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mercoledì 16 febbraio 2011
mercoledì 16 giugno 2010
Pomigliano: l'illusione della libertà!
postato da
Mario
Provate a leggere fino in fondo questa schifezza di contratto... Gli operai sono oramai merce di scambio continuo (adesso capisco perché Quello-là parlava di superamento del conflitto tra capitale e lavoro: si è soppresso il lavoratore!): niente domenica per il turno di 4 giorni e praticamente invivibile per gli altri; niente possibilità di sottrarsi a straordinari e turni notturni; niente possibilità di partecipazioni alla vita civica o sociale se lede la produzione senza l'ok dell'azienda...
Mi chiedo se per una dignità umana così calpestata non sia preferibile morire di fame e chiudere l'azienda... sarebbe più dignitoso comunque andare a battere i marciapiedi per campare. La mia proposta è che una FIAT così è meglio che chiuda tutti gli stabilimenti in Italia e vada pure in Polonia o ci schiavizzerà tutti. D'ora in avanti non comprerò e sconsiglierò di comprare auto FIAT anzi rifiuterò persino di guidarle e se qualcuno le ha le butti via!
1) Orario di lavoro
La produzione della futura Panda si realizzerà con l’utilizzo degli impianti di produzione per 24 ore giornaliere e per 6 giorni la settimana, comprensivi del sabato, con uno schema di turnazione articolato a 18 turni settimanali.
L’attività lavorativa degli addetti alla produzione e collegati (quadri, impiegati e operai), a regime ordinario e ferma la durata dell’orario individuale contrattuale, sarà articolata su tre turni giornalieri di 8 ore ciascuno a rotazione, secondo i seguenti orari:
•primo turno dalle ore 6.00 alle ore 14.00, con la mezz’ora retribuita per la refezione dalle ore 13.30 alle ore 14.00;
•secondo turno dalle ore 14.00 alle ore 22.00, con la mezz’ora retribuita per la refezione dalle ore 21.30 alle ore 22.00;
•terzo turno dalle ore 22.00 alle ore 6.00 del giorno successivo, con la mezz’ora retribuita per la refezione dalle ore 5.30 alle ore 6.00.
La settimana lavorativa avrà pertanto inizio alle ore 6.00 del lunedì e cesserà alle ore 6.00 della domenica successiva.
Lo schema di orario prevede il riposo individuale a scorrimento nella settimana.
L’articolazione dei turni avverrà secondo lo schema di turnazione settimanale di seguito indicata: 1° – 3° – 2°
Il 18° turno, cadente tra le ore 22.00 del sabato e le ore 6.00 del giorno successivo, sarà coperto con la retribuzione afferente la festività del 4 Novembre e/o con una/due festività cadenti di domenica (sulla base del calendario annuo), con i permessi per i lavoratori operanti sul terzo turno maturati secondo le modalità previste dall’accordo 27 Marzo 1993 (mezz’ora accantonata sul terzo turno per 16 turni notturni effettivamente lavorati pari a 8 ore) e con la fruizione di permessi annui retribuiti (P. A. R. contrattuali) sino a concorrenza.
Le attività di manutenzione saranno invece svolte per 24 ore giornaliere nell’arco di 7 giorni la settimana per 21 turni settimanali. L’attività lavorativa degli addetti (quadri, impiegati e operai), a regime ordinario, sarà articolata su 3 turni strutturali di 8 ore ciascuno, con la mezz’ora retribuita per la refezione nell’arco del turno di lavoro a rotazione e con riposi individuali settimanali a scorrimento.
L’orario di lavoro giornaliero dei lavoratori addetti al turno centrale (quadri, impiegati e operai) va dalle ore 8.00 alle ore 17.00, con un’ora di intervallo non retribuito.
Per i quadri e gli impiegati addetti al turno centrale si conferma l’attuale sistema di flessibilità dell’orario di lavoro giornaliero (orario in entrata dalle ore 8 alle ore 9 calcolato a decorrere dal primo dodicesimo di ora utile). In alternativa, su richiesta delle Organizzazioni Sindacali nel caso in cui intendessero avvalersi della facoltà di deroga a quanto previsto dal D. Lgs. 66/2003 e successive modifiche e integrazioni in materia di riposi giornalieri e settimanali.
