La passione, morte, risurrezione di Gesù è il “racconto primo”, il racconto originario attorno al quale è nato il Nuovo Testamento e tutto il cristianesimo fino a noi. L’Esodo era il “racconto primo” del Testamento Antico, la storia di cosa capita ad un popolo quando Dio si occupa di lui… e di cosa capita a Dio quando si occupa di un popolo. Questo è il racconto, la storia “incredibile”, di cosa capita a Dio, se si fa uomo. E, insieme, il racconto di cosa capita agli uomini e alle donne, a incontrare Dio “apparso in forma umana” nella loro vita. Ecco perché gli amici di Gesù hanno una storia da raccontare, che gli esplode in cuore, un dramma doloroso e gioioso insieme: doloroso perché è l’omicidio, preparato e programmato, del loro grande amico e maestro – e anche loro l’hanno rinnegato e abbandonato; gioioso perche ne è scaturito il perdono e la salvezza del mondo ‑ e non solo la sua ma la loro rinascita alla vita (adesso ne sono convinti… da morire!). Pietro annuncia la bella notizia ribadendo in ogni occasione: “Sappia dunque con certezza tutta la casa di Israele che Dio ha costituito Signore e Cristo quel Gesù che voi avete crocifisso!”
Un dramma unico nella storia, con tanti personaggi, che ruotano attorno a questo protagonista “misterioso”, il quale, di fronte alla sfida diretta di Caifa sulla sua misteriosa identità divina (dicci se sei il Cristo, il figlio di Dio?) non solo finalmente consente, ma ne afferma la coincidenza con la propria umanità crocifissa e glorificata (“fin d’ora” vedrete il figlio dell’uomo che siede alla destra della Potenza e viene sulle nubi del cielo”). Era sempre stato reticente su questo arcano segreto messianico troppo facilmente equivocabile. Adesso sta per morire, abbandonato da tutti, nessuno più equivocherà sul Messia che deve venire con potenza e forza… perché invece lascia vedere ai suoi discepoli, nell’orto, e poi a tutta la gente – nei processi, nelle torture, sulla strada del calvario ‑ il mistero imperscrutabile della sua persona umana e divina: “pur essendo di natura divina, svuotò se stesso assumendo la condizione di servo, obbediente fino alla morte e alla morte di croce…”
…questa via crucis che lo sprofonda negli abissi della sventura umana, è ancor oggi il cammino nel quale ognuno di noi deve entrare, il dramma che ci coinvolge, da cui non possiamo più esimerci, consapevoli o meno. Perché lì Gesù ha svelato all’uomo la sua verità. Ha patito sulla sua pelle il senso delle grandi domande sulla vita e la morte, l’amore e l’odio, il corpo e lo spirito… sulla speranza e la disperazione - e sull’incomprensibile silenziosa assenza di Dio da questo mondo.
…d’ora in poi questo dramma rimane incancellabile nel cuore dell’uomo e la nostra storia stessa ormai si svolge all’interno di questo racconto e ne rivive (in vario modo) il percorso nelle sue tappe drammatiche: il Getsemani e la decisione angosciosa di consegnarsi totalmente al Padre; la miserabile ragion di stato degli uomini di potere che devono torturare ed eliminare (magari loro malgrado) colui che non svende la libertà di amare; la debolezza umana di chi è stato amato, ma tradisce o rinnega l’amore, per non subire la stessa sorte mortale; il calvario, ove l’innocente è crocifisso tra i delinquenti e la morte segna la sua ultima vittoria nel grido inarticolato del Giusto, abbandonato da Dio; e poi la fine di tutto, i discepoli spariti… le donne “sedute di fronte al sepolcro” impietrite – la loro speranza seppellita!
