Gesù rispose: ...non mormorate tra voi
...quanti brontolamenti in questi racconti di fame e di pane, di carne e di manna, di cibo terreno e di cibo celeste, di sazietà e disperazione! Nel popolo, che si sente tradito, ma anche nel più grande profeta che Israele abbia mai avuto, Elia. Gli si è bloccato lo stomaco e la voglia di vivere. Anoressia e inedia spirituale. Perché la delusione è andata così in profondo che gli ha seccato le radici dell’anima: Non sono migliore dei miei padri! Se l’obiettivo delle sue violente lotte profetiche era di purificare la società ed i suoi capi da tutto ciò che è male, ambiguo e contrario alla crescita dell’uomo e ai diritti di Dio, se ha dovuto eliminare i cattivi maestri per costruire una società che i suoi padri hanno solo intravisto da lontano... allora, ritrovarsi rinchiuso nelle prigioni di prima, vedere che non si esce dal stesso cerchio che incatenava i nostri padri alle loro possibilità meschine, ristrette e precarie, lo ha ammalato di una amarezza letale. Come ogni giovane di grandi energie e presunzioni, era cresciuto dicendo: io arriverò più in là! Tetragono a chiunque tutt’intorno gli replicava aggressivamente (quasi sempre) o suggeriva dolcemente (qualcuno!): chi credi di essere? – finirai come tutti noi! Infatti l’Elia in formato più o meno ridotto, che vive dentro ciascuno di noi, se la presunzione non lo acceca del tutto, appena inoltrato nell’esperienza concreta degli anni, s’accorge che per affermare la propria visione della verità e della vita, ha mangiato e consumato quella di altri. Perché anche il più schivo di noi ha lasciato qualche ferito o sconfitto, abbandonato lungo il cammino.
provenienza e qualità...
...hanno ragione in fondo, i giudei! Qui, come in genere nel vangelo di Giovanni, si dice ‘giudei’, anche se siamo in Galilea, per indicare chi, sicuro della “provenienza genuina” della sua verità, si oppone teologicamente (ideologicamente) a qualsiasi proposta o novità non abbia lo stesso sigillo di garanzia – il suo! Di lui conosciamo padre e madre, come può dire: “sono disceso dal cielo”?! Perciò il dissidio si rivela insanabile. Li scandalizza l’affermazione di Gesù: io sono il pane disceso dal cielo. Effettivamente la “provenienza” di tipo terreno è documentabile facilmente entro la logica del mondo fisico, biologico, psichico, secondo le leggi di necessità che governano questi mondi, a portata delle misure dell’uomo. La “provenienza” spirituale è un rapporto di amore divino (dove c’è amore c’è Dio!) insondabile. È credibile, è affidabile, può esser più certo dell’esistenza di me e di te, ma non è dimostrabile con mezzi tecnici, né manipolabili da noi. Addirittura bisogna cambiare totalmente livello di esperienza e di conoscenza, per entrare in sintonia con questa lunghezza d’onda. Uno, infatti non può entrare in questo tipo di rapporto se non lo “attira”, come una calamita vivente, il Padre che mi ha inviato. Qualche barlume di ciò avviene anche nelle nostre minuscole esperienze di amore. Dunque c’è un mistero di predilezione che avvolge libertà e necessità interiore, e ottiene un consenso che trasforma la vita. È irripetibile e gratuito, non acquisibile col proprio sforzo, ma non è esclusivo di nessuno. Anzi, secondo Gesù, c’è una scuola misteriosa, di predilezione, ma aperta a tutti, profetizzata fin dai tempi dell’esilio, nella quale si “ascolta” e si “impara”, nei tempi e nei modi più diversi e personali, ad essere ammaestrati direttamente dal Padre. Naturalmente noi possiamo esserne solo segno indicatore: nessuno è abilitato ad insegnarvi, se non chi conosce di persona il Padre. Perché è lui l’oggetto e il soggetto dell’insegnamento. Attraversi colui che soltanto lui! viene da Dio e quindi ha visto il Padre. Il ragionamento, nel caratteristico stile circolare di Giovanni, sembra scorrere intercettando i vari simboli e i vari soggetti, coinvolti in questa spirale per attirarvi i “giudei” (noi!), liberarli nella mente e nel cuore dai loro fraintendimenti... e aprirli alla verità vitale di un cibo nuovo, offerto a loro e al mondo, annunciato proprio dai loro profeti, nelle scritture! Chi ci salva è solo il Padre che ha mandato il figlio suo come il maestro, perchè ha imparato dal Padre la sola “dottrina” da insegnare: che è l’intimità del Padre stesso da cui proviene – che ha un solo cibo capace di saziare finalmente la nostra fame congenita, questo : lui stesso, figlio suo, che proprio come pane per la nostra fame, è rivelazione piena del suo amore di misericordia.