Lo schema di orario per lo stabilimento prevede, a livello individuale, una settimana a 6 giorni lavorativi e una a 4 giorni. L’articolazione dei turni avverrà secondo lo schema di turnazione settimanale di seguito indicata: 3° – 2° – 1°
Nella settimana a 4 giorni saranno fruiti 2 giorni consecutivi di riposo secondo il seguente schema:
- lunedì e martedì
ovvero
-mercoledì e giovedì
ovvero
-venerdì e sabato.
Preso atto delle richieste da parte delle Organizzazioni Sindacali dei lavoratori, al fine di non effettuare il 18° turno al sabato notte, lo stesso viene anticipato strutturalmente alla domenica notte precedente. Pertanto il riposo settimanale domenicale avviene dalle ore 22 del sabato alle ore 22 della domenica.
2) Lavoro straordinario
Per far fronte alle esigenze produttive di avviamenti, recuperi o punte di mercato, l’azienda potrà far ricorso a lavoro straordinario per 80 ore annue pro capite, senza preventivo accordo sindacale, da effettuare a turni interi.
Nel caso dell’organizzazione dell’orario di lavoro sulla rotazione a 18 turni, il lavoro straordinario potrà essere effettuato a turni interi nel 18° turno, già coperto da retribuzione secondo le modalità indicate al capitolo orario di lavoro, o nelle giornate di riposo.
L’Azienda comunicherà ai lavoratori, di norma con 4 giorni di anticipo, la necessità di ricorso al suddetto lavoro straordinario e terrà conto di esigenze personali entro il limite del 20% con sostituzione tramite personale volontario.
Con accordo individuale tra azienda e lavoratore, l’attività lavorativa sul 18° turno potrà essere svolta a regime ordinario, con le maggiorazioni del lavoro notturno: in tal caso non si darà corso alla copertura retributiva collettiva del 18° turno.
Il lavoro straordinario, nell’ambito delle 200 ore annue pro capite, potrà essere effettuato per esigenze produttive, tenuto conto del sistema articolato di pause collettive nell’arco del turno, durante la mezz’ora di intervallo tra la fine dell’attività lavorativa di un turno e l’inizio dell’attività lavorativa del turno successivo. In questo caso la comunicazione ai lavoratori del lavoro straordinario per esigenze produttive saranno effettuate con un preavviso minimo di 48 ore.
3) Rapporto diretti-indiretti
Con l’avvio della produzione della futura Panda e in relazione al programma formativo saranno riassegnate ai lavoratori le mansioni necessarie per assicurare un corretto equilibrio tra operai diretti e indiretti, garantendo ai lavoratori la retribuzione e l’inquadramento precedentemente acquisiti, anche sulla base di quanto previsto dall’art. 4, comma 11, Legge 223/91. Inoltre, a fronte di particolari fabbisogni organizzativi potrà essere richiesto ai lavoratori, compatibilmente con le loro competenze professionali, la successiva assegnazione ad altre postazioni di lavoro.
4) Bilanciamenti produttivi
La quantità di produzione prevista da effettuare per ogni turno, su ciascuna linea, e il corretto rapporto produzione/organico saranno assicurati mediante la gestione della mobilità interna da area ad area nella prima ora del turno in relazione agli eventuali operai mancanti o, nell’arco del turno, per fronteggiare le perdite derivanti da eventuali fermate tecniche e produttive.
5) Organizzazione del lavoro
Per riportare il sistema produttivo dello stabilimento Giambattista Vico alle migliori condizioni degli standard internazionali di competitività, si opererà, da un lato, sulle tecnologie e sul prodotto e, dall’altro lato, sul miglioramento dei livelli di prestazione lavorativa con le modalità previste dal sistema WCM e dal sistema Ergo-UAS.
