Il segno e le parole del “Dio cristiano”
…ci sono voluti solo pochi anni dalla morte e resurrezione di Gesù perché già si battezzasse e si celebrasse l’eucaristia nel segno e nel nome di questo Dio “Padre e Figlio e Spirito Santo”.
…ci vorranno più di tre secoli perché concili ecumenici, vescovi e teologi, con grande fatica e conflitti, affinino la loro comprensione del mistero trinitario, il mistero centrale della fede cristiana, fino ad elaborare un “simbolo della fede” che esprima senza devianze né censure il cuore dell’intimità di Dio stesso, fin da quando ha tanto amato il mondo da mandare il figlio suo unigenito per salvarci… e in lui, Gesù, abbiamo intravvisto colui dal quale veniva e verso il quale tutti, con il suo Spirito, camminiamo.
… ci sono voluti millenni, anche se stava scritto subito da principio che “Dio è amore”, perché il lungo percorso socioculturale dei cristiani riuscisse a integrare (e siamo solo all’inizio!) ciò che nel lungo peregrinare dell’umanità era faticosamente emerso in Cristo; ciò che “i profeti di ogni popolo e nazione ” hanno sempre intuito e testimoniato… al di là di tutte le amare e talora sanguinose smentite storiche: che l’arma più efficace di trasformazione del mondo è l’Amore, perché è l’essenza stessa di Dio. E dunque, in Dio c’è movimento del cuore, c’è relazione plurale… ci sono volti che si amano… un Io, un Tu, un noi . Come dire che “amare”, in Dio, non è solo ciò “che si fa”, ma “ciò che si è”! Credere in lui vuol dire aprirsi, lasciarsi avvolgere e impregnare, seppure nelle dosi minuscole a noi accessibili, dal suo “intimo infinito circuito di benevolenza divina” nella storia… Questo doveva essere la missione della chiesa, portatrice del mistero cristiano: andate… fate discepoli tutti i popoli… battezzateli nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo.
Cosa abbiam capito del mistero di Gesù nella storia
Oggi la chiesa celebra, a sintesi del ciclo pasquale, la festa della Trinità: un Dio che è, dunque, comunione, relazione, famiglia… Padre, Figlio e Amore che spira tra loro, per usare le parole umane che richiamano la nostra esperienza originaria di amore vitale. Non la solitudine di un motore immobile, ma una realtà dinamica, interpersonale, viva e relazionale. Dire …“Famiglia” o comunità, non vuol dire un’entità monolitica, statica: ma vuol dire tutto un insieme di desideri, di dinamiche, di rapporti, di situazioni… che abbiamo provato, per disporci ad accogliere infinitamente di più, come a noi si è rivelato in Gesù e nel dono del suo Spirito. Dio si è rivelato, così com’era… “nella sua economia”, direbbero i padri greci, cioè nella sua misteriosa e talora incomprensibile strategia di salvezza, come si è incarnata dentro la nostra storia – dove, con instancabile pazienza e ostinazione, ha combattuto contro le maschere che la paura e la volontà di potenza dell’uomo gli attribuivano. Un Dio sempre diverso, imprevedibile e incontenibile negli schemi umani, un Dio sperimentato e trasmesso come comunione di molteplici interventi e presenze, fraintendimenti e ricomprensioni. Un Dio, alla fine, annunciabile solo… nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito santo… Con queste parole cariche di senso i discepoli di Gesù hanno cercato di esprimere l’esperienza della fede a cui Gesù li aveva educati. Il mistero della Trinità è il germe segreto e potente che sta impregnando lo spessore storico della loro avventura umana sulla terra. La fede è il dono della consapevolezza e della partecipazione all’amore del Padre verso il mondo, realizzato in Cristo e in corso di elaborazione nello Spirito. Ma la comunità dei credenti, depositaria privilegiata di questo segreto, fa una fatica improba a convincersene e impegnarvi la vita, perché l’esperienza che chiameranno poi trinitaria sconvolge ogni barriera, ogni schema, ogni prudenza… come si vede negli “atti” degli apostoli e nelle varie lettere pastorali… dell’età sorgiva della Chiesa.