È lungo questo tragico percorso che Gesù è diventato la chiave per intendere tutta la Scrittura, adesso lo devono capire, e Gesù glielo rispiega varie volte dopo la risurrezione. Come capiscono che cosa voleva dire definendosi “via, verità e vita”. Perché è lui la chiave anche per intendere e vivere la storia di ognuno e del mondo. La sua “ora”, che incombe su di lui da tutta la vita, suona non tanto per lui, che, nonostante l’angoscia mortale e la debolezza della carne, era pronto. Ma per noi, perché ormai la croce è il segno e la misura di verità della nostra esistenza e del suo senso. Nel groviglio inestricabile del nostro cuore affamato scopriamo cos’è davvero l’amore e l’amicizia, rispetto all’improntitudine presuntuosa delle parole e l’inconsistenza della fedeltà. Siamo messi a nudo, perché chiamiamo ‘amore’ l’appropriazione dell’altro per il nostro bisogno di gratificazione, sicurezza o consenso. Crediamo ‘dedizione’ la compiacenza di appartenere al personaggio o al gruppo importante o vincente. Questo amore egocentrico è pronto a tradire e rinnegare, appena il suo “oggetto amato” diventa debole e povero, e non ha più niente da darci…
Allora non c’è che il silenzio dello scoramento, l’impressionante silenzio di Gesù! Nonostante qualche invito accorato e velato agli apostoli a vegliare con lui, accudirlo un poco… nessuno osa entrare nell’abisso che lo abita. Allora li lascia dormire… il sonno pesante che censura e anestetizza il dolore. Ma non risponde più né a Caifa, né a Pilato, né ai soldati che lo torturano, se non il minimo, e poi tace. Non ci sono parole che possano dire la solitudine interiore che lo devasta… Come può spiegare che è l’amore per l’uomo che l’ha condotto a questa solitudine, se non ha attorno nessuno che lo voglia provare?… Ha tentato qualche accenno agli amici più intimi, nella fiducia che poi si ravvedano (prima che il gallo canti… mi rinnegherai tre volte) e persino a chi lo sta tradendo, per fargli misurare che l’amicizia non ha mai pentimenti (amico, perché sei qui?).
Ha vissuto l’amore fino alla morte, perché l’amore non è difendibile, non ha armi o eserciti… (metti la spada nel fodero: chi vuol difendere l’amore con la spada o la forza degli eserciti entra nella logica della violenza e ne sarà travolto). L’amore non è neanche difendibile con le armi della ragione o del buon senso o per preservare altri beni che ci sembrano altrettanto grandi… Neanche può essere garantito dalla giustizia dei codici civili ed ecclesiastici, che non possono contenerlo e militano sempre sotto il motto unicuique suum: a ciascuno quanto gli spetta – dunque ancora la competizione! In nessun codice sarà mai ammissibile che uno si assuma le sventure e i peccati degli altri… Il crocifisso è il mistero dove scoppiano e svaniscono per insensatezza tutte le nostre facili obiezioni: ha salvato gli altri… se badava un po’ più a sé! - -se è figlio di dio (se la sua strada è quella giusta), perché dio non lo difende?
Di fronte al crocifisso tutti questi sono modi più o meno felpati di salvare la propria vita… e abbandonare il malcapitato alla sua sorte. Rinnegando così l’amore, che esiste solo crocifisso. Una inesorabile sorte incombe su chi sceglie di amare (sceglie!?… “ha in dono”!). Ma non è una minaccia dall’esterno, è la sua stessa dinamica costitutiva: essere dono di sé stesso all’altro per la salvezza di tutti! L’amore è totalmente incapace di salvare se stesso. Il senso dell’amore è far crescere la vita dell’altro con la propria vita. Di alternative ne esiste una sola: mangiare più o meno garbatamente la vita dell’altro – oppure, insieme, affrontare la stessa avventura... “cristiana” di lasciarsi mangiare!
Gesù aveva premesso l’Eucaristia alla sua passione, proprio per spiegarne il senso, perché potessimo farne memoria e nutrimento, per sempre… Fino a quando celebrerà, come ha promesso, la cena definitiva con tutti noi, nel Regno del Padre suo e nostro. L’eucaristia, in quanto compartecipazione alla sua passione, diventa la nuova alleanza per la remissione dei peccati, cioè per la salvezza del mondo. Non perché Dio abbia bisogno di un sacrificio di sangue, ma perché l’amore agli uomini e al Padre non ha misura… “Ha confidato in Dio”, come dicono i sacerdoti e i capi, sarcastici sotto la croce, che contestano (come noi!) proprio il cuore del mistero di suo Padre: che lo ama di un predilezione che non lo libera dalla croce!