Le soluzioni ergonomiche migliorative, derivanti dall’applicazione del sistema Ergo-UAS, permettono, sulle linee a trazione meccanizzata con scocche in movimento continuo, un regime di tre pause di 10 minuti ciascuna, fruite in modo collettivo, nell’arco del turno di lavoro, che sostituiscono le attuali due pause di 20 minuti ciascuna. Sui tratti di linea meccanizzata denominati «passo – passo», in cui l’avanzamento è determinato dai lavoratori mediante il cosiddetto «pulsante di consenso», le soluzioni ergonomiche migliorative permettono un regime di tre pause di 10 minuti ciascuna, fruite in modo collettivo o individuale a scorrimento sulla base delle condizioni tecnico-organizzative, che sostituiscono le attuali due pause di 20 minuti ciascuna. Per tutti i restanti lavoratori diretti e collegati al ciclo produttivo le soluzioni ergonomiche migliorative permettono la conferma della pausa di 20 minuti, da fruire anche in due pause di 10 minuti ciascuna in modo collettivo o individuale a scorrimento.
Con l’avvio del nuovo regime di pause, i 10 minuti di incremento della prestazione lavorativa nell’arco del turno, per gli addetti alle linee a trazione meccanizzata con scocche in movimento continuo e per gli addetti alle linee «passo-passo» a trazione meccanizzata con «pulsante di consenso», saranno monetizzati in una voce retributiva specifica denominata «indennità di prestazione collegata alla presenza».
L’importo forfetario, da corrispondere solo per le ore di effettiva prestazione lavorativa, con esclusione tra l’altro delle ore di inattività, della mezz’ora di mensa e delle assenze la cui copertura retributiva è per legge e/o contratto parificata alla prestazione lavorativa, per tutti gli aventi diritto, in misura di 0,1813 euro lordi ora. Tale importo è onnicomprensivo ed è escluso dal TFR, dal momento che, in sede di quantificazione, si è tenuto conto di ogni incidenza sugli istituti legali e/o contrattuali e pertanto il suddetto importo forfetario orario è comprensivo di tutti gli istituti legali e/o contrattuali.
6) Formazione
È previsto un importante investimento in formazione per preparare i lavoratori e metterli in condizioni di operare nella nuova realtà produttiva. Le attività formative si svolgeranno contemporaneamente alla ristrutturazione degli impianti e saranno fortemente collegate alle logiche WCM. I corsi di formazione saranno tenuti con i lavoratori in cigs e le Parti convengono fin d’ora che la frequenza ai corsi sarà obbligatoria per i lavoratori interessati. Il rifiuto immotivato alla partecipazione nonché l’ingiustificata mancata frequenza ai corsi, oltre a dar luogo alle conseguenze di legge, costituirà a ogni effetto comportamento disciplinarmente perseguibile.
Non sarà richiesto a carico Azienda alcuna integrazione o sostegno al reddito, sotto qualsiasi forma diretta o indiretta, per i lavoratori in cigs che partecipino ai corsi di formazione.
7) Recuperi produttivi
Le perdite della produzione non effettuata per causa di forza maggiore o a seguito di interruzione delle forniture potranno essere recuperate collettivamente, a regime ordinario, entro i sei mesi successivi, oltre che nella mezz’ora di intervallo fra i turni, nel 18° turno (salvaguardando la copertura retributiva collettiva) o nei giorni di riposo individuale.
8) Assenteismo
Per contrastare forme anomale di assenteismo che si verifichino in occasione di particolari eventi non riconducibili a forme epidemiologiche, quali in via esemplificativa ma non esaustiva, astensioni collettive dal lavoro, manifestazioni esterne, messa in libertà per cause di forza maggiore o per mancanza di forniture, nel caso in cui la percentuale di assenteismo sia significativamente superiore alla media, viene individuata quale modalità efficace la non copertura retributiva a carico dell’azienda dei periodi di malattia correlati al periodo dell’evento. A tale proposito l’Azienda è disponibile a costituire una commissione paritetica, formata da un componente della RSU per ciascuna delle organizzazioni sindacali interessate e da responsabili aziendali, per esaminare i casi di particolare criticità a cui non applicare quanto sopra previsto.
Considerato l’elevato livello di assenteismo che si è in passato verificato nello stabilimento in concomitanza con le tornate elettorali politiche, amministrative e referendum, tale da compromettere la normale effettuazione dell’attività produttiva, lo stabilimento potrà essere chiuso per il tempo necessario e la copertura retributiva sarà effettuata con il ricorso a istituti retributivi collettivi (PAR residui e/o ferie) e l’eventuale recupero della produzione sarà effettuato senza oneri aggiuntivi a carico dell’azienda e secondo le modalità definite.
