Pagine

ATTENZIONE!


Ci è stato segnalato che alcuni link audio e/o video sono, come si dice in gergo, “morti”. Se insomma cliccate su un file e trovate che non sia più disponibile, vi preghiamo di segnalarcelo nei commenti al post interessato. Capite bene che ripassare tutto il blog per verificarlo, richiederebbe quel (troppo) tempo che non abbiamo… Se ci tenete quindi a riaverli: collaborate! Da parte nostra cercheremo di renderli di nuovo disponibili al più presto. Promesso! Grazie.

Visualizzazione post con etichetta grido. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta grido. Mostra tutti i post

venerdì 3 aprile 2009

Passione di Nostro Signore Gesù Cristo secondo Marco

Finbarr O'Reilly, fotografo canadese. L'immagine è stata scattata a un centro per la nutrizione d'emergenza a Tahoua, in Niger, il 1 agosto 2005. Foto dell'anno 2005 (World Press) per la bellezza, l'orrore e la disperazione
DOMENICA DELLE PALME (anno B)

La migliore preparazione alla domenica delle palme dovrebbe essere l’ascolto attento e accorato del racconto della passione del Signore, il cuore del messaggio evangelico, perché tutto il resto del vangelo è solo una introduzione alla comprensione di questo mistero scandaloso e folle di un Dio incarnato, che “ha presentato il dorso ai flagellatori, le guance a coloro che gli strappavano la barba; non ha sottratto la faccia agli insulti e agli sputi”, ma “ha svuotato se stesso assumendo una condizione di servo, diventando simile agli uomini… obbediente fino alla morte e a una morte di croce”. Attraverso questo trauma indicibile i discepoli, aiutati da Gesù risorto, hanno trovato nelle Scritture la chiave per ricordare e reinterpretare tutto quanto Gesù stesso aveva detto e fatto sotto i loro occhi! Questo racconto rimane per sempre la manifestazione storica dell’identità intima di Dio.
Seguono qui soltanto alcune indicazioni previe alla lettura…

…dovunque si proclamerà il Vangelo si dirà quello che questa donna ha fatto!
C’è un’introduzione luminosa al racconto della Passione. Solo una donna, tra tutti gli attori che intervengono in questo tragico dramma, capisce veramente il protagonista, lo accudisce e lo consola — perché quella sera, a casa di Simone il lebbroso, ella si è sentita rinascere, di fronte allo sguardo di amore di Gesù. E Gesù ne fa un elogio inaspettato, senza uguali, inserendola negli elementi essenziali, indimenticabili, del racconto evangelico. Il suo gesto dunque è Parola di Dio. Ma prima è stato un ascolto della Parola tanto appassionato che diventa appunto vangelo, a sua volta! Lo spreco di amore della passione di “Dio” per noi, ha una donna che lo capisce… senza riserve. Ha visto il suo amore trasbordare su di lei. In lui si sta preparando l’autospreco dell’amore di Dio per il mondo, di cui sarà simbolo e sacramento, appunto, l’eucaristia dell’ultima cena. Il profumo del suo gesto di tenerezza (unica consolazione di Gesù, nel racconto della passione secondo Marco) si diffonde nei millenni a venire: cosa impalpabile, ma percepibile, perché questa tenerezza verso il suo corpo è accolta da Gesù come profezia della risurrezione. Agli antipodi c’è la logica del mondo circostante, non solo del traditore allo sbando! Tutti infatti erano infuriati contro di lei, mentre “si rallegrarono” per il gesto di Giuda. Di fronte a Gesù emergono le due contrapposte percezioni e orientamenti di vita: da una parte, minuscola, perdente, sta Gesù con lei. Dall’altra, preponderante, tutti gli altri, ma in verità senza futuro. Con tutte le conseguenze esistenziali, affettive, economiche: 300 denari buttati per amore! — 30 denari avvelenati per tradire e vendere il maestro amico! Da una parte lo spreco del dono totale di sé per amore, dall’altra il “salva te stesso” che sarà poi, sempre, il ritornello dell’ironia tragica dei passanti sotto ogni croce. In mezzo… i discepoli (e… noi!), i presuntuosi senza radici, o i titubanti, affezionati e lacerati tra la voglia accorata di seguire Gesù e la paralizzante paura di perdere qualche pezzo di vita… fino alla nostalgia disperata di non riuscire a tenere il suo passo dietro a lui e persino tradire la fedeltà al suo amore. Con il pianto silenzioso e disperato! Questa donna, che invece: “ha fatto tutto ciò che era in suo potere”, sta, appassionata, sulla soglia della via crucis, per prenderci per mano nel doloroso cammino e insegnarci che la paura si supera solo con la follia dell’amore.

