stefano! Di questo radicale dramma umano il Nuovo Testamento fa la chiave di interpretazione della salvezza: “Cristo infatti è la nostra pace, colui che ha fatto dei due un popolo solo, abbattendo il muro di separazione che era frammezzo, cioè l’odio, annullando, per mezzo della sua carne, la legge fatta di prescrizioni e di decreti, per creare in se stesso, dei due, un solo uomo nuovo, facendo la pace, e per riconciliare tutti e due con Dio in un solo corpo, Cristo ha riconciliato con Dio gli uni e gli altri in un sol corpo, attraverso la croce: su questa egli ha ucciso l’odio” (Ef 2,15s).
Sarete odiati da tutti per causa del mio nome
…Anche il discepolo, attirerà l’odio su di sé: perché? L’amore è rifiutato. Qualcosa di troppo grande e irrimediabile ci sfugge… Gesù ha pianto (19,41), e l’ira del rifiuto gli scoppierà, da dentro, subito dopo, nel tempio profanato! Colui che è stato mandato a salvarci, è impotente di fronte al rigetto e all’odio. C’è qualcosa che non può salvarsi? se no, perché piangere? forse comunque il peso è troppo grande per un uomo! sia pure figlio di Dio. Nel profondo di questo mistero c’è qualcosa che non riusciamo a gestire: è di un altro ordine, fuori del nostro potere, un nodo dove si è inchiodati senza difesa alla contrapposizione distruttiva.. Non c’è che consegnarsi all’odio assurdo, senza esserne avvelenati, per amore. È lì dove Gesù ha ucciso l’odio, prendendolo su di sé e perdonando i suoi persecutori. Lì Qualcuno ci attende per proteggerci e custodirci totalmente (neppure un capello del vostro capo perirà)! Per resistere in questa attesa bisogna prendere tempo, ritrovare nelle Scritture e nell’eucaristia fraterna la speranza operosa che dà senso ancora al credere: … nella vostra pazienza guadagnerete le vostre anime!
PADRE,
io ti amo più di tutto.
Anzitutto perché tu sei colui che può dire “io sono”
e averti incontrato nei miei 16 o 17 anni, fa sì che adesso, a 93 anni,
io ne vivo.
io ti amo più di tutto,
perché:
– all’uomo, che lungo il corso dell’evoluzione non smette di volersi sufficiente,
tu doni Gesù il Verbo, per provare che l’uomo è non-sufficiente;
– mentre noi ci ostiniamo a volere delle cifre, tu ci dai l’invisibile,
che si fa più forte del dubbio, nell’Ostia dell’Eucaristia;
– all’atmosfera soffocante tu sostituisci il soffio, spiritus, dello Spirito Santo
che nasce dall’unione del Padre e del Verbo che si amano, ed nei quali noi ci immergiamo.
Sì, tu sei il mio amore.
Io non sopporto di vivere così a lungo, se non per questa certezza che è in me:
morire, che lo si creda o no, è … Incontro!
io ti amo più di tutto.
Sì, ma per essere un credente credibile, bisogna che tutti attorno a me sappiano
che io non accetto, che non potrò mai accettare, la permanenza del male.
‘Essere’, tu sei padrone del permanere o del cessare di tutto ciò che è.
Visto che hai questo potere di farlo cessare, come è possibile che il male sussista?
La preghiera di Gesù non culmina proprio nel “Liberaci dal male”?
Grazie, Padre, di aiutarmi a rifiutare, che sarebbe un imbroglio, di “credere” … come
se io fossi indifferente alla perpetuazione del male, in questo mondo e nell’al di là del tempo.
Credente, amante… io non posso non essere che questo
“credente nonostante che…”
cioè questo credente che non capisce!
Troppi dei miei fratelli uomini restano sulla soglia di amarti,
frastornati dalla necessità di questo “nonostante che…”.
Pietà per loro e pietà per l’Universo.
Padre, è così tanto tempo che aspetto di vivere nella tua totale presenza,
io non ne ho mai dubitato,
presenza che è, nonostante tutto, amore.
io ti amo più di tutto.
Anzitutto perché tu sei colui che può dire “io sono”
e averti incontrato nei miei 16 o 17 anni, fa sì che adesso, a 93 anni,
io ne vivo.
io ti amo più di tutto,
perché:
– all’uomo, che lungo il corso dell’evoluzione non smette di volersi sufficiente,
tu doni Gesù il Verbo, per provare che l’uomo è non-sufficiente;
– mentre noi ci ostiniamo a volere delle cifre, tu ci dai l’invisibile,
che si fa più forte del dubbio, nell’Ostia dell’Eucaristia;
– all’atmosfera soffocante tu sostituisci il soffio, spiritus, dello Spirito Santo
che nasce dall’unione del Padre e del Verbo che si amano, ed nei quali noi ci immergiamo.
Sì, tu sei il mio amore.
Io non sopporto di vivere così a lungo, se non per questa certezza che è in me:
morire, che lo si creda o no, è … Incontro!
io ti amo più di tutto.
Sì, ma per essere un credente credibile, bisogna che tutti attorno a me sappiano
che io non accetto, che non potrò mai accettare, la permanenza del male.
‘Essere’, tu sei padrone del permanere o del cessare di tutto ciò che è.
Visto che hai questo potere di farlo cessare, come è possibile che il male sussista?
La preghiera di Gesù non culmina proprio nel “Liberaci dal male”?
Grazie, Padre, di aiutarmi a rifiutare, che sarebbe un imbroglio, di “credere” … come
se io fossi indifferente alla perpetuazione del male, in questo mondo e nell’al di là del tempo.
Credente, amante… io non posso non essere che questo
“credente nonostante che…”
cioè questo credente che non capisce!
Troppi dei miei fratelli uomini restano sulla soglia di amarti,
frastornati dalla necessità di questo “nonostante che…”.
Pietà per loro e pietà per l’Universo.
Padre, è così tanto tempo che aspetto di vivere nella tua totale presenza,
io non ne ho mai dubitato,
presenza che è, nonostante tutto, amore.
4 ottobre 2005 - festa di S. Francesco d’Assisi - (Abbé Pierre, Mon Dieu… pourquoi?, ed Plon)
[brano letto ai funerali, a Parigi, il giorno 26 gennaio 2006]
Nessun commento:
Posta un commento