Missione trinitaria, missione universale
“Fermiamoci a considerare le parole che sono il centro della liturgia di questa domenica: «Andate, consegnate e fate ripetere le mie parole a tutte le genti. Immergetele nel Nome del Padre, Colui che crea parlando; del Figlio, la Parola creatrice che il Padre pronuncia sempre nella materia vivente; dello Spirito, l’energia divina vivente che guida il creato verso la sua trasfigurazione» (cfr. Mt 28, 19). Traduzione un po’ lunga, ma necessaria per la liberazione dell’immagine trinitaria dagli algebrismi che sopra vi abbiamo costruito. Ho parafrasato le parole: «ammaestrate» con «consegnate e fate ripetere le mie parole»; Gesù non conosceva altro modo di ammaestramento che quello proprio della sua gente. Ancor oggi presso i popoli semiti, ebrei e arabi, l’insegnamento della Rivelazione è basato sulla ripetizione ritmica delle parole dei testi sacri; ripetizione che fa scendere le parole in tutto l’essere del recitante e lo predispone all’ascoltazione di Colui che le ha pronunciate e che, con voce percepibile dall’orecchio interiore, continua a pronunciare… «Battezzandole», dice la traduzione; essa limita la parola di Cristo al battesimo sacramentale; il verbo «immergetele», invece, comprende il primo ma anche molto di più: inondate il mondo con l’onda del Nome. Del Nome dal quale derivano tutti gli altri nomi, anche quelli del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo. I nomi delle cose visibili e invisibili discendono dal primo ineffabile Nome; fermarsi a uno di essi è distaccarlo dalla sua sorgente, compiere atto d’idolatria, alterare l’armonia dei mondi. I credenti hanno la missione di immergersi e di immergere nell’onda trinitaria tutto il creato. Di vivere cioè la certezza di fede che il creato non è la risultante di un cieco impulso di cellule mosse dal caso o dalla necessità, ma lo straripamento di una Coscienza infinita che su tutti gli esseri amorosamente vigila: questa è la immersione nel Padre (Giovanni Vannucci, «La fioritura della vita», in Verso la luce, 1a ed. Centro studi ecumenici Giovanni XXIII, Sotto il Monte (BG) ed. CENS, Milano 1984; Festa della Santissima Trinità - Anno B; Pag. 97-100).
Evangelizzare – cioè educare ad amare…
La missione della chiesa – che inizia con questi primi discepoli di Gesù è dunque di annunciare l’amore che li ha chiamati, trasformati nel cuore e nella mente, e spediti nel mondo a “immergere” l’umanità… nel nome di questo Dio Padre e Figlio e Spirito santo. Tutto il resto è secondario e dipende da qui. “La carità (l’agape) è davvero il « cuore « della Chiesa, come aveva ben intuito santa Teresa di Lisieux, che ho voluto proclamare Dottore della Chiesa proprio come esperta della scientia amoris: «Capii che la Chiesa aveva un Cuore e che questo Cuore era acceso d’Amore. Capii che solo l’Amore faceva agire le membra della Chiesa [...] Capii che l’Amore racchiudeva tutte le Vocazioni, che l’Amore era tutto»… Che cosa significa questo in concreto? … Prima di programmare iniziative concrete occorre promuovere una spiritualità della comunione, facendola emergere come principio educativo in tutti i luoghi dove si plasma l’uomo e il cristiano, dove si educano i ministri dell’altare, i consacrati, gli operatori pastorali, dove si costruiscono le famiglie e le comunità. Spiritualità della comunione significa innanzitutto sguardo del cuore portato sul mistero della Trinità che abita in noi, e la cui luce va colta anche sul volto dei fratelli che ci stanno accanto. Spiritualità della comunione significa inoltre capacità di sentire il fratello di fede nell’unità profonda del Corpo mistico, dunque, come « uno che mi appartiene «, per saper condividere le sue gioie e le sue sofferenze, per intuire i suoi desideri e prendersi cura dei suoi bisogni , per offrirgli una vera e profonda amicizia. (Giovanni Paolo II, Novo Millennio Ineunte, §42s)
…alcuni però dubitavano.
