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venerdì 24 ottobre 2008

Il comandamento più grande… è lui!

Un comandamento a più voci
In genere si “comanda” solo ciò che altrimenti non si farebbe. Per esempio, non c’è una legge che ordina di respirare… Eppure, amare è importante, alla fine, come respirare. Solo che, nonostante sia il desiderio e il compito più grande dell’uomo, l’uomo, non lo sa fare di suo. Deve impararlo e ci impiega una vita, e se non gli riesce, spreca la vita! Ma, allora, delle innumerevoli prescrizioni, norme, leggi, comandamenti da osservare (613 secondo i farisei, tra grandi e piccoli), qual è il più “grande”? Gesù non ha dubbi e risponde legando indissolubilmente tra loro i due comandamenti più “grandi”, già contenuti nella Bibbia ( Dt 6,5 e Lv 19,18), frutto maturo e punto d’arrivo del lungo cammino di Israele. Li riporta alla loro intima dinamica, come proposta di unificazione della vita dell’uomo, partendo dal primo. Non solo meta della sua vita, ma sorgente e compiutezza, e il senso di tutta la sua umanità: dei suoi affetti e sentimenti, del suo capire e pensare, delle sue azioni e della sua gioia. “Questo comando che oggi ti ordino non è troppo alto per te, né troppo lontano da te… Anzi, questa parola è molto vicina a te, è nella tua bocca e nel tuo cuore, perché tu la metta in pratica. … io ti ho posto davanti la vita e la morte, la benedizione e la maledizione; scegli dunque la vita, perché viva tu e la tua discendenza, amando il Signore tuo Dio, obbedendo alla sua voce e tenendoti unito a lui, poiché è lui la tua vita e la tua longevità” (Dt 30,11ss).
Il secondo comandamento è simile al primo, secondo Gesù, perché in questo l’uomo rispecchia e avvera la sua somiglianza con Dio, che l’ha creato ed amato per primo, rinnovando, con “il più vicino”, altro da lui, ciò che Dio “fa” con lui! Dio si ama (si impara ad amare) con la totalità del proprio essere, che entra tutta in movimento: cuore, anima, mente… La misura è dunque un’irraggiungibile totalità, perché Dio è senza misura! Ma anche l’uomo, che in questo gli somiglia, ha un desiderio di amore smisurato, e in questo si perde e annega e sembra uscire da sé, ma se ha il coraggio e la grazia di tuffarsi, ritrova se stesso, come raccontano i mistici e… come succede ai piccoli, che sono mistici senza saperlo!
… come te stesso! …il motore della propria irrepetibile originalità!
Nel secondo comandamento, dunque, la misura è diversa: ama il prossimo tuo come te stesso! Viene introdotto un terzo comandamento, che sembra rimanere in ombra, come fosse scontato. La nuova misura del tuo comportamento è tutto ciò che c’è dentro di te, come desiderio di bene, quello che tu vorresti come espansione del tuo benessere e fioritura della tua personalità. Tutto questo, che è spontaneo dentro di te, deve diventare la norma del tuo comportamento con il prossimo, dunque con chiunque a cui tu sei, o ti fai, vicino. L’insegnamento del nuovo Testamento è chiaro e insistente: “Tutta la legge infatti trova la sua pienezza in un solo precetto: amerai il prossimo tuo come te stesso” (Gal 5,14). “Non abbiate nessun debito con nessuno, se non quello di un amore vicendevole; perché chi ama il suo simile ha adempiuto la legge. Infatti…- qualsiasi altro comandamento, si riassume in queste parole: Amerai il prossimo tuo come te stesso". (Rom 13,8ss). Infatti è questo “il più importante dei comandamenti secondo la Scrittura: amerai il prossimo tuo come te stesso” ( Gc 2,8)- Dunque, non si tratta soltanto di una norma in più, cioè un prezioso criterio globale del tuo sguardo e del tuo comportamento nei confronti dell’altro, per custodirlo e accudirlo secondo la misura e la qualità che tu desideri per te stesso. Ma fornisce un principio interiore dinamico, come una forza propulsiva che c’è già dentro di te, e deve orientarsi verso il fratello e la sorella (l’altro più vicino), senza più alcun limite o misura, se non il crescere di te stesso. Man mano, dunque, che tu prendi coscienza di te, patisci le tue esigenze e le tue tristezze, capisci l’attenzione e la tenerezza di cui avresti bisogno, man mano che si dilata il tuo cuore e ti si acuisce la sensibilità e la solitudine… cresce sempre più la capacità di fare bene a tuo fratello, di volere per lui ciò che senti premere sempre più dentro di te, in una dinamica senza arresto. Sempre più forte!... perché tocca la sorgente più intima della vita, dove lo spirito geme la voglia di amore che ci morde per tutta la vita e da cui siamo nati,. Che è l’inventività incoercibile dell’amore. Questo mio desiderio inventivo di bene per me è da assumere come spinta interiore dinamica, sfruttandone la creatività, sempre pronta a intuire e inventare nuove situazioni e impensati spazi di bene e di bello per me, e riversarla sull’altro! Non si tratta di donare o insegnare una cosa o un'altra… ma di investire la propria creatività inventiva, così inesauribile per noi stessi, in questa dedizione senza fine, che proprio perché esalta le potenzialità dell’amore, come voglia efficace di bene, è “il pieno compimento della legge”.

