Penso che dopo questa ultima sortita di Berlusconi, il Magistero della chiesa, Papa in testa, debba cominciare a preoccuparsi seriamente.
Solo che Berlusconi infilandosi a testa bassa in questo pertugio difensivo non si accorge che così facendo peggiora ancor di più la propria situazione “morale” proprio in quegli ambienti cattolici a cui in primis sembra intendere rivolgersi per recuperare quel consenso che sta visibilmente perdendo.
Infatti il suo discorso, impostato sulla falsariga di quello di Ferrara (che ha già dimostrato quanta poca comprensione ha del cattolico elettorato) e supportato a spada tratta dai suoi politici, diciamo così, “riconoscenti” e per questo legati a filo doppio al suo destino politico, si configura come una vera e propria eresia propinata a quell’elettorato che allo stesso tempo costituisce di fatto il “gregge” affidato ai Pastori della Chiesa.
Ma in questo modo Berlusconi, (che continua legittimamente a professarsi cattolico, e fino a “scomunica comminata” è un suo diritto), facendo da contraltare alla vera dottrina cattolica sul peccato, e quindi auto-costituendosi come “fonte normativa magisteriale” della dottrina morale cattolica, comincia a configurarsi come un autentico antipapa scismatico, all’interno del mondo cattolico: soprattutto se c’è come sembra, qualche pio fedele che – ignorando quello del Papa – comincia a credere al suo discorso.
Di fatto, definendosi “peccatore” e chiedendo per questo “al popolo sovrano” una assoluzione generale sui peccati di cui è indagato in quanto reati, Berlusconi fa volutamente una grave confusione dottrinale tra legge e peccato, tra giustizia di Dio e giustizia umana, tra assoluzione e immunità, tra pena e colpa, tra foro interno ed foro esterno… Contrariamente alla dottrina cattolica che afferma, distinguendo, che ci sono peccati e reati e non sempre le due cose coincidono.
Inoltre la dottrina morale cattolica dichiara espressamente che se non ci sono ragioni “proporzionate di coscienza”, alla legge è dovuta obbedienza (anche se ritenuta personalmente ingiusta!) e la sua violazione costituisce formalmente “peccato”. Per cui: è peccato passare col rosso; è peccato parcheggiare fregandosene degli altri; è peccato non pagare le tasse; è peccato non andare a votare; è peccato saltare la coda; è peccato non rispettare la raccolta differenziata; è peccato inquinare… Molti qui arricceranno il naso anche in ambito cattolico, ma io ho citato espressamente questi casi perché col tempo alcuni di questi comportamenti sono stati declassati dal sentire comune a semplice “cattiva educazione”, ma la dottrina cattolica che vede l’individuo sempre inserito all’interno di una comunità umana più ampia, li ha da sempre configurati come peccati. Certo, c’è peccato e peccato, ma pur sempre di peccato si tratta, in quanto figlio di un menefreghismo egoista che disprezza il “prossimo”…
Tornando al tema della “dottrina berlusconiana del peccato”, ripeto, la esplicita confusione tra peccato e reato, con tutta evidenza finalizzata alla propria incolumità non solo politica, costituisce un vulnus nella dottrina cattolica e, siccome è propinata alla gente come “verità morale”, si configura come un tentativo di formulare una dottrina contraria agli insegnamenti della chiesa e quindi formalmente eretica e fautrice di movimenti scismatici.
Visto che non posso dilungarmi in un corso di morale, sintetizzo: Ci sono reati che non sono peccato; ci sono peccati che non sono reati; ci sono peccati che sono reati! In ogni caso da sempre nella dottrina morale cattolica, anche qualora un cristiano per obbligo di coscienza viola la legge, sempre in coscienza se ne deve assumere la responsabilità civile e penale; sociale e politica ed economica… Se questo vale persino per dei fatti che riguardano la coscienza, questo vale ancor di più per fatti come la concussione e l’incitamento alla prostituzione minorile, dove l’obiezione di coscienza non può, con tutta evidenza, essere usata come giustificazione di tali comportamenti.
In ogni caso nella dottrina cattolica mai l’assoluzione del peccato costituisce assoluzione del reato! A questo invece punta Berlusconi col suo eretico discorso, ma facendo questo incorre in un peccato (non reato!) questo sì imperdonabili.