La resurrezione, che è raccontata dopo la passione e la morte, in realtà è interna alla stessa crocifissione. Chi muore così, ha già vinto la morte perché non ne ha subito il ricatto, ma ha consegnato tutto il suo spirito all’amore. Per questo, ormai, il suo corpo non può rimanere nella tomba, è incontenibile in questo mondo di morte. Eccone i segni premonitori: il velo del tempio è stracciato, perché non serve più a nascondere un Dio esibito come un delinquente crocifisso; le forze invincibili che tengono legate la terra e le rocce e la morte sono sconvolte… e comincia dentro le tombe il misterioso contagio della risurrezione (molti corpi dei santi che vi giacevano risuscitarono… e dopo la risurrezione di lui, apparvero a molti…). Il centurione, infine, e quelli che erano con lui (strani “angeli” dell’ultima definitiva notizia della storia religiosa!) – anche loro sconvolti da grande spavento, annunciano: Davvero costui era il figlio di Dio!
…non sapevano di annunciare la Pasqua!
Un dramma unico nella storia, con tanti personaggi, che ruotano attorno a questo protagonista “misterioso”, il quale, di fronte alla sfida diretta di Caifa sulla sua misteriosa identità divina (dicci se sei il Cristo, il figlio di Dio?) non solo finalmente consente, ma ne afferma la coincidenza con la propria umanità crocifissa e glorificata (“fin d’ora” vedrete il figlio dell’uomo che siede alla destra della Potenza e viene sulle nubi del cielo”). Era sempre stato reticente su questo arcano segreto messianico troppo facilmente equivocabile. Adesso sta per morire, abbandonato da tutti, nessuno più equivocherà sul Messia che deve venire con potenza e forza… perché invece lascia vedere ai suoi discepoli, nell’orto, e poi a tutta la gente – nei processi, nelle torture, sulla strada del calvario ‑ il mistero imperscrutabile della sua persona umana e divina: “pur essendo di natura divina, svuotò se stesso assumendo la condizione di servo, obbediente fino alla morte e alla morte di croce…”
…questa via crucis che lo sprofonda negli abissi della sventura umana, è ancor oggi il cammino nel quale ognuno di noi deve entrare, il dramma che ci coinvolge, da cui non possiamo più esimerci, consapevoli o meno. Perché lì Gesù ha svelato all’uomo la sua verità. Ha patito sulla sua pelle il senso delle grandi domande sulla vita e la morte, l’amore e l’odio, il corpo e lo spirito… sulla speranza e la disperazione - e sull’incomprensibile silenziosa assenza di Dio da questo mondo.
…d’ora in poi questo dramma rimane incancellabile nel cuore dell’uomo e la nostra storia stessa ormai si svolge all’interno di questo racconto e ne rivive (in vario modo) il percorso nelle sue tappe drammatiche: il Getsemani e la decisione angosciosa di consegnarsi totalmente al Padre; la miserabile ragion di stato degli uomini di potere che devono torturare ed eliminare (magari loro malgrado) colui che non svende la libertà di amare; la debolezza umana di chi è stato amato, ma tradisce o rinnega l’amore, per non subire la stessa sorte mortale; il calvario, ove l’innocente è crocifisso tra i delinquenti e la morte segna la sua ultima vittoria nel grido inarticolato del Giusto, abbandonato da Dio; e poi la fine di tutto, i discepoli spariti… le donne “sedute di fronte al sepolcro” impietrite – la loro speranza seppellita!
È lungo questo tragico percorso che Gesù è diventato la chiave per intendere tutta la Scrittura, adesso lo devono capire, e Gesù glielo rispiega varie volte dopo la risurrezione. Come capiscono che cosa voleva dire definendosi “via, verità e vita”. Perché è lui la chiave anche per intendere e vivere la storia di ognuno e del mondo. La sua “ora”, che incombe su di lui da tutta la vita, suona non tanto per lui, che, nonostante l’angoscia mortale e la debolezza della carne, era pronto. Ma per noi, perché ormai la croce è il segno e la misura di verità della nostra esistenza e del suo senso. Nel groviglio inestricabile del nostro cuore affamato scopriamo cos’è davvero l’amore e l’amicizia, rispetto all’improntitudine presuntuosa delle parole e l’inconsistenza della fedeltà. Siamo messi a nudo, perché chiamiamo ‘amore’ l’appropriazione dell’altro per il nostro bisogno di gratificazione, sicurezza o consenso. Crediamo ‘dedizione’ la compiacenza di appartenere al personaggio o al gruppo importante o vincente. Questo amore egocentrico è pronto a tradire e rinnegare, appena il suo “oggetto amato” diventa debole e povero, e non ha più niente da darci…
Allora non c’è che il silenzio dello scoramento, l’impressionante silenzio di Gesù! Nonostante qualche invito accorato e velato agli apostoli a vegliare con lui, accudirlo un poco… nessuno osa entrare nell’abisso che lo abita. Allora li lascia dormire… il sonno pesante che censura e anestetizza il dolore. Ma non risponde più né a Caifa, né a Pilato, né ai soldati che lo torturano, se non il minimo, e poi tace. Non ci sono parole che possano dire la solitudine interiore che lo devasta… Come può spiegare che è l’amore per l’uomo che l’ha condotto a questa solitudine, se non ha attorno nessuno che lo voglia provare?… Ha tentato qualche accenno agli amici più intimi, nella fiducia che poi si ravvedano (prima che il gallo canti… mi rinnegherai tre volte) e persino a chi lo sta tradendo, per fargli misurare che l’amicizia non ha mai pentimenti (amico, perché sei qui?).