Preparare e celebrare la cena… pasquale
Preparare la cena, ripercorrere i riti della storia antica, nel culto e nei rituali, è facile e quasi connaturale, se si è cresciuti in comunità di credenti. Ma nel rito rivive sempre la tentazione della presunzione ostinata ed irriducibile dei discepoli… che inutilmente Gesù previene sulla loro permanente debolezza congenita e traditrice. Con quale sconsolata amarezza li preavvisa: uno di voi mi tradirà… e tutti rimarrete scandalizzati di me! Nonostante ogni buona intenzione, la scelta drammatica è inevitabile, presto o tardi nella vita: o dalla parte di Gesù sconfitto o dalla parte di chi lo vende, tradisce, abbandona e uccide, ancor oggi nei poveri in cui egli vive. Non solo in Giuda Gesù sperimenta l’amore fallito, ma nei suoi discepoli più intimi. Il cuore gli si scarnifica per il tradimento di uno dei suoi, per il rinnegamento ostinato e ribadito del “fondamento” della sua chiesa e infine per la fuga vile di tutti… Poi la folla prima osannante lo vorrà crocifisso! Sono questi coloro per i quali più immediatamente dà la vita… rivelando così l’amore incondizionato (sprecato) per tutti, nei millenni a venire.

Questo è il mio corpo/questo il mio sangue
…questo è il nucleo generatore della nuova Alleanza. Ogni religione si fonda sul sacrificio dell’uomo, o di un animale o di qualcosa che simbolicamente lo sostituisca. Il vangelo racconta il sacrificio di Dio. Tutto è ribaltato! La vittima non è “un altro”, ma il sacerdote stesso, unico, per chiudere una volta per sempre la catena vertiginosa della vendetta purificatrice! Per di più “colui” al quale e per il quale tutto è offerto non è Dio, ma l’uomo! Il vangelo, bisogna ribadirlo, è nato per spiegare e comprendere il mistero del Signore che, per la nostra salvezza, è morto, risorto e asceso al cielo – e che pure è rimasto per sempre in mezzo a noi… come Parola–Nutrimento–Comunione tra fratelli. Ogni possibile salvezza parte da qui e porta qui: la creazione converge in questo mistero di perdono/liberazione/comunione, nel corpo di carne del figlio di Dio, offerto per gli uomini “suoi” fratelli… proprio mentre questi si preparano a tradirlo, rinnegarlo, abbandonarlo. Il bacio del tradimento, invece che la riconoscenza; il sonno pesante e invincibile degli apostoli prediletti, invece che la preghiera e la vigilanza; la solitudine abbandonata alla sua disperazione implorante… continuano fino alla fine dell’agonia di Gesù, che prosegue misteriosamente finché durerà il male nel mondo, finché ci sarà — e ci sarà sempre! — un suo discepolo che nell’oppressione implora per tutti: Abbà, Padre! È così che finisce l’azione di Gesù e comincia la sua passione. Al “dono della sua vita” si contrappone l’“impadronirsi” di lui, con tutti i mezzi: danari, bastoni, baci, spade… e lui si lascia prendere, si consegna nelle nostre mani traditrici.

“io sono!”
…e allora, proprio adesso, in tanto silenzio inerme e indifeso, Gesù si proclama “il Signore della storia… che tornerà con le nubi del cielo”, ricollegandosi all’epifania più grande, sul Sinai,… come tante volte ha tentato discretamente di far capire nei giorni della sua vita terrena. Dopo non dirà più nulla: parla la sequenza della sua passione! È finito il segreto messianico e ogni pericolo di ambiguità. Adesso non può più esser confuso con un Dio potente. Per questo è rinnegato da tutti. Pietro ne è solo il portavoce: non conosco quest’uomo! Anche lui l’ha barattato, come i capi, la folla, i discepoli tutti, in cambio della propria disgraziata illusoria salvezza. Ma questo è l’amaro baratto che ci salva: la passione e morte del Giusto per la salvezza e la vita degli ingiusti! Questa è la bestemmia: Gesù, il condannato all’ignominia della croce, abbandonato da tutti, è colui che ci salva. Il resto del racconto procede come il cerimoniale allucinante di un re capovolto: la condanna consapevole della sua innocenza, la tortura e l’investitura regale di un pazzo, l’incoronazione e il dileggio dei soldati, l’editto di morte come re dei giudei…

Il grido inarticolato
“… solo una parola di Gesù in croce viene riferita da Marco: Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato? A questo ‘perché?’, non si dà nessuna risposta. Niente ora può essere alleggerito. Perciò la fine del Salvatore del mondo arriva con un ‘grande grido’, in cui egli, non solo in senso umano, ma divino-umano, dà espressione all’ingiustizia fatta a Dio dalla storia del mondo, dall’inconcepibile ignominia. E proprio questo grido con cui egli muore porta il centurione per primo alla fede” (H. U. von Balthassar).