Il riconoscimento dei riposi/pagamenti, di cui alla normativa vigente in materia elettorale, sarà effettuato, in tale fattispecie, esclusivamente nei confronti dei presidenti, dei segretari e degli scrutatori di seggio regolarmente nominati e dietro presentazione di regolare certificazione. Saranno altresì individuate, a livello di stabilimento, le modalità per un’equilibrata gestione dei permessi retribuiti di legge e/o contratto nell’arco della settimana lavorativa.
9) Cigs
Il radicale intervento di ristrutturazione dello stabilimento Giambattista Vico per predisporre gli impianti alla produzione della futura Panda presuppone il riconoscimento, per tutto il periodo del piano di ristrutturazione, della cassa integrazione guadagni straordinaria per ristrutturazione per due anni dall’avvio degli investimenti, previo esperimento delle procedure di legge.
In considerazione degli articolati interventi impiantistici e formativi previsti nonché della necessità di mantenimento dei normali livelli di efficienza nelle attività previste, non potranno essere adottati meccanismi di rotazione tra i lavoratori, non sussistendone le condizioni.
10) Abolizione voci retributive
A partire dal 1° gennaio 2011 sono abolite le seguenti voci retributive, di cui all’accordo del 4 maggio 1987 Parte III (Armonizzazione normativa e retributiva):
-paghe di posto
-indennità disagio linea
-premio mansione e premi speciali.
Le suddette voci, per i lavoratori per i quali siano considerate parte della retribuzione di riferimento nel mese di dicembre 2010, saranno accorpate nella voce «superminimo individuale non assorbibile» a far data dal 1° gennaio 2011 secondo importi forfettari.
11) Maggiorazioni lavoro straordinario, notturno e festivo
Sono confermate le attuali maggiorazioni comprensive dell’incidenza sugli istituti legali e contrattuali.
12) Polo logistico di Nola
È confermata la missione del polo logistico della sede di Nola.
Eventuali future esigenze di organico potranno essere soddisfatte con il trasferimento di personale dalla sede di Pomigliano d’Arco.
13) Clausola di responsabilità
Tutti i punti di questo documento costituiscono un insieme integrato, sicché tutte le sue clausole sono correlate ed inscindibili tra loro, con la conseguenza che il mancato rispetto degli impegni eventualmente assunti dalle Organizzazioni Sindacali e/o dalla RSU ovvero comportamenti idonei a rendere inesigibili le condizioni concordate per la realizzazione del Piano e i conseguenti diritti o l’esercizio dei poteri riconosciuti all’Azienda dal presente accordo, posti in essere dalle Organizzazioni Sindacali e/o dalla RSU, anche a livello di singoli componenti, libera l’Azienda dagli obblighi derivanti dalla eventuale intesa nonché da quelli derivanti dal CCNL Metalmeccanici in materia di:
-contributi sindacali
-permessi sindacali retribuiti di 24 ore al trimestre per i componenti degli organi direttivi nazionali e provinciali delle Organizzazioni Sindacali
ed esonera l’Azienda dal riconoscimento e conseguente applicazione delle condizioni di miglior favore rispetto al CCNL Metalmeccanici contenute negli accordi aziendali in materia di:
-permessi sindacali aggiuntivi oltre le ore previste dalla legge 300/70 per i componenti della RSU
-riconoscimento della figura di esperto sindacale e relativi permessi sindacali.
Inoltre comportamenti, individuali e/o collettivi, dei lavoratori idonei a violare, in tutto o in parte e in misura significativa, le presenti clausole ovvero a rendere inesigibili i diritti o l’esercizio dei poteri riconosciuti da esso all’Azienda, facendo venir meno l’interesse aziendale alla permanenza dello scambio contrattuale ed inficiando lo spirito che lo anima, producono per l’Azienda gli stessi effetti liberatori di quanto indicato alla precedente parte del presente punto.