Ha vissuto l’amore fino alla morte, perché l’amore non è difendibile, non ha armi o eserciti… (metti la spada nel fodero: chi vuol difendere l’amore con la spada o la forza degli eserciti entra nella logica della violenza e ne sarà travolto). L’amore non è neanche difendibile con le armi della ragione o del buon senso o per preservare altri beni che ci sembrano altrettanto grandi… Neanche può essere garantito dalla giustizia dei codici civili ed ecclesiastici, che non possono contenerlo e militano sempre sotto il motto unicuique suum: a ciascuno quanto gli spetta – dunque ancora la competizione! In nessun codice sarà mai ammissibile che uno si assuma le sventure e i peccati degli altri… Il crocifisso è il mistero dove scoppiano e svaniscono per insensatezza tutte le nostre facili obiezioni: ha salvato gli altri… se badava un po’ più a sé! - -se è figlio di dio (se la sua strada è quella giusta), perché dio non lo difende?
Di fronte al crocifisso tutti questi sono modi più o meno felpati di salvare la propria vita… e abbandonare il malcapitato alla sua sorte. Rinnegando così l’amore, che esiste solo crocifisso. Una inesorabile sorte incombe su chi sceglie di amare (sceglie!?… “ha in dono”!). Ma non è una minaccia dall’esterno, è la sua stessa dinamica costitutiva: essere dono di sé stesso all’altro per la salvezza di tutti! L’amore è totalmente incapace di salvare se stesso. Il senso dell’amore è far crescere la vita dell’altro con la propria vita. Di alternative ne esiste una sola: mangiare più o meno garbatamente la vita dell’altro – oppure, insieme, affrontare la stessa avventura... “cristiana” di lasciarsi mangiare!
Gesù aveva premesso l’Eucaristia alla sua passione, proprio per spiegarne il senso, perché potessimo farne memoria e nutrimento, per sempre… Fino a quando celebrerà, come ha promesso, la cena definitiva con tutti noi, nel Regno del Padre suo e nostro. L’eucaristia, in quanto compartecipazione alla sua passione, diventa la nuova alleanza per la remissione dei peccati, cioè per la salvezza del mondo. Non perché Dio abbia bisogno di un sacrificio di sangue, ma perché l’amore agli uomini e al Padre non ha misura… “Ha confidato in Dio”, come dicono i sacerdoti e i capi, sarcastici sotto la croce, che contestano (come noi!) proprio il cuore del mistero di suo Padre: che lo ama di un predilezione che non lo libera dalla croce!
La resurrezione, che è raccontata dopo la passione e la morte, in realtà è interna alla stessa crocifissione. Chi muore così, ha già vinto la morte perché non ne ha subito il ricatto, ma ha consegnato tutto il suo spirito all’amore. Per questo, ormai, il suo corpo non può rimanere nella tomba, è incontenibile in questo mondo di morte. Eccone i segni premonitori: il velo del tempio è stracciato, perché non serve più a nascondere un Dio esibito come un delinquente crocifisso; le forze invincibili che tengono legate la terra e le rocce e la morte sono sconvolte… e comincia dentro le tombe il misterioso contagio della risurrezione (molti corpi dei santi che vi giacevano risuscitarono… e dopo la risurrezione di lui, apparvero a molti…). Il centurione, infine, e quelli che erano con lui (strani “angeli” dell’ultima definitiva notizia della storia religiosa!) – anche loro sconvolti da grande spavento, annunciano: Davvero costui era il figlio di Dio!
…non sapevano di annunciare la Pasqua!
Nessun commento:
Posta un commento