… ma non ne siamo capaci!
… a inoltrarsi un poco su questa strada, si fa in fretta a sperimentare che … l’amore proposto da Gesù, è umanamente impossibile, come fa rilevare lo stesso vangelo, nelle diverse frontiere dell’esistenza. Seguire Gesù a questo modo, nella disponibilità radicale dei beni di questo mondo (vendili e dalli ai poveri!...); nell’indissolubilità della promessa coniugale (ciò che Dio ha congiunto l’uomo non separi, se vuole uscire dalla durezza del cuore!); nella dedizione esaustiva fino al dono totale (il figlio dell’uomo non è venuto per essere servito, ma per servire e dare la propria vita a liberazione di tutti…); nell’irreversibilità della sequela di lui (chi pone mano all’aratro e poi si volta indietro, non è degno di me…); nella precarietà di ogni umano riparo (il figlio dell’uomo non ha ove posare il capo…) … non siamo proprio capaci! Ed è giusto e comprensibile che cerchiamo di difendere questa “inattitudine” radicale con leggi e istituzioni, preghiere e devozioni, riti e paramenti… per renderla vivibile, quanto possibile… purché tutto ciò non diventi poi, come per i farisei, il discrimine per ritenersi giusti e giudicare gli altri… L’amore – il comandamento che è lo statuto costitutivo e costruttivo dell’uomo è sempre proporzionale alla libertà raggiunta, non alle pratiche espletate. Per questo si distingue per la benevolenza degli occhi e la mitezza del cuore… La legge o l’autorità, se non sono frutto dell’amore, sono invece inversamente proporzionali alla libertà, e contraddistinguono i loro cultori per l’atteggiamento giudicante e discriminate e quindi per l’aggressività verso… chi non li segue.
Questo discorso è duro…
ma bisogna riportarlo alla sua radicalità evangelica, perché il sale rimanga salato e non si appanni la luce del vangelo, senza la quale tutto si confonde nel grigio scuro dell’incertezza pendolare tra le due tentazione del cristiano di oggi (più che mai!): tornare indietro nelle sicurezze confortanti della legge e delle norme, delle prescrizioni e dei rituali, senza più ricordarsi che è per la durezza del nostro cuore che ne abbiamo bisogno, e che, da sole, non ci convertono, ma piuttosto giustificano le nostre discriminazioni., Ci esimono dal primato dell’amore, per insegnarci quando amare e quando no… quando l’altro è prossimo e quando no… e quando potremo chiudere la porta di casa, senza colpa (Gc 2,15)! Rifugiandosi in un’interiorità idolatrica, perché lì non si sente più il grido di quelli di fuori: del povero, dell’orfano e della vedova… o dello straniero, “che invocano il mio aiuto” – dice il Signore. Non si deve però neanche cadere, per disperazione, nell’altra tentazione: di sbattere la porta tentando di costruirsi, da soli, strade e case proprie, allontanandosi dall’ambiguità delle istituzioni, ma di fatto anche dai fratelli che pensano diverso. (Ancora una volta, è dunque la stessa tentazione mascherata!). Se non si mantengono in cuore, sotto lucida custodia, queste due eterne tentazioni, ci si abbandona alla logica cieca e tendenzialmente omicida del meccanismo immunitario, che elimina l’altro come un ostacolo alla propria salvezza.
Il comandamento più grande … è lui!
I due comandamenti vanno invece in senso contrario. Perciò nella prassi cristiana, sono invertiti o rimane solo il secondo. Ne è prova incontrovertibile la croce di Cristo, icona scandalosa della nuova gerarchia dei comandamenti: l’essenziale è non tradire mai l’amore, che nella storia non ha il volto di dio ma del fratello. Abita nei cocci di un’umanità infranta… vigliacchi, traditori, invidiosi, crudeli, come le folle, i discepoli, i capi… ognuno di noi! Alla fine rimane Gesù solo, ma lui sa che non siamo capaci di amare… anche se ne avremmo tanta voglia! Così inventa un nuovo criterio che va la di là della misura del secondo comandamento… Ad amare il prossimo “come sé stesso” è rimasto solo lui, inchiodato nudo tra due delinquenti! Adesso non ha più niente: ci regala il suo futuro, il paradiso – e il perdono del Padre! E in più, quando tutto è consumato, perché non avessimo ormai più fughe possibili, una nuova ultima correzione: “Questo è il mio comandamento: che vi amiate gli uni gli altri, come io ho amato voi” (Gv 15,12).

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