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Ci scommetto che molti leggendo il Vangelo di oggi (Gv 2,13-25) si lancerebbero in considerazioni sulla commistione tra religione e denaro. Verrebbero alla mente il caso Ior, Marcinkus e quant’altro… Tutte considerazioni giuste e vere probabilmente, ma che in fondo anche un pagano o un ateo saprebbe fare. E Gesù non è venuto per dirci cose che con un minimo di buon senso e di onestà chiunque può sapere… Gesù è venuto a dirci qualcosa di veramente inaudito e impensato dagli uomini. Per riuscire a cogliere questo però è necessario, come sempre, collocarsi ai tempi di Gesù per cercare di vedere, come sottolineo sempre, e non solo leggere, ciò che l’evangelista Giovanni ci vuole mostrare. Occorre “vedere” il Tempio di Gerusalemme al tempo di Gesù e capire “cosa” ha “mandato in bestia” il Signore… Senza questo studio non potremmo veramente capire quale capovolgimento di prospettiva gli apostoli ci sollecitano a compiere. Perché non dimentichiamolo sono gli apostoli che ci stanno trasmettendo quello che loro, alla luce della Resurrezione, hanno colto di essenziale in Gesù. I Vangeli sono la loro pedagogia alla fede.
Planimetria del Tempio
Il Tempio di Gerusalemme al tempo di Gesù era il centro della vita religiosa e spirituale di Israele. E Israele ne andava orgoglioso, come anche gli apostoli ci testimoniano rivolgendosi a Gesù (cfr Mt 24,1s). Sennonché Gesù li raggelò rispondendo secco: “Non sarà lasciata pietra su pietra che non sarà distrutta”! Perché una tale risposta?
Il Tempio cosiddetto di Erode, detto anche secondo Tempio di Salomone rispetto al primo andato anche lui distrutto, fu iniziato nel 19 a.C. Anche se dopo un anno e mezzo era di già operativo, fu veramente finito solo dopo 83 anni, nel 64 d.C. Appena in tempo per essere definitivamente distrutto 6 anni dopo nel 70 d.C. dalle legioni romane come ritorsione all’insurrezione del popolo. Tutto questo lavoro e questa fatica (vi lavorarono 11 mila operai) andò così perduto per sempre.
A oriente del Tempio c’era il Portico di Salomone: dove i rabbini si trovavano per spiegare la Torah e dove Maria e Giuseppe trovarono Gesù quando lo avevano smarrito…
A sud c’era il Portico Regio o Regale lungo 185 metri e largo 4 file di colonne alte 12 metri.
Sotto il Portico Regio (visibile nel secondo video), si vendevano agnelli, colombe, buoi, era lì che si faceva commercio necessario al funzionamento del Tempio: una macchina sacrificale dove si ammazzavano animali per offrirli in olocausto al Signore in cambio della sua benevolenza… Da qui venivano introdotti nel Tempio in alto per essere uccisi.
Anche l’ingresso sud-occidentale al Portico Regio aveva una gradinata monumentale che introduceva nel Tempio. Era alta 17 metri e larga 15. Questa scalinata usciva verso occidente e poi piegava verso sud, parallela alle mura esterne del Tempio in direzione della piscina di Siloe. Proprio qui all’inizio della gradinata, in basso dove inizia a salire, c’erano 4 stanze (anche queste visibili nel secondo video) in cui stavano i cambiavalute. Anche i cambiavalute erano necessari al funzionamento del Tempio perché chi voleva fare offerte o comperare animali per il sacrificio (come hanno fatto anche Giuseppe e Maria) dovevano adoperare delle monete che non avessero l’effige dell’imperatore. Erano chiamate anche mine (cfr Lc 15,8-9.19,13-26).
Dinamica dei fatti descritti
Ora immaginiamo la dinamica della scena descritta dal Vangelo: dapprima Gesù sale nel Portico Reggio fa una sferza con delle cordicelle (probabilmente le stesse che servivano a legare gli animali), e comincia a cacciare fuori tutti, persone e animali (cfr Gv 10,3 dove Gesù, pastore, spinge fuori le sue pecore dal recinto!). Immaginate anche il volto adirato, l’opposizione che ha trovato e la forza che ha dovuto usare per cacciarli fuori: una immagine ben diversa da quella a cui ci ha assuefatti una certa iconografia. Salva così gli animali (nella simbologia giovannea, gli uomini!) da morte sicura. Poi scende da quella gradinata presumibilmente di corsa (difficile immaginarlo passeggiare!), e sempre col volto adirato, va in quelle quattro stanze e butta all’aria i tavoli dei cambiavalute dicendo “non fate della casa del Padre mio, un mercato”.
