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giovedì 30 ottobre 2008

…i santi senza calendario!

I santi ufficiali del calendario liturgico (sacro), che fin da piccoli ci hanno insegnato a venerare con le preghiere, le immagini e i sentimenti di ammirazione e imitazione, erano quelli ufficiali, pitturati in grande nelle chiese o in formato tascabile nei “santini” di carta pregiata che ci davano per le nostre devozioni… o per ricordo. Ci entusiasmavano, talora, per le loro gesta, o ci stupivano nelle agiografie, piene di miracoli. Nati già santi, o convertiti - sempre comunque troppo più bravi, più perfetti, più fedeli di noi… Sono i santi che hanno percorso il loro cammino, hanno eseguito il loro compito, risposto alla loro vocazione. Magari, anche loro, con tanta fatica, sofferenze, persecuzioni… ma ci sono riusciti! Sono “compiuti”, o come si diceva in latino, sono “perfetti”. Sono iscritti nelle lunghe liste del calendario ed esposti al plauso riconoscente e devoto dei cristiani … normali. Magari ci servono per sollecitare grazie… che non domandiamo direttamente a Dio.
Il vangelo invece ci parla di santi “incompiuti” – che proprio nella loro incompiutezza e piccolezza (o anche peccato e miseria), sono santi, non per quello che hanno fatto o non hanno fatto, ma perché immersi nel mare della benevolenza di Dio.
Santi di un tipo nuovo, inventato da Gesù di Nazareth, che camminando e predicando il suo Vangelo e compiendo gesti di misericordia e guarigione lungo le strade e i villaggi della Galilea e dintorni, fin verso Gerusalemme (dove l’hanno ucciso), ne raccolse folle intere, con grande meraviglia e talora scandalo dei benpensanti. I quali non si rendevano ragione di come – tirandosi dietro tutta quella gente (compresi “pubblici peccatori”, prostitute, impuri, stranieri, donne, bambini…) – senza neanche insegnargli i gesti religiosi e rituali della preghiera, delle purificazioni e dei digiuni - finiva per screditare la vera religione. La frattura con la mentalità ortodossa corrente dei capi, dei sacerdoti e dei teologi, arrivò al punto che congiurarono di ucciderlo. Ma lui continuava a sostenere “un criterio di santità” completamente diverso… che consiste nello sguardo di amore e compiacenza che il Padre (Dio) ha per i suoi figli – comunque siano, anzi ancor più proprio quando sono nel bisogno e nel peccato! Privilegiati nella loro incompiutezza. Come un medico, che si dà da fare per i malati, non per i sani! “…una moltitudine immensa, che nessuno poteva contare, di ogni nazione, razza, popolo e lingua”.
Ecco l’elenco nuovo dei santi di un calendario universale (laico): che sono dichiarati “beati”, con un giudizio radicalmente rovesciato rispetto al sentire comune - anche degli stessi interessati, che non gli sembrava vero d’esser dichiarati “beati”. E chissà che faccia sbalordita, a sentirselo dire e ripetere da Gesù!
“Beati!” sono dunque (secondo Gesù!) tutti quelli … che gli mancano le cose essenziali per vivere, spesso afflitti, non gli rimane che piangere, ma mantengono occhi così trasparenti che vedono il bene anche dove c’è solo male. Riescono a restare inermi e indifesi nelle violenze, senza vendicarsi. Implorano giustizia, pace, consolazione e invece soffrono ingiustizie, persecuzioni, maltrattamenti... e morte.
Ecco, la morte! Con tutte le tribolazioni che la precedono, nella vita normale della gente comune, la morte, come sofferenza (incompiutezza struggente di tutta la vita…). La morte è, forse, il grande lavacro di ogni peccato e debolezza, nella misericordia del Padre. Il quale ci promette, appunto, nel vangelo di Gesù, di accogliere ognuno nella sua tenerezza paterna, già anticipata nell’impregnare di “beatitudine”, fin da adesso, le nostre sofferenze e fragilità terrene.