14) Clausole integrative del contratto individuale di lavoro
Le clausole indicate integrano la regolamentazione dei contratti individuali di lavoro al cui interno sono da considerarsi correlate ed inscindibili, sicché la violazione da parte del singolo lavoratore di una di esse costituisce infrazione disciplinare di cui agli elenchi, secondo gradualità, degli articoli contrattuali relativi ai provvedimenti disciplinari conservativi e ai licenziamenti per mancanze e comporta il venir meno dell’efficacia nei suoi confronti delle altre clausole.
lunedì 18 gennaio 2010
lunedì 11 gennaio 2010
Tammurriata nera
postato da
Mario
di Giulia Galeotti
Oltre che disgustosi, gli episodi di razzismo che rimbalzano dalla cronaca ci riportano all'odio muto e selvaggio verso un altro colore di pelle che credevamo di aver superato. Per una volta, la stampa non enfatizza: un viaggio in treno, una passeggiata nel parco o una partita di calcio, non lasciano dubbi. Non abbiamo mai brillato per apertura, noi italiani dal Nord in giù. Né siamo stati capaci di riscattarci, quando il "diverso" s'è fatto più vicino, nel mulatto, a prescindere dalle diversissime cause per cui ciò è avvenuto. Sia stato il risultato di un atto d'amore o, invece, di uno stupro, ben difficilmente abbiamo considerato quel bambino come nostro, al pari dei nostri. Anzi, la doppia appartenenza è sembrata (e continua a sembrare) una minaccia ulteriore. In questo, davvero a nulla è servito l'esempio americano: l'Obama-mania che imperversa trasversalmente, dalla politica all'arte, dallo stile al linguaggio, non ha invece fatto breccia alcuna nel dimostrare il valore dell'incontro tra razze diverse.
Le esperienze coloniali del Regno d'Italia di problemi ne avevano posti diversi da subito. Integrando di fantasia, già Pirandello aveva raccontato - in Novelle per un anno, Zafferanetta - di una Norina Rua della Sabina, che accettò di sposare il giovane Sirio Bruzzi, pur sapendo della figlia di cinque anni che gli aveva "laggiù", a Mokàla in Congo. E accettò anche, la poverina, che l'uomo facesse salire in Italia "quel fiore selvaggio della sua vita avventurosa" a vivere con loro. Titti, alias Zafferanetta (come la ribattezza la cameriera) arriva quando la Norina è già incinta di un mese, e l'incontro tra la donna e la "pupattola ramata" non promette nulla di buono (presagendo quel che sarà). Sirio "le entrò in camera con le braccia e le gambe di quel mostriciattolo avviticchiate al collo e al petto. Non vide dapprima che queste gambe e queste braccia, gracili, color zafferano, e i capelli ricci, gremiti, piuttosto lunghi, boffici e quasi metallici. Quand'egli alla fine riuscì a sviticchiarla da sé, parlandole in quello strano linguaggio infantile, ed ella potè vederle la faccia, anch'essa color zafferano, con quel casco di capelli ricci d'ebano quasi soprammessi, la fronte ovale, protuberante, gli occhioni densi, truci, fuggevoli, smarriti, il nasino a pallottola e i labbruzzi divaricati, non tumidi, un po' lividi, si sentì gelare: istintivamente compose il volto a una espressione di pena e di raccapriccio". Né, dopo la prima impressione, le cose migliorano. "Teneva le labbra serrate e le manine rattratte, e vibrava tutta ad ogni minimo rumore. (...) Doveva essere invasa dallo sgomento quell'animuccia selvaggia. Norina stava a mirarla in silenzio, quando Sirio non c'era; e, mirandola, s'accorgeva che veramente (...) non era poi tanto brutta: solo la tinta, quella tinta ramata, incuteva ribrezzo. E Zafferanetta, immobile, seduta su una sediola di bambù, si lasciava mirare".
Con Mussolini l'avversione al mulatto assume una veste inedita. Nel 1938, per esempio, un processo per procurato aborto vede alla sbarra la giovane nubile che vi s'è sottoposta, insieme con l'infermiera che l'ha praticato. Se la corte sarà reggimentalmente severa con quest'ultima ("bisogna stroncare questa forma di attività che a scopo di lucro è così esiziale alla integrità della stirpe e agli interessi vitali della Nazione che sono legati alla potenza demografica"), nei confronti della giovane il tono è, evidentemente, ben diverso. "Merita grande pietà per un particolare intimo venuto in luce in udienza, e cioè che avendo avuto rapporti con un negro, autista della delegazione di Cuba, maggiore sarebbe stato il suo disonore se il prodotto del concepimento fosse venuto alla luce".