provenienza e attrazione
Elia è troppo sfinito e disperato per farsi domande da dove provengano focaccia e orciolo d’acqua, quando viene svegliato e indotto a mangiare a forza... Di sicuro è roba che proviene da fuori. Ma bevendo e mangiando ritrova la voglia di vivere e camminare... Credere (mangiare, accogliere, affidarsi... a qualcosa/qualcuno che ti chiama) e rimettersi sul cammino della vita sono strettamente legati. Questo sussulto che ci fa riaccendere la spinta vitale, con un soffio che proviene da un misterioso amore di attrazione, è strettamente legato alla risurrezione, come un primo germoglio appena nato, che già quaggiù ne prefigura la forza e la qualità. Inutile e insensato (fuori sintonia) ogni scetticismo: Non mormorate tra voi. Nessuno può venire a me, se non lo attira il Padre che mi ha mandato; e io lo risusciterò nell’ultimo giorno. Credere in lui, sotto la spinta libera, impercettibile e irresistibile del Padre, e quindi andare verso di lui, ascoltare lui, mangiare di lui, sono tutte manifestazioni convergenti dell’azione del Padre nel mondo, attraverso Gesù. Tutte seminano “adesso” dentro di noi il germe della vita eterna. Dirà infatti allo stesso modo: Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue ha la vita eterna e io lo risusciterò nell’ultimo giorno (54). Questa attrazione così intima che diventa segno e causa efficace di vita divina in noi e quindi fermento di risurrezione, trova il suo simbolo reale (sacramento), nella fame e nella nutrizione, nell’assimilazione e nella digestione. Diventa il luogo umano (la nostra carne fatta di spazio e di tempo e di energia) dove è innestato il fermento dinamico che trasforma una vita terrena mortale (destinata a consumarsi senza residui) in una vita mortale rigenerata e capace di risurrezione (eterna), cioè abilitata a passare attraverso la morte senza esserne svuotata, senza annichilirsi! L’attrazione ‘celeste’ di amore Paterno seminata in lei dallo Spirito del Figlio l’assorbe in sé!
pane vivo e pane morto
...io sono il pane della vita! proclama apertamente Gesù, incurante, ormai, delle ambiguità e dei fraintendimenti scandalizzati che ne seguiranno. Adesso vuole soltanto che si capisca chiaramente la verità sconvolgente della sua presenza. È nettissima la contrapposizione ad ogni altro cibo, magari necessario e utile per la vita terrena che stiamo conducendo, ma incapace di sostenerla nella sua caducità. Come si vede dall’esempio che riprende proprio dal discorso dei giudei... la manna! Prodigiosa senz’altro, ma i padri che l’hanno mangiata, sono tutti morti. Il suo pane (lui, come pane) è di tutt’altra qualità: questo è il pane disceso dal cielo, perché chi lo mangia non muoia. Questo pane infatti dà la vita, perché è vivo, è una persona vivificante. È un volto che si mette in comunione intima con te, fino a lasciarsi assimilare nello specchio dell’anima! e così attira a sé colui che entra in questa relazione con lui. Una relazione costitutiva e rigenerante tutta la persona. Il pane che viene dal cielo induce nell’amico che lo accoglie, questa qualità “celeste”. Rende capaci di cielo, cioè di eternità, chi lo “mangia”, proprio perché questa è la qualità del suo sigillo di provenienza, trasmessa in un rapporto di totale dedizione e intimità. Questa vita eterna che viene infusa in un incontro terreno tanto intimo da essere significato in un’assimilazione biologica nutritiva, vuol dire rendere capaci della stessa relazione intima col Padre, da cui viene questo “cibo inviato a noi”: ci fa diventare dunque capaci di eternità, dove amore e vita, desiderio e verità, orfanità e figliolanza si intrecciano e si compenetrano in una promessa radicata però alla terra, alla nostra e sua carne: Io sono il pane vivo, disceso dal cielo. Se uno mangia di questo pane vivrà in eterno e il pane che io darò è la mia carne per la vita del mondo.