La versione umile della fede, accessibile a tutti, che ci fa tutti santi di questa santità in regalo, è fatta di SPERANZA. Tanto è vero che tutte le beatitudini sono al futuro (meno la povertà, che è già, qui adesso, il suo Regno!). Sono situazioni, dunque, sotto il segno della speranza. È la speranza, garantita da Gesù, di essere guardati bene da Dio (con compiacenza: “beati voi!”). Guardàti bene, anche se deboli e peccatori (e nient’affatto guardàti male e giudicati e condannati, come ogni religione insegnava prima di lui). Ma non è uno scampolo di santità per gente di seconda scelta, non è una svendita a poco prezzo. L’amore è sempre “regalo”, di natura sua, perché non ha prezzo: è troppo prezioso! La benevolenza di Dio è in regalo, ma ha un’esigenza “difficile” per l’uomo normale. “Semplice”, invece, per i piccoli e poveri in spirito. Esige la rinuncia a salvarsi da sé e il totale affidamento a lui! Anche Gesù si è salvato così (…nei giorni della sua vita terrena egli offrì preghiere e suppliche con forti grida e lacrime a colui che poteva liberarlo da morte e fu esaudito per il suo pieno abbandono a lui! Eb 5,7). E grazie a lui, anche Maria e le altre donne… I discepoli, invece, hanno fatto una fatica immensa a cedere… e non ci hanno creduto. E così l’hanno tradito per presunzione, oltre che per debolezza. Poi si sono ricreduti. Ma proprio con la consegna totale di sé alla misericordia del Padre, Gesù ci ha riconciliati con lui e dunque ci ha davvero “beatificati” dentro, già adesso in questa nostra vita tribolata, ma a lui sorprendentemente gradita (beati!).
Queste beatitudini ci hanno ridonato la speranza: speriamo di credere (cioè di essere fedeli) – speriamo di sperare – speriamo di amare. Anche se … per adesso – noi “incompiuti” – siamo solo un germoglio di credenti. Balbettiamo la nostra fede, che è troppo piccola per riuscire a parlare con Dio, da soli. Già nella nostra esperienza umana, però, viviamo un poco questa dinamica di cui parla Giovanni, nella sua prima lettera. Gli incontri belli e fecondi della nostra vita (di fratelli e sorelle, figli, sposi, padri, madri, innamorati… amici) sono quelli che ci fanno uscire da noi stessi, esplicitando le potenzialità migliori che avevamo dentro… Gli incontri brutti sono quelli che ci fanno diminuire, ci sfigurano, gelano le nostre speranze ancora in bocciolo e i nostri desideri di amare ed essere amati… Così avverrà-(vuol dire Giovanni) , quando gli saremo di fronte … sarà l’incontro più bello! Appena lo vedremo direttamente (a tu per tu : chissà come?), e ci rivolgerà la sua parola, ciò che adesso è in germoglio, come imploso, fiorirà, anzi esploderà. Si espliciterà ciò che già adesso siamo, come scoprire dentro di noi un racconto inedito, che avremmo voluto vivere. E allora “noi saremo simili a lui, perché lo vedremo così come egli è”: il contenitore affettuoso di tutto le nostre speranze.
Questo desideriamo e crediamo … anche per i nostri cari che sono morti, che non sono tanto diversi dai “santi” di Gesù, e dunque non sono andati a finire rinchiusi in qualcuno dei recinti previsti dalle etichette delle nostre affannate teologie (sheol, limbo, purgatorio, inferno… paradiso).
Quando, dunque, “noi saremo simili a lui, perché lo vedremo così come egli è”, per tutti finalmente apparirà chiaro quello che, fin dall’inizio, diceva Gesù : e cioè, che il criterio unico di santità non sta tanto nei nostri sforzi (per quanto segno di buona volontà) ma nella misericordia senza limiti del Padre, che ci ha mandato Gesù proprio perché non eravamo capaci di farci santi da soli. Sia per chi lo conosce che per chi non lo sa.

Questa è davvero una “buona notizia”!

1 commento:

Danila ha detto...

Un articolo pregnante dove si riconosce il Dio-Misericordia. Morire è solo un cambio di abitazione, dalla capanna alla reggia Celeste. Danila

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