È consolante che l’atteggiamento dell’animo dei discepoli, in questo momento solenne in cui “tutto” è affidato al cuore e alla responsabilità di Cristo, che se ne sta tornando al Padre, sia lacerato tra adorazione, cioè affidamento totale a lui, e dubbio… Dubitavano non tanto di Dio (allora era impensabile!) ma dubitavano se bisognasse proprio “passare” da un fede monolitica, unitaria, discriminante… ad una fede dinamica, evolutiva, trinitaria, macerata nella storia, e sempre daccapo da ricondurre al Padre, al Figlio e al loro Amore. E se bisognava lasciarsi recuperare sempre là dove la sorgente sembrava sparire, nelle discariche, vicino agli uomini scartati, come il fondatore della nostra fede, perché disomogenei alle architetture e dogmatiche dei progetti umani.
“Non possiamo fermarci al Nome del Padre, ma vivere la realtà del Figlio. La realtà del Figlio è nel sentire che la terra, la carne, la materia sono il frutto della parola pronunciata da Colui che parla e crea, la sua corporificazione: la Parola si è fatta carne. Dal Figlio nasce l’amore per la terra, il coraggio di credere al suo destino, di amarlo, di anelare alla sua luminosa realizzazione. Amore che non è fine a se stesso, ma è chiamato ad andare sempre oltre, finché tutto non approderà nell’infinita coscienza, nell’infinito amore, nell’infinita libertà dei figli di Dio, immergendo in tal modo il creato nello Spirito” (Giovanni Vannucci, idem).
…ci sono voluti solo pochi anni dalla morte e resurrezione di Gesù perché già si battezzasse e si celebrasse l’eucaristia nel segno e nel nome di questo Dio “Padre e Figlio e Spirito Santo”.
…ci vorranno più di tre secoli perché concili ecumenici, vescovi e teologi, con grande fatica e conflitti, affinino la loro comprensione del mistero trinitario, il mistero centrale della fede cristiana, fino ad elaborare un “simbolo della fede” che esprima senza devianze né censure il cuore dell’intimità di Dio stesso, fin da quando ha tanto amato il mondo da mandare il figlio suo unigenito per salvarci… e in lui, Gesù, abbiamo intravvisto colui dal quale veniva e verso il quale tutti, con il suo Spirito, camminiamo.
… ci sono voluti millenni, anche se stava scritto subito da principio che “Dio è amore”, perché il lungo percorso socioculturale dei cristiani riuscisse a integrare (e siamo solo all’inizio!) ciò che nel lungo peregrinare dell’umanità era faticosamente emerso in Cristo; ciò che “i profeti di ogni popolo e nazione ” hanno sempre intuito e testimoniato… al di là di tutte le amare e talora sanguinose smentite storiche: che l’arma più efficace di trasformazione del mondo è l’Amore, perché è l’essenza stessa di Dio. E dunque, in Dio c’è movimento del cuore, c’è relazione plurale… ci sono volti che si amano… un Io, un Tu, un noi . Come dire che “amare”, in Dio, non è solo ciò “che si fa”, ma “ciò che si è”! Credere in lui vuol dire aprirsi, lasciarsi avvolgere e impregnare, seppure nelle dosi minuscole a noi accessibili, dal suo “intimo infinito circuito di benevolenza divina” nella storia… Questo doveva essere la missione della chiesa, portatrice del mistero cristiano: andate… fate discepoli tutti i popoli… battezzateli nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo.