...fatevi imitatori di Dio
questa dinamica di immersione nella materia di carne per attrarci nell’unico modo “terreno” (carnale) a noi accessibile, nella sua vita divina, diventa, secondo Paolo, il motore della nostra vita. Ci fa imitatori di questa vita intima di Dio, in un coinvolgimento tanto personale da “rattristare”, se non corrisposto, lo Spirito Santo di Dio, con il quale foste segnati per il giorno della redenzione. Non si diventa dolci e misericordiosi per virtù, e se è vero che comunque bisogna sforzarsi per essere tali... ognuno può costatare, passando gli anni, i magri risultati raggiunti, anche dopo qualche decennio di frequentazione cristiana. Era già un problema della chiesa nascente. Asprezza, sdegno, ira, grida e maldicenze con ogni sorta di malignità... segnano solo la sfiducia profonda che ci morde e dispera nel profondo ed emerge anche nelle persone più ‘a modo’ come un’accusa più o meno inconscia (e reciproca!): nel momento della mia debolezza mi abbandonerai, per salvare te stesso! Agire diversamente, cioè amare l’altro più di sé e piuttosto lasciarsi mangiare da lui che abbandonarlo, è amore di un altro mondo! Si diventa virtuosi per nutrizione! E Paolo lo sa bene: Fatevi dunque imitatori di Dio, quali figli carissimi, e camminate nella carità, nel modo in cui anche Cristo ci ha amato e ha dato se stesso per noi, offrendosi a Dio in sacrificio di soave odore. Dio stesso, infatti, in lui si è fatto cibo e nutrimento perché nessuno venga meno e nessuno si lasci morire. Ma, a sua volta ognuno si faccia pane... Amare non vorrà dire, allora, andare alla ricerca (non apposta, lo fanno già le varie traversie della vita che ci è data!) di qualcuno che ci faccia diventare pane, come Gesù; ci dia il coraggio di diventare dono, come lui, di diventare gli uni per gli altri pane e sostegno, compagnia nel cammino?
...quanti brontolamenti in questi racconti di fame e di pane, di carne e di manna, di cibo terreno e di cibo celeste, di sazietà e disperazione! Nel popolo, che si sente tradito, ma anche nel più grande profeta che Israele abbia mai avuto, Elia. Gli si è bloccato lo stomaco e la voglia di vivere. Anoressia e inedia spirituale. Perché la delusione è andata così in profondo che gli ha seccato le radici dell’anima: Non sono migliore dei miei padri! Se l’obiettivo delle sue violente lotte profetiche era di purificare la società ed i suoi capi da tutto ciò che è male, ambiguo e contrario alla crescita dell’uomo e ai diritti di Dio, se ha dovuto eliminare i cattivi maestri per costruire una società che i suoi padri hanno solo intravisto da lontano... allora, ritrovarsi rinchiuso nelle prigioni di prima, vedere che non si esce dal stesso cerchio che incatenava i nostri padri alle loro possibilità meschine, ristrette e precarie, lo ha ammalato di una amarezza letale. Come ogni giovane di grandi energie e presunzioni, era cresciuto dicendo: io arriverò più in là! Tetragono a chiunque tutt’intorno gli replicava aggressivamente (quasi sempre) o suggeriva dolcemente (qualcuno!): chi credi di essere? – finirai come tutti noi! Infatti l’Elia in formato più o meno ridotto, che vive dentro ciascuno di noi, se la presunzione non lo acceca del tutto, appena inoltrato nell’esperienza concreta degli anni, s’accorge che per affermare la propria visione della verità e della vita, ha mangiato e consumato quella di altri. Perché anche il più schivo di noi ha lasciato qualche ferito o sconfitto, abbandonato lungo il cammino.
provenienza e qualità...
