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giovedì 18 marzo 2010
martedì 16 settembre 2008
Per non essere ipocriti

Che una carretta del mare sbarchi dei clandestini sulle coste della Sicilia, che un’altra sia stata avvistata al largo delle coste, che un’altra abbia fatto naufragio prima di entrare nelle acque italiane al largo della Tunisia, dobbiamo ammetterlo, non fa più notizia, anche se ogni volta sono diecine e diecine di persone che rischiano la vita.
È quasi inevitabile fare il callo a queste notizie nel mare dell’informazione. Così non diamo più peso alle reazioni del mondo politico che vanno da sparate indegne di persone civili («li rigetteremo in mare con i cannoni della marina militare») fino alla difesa, diplomatica e prudente, del sistema da parte dei responsabili della sicurezza delle frontiere. D’altronde ci assicurano che il flusso migratorio è diminuito, dopo le convenzioni stipulate con i governi limitrofi. Ci possiamo dedicare perciò a problemi più immediati che affannano il paese: la tenuta della maggioranza, l’inerzia dell’opposizione, la riforma delle pensioni, l’inflazione crescente, i prezzi del mercato ortofrutticolo, la crisi del calcio e le esponsabilità per il black out di fine settembre ecc., mentre Lazzaro sta sulla soglia, mendicando attenzione e un tozzo di pane nell’indifferenza generale. Tanto ci sono le leggi!
Certo, la legge c’è, la n. 189, una legge di modifica alla normativa in materia di immigrazione e asilo, detta «Fini-Bossi», dal nome di coloro che l’hanno proposta. Ma in questo primo anno dalla sua entrata in vigore essa si è dimostrata iniqua e inefficace, come ha denunciato Caritas italiana che di questi problemi è ben più esperta del governo e dei legislatori. Ma perfino il ministro degli Interni ha dovuto riconoscerne “i limiti” (Avvenire del 26 ottobre 2003).
È insensato parlare dell’immigrazione come di un’emergenza. Il fenomeno migrazioni non è estemporaneo, ma epocale. Dura ormai da anni e durerà ancora, anche se sentiamo parlarne solo quando ci scappano dei morti. La mobilità è un dato strutturale della società globalizzata. Da una parte abbiamo bisogno di questa manodopera, dall’altra queste persone, affamate e senza lavoro, sbarcano in Italia attratte dall’immagine, falsa e deformata, del nostro modo di vivere, un’immagine quotidianamente proposta dalla televisione italiana che si vede a casa loro.
Rifiutare pregiudizialmente gli immigranti non è la strada giusta, non è ragionevole né civile.
Davanti a chi bussa alla nostra porta dobbiamo, quanto meno, domandarci perché viene. Ci sono rifugiati e rifugiati, poveri che fuggono dalla guerra o dalla persecuzione politica. Essi possono essere una potenzialità per il nostro paese che, come altri, ha bisogno di manodopera per quei lavori che gli italiani non vogliono più fare. È altrettanto certo che sarebbe sbagliata anche una politica che aprisse indiscriminatamente le porte a tutti e non sarebbe rispettosa degli altri.
Quello che non dobbiamo fare è assistere inerti a questo esodo. Accoglierli solo perché ne abbiamo bisogno, o perché ci sono lavori che nessuno vuol più fare …è troppo poco. In mezzo ai due estremi c’è la strada della giustizia che sa che la terra è di tutti e che sulla proprietà privata c’è una ipoteca sociale, come ricorda il papa in Laborem exercens, perché tutti gli uomini hanno diritto alla vita e al lavoro. La soluzione verrà dalla ricerca comune, dalla coscienza che alla radice ci sono situazioni di inimmaginabile povertà e ingiustizia, frutto di una politica non solo locale, ma anche mondiale della quale siamo responsabili in solido tutti. Finché il mondo ricco non si accollerà seriamente e concretamente i problemi del mondo povero e farà vedere, attraverso i mass media, anch’essi ormai globalizzati, una tavola imbandita, chi sente i morsi della fame, accorrerà per avere almeno le briciole.
fonte: http://www.sdtm.it/
Ps: cosa c'entra il cane con l'articolo? provate a rifletterci! Un indizio? provate a leggervi questo articolo del Corriere!
