NEW YORK - Analisti militari a libro paga del Pentagono o dell’industria della difesa e informazione manipolata per mettere la politica della Casa Bianca contro il terrorismo e la guerra in Iraq in buona luce di fronte all’opinione pubblica. Questa la durissima accusa lanciata dal New York Times contro l’amministrazione statunitense e il sistema dei media. Secondo l’autorevole quotidiano americano, il Pentagono aveva messo in piedi una vera e propria strategia mediatica per dare popolarità alla guerra contro Saddam Hussein: fare parlare nei principali network televisivi analisti apparentemente del tutto indipendenti, ma in realtà fortemente influenzati e influenzabili. A loro venivano concessi colloqui privati, viaggi, accesso a informazioni riservate. «Dichiarazioni e interviste mostrano come l’amministrazione Bush abbia usato il suo controllo sull’accesso alle informazioni per trasformare gli analisti in una sorta di cavallo di troia... uno strumento per dirigere la copertura dei problemi del terrorismo dall’interno», scrive il New York Times. Un piano tanto semplice, quanto dettagliato. «Torie Clarke, l’ex responsabile delle pubbliche relazioni - afferma ancora il NYT - creò all’interno del Pentagono un sistema di reclutamento di ‘personaggi influenti chiave’ per sostenere le priorità di Rumsfeld (l’ex segretario di Stato alla Difesa, ndr)». Personaggi scelti soprattutto tra «analisti» ed «esperti», in quanto, vista la loro naturale autorevolezza, «erano tenuti in maggior conto dei giornalisti», da parte dei telespettatori. Da lì, accusa ancora il giornale, nacque l’idea di utilizzarli per rendere «più popolare l’idea della guerra».
Una denuncia alla quale il Pentagono ha replicato affermando che ci si preoccupava semplicemente di dare agli analisti notizie accurate. In realtà, secondo quanto ricostruisce il quotidiano, alcuni commentatori avevano anche stretti rapporti con società direttamente implicate nello sforzo bellico, ma assai raramente chi ascoltava veniva informato di questo non secondario particolare. Un caso citato dal giornale avvenne nel 2005 quando il Pentagono raccolse un gruppo di militari in pensione e li portò in Iraq sull’aereo normalmente usato dal vice presidente Dick Cheney. Poi molti di loro comparvero in tv, presentati come analisti. Uno di loro nel servizio del New York Times ammette di avere ricevuto palesi pressioni. Altro episodio scandaloso documentato dal giornale è quello legato alla cosiddetta «rivolta dei generali». Nell’aprile del 2006 un gruppo di alti ufficiali in congedo iniziò a criticare duramente e a chiedere esplicitamente le dimissioni di Rumsfeld. Il 14 aprile lo stesso capo del Pentagono ordinò ai suoi collaboratori «di convocare gli analisti la settimana dopo per istruirli». Quattro giorni dopo, secondo la ricostruzione del NYT, «17 di loro erano davanti allo stesso Rumsfeld e al generale Peter Pace, l’allora capo delle forze armate Usa». Il giornale denuncia infine che vista l’efficacia del sistema, anche l’ex ministro della Giustizia, Alberto Gonzales, preoccupato «delle polemiche sulle intercettazioni senza autorizzazioni sul territorio Usa», iniziò a «usare gli analisti» per migliorare la sua immagine. (repubblica.it 20 aprile 2008)
Una denuncia alla quale il Pentagono ha replicato affermando che ci si preoccupava semplicemente di dare agli analisti notizie accurate. In realtà, secondo quanto ricostruisce il quotidiano, alcuni commentatori avevano anche stretti rapporti con società direttamente implicate nello sforzo bellico, ma assai raramente chi ascoltava veniva informato di questo non secondario particolare. Un caso citato dal giornale avvenne nel 2005 quando il Pentagono raccolse un gruppo di militari in pensione e li portò in Iraq sull’aereo normalmente usato dal vice presidente Dick Cheney. Poi molti di loro comparvero in tv, presentati come analisti. Uno di loro nel servizio del New York Times ammette di avere ricevuto palesi pressioni. Altro episodio scandaloso documentato dal giornale è quello legato alla cosiddetta «rivolta dei generali». Nell’aprile del 2006 un gruppo di alti ufficiali in congedo iniziò a criticare duramente e a chiedere esplicitamente le dimissioni di Rumsfeld. Il 14 aprile lo stesso capo del Pentagono ordinò ai suoi collaboratori «di convocare gli analisti la settimana dopo per istruirli». Quattro giorni dopo, secondo la ricostruzione del NYT, «17 di loro erano davanti allo stesso Rumsfeld e al generale Peter Pace, l’allora capo delle forze armate Usa». Il giornale denuncia infine che vista l’efficacia del sistema, anche l’ex ministro della Giustizia, Alberto Gonzales, preoccupato «delle polemiche sulle intercettazioni senza autorizzazioni sul territorio Usa», iniziò a «usare gli analisti» per migliorare la sua immagine. (repubblica.it 20 aprile 2008)
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