Le ragioni del comportamento di Gesù: una logica da ribaltare
Cerchiamo ora di capire meglio il senso dell’agire di Gesù e per farlo dobbiamo capire ora la logica che presiede al Tempio. Perché in realtà è questa “logica” che Gesù vuole “ribaltare”…
Nei Vangeli per indicare il “Tempio” si usano due termini: hyeros e naòs. Con hyeros si intende propriamente il Tempio nella sua complessità fatta di edifici, portici, cortili, suppellettili. Da hyeros derivano l’italiano “ieratico”, “geroglifico” e anche “gerarchia”.
Il cuore del Tempio era il naòs, il Santuario (detto anche “il Santo”). Quindi in realtà i Vangeli distinguono il Tempio dal Santuario. Un po’ come noi quando distinguiamo la chiesa e il presbiterio (dove si trova l’altare)… La chiesa è un luogo sacro ma il presbiterio che è il centro di ogni chiesa è ancor più sacro e non tutti possono accedervi…
Ora, in questo Tempio non è che potessero entrare tutti liberamente, in realtà il Tempio era un susseguirsi di barriere. Più ci si avvicinava al Santuario e più si veniva selezionati.
Se escludiamo la cinta esterna del Tempio che lo separava dal resto della città (impuro e profano), al suo interno, nel Tempio, c’erano vari livelli di separazione.
1. Nella spianata grande potevano entrare tutti i fedeli anche i non-ebrei (ovviamente a certe condizioni che dovevano rispettare tutti come vedremo) e infatti era chiamato l’“Atrio dei Gentili” cioè delle “genti” (un termine che potremmo tradurre con “stranieri” ma aveva un senso dispregiativo in bocca agli ebrei). Subito però, anche al suo interno, cominciavano i muri di separazione. I primi erano quelli che bloccavano i non-israeliti, era una balaustra alta un metro e mezzo su cui c’erano 13 incisioni con parole di minaccia di morte per chi, non ebreo, osasse oltrepassarla. Quindi oltre questa balaustra potevano procedere solo gli ebrei, donne comprese.
2. Procedendo però verso l’interno del Tempio c’era un altro muro balaustrato che bloccava le donne, pena la lapidazione. Solo i maschi ebrei circoncisi potevano inoltrarsi: nella logica giudaica era ovvio in quanto le donne non potendo essere circoncise non portavano il “segno dell’Alleanza”.
3. Ma anche gli uomini (quindi anche Giuseppe e Gesù!) venivano fermati da un portale che introduceva al Santuario : solo i sacerdoti potevano varcarlo quando si trattava di entrare nel Santuario. Il Santuario o Santo era quindi la costruzione più importante di tutta la spianata.
4. A sua volta all’interno del Santuario oltre all’altare dove si offriva l’incenso, accessibile a turno ad ogni sacerdote (cfr Zaccaria in Lc 1,9), circoscritto da una tenda (la Shekinah) c’era un luogo “segreto” detto del “Santo dei Santi” (letteralmente [luogo del] “Santissimo”: cioè Dio) detto anche Tabernacolo. Il Tabernacolo era il luogo dove si riteneva fosse realmente presente YHWH. E lì nella stanza del “Santo dei Santi” all’interno del Santuario – altra selezione – poteva entrare soltanto il Sommo Sacerdote e solo una volta all’anno nel giorno liturgico dello Yom Kippur (“giorno di timore reverenziale”). Giorno di penitenza e digiuno totale in cui si chiedeva perdono a Dio dei propri peccati e festa più solenne del calendario ebraico (quest’anno 2012, cadrà al tramonto del 25 settembre fino all’apparire delle stelle del 26). E solo in quell’occasione il Sommo Sacerdote in carica, nella preghiera pronunciava il nome di Dio, il sacro Tetragramma (YHWH) di cui solo i Sommi Sacerdoti si tramandavano la vocalizzazione. [Che normalmente viene vocalizzato in YaHWeH – più probabile – o YeHoWaH meno probabile ma legittimo: quindi non perdete tempo a discutere su questo con i Testimoni di Geova, per noi cristiani il nome di Dio è “Gesù Cristo”!]. Ovvio che il Tabernacolo era considerato il punto più sacro non solo del Santuario e quindi del Tempio ma anche del mondo. Così sacro che se qualcuno doveva entrare per delle riparazioni questi veniva calato dall’alto perché non poteva toccare il suolo sacro coi piedi (cfr Gv 13,3-5 dove si capisce perché nella logica simbolica di Giovanni, Gesù deve lavare i piedi degli apostoli/discepoli: Non solo per significare che ora sono/siamo tutti puri ma anche per annunciare che la Passione in cui entreranno/entreremo è il luogo della presenza definitiva di Dio nella storia). Il Santuario stesso fu costruito solo dai sacerdoti appositamente istruiti nell’arte della costruzione.
