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venerdì 11 dicembre 2009

Ti rinnoverà con il suo amore (il peccato, dalla parte di Dio!)

…i nostri vecchi chiamavano “gaudete” (rallegratevi)” questa domenica, a metà Avvento, perché nell’antico rito latino la liturgia eucaristica cominciava così. Nella storia della salvezza biblica, il motivo della gioia è uguale, da Sofonia fino a Paolo. “Grida di gioia, Israele! … Non lasciarti cadere le braccia!” E questo, perché : “In quel giorno non avrai vergogna di tutti i misfatti che hai commessi contro di me” (Sof 3,11) –le cose fatte male, quelli che pesano dentro di noi e ci intristiscono il cuore, da millenni. “Il Signore è vicino! Non angustiatevi per nulla”… Questa è la buona notizia che fa rifiorire la speranza per ricominciare il cammino. “il Signore è in mezzo a te, un salvatore potente …” Un Salvatore che toglie la vergogna del male che ci rovina la vita. Dunque,come abbiamo ascoltato domenica scorsa, “Preparate la via del Signore!” Questo è l’invito pressante della voce che risuona dagli antichi profeti fino al Battista , per noi, persi tra i dirupi e le tortuosità della fame di senso. Anzitutto è necessario accogliere con cuore umile l’imperfezione e la precarietà di tutto ciò che viviamo e cerchiamo, riconoscere e soffrire l’incorreggibile miscela di tenerezza e aggressività dei nostri rapporti più cari, accettare l’inconsistenza delle cose che facciamo, la volatilità degli obiettivi per cui ci spendiamo, vedere con stupore e rammarico la processione dei volti che ci stanno vicino e si sperdono, senza che il nostro affetto li possa trattenere o consolare – come sarà per noi. Non è solo lo scoramento desolato dei nostri errori o insufficienze o peccati, che hanno fatto male dove volevamo portare il bene, dentro di noi e attorno a noi. C’è un supplemento di tristezza delusa che proviene dalla convinzione sincera, quanto illusoria, che ci entusiasmava nei momenti di fervore creativo, per la presuntuosa sicurezza d’essere senz’altro dalla parte giusta, di poter esigere consenso e adesione … senza accorgerci che progetti e sentimenti, ideologie e speranze hanno sempre una ferita alle radici che ne blocca o ammala i frutti. Anche se ortodosse e oneste, sono cose più nostre che evangeliche! Ci sembravano eterne, esenti dalla precarietà che invece presto ne corrode la pertinenza, rendendole oppressive e ostiche alla gente che ci sta intorno- e anche a noi. Alle folle che andavano a farsi battezzare da lui, Giovanni diceva: «Razza di vipere, chi vi ha fatto credere di poter sfuggire all’ira imminente. Fate dunque frutti degni della conversione e non cominciate a dire fra voi: “Abbiamo Abramo per padre!”. Perché io vi dico che da queste pietre Dio può suscitare figli ad Abramo. Anzi, già la scure è posta alla radice degli alberi …» (3,7ss). Allora“Preparare la via del Signore” è anzitutto lasciare che la Parola illumini, giudichi e disinquini tutte le nostre visioni umane dei sentieri di Dio e questo deve passare dalla nostra personale sofferta esperienza. Non ci salva l’appartenenza istituzionale né le radici cristiane. Per questo, di fronte a Giovanni, le folle che ascoltano l’invito penitenziale assumono poi volti di persone concrete con un lavoro, una professione, una configurazione precisa di vita, uomini e donne di casa con le loro piccole realistiche possibilità di decidere … Nasce la voglia di coinvolgersi di nuovo – una ennesima volta!
Il Signore, tuo Dio, gioirà per te … ti rinnoverà con il suo amore!
Il “rinnovamento” è una scossa interiore, una consapevolezza nuova, che nasce, nei modi più diversi, dall’ascolto della voce che annuncia anzitutto la cancellazione dei peccati del suo popolo: Il Signore ha revocato la tua condanna, … tu non temerai più alcuna sventura! Non si tratta semplicemente del perdono, sempre promesso e sempre concesso al cuore contrito. Si tratta di un evento nuovo, un cambiamento interno del cuore, non mai visto fino a quel momento … Fu predetto con parole appassionate dai profeti dell’esilio, ma adesso Giovanni ne vede il compimento, addirittura sente il calore del fuoco che brucerà ogni male dell’uomo, abolendo ogni senso di colpa e di condanna, chiamandolo alla sua vera vocazione originaria, sorprendente: la partecipazione alla gioia ardente e rigenerante di Dio, come aveva intuito Sofonia: il Signore Dio … gioirà per te, ti rinnoverà con il suo amore, esulterà per te con grida di gioia». Ben più che perdono! “Incredibile” partecipazione alla esperienza di gioia di Dio! L’unica dinamica capace di far sussultare e purificare alle radici il cuore dell’uomo … Pare una voce flebile, a non farci caso, ma quanto potente è la gioia che è nato nel cuore qualcosa di nuovo, impensabile! Questa metamorfosi del cuore si prepara con piccole cose (piccoli passi di