Ovverosia le vie ‘confessionali’ per zittire (e non convertirsi).
Interessante l’editoriale di Avvenire del 26 agosto u.s. a firma di Francesco D’Agostino. Così interessante da chiedermi dove stia andando la Chiesa italiana se il “bollettino” della CEI usa toni e linguaggi tipici de “Il Giornale” della famiglia Berlusconi…
Ma vediamo con calma l’articolo (che riporto sotto)…
Apparentemente sembra inserirsi nella polemica nata in ambienti culturali (?) italiani dopo l’intervento di mons Bagnasco, presidente della CEI, al Raduno di CL a Rimini…
Ambienti culturali italiani si fa per dire, in realtà D’Agostino-CEI se la prende con lo storico cattolico Alberto Melloni, bollandolo di laicista! Melloni è cattolico, non scomunicato (ancora) dal Papa ma lo è già dalla CEI?
Ma che peccato mostruoso ha commesso Melloni? Semplicemente ha espresso la propria opinione, discutibilissima, in merito all’intervento di Bagnasco. Discutibilissima, ma pur sempre legittima e lui come storico è certamente più legittimato del “professore di Filosofia del diritto all’Università di Roma Tor Vergata” e “presidente onorario del Comitato nazionale di bioetica”… Ma forse è proprio quest’ultima qualifica che offre a D’Agostino le credenziali per difendere a spada tratta argomenti che non possiede con ragionamenti che non ha.
E ci mette di tutto! Dal Papa alla Sorbona (ops! Sapienza), all’allusione all’articolo di “Famiglia Cristiana” sul pericolo fascismo, che naturalmente nega, anzi (ma dove vive?); al caso Welby ed Eluana (di cui non parla ma che si sa a cui tutti pensano quando si parla di “morte assistita” e che sbrigativamente e tacitamente equipara e taccia entrambi di eutanasia)… senza dimenticare l’aborto, la procreazione assistita, la sperimentazione sugli embrioni. Senza scordare la scuola (e il suo finanziamento pubblico, su cui però D’Agostino tace) e la famiglia (Quale? Spero non quella dei capi politici della destra italiana!).
Forse perché docente di filosofia del diritto, il nostro D’Agostino si sente in obbligo di darci una lezione di giurisprudenza ed emette una sentenza di auto-assoluzione sul modus operandi della Chiesa italiana (a cui corrisponde una implicita parallela condanna dell’avversario che la critica): Come se bastasse autoproclamarsi (l’unica?) “esperta in umanità” per giustificarne storicamente l’operato; o l’intenzione di agire a fin di bene per agire concretamente bene e si debba essere riconosciuti da chiunque come (gli unici?) depositari del “bene umano in generale” e del “destino stesso dell’umanità nel nuovo millennio”… E tira in ballo anche la “ragione morale universale” che identifica tout-court (bontà sua!), con la “legge naturale” alle cui esistenze credono oramai solo i redattori dei manuali scolastici e coloro che vivevano (e vivono) nel mondo monoculturale e monocolore dell’uomo bianco occidentale!…
Troppi argomenti da trattare in quattro righe… E allora il Nostro se la cava con frasi apodittiche, senza alcuna autentica argomentazione, gettate lì solo per tappare la bocca all’aversario: alla faccia dei distinguo cui l’argomentazione filosofica ci aveva abituati!… Che dire allora? Eccesso di difesa?
Certo, l’articolo così formulato è, nei fatti, una dimostrazione del suo contrario, perché mostra proprio ciò che vuole negare: dogmaticismo; neo-fascismo culturale e istituzionale (visto che trattasi di un giornale istituzionale come Avvenire); contrapposizione cattolicista alle posizioni considerate laiciste solo perché non “gerarchicamente” espresse; paura del confronto e del dialogo autentico (sembrerebbe persino all’interno del variegato mondo culturale cattolico)…
E allora parliamo di dialogo, caro D’Agostino-CEI!
Il Dialogo autentico, inizia quando si è disposti a considerare l’altro (chiunque esso sia), al pari di me, depositario di verità autentiche su Dio, l’Uomo e il Creato.
E perché no? persino sulla Chiesa… Non è capitato anche a Gesù, di crescere nell’autocoscienza di sé sotto le provocazioni della storia e di coloro che incontrava e non solo verso coloro a cui era stato inviato dal Padre? Non è capitato anche a Pietro e alla “Chiesa delle origini” con Cornelio? E perché non dovrebbe accadere alla Chiesa italiana oggi, episcopato e movimenti laicali e religiosi compresi?
Questi “laicisti” (sic!) hanno molto da insegnarci nella nostra missione di Chiesa, nel nostro modo di “essere Chiesa” oggi… D’altronde gli scribi e farisei tutto erano tranne che laicisti… Sarà un caso?