5. Nel Santo dei Santi – praticamente vuoto – a sua volta c’era una barriera invalicabile: un velo di colore porpora che copriva (andata oramai perduta l’Arca dell’Alleanza per la deportazione babilonese) una roccia sulla quale si riteneva che Dio sedesse in trono. Secondo la tradizione ebraica questa roccia si trovava proprio al centro del mondo e fu la base sulla quale Dio creò e regge il mondo (cfr Lc 6,48 in riferimento alla roccia!). Quindi anche il Sommo Sacerdote si trovava davanti a un velo e quindi anche a lui era “nascosto” il “volto di Dio”.
Già da questa esposizione – necessariamente sommaria, ma nella quale possiamo riconoscere la struttura delle nostre vecchie chiese – deduciamo che la prima caratteristica di questo Tempio era la “separazione”, la discriminazione delle persone. La sua logica religiosa era una logica pagana di esclusione rendendo impossibile ai più di accostarsi al Signore. Non c’era solo un concetto ieratico di Dio che concettualmente lo separava dalla gente, ma c’era un profondo disprezzo di ogni occupazione umana che non fosse quella liturgico-sacrale (ricordo che solo i sacerdoti potevano presentarsi alla presenza del Signore nel Santuario). Inoltre neppure tutti (israeliti e non) potevano essere ammessi nel Tempio: gli storpi, i paralitici, i lebbrosi… coloro che facevano dei lavori considerati impuri come i pastori e pubblicani… erano tutte persone impure, cioè vivevano in una condizione di fatto peccaminosa e quindi non potevano nemmeno mettere piede nel Tempio.
Questo barriere impedivano alle persone (diremmo oggi, laici e laiche!) di sentire Dio vicino a loro e impediva a loro di avvicinarsi a Dio. Non che Dio fosse impedito da questo, quando ha voluto non ha esitato abitare nella casa “impura” di una ragazza di Nazareth facendone il suo santuario… ma la stragrande maggioranza del popolo, anche israelita, aveva una visione “dannata” della propria esistenza a causa di un Dio percepito (così veniva loro insegnato dai sacerdoti, dai farisei, dai dottori della legge, ecc.) come una “realtà” non solo lontana ma anche ostile al loro stile di vita…
Questo era il Tempio con l’apparato dottrinale che lo giustificava, che Gesù ha incontrato! Appare ovvio che il Figlio di Dio venuto per mostrare un volto di Dio finalmente Padre, finalmente prossimo, vicino ai suoi figli fino a condividerne il vissuto, non potesse tollerare tutto questo. Ecco perché nella sua vita Gesù ha abbattuto definitivamente tutte le barriere. Quelle del Tempio e quelle che noi costruiamo per difendere la “santità” di Dio o la nostra “dignità” cristiana di “popolo sacerdotale” (cfr seconda lettura 1Cor 1,22-25 sulla stoltezza della Croce: dov’è lì la presunta “intangibilità” di Dio?...).
Nella Lettera agli Efesini (2,14s) quando Paolo dice che in Gesù Cristo è stato definitivamente abbattuto il muro di separazione tra i due popoli – giudei e greci – non parlava in metafora, ma da israelita osservante aveva davanti agli occhi proprio i muri di separazione del Tempio di Gerusalemme… Paolo ci ricorda quanto aveva profetizzato Gesù: Di ogni barriera che noi poniamo tra l’uomo – qualunque uomo – e Dio, prima o poi non resterà pietra su pietra! Perché è Dio stesso che si preoccupa di abbatterla!
Appare evidente che c’era e c’è quindi una radicale incompatibilità tra la proposta di Gesù dell’autentico volto del Padre (che fa piovere e sorgere il sole sui buoni e sui cattivi) e il concetto “sacrale”, ieratico appunto, di ogni religione.