Cosa abbiam capito del mistero di Gesù nella storia
Oggi la chiesa celebra, a sintesi del ciclo pasquale, la festa della Trinità: un Dio che è, dunque, comunione, relazione, famiglia… Padre, Figlio e Amore che spira tra loro, per usare le parole umane che richiamano la nostra esperienza originaria di amore vitale. Non la solitudine di un motore immobile, ma una realtà dinamica, interpersonale, viva e relazionale. Dire …“Famiglia” o comunità, non vuol dire un’entità monolitica, statica: ma vuol dire tutto un insieme di desideri, di dinamiche, di rapporti, di situazioni… che abbiamo provato, per disporci ad accogliere infinitamente di più, come a noi si è rivelato in Gesù e nel dono del suo Spirito. Dio si è rivelato, così com’era… “nella sua economia”, direbbero i padri greci, cioè nella sua misteriosa e talora incomprensibile strategia di salvezza, come si è incarnata dentro la nostra storia – dove, con instancabile pazienza e ostinazione, ha combattuto contro le maschere che la paura e la volontà di potenza dell’uomo gli attribuivano. Un Dio sempre diverso, imprevedibile e incontenibile negli schemi umani, un Dio sperimentato e trasmesso come comunione di molteplici interventi e presenze, fraintendimenti e ricomprensioni. Un Dio, alla fine, annunciabile solo… nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito santo… Con queste parole cariche di senso i discepoli di Gesù hanno cercato di esprimere l’esperienza della fede a cui Gesù li aveva educati. Il mistero della Trinità è il germe segreto e potente che sta impregnando lo spessore storico della loro avventura umana sulla terra. La fede è il dono della consapevolezza e della partecipazione all’amore del Padre verso il mondo, realizzato in Cristo e in corso di elaborazione nello Spirito. Ma la comunità dei credenti, depositaria privilegiata di questo segreto, fa una fatica improba a convincersene e impegnarvi la vita, perché l’esperienza che chiameranno poi trinitaria sconvolge ogni barriera, ogni schema, ogni prudenza… come si vede negli “atti” degli apostoli e nelle varie lettere pastorali… dell’età sorgiva della Chiesa.
Missione trinitaria, missione universale
“Fermiamoci a considerare le parole che sono il centro della liturgia di questa domenica: «Andate, consegnate e fate ripetere le mie parole a tutte le genti. Immergetele nel Nome del Padre, Colui che crea parlando; del Figlio, la Parola creatrice che il Padre pronuncia sempre nella materia vivente; dello Spirito, l’energia divina vivente che guida il creato verso la sua trasfigurazione» (cfr. Mt 28, 19). Traduzione un po’ lunga, ma necessaria per la liberazione dell’immagine trinitaria dagli algebrismi che sopra vi abbiamo costruito. Ho parafrasato le parole: «ammaestrate» con «consegnate e fate ripetere le mie parole»; Gesù non conosceva altro modo di ammaestramento che quello proprio della sua gente. Ancor oggi presso i popoli semiti, ebrei e arabi, l’insegnamento della Rivelazione è basato sulla ripetizione ritmica delle parole dei testi sacri; ripetizione che fa scendere le parole in tutto l’essere del recitante e lo predispone all’ascoltazione di Colui che le ha pronunciate e che, con voce percepibile dall’orecchio interiore, continua a pronunciare… «Battezzandole», dice la traduzione; essa limita la parola di Cristo al battesimo sacramentale; il verbo «immergetele», invece, comprende il primo ma anche molto di più: inondate il mondo con l’onda del Nome. Del Nome dal quale derivano tutti gli altri nomi, anche quelli del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo. I nomi delle cose visibili e invisibili discendono dal primo ineffabile Nome; fermarsi a uno di essi è distaccarlo dalla sua sorgente, compiere atto d’idolatria, alterare l’armonia dei mondi. I credenti hanno la missione di immergersi e di immergere nell’onda trinitaria tutto il creato. Di vivere cioè la certezza di fede che il creato non è la risultante di un cieco impulso di cellule mosse dal caso o dalla necessità, ma lo straripamento di una Coscienza infinita che su tutti gli esseri amorosamente vigila: questa è la immersione nel Padre (Giovanni Vannucci, «La fioritura della vita», in Verso la luce, 1a ed. Centro studi ecumenici Giovanni XXIII, Sotto il Monte (BG) ed. CENS, Milano 1984; Festa della Santissima Trinità - Anno B; Pag. 97-100).