…ma le donne stanno a guadare da lontano!

domenica 8 febbraio 2009

La gioia di una accoglienza inaspettata

Quando incomincia questo incontro - il racconto che Matteo (15, 21-28) ora ci ha fatto riascoltare - le distanze sembrano davvero enormi e quindi parrebbe davvero inavvicinabile la possibilità che la vita di questa donna e il Maestro di Nazareth si possano davvero incontrare, perché già il territorio è straniero, la zona di Tiro e di Sidone e per di più lei è donna straniera, dice “è una donna cananea”, che veniva da quella regione, e poi questo modo sgraziato, grida, è tipico di chi non sa contenere il disagio e il dolore che ha dentro e allora lo butta fuori come può, come sa, e in una forma fastidiosa se è vero che i discepoli dicono “esaudiscila perché, vedi, ci viene dietro gridando”. Ma poi questa distanza si acuisce ancora di più e, direi, sorprendentemente per questi due primi atteggiamenti di Gesù, quando annota che “non gli rivolse neppure la parola”, non è lo stile consueto di Gesù, ma Matteo lo registra questo e anzi ci aggiunge anche una risposta più tagliente, “io non sono stato mandato se non alle pecore perdute della casa di Israele” e lei non è di quelle; quindi, davvero sembra impossibile l’incontro. Ma i poveri hanno una loro forza, innata, e il dolore di una mamma per la sofferenza del proprio figlio - malata sua figlia gravemente - il dolore di una mamma sa sfondare, si propone e lo fa con quelle frasi divenute bellissime e indimenticabili, - come vi inviterei a tenerle nel cuore queste espressioni, come invito ad una confidenza sempre grande con il Signore - perché a quella frase forte e dura di Gesù, “non è bene prendere il pane dei figli per gettarlo ai cagnolini”, quindi marca ancora la distanza: “tu non sei di casa, tu sei straniera!”, lei restituisce una risposta inaspettata e bellissima “è vero, Signore, eppure i cagnolini mangiano le briciole che cadono dalla tavola dei loro padroni”, non si offende d essere messa nel numero dei cagnolini, non pretende di divenire figlia, ma “anche loro, i cagnolini, hanno una loro dignità e il mio dolore te lo affido”. Questo atteggiamento umile e intensissimo di fiducia sfonda e Gesù le restituisce la gioia di una accoglienza inaspettata “donna grande è la tua fede! Avvenga di te come desideri”. E’ entrata, non c’era ragione per tenerla fuori perché la fede, la fede vera, fa diventare di casa, introduce, crea una famigliarità reale, e Gesù la riconosce in questa mamma affranta dal suo dolore. Questa è la parola del Vangelo affidata oggi alla Chiesa perché a questa Parola attinga, perché da questa Parola impari questa magnanimità di cuore, questa accoglienza ospitale, questa grandezza d’animo: Dio non fa selezioni, non butta fuori quando vede la sincera apertura del cuore, accoglie, introduce e non importa chi è colui che bussa, da dove viene, se straniero o del paese nostro, se lontano o vicino, se segnato da sbagli che schiacciano la vita oppure già retto ed onesto, “adesso mi cerca con cuore sincero e io non lo faccio aspettare”. “Donna grande è la tua fede! Avvenga per te come desideri”. Ecco questa Parola è proprio un regalo grande del Signore per questa domenica e consentiamole di entrare, nel cuore, quando una Parola così cominci non solo ad udirla, ma a farla tua, a crederla profondamente vera, molti aspetti della vita cambiano, molti linguaggi, stili, comportamenti, atteggiamenti, cambiano perché in qualche modo sei profondamente toccato da questo stile magnanimo e ospitale di Dio e allora dopo che fai, il piccino con gli altri ? Il gretto? Quello che fa finta di non udire, di non vedere, quello che non raccoglie il grido di chi soffre? Ma se non lo fa Dio con noi! E per fortuna che Dio è così. Qui poggia la nostra speranza più vera. I testi, tra l’altro, sia quello del profeta (Is 60, 13-14) e quello che già richiamavo all’inizio di Paolo (Rm 9, 21-26), sembrano volerci dire guarda che questo non è capitato a caso nel territorio di Tiro e di Sidone, questo progetto di magnanimità stava da sempre nel cuore di Dio. Il profeta lo aveva intravisto quando parlava degli oppressori che vengono ospitati, e Paolo lo riconosce come dono meraviglioso dell’Evangelo del Signore. Ecco oggi la nostra preghiera sia questa, che l’accoglienza che diamo alla Parola abbia questa schiettezza, questa profondità.

don Franco Brovelli, omelia al Carmelo di Concenedo, 8 feb ’09. V domenica dopo l’Epifania
Related Posts Plugin for WordPress, Blogger...

I più letti in assoluto

Relax con Bubble Shooter

Altri? qui

Countries

Flag Counter