Per questo alla morte di Gesù come ci ricordano gli evangelisti, persino il velo che costituiva il cuore del Santuario, il “Santo dei Santi”, “si squarciò in due da cima a fondo” (Mc 15,38) cioè senza possibilità alcuna di ricomposizione (L. Moscatelli). E Matteo (27,51) che parla ai cristiani convertiti dal giudaismo, rincara la dose coinvolgendo nello squarcio anche la roccia su cui, secondo la tradizione ebraica, il mondo si regge.
Devono squarciarsi! se si vuole indicare la definitiva impossibilità a qualunque “ostacolo” di impedire all’uomo di incontrarsi con Dio. Con la caduta dell’ultima barriera del velo e la rottura della roccia, non ci sono più condizioni preliminari né a Dio né all’uomo per incontrarsi. Non c’è più bisogno di alcun sacrificio né di “mercanteggiare” (D. Petrini) la benevolenza di Dio: Questo è il significato originario quindi dell’espressione “non fate della casa del Padre mio un mercato”.
Giusti e peccatori; sacro e profano; il “Santo dei Santi” e il peccatore… sono definitivamente uniti, accumunati dal comune abbraccio misericordioso del Padre. È in questa “commistione” che Dio rivela la propria santità: nel suo chinarsi sui suoi figli! Questa è la “stoltezza” della Croce!
Arrivati a questo punto, ciascuno faccia le sue “attualizzazioni”, io non voglio influenzare nessuno, ma certamente ora anch’io mi pongo alcune domande…
Quando noi cattolici, in base a profonde motivazioni liturgiche, costruiamo balaustre intorno agli altari; quando grazie a profonde motivazioni teologiche e dottrinali, impediamo alla gente di fare comunione con Dio perché è in peccato mortale; quando noi escludiamo sistematicamente certe categorie di persone che come i pastori e pubblicani vivono una condizione di peccato; quando noi permettiamo che solo coloro che appartengono alla Gerarchia possono toccare le cose sacre (alcuni contestano ancora oggi la comunione nella mano); quando impediamo nella messa alle donne di fare cose perché possono farle solo i maschi (e questo non vuol dire “ordinare le donne” ma semmai spogliare della dimensione di potere ieratico e autarchico gli uomini: vedi nota in basso)… noi a quale Tempio apparteniamo? A quello che moltiplica continuamente i muri di separazione? o a quello il cui velo si è definitivamente squarciato? Noi a quale Esodo apparteniamo, a quello di Mosè che libera dalla schiavitù e costruisce itinerari di liberazione (decalogo) o a quello dell’imperatore Nabucodonosor che ha portato tutti schiavi in Babilonia?
Attenzione però non basta allargare i “confini” del Tempio, spostando le barriere per accogliere il più grande numero di persone (C. Giuliani) perché in tal caso resta sempre qualcuno “fuori”. Qui la logica di fondo è proprio la distruzione definitiva di ogni Tempio, di ogni recinto, perché tutti e tutte nel vero Santuario che è il Cristo (traduzione più corretta e comprensibile delle parole di Gesù: “Distruggete questo Santuario – perché è lì secondo la fede ebraica che abita la pienezza della divinità – e in tre giorni lo farò risorgere”): hanno ora immediato accesso al Padre in qualunque situazione si trovino…
Semplificando: quando pensiamo che la nostra vita è – qualunque sia la ragione – “un fallimento” e ci chiediamo “se Dio ci vorrà ancora bene, se potrà ancora accoglierci…”, dobbiamo risponderci guardandolo in croce: “certo che continua ad accoglierci e a volerci bene, perché ci vuole bene più di quanto ne voglia a se stesso!”…
Chi è veramente cristiano allora? chi è veramente cattolico? Me lo chiedo e lo chiedo…
Ah! Se leggessimo con più attenzione la bibbia… Nel libro di Isaia, ad un certo punto (Is 44,28-45,5) il profeta parla dell’imperatore Ciro, definendolo oltre che pastore, Messia del Signore (così nel testo ebraico e che in greco si traduce Cristo) cioè “eletto” dal Signore! Sono gli stessi “titoli” che i Vangeli riservano a Gesù, al Figlio di Dio, al Verbo incarnato, al Salvatore del mondo…! Ora però c’è un problema. Ciro, era pagano, idolatra, che è rimasto idolatra, con le sue concubine e la sua logica di conquista e che probabilmente ha liberato gli israeliti più per calcolo politico che per amore della giustizia… Ebbene, come è possibile che la bibbia, che noi sappiamo libro ispirato da Dio, definisca un uomo del genere “Messia”? Agli occhi di un cristiano oggi, come di un buon israelita sano di mente sembrerebbe più una bestemmia che una “parola di Dio”!
