Dopo l’esperienza esaltante della moltiplicazione dei pani, (esperienza di un Dio potente che soccorre i suoi figli) Gesù rifiuta l’effimero trionfo e fugge, solo, a pregare… un altro Dio! mentre i suoi discepoli, costretti ad inoltrarsi, dal luogo del miracolo, nella tempesta del lago, vanno in crisi di fede nel Dio che li aveva saziati, ma adesso pare abbandonarli. E vedono un fantasma perfino in Gesù che viene verso di loro. Pietro vuol provare anche lui a camminare sull’acqua senza sprofondare… ma barcolla dalla paura: “Salvami Signore!” – e si scopre “uomo di poca fede!”. Nel racconto di Matteo, Gesù soffre un momento di delusione e insofferenza (15,1-21). Tornano i farisei a provocarlo, e Gesù si scontra con il dramma insolubile che sta conficcato nel cuore di ogni religione, di ogni credente: Quale Dio adoriamo? Un fantasma creato dalle nostre paure e dall’invincibile angoscia di dover sprofondare nel nulla? Un Dio istillato in noi (come in ogni popolo e religione) dalla società in cui siamo nati ed è quindi funzionale al suo ordinamento? Il rimprovero tragico di Gesù ai farisei colpisce chiunque tenti di tradurre in concetti e comportamenti il suo “legame a dio” , la religione! “… Voi trasgredite il comando di Dio per la vostra tradizione!... Questo popolo mi onora con le labbra ma il suo cuore è lontano da me. Invano mi venerate insegnando insegnamenti che sono precetti di uomini” (15,3ss). I temi fondamentali di ogni religione: tradizione, puro e impuro, credente e pagano, cattivo e buono, salvezza e dannazione… sono denunciati da Gesù come inquinati dall’interesse o dalla stoltezza dei capi religiosi con toni durissimi : lasciateli! Sono cieche guide di ciechi… E ai discepoli che domandano spiegazioni ribatte: anche voi siete senza intelletto?
Dio infatti ha rinchiuso tutti nella disobbedienza, per usare a tutti misericordia!
Si fa fatica a capire questa verità che si manifesta sempre più determinante e centrale (talora accecante) nell’evolversi della storia della salvezza raccontata nelle parole della legge e dei profeti. Passare da una religione del “nostro” Dio il Dio di Israele – cioè dalla consapevolezza di popolo eletto tra gli altri popoli (di fatto storicamente in guerra contro gli altri popoli), alla esperienza amara di un Dio che abbandona il popolo alle sue sorti storiche, al suo peccato, all’esilio, allo sterminio… è stato drammatico. Come testimonia la sintesi lapidaria di Paolo: tutti siamo coinvolti nella disobbedienza, eletti e reietti, greci e pagani, credenti osservanti e agnostici delusi. Che è come dire (nella versione positiva) che tutti siamo salvi per l’infinita misericordia di Dio, che ci ha raccolti e amati da ogni stirpe e da ogni dove… gratuitamente salvati mentre eravamo ancora peccatori!
La ragione e il cuore… per uscire dalle strettoie religiose!
Anche a Gesù, nella sua appassionata e sconcertante avventura di Messia del popolo di Israele, questa verità “difficile” gli è scoppiata tra le mani. Tant’è vero che tanti lettori e commentatori sono rimasti perplessi di fronte a questi brani duri del Vangelo, così che per paura di offuscare la divinità di Gesù (che sa tutto!) né oscurano l’umanità (rischiando di ridurla ad una riproduzione teatrale di un dramma pedagogico, perché già preventivamente risolto). Gesù, invece, sembra cercare il Padre con totale e inimitabile dedizione, perché è suo figlio, ma partendo inevitabilmente dai paradigmi mentali della cultura del suo tempo. Gesù sa dalle Scritture di “essere stato inviato solo alle pecore perdute della casa d'Israele”… Ha però imparato (da sua Madre, direbbe Luca) a guardare le vicende e la gente, a confrontare tra di loro le cose che capitano cercandone il senso, alla luce della Parola e nella preghiera… Ha scoperto con gioia e stupore che il Padre manda il suo sole e la sua pioggia su giusti e ingiusti, su buoni e cattivi… e rivela i misteri del suo agire sulla terra (il Regno) ai piccoli e ignoranti… con una sapienza che non viene dalle cattedre e dai libri, ma dalla fatica e sofferenza della vita quotidiana… Per districarsi e non affogare nella congerie di tradizioni e divieti, di tabù e di riti magici ha scoperto come filtro e criterio “il cuore”, che è la capacità di guardare all’altro con amore e simpatia, oltre ogni etichetta, e “l’intelletto”, per discernere ciò che è importante e porta al bene e ciò che è oppressivo e impedisce all’uomo di crescere. Lui, l’eletto, ha imparato dai reietti cosa significa che Dio vuole misericordia e non sacrificio!