Evangelizzare – cioè educare ad amare…
La missione della chiesa – che inizia con questi primi discepoli di Gesù è dunque di annunciare l’amore che li ha chiamati, trasformati nel cuore e nella mente, e spediti nel mondo a “immergere” l’umanità… nel nome di questo Dio Padre e Figlio e Spirito santo. Tutto il resto è secondario e dipende da qui. “La carità (l’agape) è davvero il « cuore « della Chiesa, come aveva ben intuito santa Teresa di Lisieux, che ho voluto proclamare Dottore della Chiesa proprio come esperta della scientia amoris: «Capii che la Chiesa aveva un Cuore e che questo Cuore era acceso d’Amore. Capii che solo l’Amore faceva agire le membra della Chiesa [...] Capii che l’Amore racchiudeva tutte le Vocazioni, che l’Amore era tutto»… Che cosa significa questo in concreto? … Prima di programmare iniziative concrete occorre promuovere una spiritualità della comunione, facendola emergere come principio educativo in tutti i luoghi dove si plasma l’uomo e il cristiano, dove si educano i ministri dell’altare, i consacrati, gli operatori pastorali, dove si costruiscono le famiglie e le comunità. Spiritualità della comunione significa innanzitutto sguardo del cuore portato sul mistero della Trinità che abita in noi, e la cui luce va colta anche sul volto dei fratelli che ci stanno accanto. Spiritualità della comunione significa inoltre capacità di sentire il fratello di fede nell’unità profonda del Corpo mistico, dunque, come « uno che mi appartiene «, per saper condividere le sue gioie e le sue sofferenze, per intuire i suoi desideri e prendersi cura dei suoi bisogni , per offrirgli una vera e profonda amicizia. (Giovanni Paolo II, Novo Millennio Ineunte, §42s)
…alcuni però dubitavano.
È consolante che l’atteggiamento dell’animo dei discepoli, in questo momento solenne in cui “tutto” è affidato al cuore e alla responsabilità di Cristo, che se ne sta tornando al Padre, sia lacerato tra adorazione, cioè affidamento totale a lui, e dubbio… Dubitavano non tanto di Dio (allora era impensabile!) ma dubitavano se bisognasse proprio “passare” da un fede monolitica, unitaria, discriminante… ad una fede dinamica, evolutiva, trinitaria, macerata nella storia, e sempre daccapo da ricondurre al Padre, al Figlio e al loro Amore. E se bisognava lasciarsi recuperare sempre là dove la sorgente sembrava sparire, nelle discariche, vicino agli uomini scartati, come il fondatore della nostra fede, perché disomogenei alle architetture e dogmatiche dei progetti umani.
“Non possiamo fermarci al Nome del Padre, ma vivere la realtà del Figlio. La realtà del Figlio è nel sentire che la terra, la carne, la materia sono il frutto della parola pronunciata da Colui che parla e crea, la sua corporificazione: la Parola si è fatta carne. Dal Figlio nasce l’amore per la terra, il coraggio di credere al suo destino, di amarlo, di anelare alla sua luminosa realizzazione. Amore che non è fine a se stesso, ma è chiamato ad andare sempre oltre, finché tutto non approderà nell’infinita coscienza, nell’infinito amore, nell’infinita libertà dei figli di Dio, immergendo in tal modo il creato nello Spirito” (Giovanni Vannucci, idem).
2 commenti:
Mi sembra tutto così lontano....
Sono trascorsi duemila anni....
Quanti ancora perchè si intraveda quello "scricciolo" di Amore che ogni giorno, ogni domenica è presente in mezzo a noi a dispetto di tutto e di tutti?
Ci viene donato comunque e nonostante
tutto...
..alcuni però dubitavano ...
S.Teresa " capii che la Chiesa aveva un cuore e che questo cuore era acceso d'amore....." "Prima di programmare iniziative concrete occorre promuovere una spiritualità della comunione .... dove si plasma l'uomo e il cristiano, dove di educano i ministranti dell'altare .....dove si costruiscono le famiglie e le comunità. Spiritualità della comunione significa innanzitutto sguardo del cuore portato sul mistero della Trinità che abita in noi e la cui luce va colta anche sul volto dei fratelli che ci stanno accanto".
Parole vive che parlano sempre e noi? troppo immersi nel fare non ci accorgiamo di chi ci sta accanto e dubitiamo ancora.
Grazie per la memoria
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