E sia detto per inciso, qualora un peccato si configura come reato, esso esce necessariamente dalla sfera del privato e si configura come atto pubblico. Sempre! Anche quando si consuma all’interno della sfera privata della propria intimità personale. Quindi è falso che ci sia violazione della privacy da parte dei giudici, semmai è il contrario: è la privacy che viene usata per fare violenza al suo contrario, alla collettività…
Quindi si rassicurino Berlusconi e Ferrara, il fratello Berlusconi è già formalmente “perdonato” dall’elettorato devoto… e proprio questo perdono esige che lui (smettendo di dire eresie) dei suoi peccati se ne assuma la piena responsabilità civile, penale, politica, economica, sociale oltre che ecclesiale… in una parola storica. E proprio a questo mira quella “penitenza” che il prete formula durante il sacramento della confessione: solo qui l’assoluzione diventa effettiva! Solo con la esplicita assunzione delle proprie responsabilità storiche del proprio peccato nella forma di un tentativo di avviare un cammino di conversione nei comportamenti concreti del proprio vissuto (a cui ben poco servono le classiche “tre avemarie”). Perché lo ribadisco, l’assoluzione del peccato non assolve mai dal reato (e viceversa)! O per usare un linguaggio più classico: l’assoluzione della colpa non toglie la pena!
Ci fa piacere che Berlusconi quindi si consideri peccatore (e Ferrara con lui), ma propri l’essere peccatore esige che si assuma le conseguenze storiche del proprio peccato, andando dai giudici di Milano (che gli contestano il reato non il peccato!) e non ponendo mille ostacoli per sottrarsi alle proprie responsabilità come sta invece facendo. Così facendo però accentua ulteriormente quella deriva etica che (oltre a rendere il peccato imperdonabile, finché persiste tale comportamento) diffonde il proprio peccato all’intera collettività proponendosi non solo come modello da imitare (che dovrebbero invece imitare il Cristo), ma anche colui che dà giustificazione dottrinale del proprio peccato accentuando ulteriormente il degrado morale della collettività e ampliando ulteriormente il “disastro antropologico”.
Non so se siamo di fronte a una apologia del reato, ma certamente siamo davanti a una apologia del peccato che dovrebbe non poco impensierire quelle alte sfere del magistero che avrebbero dovuto vegliare sul gregge a loro affidato e che invece interessi di basso mercato ha portato dapprima a chiudere un occhio, poi a turarsi il naso, quindi anche le orecchie ed ora entrambi gli occhi: se continuano così resterà loro ben poco di scoperto per potersi rendere ancora riconoscibili dagli agnelli del gregge di Dio.
1 commento:
E' un discorso non facile, ma credo poggi su basi teologiche granitiche; ma tutto mi apre inutile se i 'pastori del gregge' continuano nel loro assordante silenzio. Ti cito qui sotto, un estratto da un conferenza tenuat da Don Sciortino direttoer di F.C. che non è stato certo zitto in tutti questi anni!
1)Da un sondaggio lanciato dal settimanale "Famiglia cristiana" emerge che la reazione dei cattolici credenti di fronte al caso Ruby è stata debole. Secondo don Antonio Sciortino è un fatto che «dovrebbe fare riflettere davvero». Il direttore è intervenuto ieri sera durante un incontro su "Fede e democrazia" organizzato dall’Istituto De Gasperi a Bologna. «Nel sondaggio che abbiamo fatto sul caso Ruby, abbiamo chiesto ai lettori se la reazione dei cattolici era stata debole, forte o così così. Il 92% su 3.500 ha detto che c’è stata una reazione debole», ha detto il sacerdote. Poi secondo un commentatore del settimanale, ha continuato il direttore, «i più critici erano i meno credenti, mentre la reazione più debole è stata di quelli che vanno a messa. Questo dovrebbe fare riflettere davvero». E ha scandito: «Questo Paese che si dice tanto cristiano e si riempie la bocca di esserlo, poi vive con stili di vita totalmente paganizzanti e anticristiani», facendo scattare un applauso della platea, tra cui c’era anche la moglie di Romano Prodi
2)«Vi hanno tolto la parola - ha continuato don Sciortino sempre rivolgendosi alla platea - ma è vero che in parte ve la siete lasciata togliere la parola. Bisogna tornare a rivendicare spazi di autonomia e informazione....«Abbiamo disertato la politica considerandola come qualcosa di sporco o in cui ci si sporca. Mentre la politica, ma non quella cui assistiamo tutti i giorni, è una politica alta, la più alta forma di servizio che si possa fare alla comunità diceva Paolo VI, per cui può essere via per farsi santi... certo, non quella a cui stiamo assistendo oggi, sia ben chiaro».
Quanti anni, decenni ci vorrà, ammesso sia ancora possibile? Ciao. Greg50
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