risposta alla voce), che Giovanni suggerisce alla gente che gli chiede: che cosa dobbiamo fare? Minuscole risposte alla domanda importante, lo spartiacque della conversione. La stessa di Pentecoste (At 2,37). La domanda è già il primo frutto dello Spirito in arrivo! Che smuove il cuore da ciò che si sta facendo, per farci desiderare ciò che ancora non è si è capaci di fare. Il cuore è entrato in tensione, in attesa di qualcosa di “oltre”. L’autenticità è garantita dal cambio del baricentro interiore, che spalanca il cuore al fratello o sorella che è nel bisogno, per intessere rapporti nuovi, con un piatto di minestra in più, o la tunica non usata, con la bolletta dei pubblicani non alterata, con la violenza dei soldati, che diventa rispettosa benevolenza …
… tutti, si domandavano in cuor loro, riguardo a Giovanni, se non fosse lui il Cristo
Per i generosi che vogliono darsi da fare, è una tentazione inevitabile quanto micidiale, questa, nella lunga scarnificante sofferenza della fame, del bisogno, dell’attesa – di scambiare l’aiuto, la guida, il gruppo, l’amico, o il progetto affettivo, politico, economico … con lo “sposo” – il senso finale della vita. Giovanni si preoccupa di smentire questa illusione, questa specie di strisciante adulterio della fede, perché lui è il prototipo dell’amico fedele fino alla morte, l’uomo più vicino allo sposo, al Messia che viene! Eppure conferma: “io non son degno di sciogliere neppure il legaccio dei sandali di Gesù”. Giovanni, l’evangelista, gli darà spazio per spiegare più lucidamente questa sua totale indegnità (inadeguatezza) riportando le parole preziose con cui il Battezzatore ci radica alla inconvertibile durezza della nostra terra (il cuore di carne), che vorrebbe accogliere i semi per divenire feconda, ma è capace soltanto di spine e triboli: Voi stessi mi siete testimoni che ho detto: Non sono io il Cristo, ma io sono stato mandato innanzi a lui … Chi viene dall’alto è al di sopra di tutti; ma chi viene dalla terra, appartiene alla terra e parla della terra. Chi viene dal cielo è al di sopra di tutti. (Gv 3,28ss)
Che strana distanza e contiguità tra cielo e terra ci viene continuamente ribadita, lungo tutta la Bibbia! … da Adamo, fatto di terra, animata da alito di cielo, (e i pasticci che sono venuti da questa contraddizione congenita!), fino al “Padre nostro” che è sempre lì, nel suo compiersi mai esaudito: “così in cielo come in terra”… per arrivare alla nostra fede di oggi, in tormentata tensione tra queste due polarità: “cosa fare, in terra?”, (i piccoli passi dalla durezza di cuore, verso la conversione, cioè il cambiamento dei rapporti) e come continuare “a stare nel Regno”- nella situazione di tutti, senza fuggire o ritagliarsi nicchie spirituali, che lasciano intatti la sofferenza e il dolore della gente. Il Vangelo non è un progetto storico di giustizia politica, anche se annuncia instancabilmente le esigenze della giustizia. Con la confessione appassionata di Giovanni, di non essere il Messia, è tolto ad ogni uomo e ad ogni suo progetto la presunzione messianica: “Io vi dico, tra i nati di donna non c’è nessuno più grande di Giovanni, e il più piccolo nel regno di Dio è più grande di lui”. E il Regno di Dio non è, appunto, un progetto umano – è seminato nella storia e la fermenta, ma non è di questo mondo. Giovanni ha denunciato come nessun altro la necessità di immergerci nell’acqua della propria totale incapacità di essere giusti di fronte a Dio. Non potrà più esistere progetto storica o dottrina morale o tantomeno personaggio storico col timbro del messia. Eccetto Colui che Giovanni ha indicato.
Costui vi battezzerà in Spirito santo e fuoco! Gesù si ricorda e ribadisce questa profezia di Giovanni su di lui: “Sono venuto a portare il fuoco sulla terra; e come vorrei che fosse già acceso! C’è un battesimo che devo ricevere; e come sono angosciato, finché non sia compiuto!” (Lc 12,49s). L’angoscia gli viene dalla consapevolezza che finirà come Giovanni. Egli porta davvero il giudizio escatologico (definitivo, senza più altra possibilità dopo di lui) ma assumendo il male e la sofferenza su di sé, per amore. Dunque il fuoco dello Spirito lo brucerà, lui e il nostro male che si è caricato sulle spalle, interrompendo la catena di contagio reciproco che lega ogni uomo all’altro, ma invece riconciliando tutti nel suo sangue. Questo fuoco dello Spirito, che, mentre si compiva, gli ha bruciato il cuore tra desiderio e angoscia, è quello che a Pentecoste, conquistata la pace del cuore, donerà ai suoi : “Apparvero loro lingue come di fuoco, che si dividevano e si posarono su ciascuno di loro; ed essi furono tutti pieni di Spirito Santo”(At 2,3s). Paurosi rianimati, peccatori perdonati, singoli e gruppo … avvolti nella passione ri/creatrice di Dio.

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