...hanno ragione in fondo, i giudei! Qui, come in genere nel vangelo di Giovanni, si dice ‘giudei’, anche se siamo in Galilea, per indicare chi, sicuro della “provenienza genuina” della sua verità, si oppone teologicamente (ideologicamente) a qualsiasi proposta o novità non abbia lo stesso sigillo di garanzia – il suo! Di lui conosciamo padre e madre, come può dire: “sono disceso dal cielo”?! Perciò il dissidio si rivela insanabile. Li scandalizza l’affermazione di Gesù: io sono il pane disceso dal cielo. Effettivamente la “provenienza” di tipo terreno è documentabile facilmente entro la logica del mondo fisico, biologico, psichico, secondo le leggi di necessità che governano questi mondi, a portata delle misure dell’uomo. La “provenienza” spirituale è un rapporto di amore divino (dove c’è amore c’è Dio!) insondabile. È credibile, è affidabile, può esser più certo dell’esistenza di me e di te, ma non è dimostrabile con mezzi tecnici, né manipolabili da noi. Addirittura bisogna cambiare totalmente livello di esperienza e di conoscenza, per entrare in sintonia con questa lunghezza d’onda. Uno, infatti non può entrare in questo tipo di rapporto se non lo “attira”, come una calamita vivente, il Padre che mi ha inviato. Qualche barlume di ciò avviene anche nelle nostre minuscole esperienze di amore. Dunque c’è un mistero di predilezione che avvolge libertà e necessità interiore, e ottiene un consenso che trasforma la vita. È irripetibile e gratuito, non acquisibile col proprio sforzo, ma non è esclusivo di nessuno. Anzi, secondo Gesù, c’è una scuola misteriosa, di predilezione, ma aperta a tutti, profetizzata fin dai tempi dell’esilio, nella quale si “ascolta” e si “impara”, nei tempi e nei modi più diversi e personali, ad essere ammaestrati direttamente dal Padre. Naturalmente noi possiamo esserne solo segno indicatore: nessuno è abilitato ad insegnarvi, se non chi conosce di persona il Padre. Perché è lui l’oggetto e il soggetto dell’insegnamento. Attraversi colui che soltanto lui! viene da Dio e quindi ha visto il Padre. Il ragionamento, nel caratteristico stile circolare di Giovanni, sembra scorrere intercettando i vari simboli e i vari soggetti, coinvolti in questa spirale per attirarvi i “giudei” (noi!), liberarli nella mente e nel cuore dai loro fraintendimenti... e aprirli alla verità vitale di un cibo nuovo, offerto a loro e al mondo, annunciato proprio dai loro profeti, nelle scritture! Chi ci salva è solo il Padre che ha mandato il figlio suo come il maestro, perchè ha imparato dal Padre la sola “dottrina” da insegnare: che è l’intimità del Padre stesso da cui proviene – che ha un solo cibo capace di saziare finalmente la nostra fame congenita, questo : lui stesso, figlio suo, che proprio come pane per la nostra fame, è rivelazione piena del suo amore di misericordia.
provenienza e attrazione
Elia è troppo sfinito e disperato per farsi domande da dove provengano focaccia e orciolo d’acqua, quando viene svegliato e indotto a mangiare a forza... Di sicuro è roba che proviene da fuori. Ma bevendo e mangiando ritrova la voglia di vivere e camminare... Credere (mangiare, accogliere, affidarsi... a qualcosa/qualcuno che ti chiama) e rimettersi sul cammino della vita sono strettamente legati. Questo sussulto che ci fa riaccendere la spinta vitale, con un soffio che proviene da un misterioso amore di attrazione, è strettamente legato alla risurrezione, come un primo germoglio appena nato, che già quaggiù ne prefigura la forza e la qualità. Inutile e insensato (fuori sintonia) ogni scetticismo: Non mormorate tra voi. Nessuno può venire a me, se non lo attira il Padre che mi ha mandato; e io lo risusciterò nell’ultimo giorno. Credere in lui, sotto la spinta libera, impercettibile e irresistibile del Padre, e quindi andare verso di lui, ascoltare lui, mangiare di lui, sono tutte manifestazioni convergenti dell’azione del Padre nel mondo, attraverso Gesù. Tutte seminano “adesso” dentro di noi il germe della vita eterna. Dirà infatti allo stesso modo: Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue ha la vita eterna e io lo risusciterò nell’ultimo giorno (54). Questa attrazione così intima che diventa segno e causa efficace di vita divina in noi e quindi fermento di risurrezione, trova il suo simbolo reale (sacramento), nella fame e nella nutrizione, nell’assimilazione e nella digestione. Diventa il luogo umano (la nostra carne fatta di spazio e di tempo e di energia) dove è innestato il fermento dinamico che trasforma una vita terrena mortale (destinata a consumarsi senza residui) in una vita mortale rigenerata e capace di risurrezione (eterna), cioè abilitata a passare attraverso la morte senza esserne svuotata, senza annichilirsi! L’attrazione ‘celeste’ di amore Paterno seminata in lei dallo Spirito del Figlio l’assorbe in sé!