… questo è il vero miracolo, avvenuto sotto gli occhi increduli e incomprensivi non solo dei discepoli, ma di Gesù stesso! Gesù difende ostinatamente il paradigma culturale entro il quale la sua fede e la sua missione gli è stata trasmessa, ma il suo cuore va in crisi, perché questi limiti estromettono i più piccoli e deboli… Il “cuore” appassionato di una mamma disperata lo contamina e lentamente ma inesorabilmente corrode la durezza discriminante della sua “teologia” – e così anche “la ragione” s’accorge dell’assurdità crudele delle norme discriminanti, e dei pesi insopportabili, che le guide religiose non toccano con un dito.
Un catecumenato sulla sua pelle… di Messia! Sua catechista… una donna!
Il suo cammino di conversione segna ancor oggi, per noi, i passi di una conversione religiosa, ideologica, razziale… che rimane il punto di riferimento di tutte le generazioni cristiane.
- Dapprima Gesù “non gli rivolse neppure una parola”. Non c’è spazio per nessuno, là dove tutto è già predisposto, catalogato, sacralizzato… e quindi indiscutibile. Non c’è neanche da parlare, perché non c’è da ascoltare! Poveri, schiavi, donne, disgraziati, diversi, eretici o nemici… Sono destinati alla loro sorte. Non c’è dio per loro! infatti sono “cani”, non figli!
- Poi il rifiuto più esplicito: “Non sono stato inviato che alle pecore perdute della casa d'Israele”. Non tocca a me! E che ci posso fare io? È il destino ( o la volontà… di dio!?). Io devo seguire la mia vocazione, non posso occuparmi di tutti i mali del mondo (… poi, Gesù, su questo letale atteggiamento ci farà una parabola scandalosa, con il sacerdote e il levita, che passano oltre…)
- Infine, il rifiuto continua ancora, ma il cuore comincia cedere, pensando alla bambina morente (un diminutivo affettuoso lo tradisce: “Non è bene prendere il pane dei figli per gettarlo ai cagnolini”). Ma il pane è ancora quello della competizione, dove condividere vuol dire togliere a chi ne ha diritto.
Donna, grande à la tua fede!
… infatti è la fede di questa donna pagana che ormai lo ha contagiato e ha finito per corrodere le strutture oppressive e discriminanti introiettate dalla tradizione. Gesù oramai capisce e prevede la necessità del fallimento della missione di Messia potente e quindi discriminante, l’abbandono dei discepoli, la coalizione del potere religioso, politico e finanziario contro il suo Vangelo di amore e libertà… e la sua morte fuori della città! Capisce che la condivisione moltiplica il pane, non lo diminuisce. Però la condivisione è irreversibile, senza riserve, e la gente è affamata… Il Messia sa quale sarà la sua fine : non c’è fine al lasciarsi mangiare!
… e così il cuore (la compassione) ha fatto spazio nella mente, e svela la perversione teologica dell’ideologia, che sacralizza gli interessi di alcuni (i più forti o fortunati) attribuendone il privilegio (l’elezione) a Dio stesso. Le tappe del lento cammino educativo del popolo sono diventate gabbie oppressive.
Non vuol dire che l’appartenenza ad una razza, cultura, religione, ordine religioso o sacro (e tutte le norme che le regolano) non contino nulla, perché, appunto, storicamente sono (o sono stati) passi necessari del cammino… Vuol dire soltanto che Gesù li ha scoperti e proclamati tutti secondari, non risolutivi. Non c’è nessun altro criterio essenziale di appartenenza al Regno che la fede… in Gesù. Proprio come liberatore da tutte queste costrizioni, da cui ci ha riscattati con il suo sangue sulla croce, facendo dei due popoli (puro e impuro) un solo popolo di salvati. “Il vangelo è potenza di Dio per la salvezza di chiunque crede, del Giudeo prima e poi del Greco” (Rm 1,16). Non c’è un Dio per te! Se non quello che ti porta a scoprire che era il Dio dell’altro! Dio appartiene ai sofferenti di qualsiasi fede, di qualsiasi nazione, e su loro va misurata la nostra debole fede per scoprirne l’inevitabile diabolica tentazione di fabbricarci un dio che salvi noi e condanni loro!
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