…venendo dagli inferi!...
Si è ormai compiuta la Pasqua! … e la liturgia delle domeniche che seguono vuol introdurci nell’esperienza sempre più profonda del mistero che la Pasqua contiene. Gesù ha raccolto nel suo corpo crocifisso sulla croce tutta la sofferenza dell’umanità e il suo anelito di libertà e di compimento. Dopo la sua fine sul Calvario, quando il suo corpo era nel sepolcro, immobilizzato nelle leggi della morte, mentre le donne piangevano davanti alla tomba chiusa, Lui, “… in spirito, andò ad annunziare la salvezza anche agli spiriti che attendevano in prigione; a tutti coloro che avevano un tempo rifiutato di credere quando la magnanimità di Dio pazientava… (1Pt 3, 19). Ma adesso per primi ricevono l’annuncio della fine della loro reclusione … Dunque, mentre ancora Gesù è morto, fin nel buio degli inferi, il fermento incoercibile della risurrezione si manifesta come liberazione dai legami di qualunque oppressione in cui l’uomo venga a trovarsi.
Questo è il primo e più strepitoso effetto della risurrezione. A tutti Gesù porta la grande assoluzione del Padre per i peccati del mondo. La missione che il Padre gli ha dato l’ha eseguita. Ha amato i suoi fino alla fine. Ha portato a compimento nella sua carne di uomo l’amore che il Padre eternamente alita in lui… E adesso, che ha visitato tutti gli spazi, le altezze e le profondità della vita umana, deve tornare al Padre. Ma prima trasmette, anche lui, l’amore incontenibile che dal Padre continuamente riceve. Ed il suo Spirito, che adesso abita in loro, renderà anche i suoi discepoli capaci, come lui, di sciogliere i peccati del mondo.
La forza dello Spirito: il punto di unione tra noi e Gesù
Tutti gli altri doni o caratteristiche o contenuti del messaggio stesso… vengono dopo.
Anche i vangeli vengono dopo, e anzi nascono anche loro proprio da questa esperienza incandescente della forza ricevuta da Gesù, che è il suo Spirito.
Nessun’altra esperienza è stata sentita così forte e sorprendente da dover esser annunciata come una nuova creazione: alitò su di loro e disse: “Ricevete lo Spirito Santo; a chi rimetterete i peccati saranno rimessi e a chi non li rimetterete, resteranno non rimessi” … Da allora siamo chiamati alla libertà da ogni schiavitù che ci opprime : …voi non avete ricevuto uno spirito da schiavi per ricadere nella paura, ma avete ricevuto uno spirito da figli adottivi per mezzo del quale gridiamo: «Abbà, Padre!» (Rom 8, 15s). Il punto di unione tra Gesù crocifisso risorto e noi è lo stesso che tra il Padre e il Figlio: è il loro amore personificato in questa forza viva e irresistibile, che ci coinvolge – dono di Gesù “che ricrea” in noi l’umanità nuova : Lo Spirito stesso attesta al nostro spirito che siamo figli di Dio. E se siamo figli, siamo anche eredi: eredi di Dio, coeredi di Cristo…” (Rom 8,16)
Noi abbiamo una speranza viva…
La secondo generazione cristiana che pure, come noi, non ha visto il Signore, vive ancora l’emozione e la riconoscenza del dono ricevuto, come si vede nell’inno di Pietro: Sia benedetto Dio e Padre del Signore nostro Gesù Cristo; nella sua grande misericordia egli ci ha rigenerati, mediante la risurrezione di Gesù Cristo dai morti, per una speranza viva, … “Per una speranza viva”, ci è detto, perché è questa che ci sostiene mentre di fatto continuiamo a vivere una realtà che richiede sempre una certa fatica ed afflizione … ma colma anche di gioia, perché sappiamo che questa situazione purifica la nostra fede. E per noi vuol dire imparare ad amarlo senza averlo visto, affidarci a lui, senza vederne o sperimentarne la presenza… Questo misterioso fermento di vita nuova (la fede post-pasquale) “inspirato” in noi dall’alito di Gesù risorto, fa dentro di noi la “Pace”, mentre ce l’annuncia, ci fa figli ed eredi, ci dona il potere di perdonarci a vicenda, edificando la comunità dei credenti!