La risposta l’abbiamo nelle letture di oggi: Chi – chiunque egli sia (Lc 9,49s e Lc 18,16) – vive, lavora, si mette in gioco, per abbattere le barriere, qualunque barriera, che separa gli uomini tra di loro e da Dio… costui e soltanto costui si può legittimamente chiamare Cristo e Messia: cristo nel Cristo, messia nel Messia, figlio di Dio nel Figlio di Dio…
Solo una religione che al suo interno (e non solo al di fuori) abbia come “progetto culturale” l’abbattimento di ogni barriera, è un religione degna del nome cristiano. Costi quel che costi, questa è l’unica strada possibile alla santità! Quando questo accadrà la storia potrà finalmente dirsi compiuta.
Nota: L’episodio evangelico ci rivela anche un “metodo” da seguire valido in ogni ambito: occorre fare attenzione che nel voler abbattere delle discriminazioni non si alimenti, facendola propria, la mentalità che le crea! Provo a esplicitare. Gesù poteva reagire alle discriminazioni sopra descritte in vari modi: dandosi fuoco nella spianata del Tempio; forzare la porta che dà accesso al Santuario; organizzare una ribellione; rivendicare il diritto per tutti di accedere non solo al Santuario ma anche al Tabernacolo, ecc… ma in ognuno di questi casi avrebbe di fatto riconosciuto la legittimità del Tempio e la logica che lo presiede. Infatti anche se le donne e gli uomini – con le buone o con le cattive – avessero avuto accesso al “Santo dei Santi”… restava il fatto che per incontrare Dio, bisognava non solo recarsi fisicamente al Tempio, con l’automatica esclusione di chi non poteva permetterselo per ragioni economiche o altro, ma comportava anche accettare la logica del “mercanteggiamento” sacrificale per conquistare la benevolenza di Dio. Ecco allora che il gesto di Gesù acquista valore “profetico” nel senso che annunciando la nascita del vero Santuario – la sua persona risorta – in cui in qualunque luogo e qualunque situazione ognuno può incontrare il Padre, dichiara definitivamente “vuoto” ogni pellegrinaggio che non serva a far scoprire l’incontro con Dio a casa propria.
Ora c’è da chiedersi se la rivendicazione in ambito cattolico dell’ordinazione femminile, facendola propria, non accentui di fatto la discriminazione del binomio tempio/sacerdozio. Mentre come cerco di dimostrare nell’articolo, il cambiamento che Gesù ha provocato è ben più radicale…
(Con i contributi di fratelli e sorelle della lectio del venerdì sera e di F. Armellini per gli spunti esegetici)
Ultimo aggiornamento: lunedì 12 marzo 2012, ore 19
7 commenti:
hai la capacità di stupirmi ogni volta....
grazie
Grazie ma... dai a Cesare quel che è di Cesare... qui a stupire semmai è l'evangelista Giovanni!
hai ragione, è proprio la discriminazione l'aspetto negativo più "pesante"...e anche l'aspetto "denaro" aiuta a discriminare (chi aveva più soldi poteva sacrificare animali più grossi ed essere più gradito a Dio?!)Ho pensato a quando Gesù indica ai discepoli la vedova che offre due monetine....facendo loro notare che era tutto quel che aveva.
Non ho capito bene perchè il sacerdozio alle donne ricondurrebbe alla logica di separazione, se tutti siamo sacerdoti dovrebbe essere normale che possano esserlo anche le donne; o no?
Sam non ti sembra che però qualcuno sia più sacerdote di altri? è a questo che aspirano le donne che chiedono l'ordinazione?
Sì, mi sembra proprio, infatti non ci vedo niente di male nel volerlo
Non diresti così se avessi capito la "logica" proposta dal Vangelo e dello stretto legame tra tempio e sacerdozio (non c'è sacerdozio senza tempio e viceversa). Chi ha orecchi da intendere intenda... Comunque capisco che è un cammino in cui solo col tempo e con la grazia (nascere dall'alto di domenica prossima) si entra nella logica nuova inaugurata da Gesù.
ok, sono d'accordo che il vero tempio siamo noi stessi, ma finchè non entriamo in questa nuova logica, il loro non-sacerdozio è un'ulteriore discriminazione...
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