venerdì 4 luglio 2008
I “piccoli” e la nostra salvezza
Si va manifestando sempre più l’identità vera di Gesù e quindi della sua missione tra di noi e la nostra difficoltà a capirla. Abbiamo visto Gesù che va a pranzo con i peccatori e i pubblicani …e i farisei si scandalizzano. Gesù si commuove di compassione per le folle perché erano stanche e sfinite come pecore senza pastore, e vuole che i suoi discepoli le consolino e le curino … In questo capitolo 11°, si intensificano incomprensioni e resistenze verso di lui: Giovanni Battista non ne coglie la novità, il popolo non lo comprende, i farisei lo dichiarano indemoniato, e i villaggi sul lago, dove più si è speso come amico, profeta, taumaturgo, sono refrattari al suo messaggio. Gesù ne rimane molto deluso…: ha nelle orecchie i commenti su di lui degli esperti delle Scritture: Ecco un mangione e un beone, amico dei pubblicani e dei peccatori… e soffre per l’inutilità della sua predicazione: “si mise a rimproverare le città nelle quali aveva compiuto il maggior numero di miracoli, erché non si erano convertite…”
È arrivato al fondo di un vicolo cieco ‑ e proprio qui, si apre uno squarcio inaspettato di gioia… si spalancano orizzonti nuovi luminosi, entro i quali addirittura brilla il volto del Padre e in lui Gesù sussulta di riconoscenza ed esulta nello Spirito Santo (Lc 10,21), perché ritrova il senso della sua avventura in questo mondo.
Tramite “i piccoli”!
Cosa vuol dire? Cosa ha scoperto?
Ha scoperto … come è fatto suo Padre! E quindi come sarà la sua propria storia di figlio mandato da lui a salvare il mondo. Quello che nell’eternità del loro amore è vero da sempre, adesso si sta incarnando nelle vicende difficili della sua storia umana: Ha scoperto come suo Padre vede e patisce le cose del mondo diversamente da lui, come considera inevitabile il rifiuto del mondo, ma anche del suo popolo. E come invece (e a chi) “gli piace” rivelarsi e nascondersi! Quant’è diverso dalle aspettative di gloria e onnipotenza dell’uomo, il suo misterioso agire di Padre nella storia, dentro i conflitti, i rifiuti, i fallimenti, la ingenua effimera buona volontà dei “buoni”… e la refrattarietà radicale di “tutti” al suo amore!
Non se ne accorge forse nessuno, ma sotto lo sguardo stupito e smarrito dei discepoli più vicini, questo sussulto di consapevolezza “riconoscente” di Gesù verso il Padre segna un salto di qualità e di prospettiva nel cammino culturale dell’umanità intera… come è avvenuto per il suo battesimo o la morte in croce. Su questo mistero “paterno” sta o crolla la fede dei suoi discepoli lungo i millenni. Lo si vedrà poco dopo quando il fondamento stesso della sua Chiesa, Pietro, dopo aver accolto felicemente l’ispirazione del Padre sulla messianicità di Gesù, di fronte a questo discrimine della sofferenza, diviene ‘satana’! Come tutti i discepoli, che appena il loro messia diventerà “piccolo e inerme” lo abbandoneranno tutti. Su questa scelta preferenziale dei piccoli come depositari delle “cose” del Regno si gioca il prestigio “a rovescio” dei discepoli di Gesù! – che ciascuno di noi, come la chiesa intera, fa una fatica immensa ad accettare. Ma il messaggio è chiaro!
1. La rivelazione del Padre passa attraverso i “piccoli” (in/fanti – non hanno neanche la parola!). L’esperienza di Gesù con i sapienti e gli intelligenti non è stata felice e arriverà ad uno scontro mortale…. ma la sua dichiarazione non è una condanna contro di loro: è invece un’esperienza di profonda coincidenza con le scelte del Padre, come a dire: è proprio così! è vero e bello così! Sono i poveri di spirito, i malati, le folle stanche, i bambini… coloro insomma che non sanno come salvarsi, che possono aprirsi davvero alla benevolenza del Padre, che preme sul cuore di tutti… Gesù capisce che lui stesso, pur continuando per ora tutti gli sforzi, le discussioni, i segni di salvezza, sarà spinto nell’abisso dell’impotenza…
2. l’uomo Gesù, (e Gesù soltanto) è il rivelatore del Padre in terra, proprio per aver capito questo ed esserne trasformato nel nodo della sua (nostra) umanità. Al punto di riconoscere nel Padre il proprio segreto più intimo: tutto mi è stato dato dal Padre mio… Questo mistero inaudito è stato scritto lì, certamente, con parole così profonde e intense che gli esegeti dicono che sembra un testo di Giovanni. Gesù sta spalancando a noi il circuito trinitario (nessuno conosce il Figlio se non il Padre, e nessuno conosce il Padre se non il Figlio)… per dirci che questo circuito non si può ormai più chiudere storicamente (su questa terra come in cielo) se non attraverso questo anello mancante: i piccoli! Questa è l’intima rivelazione del segreto messianico del Padre, nel quale Gesù coinvolge colui al quale lo vuole rivelare ‑ per associarlo alla sua missione di salvezza del mondo!