Il clima post bellico, per evidenti ragioni, coinvolge anche i mulattini. Se ne parlò già in Assemblea costituente, tra gli altri, il 21 aprile 1947, durante un intervento del repubblicano Aldo Spallacci (medico-chirurgo). "Dovremmo noi restare indifferenti a quegli incroci tra razza bianca e razza nera, che hanno tanto preoccupato la nazione inglese? Lungi da noi il pensiero di razza inferiore o razza superiore. Questi incroci tra razze, che hanno scarsa affinità, non sono fatti per migliorare il nostro tipo umano. I mulatti sono scarsamente resistenti al logorio ambientale dei nostri climi e molto vulnerabili al dente delle malattie. Su queste creature noi ci curviamo con la stessa trepidazione con cui ci curviamo sopra tutte le culle, come davanti a un punto interrogativo del mistero della vita. E pensiamo, col rossore sul volto, che questo colore italo-nero nelle guance di questi bimbi rappresenta il senso di abiezione della patria; e questo senso di tristezza lo sentiamo tutti quanti nel cuore, come senso angoscioso di responsabilità per tutti. A un dato momento questa ondata di corruzione è passata sul nostro Paese, perché, oltre alle violenze delle truppe saccheggiatrici, liberatrici, ossessionate dal sensualismo, c'è stata anche la prostituzione e la corruzione. Noi ci volgiamo a questi illegittimi collo stesso sguardo con cui guardiamo tutti gli altri nostri bambini". Uno sguardo di cui, in realtà, in pochissimi furono capaci. Tra questi, un uomo alto ed elegante, don Carlo Gnocchi e la sua fondazione Pro Juventute, da lui creata proprio per dare cura, assistenza e formazione - tese profeticamente all'integrazione sociale - a "orfani di guerra, mutilatini, mulattini, tutte vittime innocenti della barbarie umana".
Con ottica ben distante, nel 1949 il deputato Silvio Paolucci aveva presentato una proposta di legge volta ad aggiungere all'articolo 235 del Codice civile, che regolava il disconoscimento di paternità, una nuova ipotesi: quella in cui il figlio risultasse di razza diversa da quella del marito della madre. Un tempismo quasi obbligato: proprio nel 1949 aveva suscitato enorme scandalo la decisione dei giudici di Firenze di rigettare la domanda di un padre toscano che aveva chiesto di disconoscere il figlio di colore.
Per fortuna, comunque, ci aveva pensato Napoli, dove nel 1945 Edoardo Nicolardi - all'epoca dirigente di un ospedale cittadino - aveva scritto la celeberrima Tammurriata Nera. Nel vivace botta e risposta con la gente del vicolo, il protagonista-spettatore commenta un fatto "strano", la nascita di un bambino nero da una ragazza partenopea. Nella canzone lo stupore per un fenomeno nuovo ("io nun capisco 'e vvote che succede / e chello ca se vede nun se crede / è nato nu criaturo è nato niro") e diffuso ("sti cose nun so' rare se ne vedono a migliare"), viene spiegato in modo affascinante e singolare: "'e vvote basta solo 'na guardata / e 'a femmina è rimasta sott''a botta impressionata". Interviene quindi il parularo: poco importa che sia dalla pelle bianca o nera, rimane una creatura. "Addó pastíne 'o ggrano, 'o ggrano cresce: riesce o nun riesce, sempe è ggrano chello ch'esce!". Nel 2010, invece, siamo ancora all'odio. Ora muto, ora scandito e ritmato dagli sfottò, ora fattosi gesto concreto.
