LHASA (Tibet) - Alta tensione in Tibet, negozi e mezzi delle forze dell'ordine sono stati bruciati nel capoluogo Lhasa, centinaia di persone si sono unite alla protesta dei monaci contro il governo cinese iniziata lunedì scorso. Secondo quanto riferito dalle agenzie di stampa internazionali, citando fonti sanitarie, ci sarebbero anche «diverse vittime». Per Radio Free Asia, emittente finanziata da Washington, i morti sarebbero due. Secondo l’agenzia di stampa ufficiale Nuova Cina molti poliziotti sono rimasti gravemente feriti. Le autorità locali, nominate da Pechino, accusano per le violenze «la cricca del Dalai Lama». Ma dal mondo occidentale si leva la protesta contro la repressione militare ordinata dal governo cinese. Il Dalai Lama ha chiesto di interrompere l'uso della violenza. Anche il segretario generale delle Nazioni Unite, Ban Ki-moon, ha rivolto un appello a tibetani e cinesi per «evitare scontri e violenze».
LE CARICHE DELLA POLIZIA - Testimoni hanno affermato che la polizia militare è intervenuta in forze per disperdere i dimostranti e che si sono sentiti degli spari. «C'è fumo dappertutto e si sentono colpi d'arma da fuoco», ha detto un residente che parlava dalle vicinanze del Jokhang, un grande tempio nel centro della capitale. E di spari hanno parlato anche cittadini americani, ha riferito l'ambasciata Usa a Pechino. Nuova Cina ha ammesso che sono stati sparati «colpi di avvertimento e gas lacrimogeni» per disperdere i manifestanti.
MONASTERI ACCERCHIATI - I tre principali monasteri buddisti di Lhasa sono stati accerchiati da migliaia di soldati. I monaci di Sera, il secondo monastero della regione, hanno cominciato uno sciopero della fame. Due monaci di Drepung sono in condizioni critiche dopo aver tentato il suicidio tagliandosi le vene, ha riportato Radio Free Asia, secondo la quale altri monaci stanno compiendo gesti di autolesionismo per protestare contro l’accerchiamento delle forze dell’ordine attorno al monastero e contro l’arresto di alcuni monaci.
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14 marzo 2008
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