3. venite a me voi tutti affaticati e oppressi! …fiumi di inchiostro si sono spesi per difendere Dio dal male del mondo, per proclamare tutti (credenti di ogni fede, atei, agnostici) che i piccoli, soprattutto, non devono soffrire. Gesù accoglie invece la contraddizione e ci si sprofonda, ma non la risolve storicamente, come tutti si aspetterebbero... Propone un modo di viverla nuovo, riferito a lui e alla sua esperienza del Padre nella storia: Prendete il mio giogo sopra di voi e imparate da me, che sono mite e piccolo di cuore, e troverete sollievo per le vostre anime. Il mio giogo infatti è utile e il mio carico leggero. Dunque la sua croce rimane un peso smisurato sulle sue spalle, e neanche sarà leggera la croce di chi lo segue! Il segreto sembra essere nella mitezza e inermità con cui si affida alla benevolenza del Padre che in lui (loro!) sta portando avanti la salvezza del mondo. Qui c’è un abisso, un vuoto, nel quale si inoltra chi lo segue senza resistenze, chi il Padre ha chiamato, chi ne riceve il regalo terribile di sofferenza, impotenza, infermità… mantenendo in cuore la mitezza. Dal suo intimo sgorgherà lo zampillo d’acqua, il barlume di luce sufficiente a sperimentare …che il Padre ha ragione!
...via verità e vita…
Gesù dunque taglia via dalla conoscenza dei misteri del Regno (queste cose!) gli specialisti della teoria (teologi, scienziati, scribi e farisei… chierici) e gli specialisti della prassi (asceti, santi… galantuomini) coloro insomma che hanno accesso a Dio e ai grandi problemi dell’uomo e della sua storia… Saranno anche competenti e tocca a loro condurre il mondo e le chiese… ma Gesù continua imperterrito ad affermare che il Padre si è compiaciuto di “rivelare” i veri segreti del senso della storia, ai piccoli. Rivelare “queste cose” – cioè effettuarle storicamente, vuol dire… ‘Lui’, da che parte sta! da dove salva il mondo! con i piccoli!
Tutta la lotta che segna la vicenda umana, a livello personale e sociale, tra legge della carne (carri e cavalli - risorse della legge e della morale… potenza delle capacità umane) e legge dello spirito (un puledro di asina, la fatica e l’oppressione, la piccolezza e l’insignificanza) … è raccolta e simboleggiata anche da Zaccaria e a Paolo … nei piccoli del Vangelo, salvati per grazia dello Spirito: per dare vita anche ai loro corpi mortali (Inutili! noi pensiamo… censurando che la sorte del nostro corpo è, alla fine, uguale).
Nella sua avventura umana - nel suo corpo! nel loro corpo! - abitati dall’interno da una dinamica dello Spirito totalmente diversa dalla legge della carne, Gesù si propone via e forza di salvezza. Come a dire: imparate da me (come ho imparato io!) la potenza della mitezza e della piccolezza: nei giorni della sua vita terrena offrì preghiere e suppliche, con forti grida e lacrime, a colui che poteva liberarlo dalla morte… e fu esaudito per la dolce consegna di sé . Pur essendo figlio, imparò l'obbedienza dalle cose che patì, e divenuto perfetto, divenne causa di salvezza per tutti quelli che gli obbediscono!… (Eb 5,7s).
il punto cieco - il corpo mancante della chiesa e della società …
… lo statuto dei mistici è di non raggiungere mai il dio per cui vivono, quello dei piccoli è di non raggiungere… niente! Ma di essere abitati da un Padre inerme… che li rende “il vangelo vivo” che, in ogni cultura, si fa fermento e seme di ciò che non c’è ancora, la profezia della salvezza ricercata, la denuncia della insensatezza di ogni violenza e reazione aggressiva.