La comunità apostolica
Il sommario della vita della prima comunità riportato da Luca è l’esperienza sorgiva, paradigmatica e inabrogabile con cui ogni generazione cristiana è chiamata a misurarsi. Non è un momento d’entusiasmo proprio degli inizi utopici di un movimento allo stato nascente. È invece per sempre l’intreccio costitutivo delle coordinate fondamentali della comunità cristiana, dalla Pentecoste alla Parusia. Anzitutto, dunque, la perseveranza nella dottrina degli apostoli, cioè l’ascolto costante della prima testimonianza viva e commossa della vita, morte, passione e risurrezione del Signore. Questo riferimento vitale al Signore è il motivo della strettissima comunione che si veniva creando tra loro (erano tutti insieme ‘nella stessa cosa’! 44), continuamente rinnovata nella frazione del pane e nelle preghiere.
Ma sono evidenti anche le conseguenze importanti e sintomatiche di questo “coinvolgimento vitale” Tali sono la dimensione economica, per cui nessuno aveva più proprietà private che non avesse trasferito alla disponibilità comune - e la dimensione affettiva, cioè il giocarsi insieme l’esistenza, fino a non aver più altre scelte o interessi o programmi personali privatistici… Questa è stata l’esperienza che ha generato e ancora costituisce la nostra fede, qualunque cosa capiti, qualunque sovvertimento culturale o politico ci sconvolga, qualunque deriva disumanizzante tenti di travolgerci, qualunque strada intenda intraprendere la nostra comunità o la famiglia o la società in cui viviamo… La coerenza fondamentale della nostra fede “apostolica”, che sgorga dalla Spirito di Gesù è questa: “tanto più è grande la nostra disponibilità a lasciarci immergere nella comunità di cui condividiamo totalmente la sorte, tanto più è coinvolgente e profonda la nostra possibilità di partecipare alla comunione cui ci chiama personalmente il Signore Gesù.
La crisi di Tommaso: fuori delle piaghe di Cristo, non c’è salvezza!
Bisogna passare attraverso la crisi di Tommaso… quando inevitabilmente ci veniamo a trovare un passo indietro, o distante, da chi vive con noi o partecipa alla nostra fede in Cristo, quando l’orientamento della comunità ci amareggia il cuore e ci svuota il futuro, e non riusciamo più a condividerne le idee e le scelte… Qui ci tocca superare o integrare il livello psicologico e affettivo della fede, e riscoprire anche noi sulla nostra pelle, l’oggettiva identità del Cristo tradito, imprigionato e crocifisso – con il Cristo risorto, “nostro Signore” (cioè “padrone assoluto” cui affidare nuovamente la vita) … e “nostro Dio” (perché questa consegna ha la totalità di un’adorazione). Al di là di ogni nostra debolezza e inadempienza di poveri cristiani, dentro le ambiguità storiche e i tradimenti attuali della chiesa, o dei nostri compagni di strada, o nostri … questo passo non ci può essere risparmiato. Non si tratta semplicemente di una verifica della nostra fede, ma di un passaggio, un lungo scarnificante passaggio, insieme doloroso e gioioso, per maturare quello che ciascuno è destinato ad essere come discepolo di Gesù, suo amico e imitatore, per immergersi nelle sue piaghe. Nelle piaghe non gloriose ancora, ma comunque “sue”, del suo corpo mistico di oggi. In questa identità misteriosa e disarmante tra Lui e del suo corpo mistico comunitario (ecclesiale), in cui siamo chiamati a vivere, è il fondamento vero di ogni vita ‘spirituale’ e la soglia o l’avvio oggettivo verso la maturità cristiana… Nel disincanto da ogni presunzione adolescenziale di ritagliarsi un cammino di perfezione privato, una scorciatoia verso una sorta di salvezza che faccia a ameno del sacramento della comunità ecclesiale, alla quale è dato il potere di legare e di sciogliere il nostro male. Perché noi apparteniamo alla beatitudine per “non vedenti”, che ci rassicura che “ciò” che Dio sta realizzando in noi (che non vediamo) è più grande di quanto riusciamo a percepire, e “colui” che amiamo (anche senza che lo sentiamo) è più vero di ciò che i nostri ricettori emotivi sentano. È l’immersione (fede, tatto e amore!) nelle “Sue” piaghe umane che decide della nostra fede!
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