Certo che se poi penso che io sono depositario di verità autentiche più vere e autentiche dell’altro, il dialogo finisce ancora prima di cominciare... Da cui ne deriva che tutta la parte dell’articolo in cui si parla del “riconoscimento pubblico” dell’agire cristiano “fallisce il bersaglio” propriamente parlando, perché meriterebbe una riflessione più matura non tanto sul diritto (che nessuno nega, né può negare almeno in Italia in quanto riconosciuto anche costituzionalmente), ma sulle modalità specifiche del dibattito civile e politico: il problema cioè sta nella forma storica che essa assume... Ed è questo cambiamento storico che la “gerarchia” italiana non ha ancora digerito, nonostante l’insegnamento del Vaticano II e il ruolo del laicato nella Chiesa e... la “Breccia di Porta Pia”!
Per fortuna che sono un tipo umile e mite altrimenti porrei una domanda provocatoria: “A quando la dichiarazione della segreteria della CEI sul fatto che gli editoriali di Avvenire, da tempo non corrispondono più alla linea dell’episcopato italiano?” (visto che da tempo oramai non corrispondono già più nemmeno al sentire cristiano)…
Qui sotto riporto l’articolo in questione:
LE VIE LAICHE PER ZITTIRE QUELL’IMPEDIRE LE CONDIZIONI DEL VERO DIALOGO FRANCESCO D’AGOSTINO Secondo Alberto Melloni non si vede oggi in giro nessuno che voglia chiudere la Chiesa nelle sagrestie o nel privato: non solo, quindi, avrebbe sbagliato il cardinale Bagnasco ad insistere su questo tasto, aprendo a Rimini i lavori del meeting di Comunione e Liberazione, ma avrebbe in tal modo dato un’ulteriore prova dell’indebita persistenza di quelle paure «antimoderne « che caratterizzerebbero la Chiesa da due secoli a questa parte. Ha ragione Melloni? No. È evidente infatti che la denuncia del presidente della Cei non intendeva avere per oggetto la situazione istituzionale del nostro Paese; ad onta di tutti coloro che continuano con monotonia a insistere sul rischio dell’affermarsi di nuove «derive autoritarie «, le libertà pubbliche e private sono in Italia più che adeguatamente garantite. Si tratta invece di percepire lo specifico delle dinamiche culturali tipiche di questi ultimi anni. È su questo piano che il tentativo di ‘chiudere la Chiesa nelle sagrestie o nel privato’ è ramificato, subdolo e incessante. Mi spiace che Melloni non riesca a vederlo: cercherò, con un esempio solo, ma molto vistoso, di aprirgli gli occhi. Consideriamo le più rilevanti questioni bioetiche che lacerano da molti e molti anni l’opinione pubblica mondiale: l’aborto, la procreazione assistita, l’eutanasia, la sperimentazione sugli embrioni (potremmo andare avanti a lungo con l’esemplificazione, aggiungendo ad esempio i temi della famiglia e della scuola). Si tratta di tematiche che non hanno carattere confessionale, che non concernono la comunità cristiana in senso stretto, ma il bene umano in generale, anzi il destino stesso dell’umanità nel nuovo millennio. La Chiesa non esita a prendere posizione al riguardo, non per difendere i suoi dogmi o gli interessi materiali delle sue comunità, ma perché è ‘esperta in umanità’ e sa che è suo dovere proteggere la dignità umana (ovunque sia minacciata) usando gli strumenti che sono tipicamente i suoi: quelli della ragione morale universale o, come potremmo dire usando un linguaggio solo lievemente più tecnico, della ‘legge morale naturale’ (che vincola tutti, cristiani e non cristiani, credenti e non credenti). A fronte di questo impegno, che può essere ritenuto più o meno convincente, ma che è ed è sempre stato generoso, leale e soprattutto non dogmatico, ma argomentativo, assistiamo a un costante, sistematico e ottuso rifiuto da parte della cultura laicista oggi dominante di aprire con i cristiani un dialogo autentico. I laicisti hanno messo a punto uno strumento teoreticamente rudimentale, ma obiettivamente efficace: bollano come ‘cattolici’ (senza analizzarne le argomentazioni) tutti coloro che non condividono le loro pretese libertarie e li esortano a difendere i loro valori esclusivamente all’interno delle loro comunità confessionali (li esortano cioè a rinchiudersi ‘nelle sagrestie o nel privato’!). In altre parole: proprio perché nulla impedirebbe ai cattolici di vivere privatamente la loro fede e quindi di non abortire, di non richiedere l’eutanasia, di non ricorrere alla fecondazione artificiale, essi non sarebbero abilitati a chiedere un riconoscimento pubblico per tali comportamenti. In questo modo, ogni tentativo da parte dei cattolici di individuare nel no all’aborto, all’eutanasia o alla procreazione assistita un bene umano oggettivo viene interpretato come una pretesa arbitraria e intollerante. È evidente che non tutti i laici condividono gli slogan radicali del tipo ‘no taliban, no vatican’ o le pressioni per impedire al Papa di accettare un invito a parlare alla ‘Sapienza’, ma credo purtroppo che tranne alcune luminose eccezioni questo paradigma sia molto diffuso e sia ben giustificata la fermezza con cui il cardinale Bagnasco ne ha stigmatizzato gli esiti. Avvenire, 26/08/08
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