Il Dio mondano, intuito dalla nostra intelligenza, ricercato dalla nostra orfanità affamata di onnipotenza,viene incessantemente e inevitabilmente ingabbiato nelle teologie e liturgie di noi intelligenti, sapienti, e clericali… E così intercetta e impedisce il contatto con il Padre, sperimentato e rivelato da Gesù. Censura, quindi il vero scandalo! Elimina l’anello storico del circuito trinitario: i piccoli, che sono in mezzo a noi, senza importanza, pietre scartate, ma sono le chiavi di volta della salvezza della storia. Perché la salvezza è indivisibile: se non si salva il più piccolo non si salva nessuno!
… i cristiani si affannano cercando come presentare meglio Dio nella società e cultura secolarizzata di oggi, correndo avanti o indietro, aggiornando (o ripristinando) abiti e linguaggi…
Dio… non so dove sia! Ma il Padre di Gesù Cristo, forse è nascosto negli accampamenti zingari, in fila con i “piccoli” rom, a farsi schedare e prendere le impronte – e chi si accorgerà che sono le impronte di Dio?!
venerdì 2 novembre 2007
Dalla mediocrità all’eccellenza: lo “scambio”

Il problema principale è quello dell’accoglienza della diversità, sempre esaltata come ricchezza, come ciò che mi completa, sorgente di scambio, di innovazione e di creatività per il genere umano. La mia identità può, nella sua formazione e manifestazione dipendere dell’altro? Il diverso è forse alienante? Perché l’altro ci destabilizza, ci spaventa, ci provoca, ci “ruba spazio” e ci toglie il “muro di sicurezza” che ci circonda?
Il Vangelo, la narrazione credente del fatto Gesù, che non è solo un luogo del credo, ma la storia di un uomo, (senza escludere altri linguaggi storicamente dati), nello svelare l’originaria energia comunicativa dell’evento linguistico, ci offre spunti per radicarci in una prospettiva nuova in vista dell’accoglienza-ascolto dell’altro, dove è l’altro a dirmi la verità su me stesso.
L’alterità per non cadere nella reificazione assolutista dell’altro, presuppone una reciprocità, segno di complementarità e di accoglienza vicendevole, perché l’alterità è una componente essenziale della reciprocità. Quindi trattandosi dei “volti” che si incontrano è preferibile l’uso del termine di “scambio” per sottolineare la sete di complementarità dell’altro che mi compie e mi determina…
Nella fede si radica, (si rende operante) l’alterità che Dio opera in me, le fede intesa qui come anticipazione dell’indisponibile. Nella fede infatti noi accogliamo la diversità di Gesù come riferimento ultimo di noi stessi. Più propriamente ancora, la fede costituisce l’esperienza di un lasciarsi accogliere nella diversità di Cristo, come anche afferma san Paolo: “non sono io che vivo, è Cristo che vive in me”. Questo è il senso della nostra consacrazione battesimale o religiosa.
“Quindi se uno è in Cristo, è una creatura nuova; le cose vecchie sono passate, ecco ne sono nate di nuove. Tutto questo però viene da Dio, che ci ha riconciliati con sé mediante Cristo e ha affidato a noi il ministero della riconciliazione. E' stato Dio infatti a riconciliare a sé il mondo in Cristo, non imputando agli uomini le loro colpe e affidando a noi la parola della riconciliazione. Noi fungiamo quindi da ambasciatori per Cristo, come se Dio esortasse per mezzo nostro. Vi supplichiamo in nome di Cristo: lasciatevi riconciliare con Dio. Colui che non aveva conosciuto peccato, Dio lo trattò da peccato in nostro favore, perché noi potessimo diventare per mezzo di lui giustizia di Dio.”
La comunione di amicizia che la presenza della diversità divina stabilisce tra di noi, evidenzia la manifestazione stessa di ciò che Dio è: la sua “epifania”. Il motivo dell’accoglienza della diversità ultima, non è quindi un adattamento estrinseco a un altro, ma è proprio ciò che ne mette allo scoperto l’identità ultima.
Il compito della fede cristiana è quindi per sua stessa natura un’assunzione di alterità, un rifacimento di soggettività attraverso uno “scambio”. Il rapporto tra due realtà radicalmente diverse, tra quella di Dio e quella dell’uomo, è il fondamento stesso della fede ed è costitutivamente un’assunzione dell’alterità.
Assimilato questo ci eviteremo tante guerre e discordie...
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