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venerdì 7 marzo 2008

Giovanni 7,1-2.10.25-30

In quel tempo, Gesù se ne andava per la Galilea; infatti non voleva più andare per la Giudea, perché i Giudei cercavano di ucciderlo. Si avvicinava intanto la festa dei Giudei, detta delle Capanne. Andati i suoi fratelli alla festa, vi andò anche lui; non apertamente però, di nascosto. Alcuni di Gerusalemme dicevano: “Non è costui quello che cercano di uccidere? Ecco, egli parla liberamente, e non gli dicono niente. Che forse i capi abbiano riconosciuto davvero che egli è il Cristo? Ma costui sappiamo di dov’è; il Cristo invece, quando verrà, nessuno saprà di dove sia”. Gesù allora, mentre insegnava nel tempio, esclamò: “Certo, voi mi conoscete e sapete di dove sono. Eppure io non sono venuto da me e chi mi ha mandato è veritiero, e voi non lo conoscete. Io però lo conosco, perché vengo da lui ed egli mi ha mandato”. Allora cercarono di arrestarlo, ma nessuno riuscì a mettergli le mani addosso, perché non era ancora giunta la sua ora.

nessuno riuscì a mettergli le mani addosso, perché non era ancora giunta la sua ora... Secondo la prospettiva del Vangelo di Giovanni chi determina “l’ora” è sempre Gesù. Gesù è Signore della propria vita e la dona quando vuole lui. Questo si vede tra l'altro in 2,4; 4,23; 8,20; 12,23; 12,27; 13,1; 17,1 e persino sulla croce 19,29-30 è sempre Gesù che determina il momento di morire. Gesù cioè non subisce la storia, la crea.

Stiamo vivendo un momento di svolta epocale e per questo di crisi culturale, che ci obbliga a ripensare culturalmente ciò che fino a ieri era ritenuto ancora “immutabile”. Ripensare la fede è compito della fede che vuole essere se stessa. E non c’è ambito che non ne debba essere coinvolto: l’idea e il vissuto di Chiesa, di laico, di famiglia, di movimento ecclesiale (laicale e non), di “ordine religioso”, di sacerdozio, di Magistero…
Perché stiamo vivendo una svolta multiculturale che la globalizzazione e il cammino della “riflessione” umana stanno accelerando. Capire adeguatamente questo è capire la posta in gioco oggi, nel vissuto concreto che ciascuno di noi sta vivendo. In comunità come in “Provincia”.

Questa è "storia sacra", perché in questa storia lo Spirito di Cristo è all’opera per condurci tutti al Padre. In quanto persona e in quanto membri di una comunità, piccola o grande che sia, dobbiamo essere coscienti del “progetto” del Padre.

In tutta la prospettiva che va da Giovanni a Paolo, il cristiano non è più colui che vive la "propria" vita, ma vive la vita di Cristo. Noi siamo veramente un “altro Cristo in Terra”: per grazia, dal battesimo-cresima-eucaristia, “un altro Lui”...
Questo deve comportare per ciascuno di noi di prendere in mano la propria storia accogliendone le “sfide” con la stessa modalità con cui l'ha fatto il Cristo: impegnati a non subirla ma a "ri-crearla" continuamente orientandola decisamente verso il suo compimento. Non è un’“imitazione”, né una semplice “conformazione” esteriore, ma una “comunione” profonda: Lui è in noi, e noi siamo in Lui, una cosa sola col Padre e con lo Spirito. L’agente di questa modalità è il suo Spirito Santo che vive in noi, proprio come lo è per Lui: una comunione che si estende ad ogni umanità…

Una certa corrente spiritualista ha spesso visto nella "rassegnazione", nell'umile sottomissione agli eventi storici, il vertice della "consegna" alla volontà del Padre... Vertice di questa prospettiva fatalista e determinista della storia, è una certa “iconografia” dell'Agnello pasquale, che passivamente docile e umile va al sacrificio del dono di sé.
Questo è solo parzialmente vero, e spesso ne abbiamo fatto un'immagine caricaturale deresponsabilizzante, scusante “ideologica” delle nostre paure alla lotta che il cambiamento esige… È più facile morire “martiri” che morire testimoni della modalità nuova di essere presenti nella storia.
Questa prospettiva infatti è completamente estranea alla tradizione apostolica che ne smaschera tutta la sua diabolica seduzione, in quanto non è altro che manifestazione di sé e non della misericordia del Padre, come si può intuire ad esempio in 1Cor 13,3. Questa prospettiva “pagana”, riduce l’uomo a mero esecutore, a “comparsa” di una storia già scritta da altri e quindi ultimamente non più storia!
Nel cristianesimo invece la storia è un film la cui sceneggiatura è scritta a più mani e molti cuori: l’umanità e Dio. E la storia è storia vera perché ogni volta è messa radicalmente in gioco nelle sue dinamiche più profonde di relazione uomo/donna-Dio-uomini/donne nella forma nuova di figlio/a-Padre-fratelli/sorelle. Per questo è ogni volta storia nuova, perché nulla è stato scritto che non debba essere riscritto! Per questo essa è ogni volta storia “sacra”, nel suo “sì” come nel suo “no”.

Il Vangelo di Giovanni dal canto suo ci indica il modo per essere “spirituali”, il modo di essere veri Agnelli sacrificali: non il lasciarsi prendere, ma il consegnarsi; non il lasciarsi rubare ma il donarsi; non “perché non se ne può fare a meno”, ma pur conoscendo le vie di fuga, restare! Questo, come Maria, è l’agire del discepolo: re/stare, re/agire. Sempre! Solo che le modalità cambiano dall’ora! Se ci si sottrae a quest’ora è per consegnarsi a quell’ora! e solo fino a che quell’ora non sia giunta…

L’unica domanda che resta è “come conoscere l’ora?”, la risposta non può che venire dalla relazione personale col Padre. Solo il Padre conosce l’ora, quella di Gesù e quella degli “altri Gesù”, i suoi discepoli. Non l’ora della morte, come se il Padre avesse deciso la nostra morte e il momento del nostro morire, perché il Padre è tale perché è colui che dà la vita, sempre! Ma l’ora in cui la morte diventa vivibile e vivificante, libera e liberante, salvifica per sé e per l’umanità. Solo così diventa manifestazione della Sua Gloria e non autoglorificazione. E questo può accadere solo quando tutto è “compiuto”!
Solo nel dilatarsi di questo rapporto col Padre, matura l’autocoscienza, personale e comunitaria, di quando tutto è compiuto e l’ora è giunta. E di come orientare la storia (particolare e universale) verso l’ora del compimento! Ed è il Padre stesso che nello Spirito lo “rivela” a ciascuno di noi. Non a chiunque però ma solo a coloro che vivono fino in fondo la dimensione dell’essere figli nel Figlio!

Se ci è cara la “storia” carica di umanità che viviamo, solo questa è la Via, perché essa sia “attualmente” recuperata.

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