pane vivo e pane morto
...io sono il pane della vita! proclama apertamente Gesù, incurante, ormai, delle ambiguità e dei fraintendimenti scandalizzati che ne seguiranno. Adesso vuole soltanto che si capisca chiaramente la verità sconvolgente della sua presenza. È nettissima la contrapposizione ad ogni altro cibo, magari necessario e utile per la vita terrena che stiamo conducendo, ma incapace di sostenerla nella sua caducità. Come si vede dall’esempio che riprende proprio dal discorso dei giudei... la manna! Prodigiosa senz’altro, ma i padri che l’hanno mangiata, sono tutti morti. Il suo pane (lui, come pane) è di tutt’altra qualità: questo è il pane disceso dal cielo, perché chi lo mangia non muoia. Questo pane infatti dà la vita, perché è vivo, è una persona vivificante. È un volto che si mette in comunione intima con te, fino a lasciarsi assimilare nello specchio dell’anima! e così attira a sé colui che entra in questa relazione con lui. Una relazione costitutiva e rigenerante tutta la persona. Il pane che viene dal cielo induce nell’amico che lo accoglie, questa qualità “celeste”. Rende capaci di cielo, cioè di eternità, chi lo “mangia”, proprio perché questa è la qualità del suo sigillo di provenienza, trasmessa in un rapporto di totale dedizione e intimità. Questa vita eterna che viene infusa in un incontro terreno tanto intimo da essere significato in un’assimilazione biologica nutritiva, vuol dire rendere capaci della stessa relazione intima col Padre, da cui viene questo “cibo inviato a noi”: ci fa diventare dunque capaci di eternità, dove amore e vita, desiderio e verità, orfanità e figliolanza si intrecciano e si compenetrano in una promessa radicata però alla terra, alla nostra e sua carne: Io sono il pane vivo, disceso dal cielo. Se uno mangia di questo pane vivrà in eterno e il pane che io darò è la mia carne per la vita del mondo.
...fatevi imitatori di Dio
questa dinamica di immersione nella materia di carne per attrarci nell’unico modo “terreno” (carnale) a noi accessibile, nella sua vita divina, diventa, secondo Paolo, il motore della nostra vita. Ci fa imitatori di questa vita intima di Dio, in un coinvolgimento tanto personale da “rattristare”, se non corrisposto, lo Spirito Santo di Dio, con il quale foste segnati per il giorno della redenzione. Non si diventa dolci e misericordiosi per virtù, e se è vero che comunque bisogna sforzarsi per essere tali... ognuno può costatare, passando gli anni, i magri risultati raggiunti, anche dopo qualche decennio di frequentazione cristiana. Era già un problema della chiesa nascente. Asprezza, sdegno, ira, grida e maldicenze con ogni sorta di malignità... segnano solo la sfiducia profonda che ci morde e dispera nel profondo ed emerge anche nelle persone più ‘a modo’ come un’accusa più o meno inconscia (e reciproca!): nel momento della mia debolezza mi abbandonerai, per salvare te stesso! Agire diversamente, cioè amare l’altro più di sé e piuttosto lasciarsi mangiare da lui che abbandonarlo, è amore di un altro mondo! Si diventa virtuosi per nutrizione! E Paolo lo sa bene: Fatevi dunque imitatori di Dio, quali figli carissimi, e camminate nella carità, nel modo in cui anche Cristo ci ha amato e ha dato se stesso per noi, offrendosi a Dio in sacrificio di soave odore. Dio stesso, infatti, in lui si è fatto cibo e nutrimento perché nessuno venga meno e nessuno si lasci morire. Ma, a sua volta ognuno si faccia pane... Amare non vorrà dire, allora, andare alla ricerca (non apposta, lo fanno già le varie traversie della vita che ci è data!) di qualcuno che ci faccia diventare pane, come Gesù; ci dia il coraggio di diventare dono, come lui, di diventare gli uni per gli altri pane e sostegno, compagnia nel cammino?
1 commento:
Parole immense... e prima di tutto ringrazio LUI che mi da la GRAZIA di leggerle, di gustarle tutte le volte che desidero perchè sono pubblicate qui.
Mi viene da pensare a come sarà "rattristato" lo Spirito Santo per tutte le nostre disattenzioni.
Oppure sarà ormai abituato? Mi fa tenerezza anche Lui così poco creduto, così poco invocato!
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