©L'Osservatore Romano - 11-12 gennaio 2010)
Oltre che disgustosi, gli episodi di razzismo che rimbalzano dalla cronaca ci riportano all'odio muto e selvaggio verso un altro colore di pelle che credevamo di aver superato. Per una volta, la stampa non enfatizza: un viaggio in treno, una passeggiata nel parco o una partita di calcio, non lasciano dubbi. Non abbiamo mai brillato per apertura, noi italiani dal Nord in giù. Né siamo stati capaci di riscattarci, quando il "diverso" s'è fatto più vicino, nel mulatto, a prescindere dalle diversissime cause per cui ciò è avvenuto. Sia stato il risultato di un atto d'amore o, invece, di uno stupro, ben difficilmente abbiamo considerato quel bambino come nostro, al pari dei nostri. Anzi, la doppia appartenenza è sembrata (e continua a sembrare) una minaccia ulteriore. In questo, davvero a nulla è servito l'esempio americano: l'Obama-mania che imperversa trasversalmente, dalla politica all'arte, dallo stile al linguaggio, non ha invece fatto breccia alcuna nel dimostrare il valore dell'incontro tra razze diverse.
Le esperienze coloniali del Regno d'Italia di problemi ne avevano posti diversi da subito. Integrando di fantasia, già Pirandello aveva raccontato - in Novelle per un anno, Zafferanetta - di una Norina Rua della Sabina, che accettò di sposare il giovane Sirio Bruzzi, pur sapendo della figlia di cinque anni che gli aveva "laggiù", a Mokàla in Congo. E accettò anche, la poverina, che l'uomo facesse salire in Italia "quel fiore selvaggio della sua vita avventurosa" a vivere con loro. Titti, alias Zafferanetta (come la ribattezza la cameriera) arriva quando la Norina è già incinta di un mese, e l'incontro tra la donna e la "pupattola ramata" non promette nulla di buono (presagendo quel che sarà). Sirio "le entrò in camera con le braccia e le gambe di quel mostriciattolo avviticchiate al collo e al petto. Non vide dapprima che queste gambe e queste braccia, gracili, color zafferano, e i capelli ricci, gremiti, piuttosto lunghi, boffici e quasi metallici. Quand'egli alla fine riuscì a sviticchiarla da sé, parlandole in quello strano linguaggio infantile, ed ella potè vederle la faccia, anch'essa color zafferano, con quel casco di capelli ricci d'ebano quasi soprammessi, la fronte ovale, protuberante, gli occhioni densi, truci, fuggevoli, smarriti, il nasino a pallottola e i labbruzzi divaricati, non tumidi, un po' lividi, si sentì gelare: istintivamente compose il volto a una espressione di pena e di raccapriccio". Né, dopo la prima impressione, le cose migliorano. "Teneva le labbra serrate e le manine rattratte, e vibrava tutta ad ogni minimo rumore. (...) Doveva essere invasa dallo sgomento quell'animuccia selvaggia. Norina stava a mirarla in silenzio, quando Sirio non c'era; e, mirandola, s'accorgeva che veramente (...) non era poi tanto brutta: solo la tinta, quella tinta ramata, incuteva ribrezzo. E Zafferanetta, immobile, seduta su una sediola di bambù, si lasciava mirare".
Con Mussolini l'avversione al mulatto assume una veste inedita. Nel 1938, per esempio, un processo per procurato aborto vede alla sbarra la giovane nubile che vi s'è sottoposta, insieme con l'infermiera che l'ha praticato. Se la corte sarà reggimentalmente severa con quest'ultima ("bisogna stroncare questa forma di attività che a scopo di lucro è così esiziale alla integrità della stirpe e agli interessi vitali della Nazione che sono legati alla potenza demografica"), nei confronti della giovane il tono è, evidentemente, ben diverso. "Merita grande pietà per un particolare intimo venuto in luce in udienza, e cioè che avendo avuto rapporti con un negro, autista della delegazione di Cuba, maggiore sarebbe stato il suo disonore se il prodotto del concepimento fosse venuto alla luce".
Il clima post bellico, per evidenti ragioni, coinvolge anche i mulattini. Se ne parlò già in Assemblea costituente, tra gli altri, il 21 aprile 1947, durante un intervento del repubblicano Aldo Spallacci (medico-chirurgo). "Dovremmo noi restare indifferenti a quegli incroci tra razza bianca e razza nera, che hanno tanto preoccupato la nazione inglese? Lungi da noi il pensiero di razza inferiore o razza superiore. Questi incroci tra razze, che hanno scarsa affinità, non sono fatti per migliorare il nostro tipo umano. I mulatti sono scarsamente resistenti al logorio ambientale dei nostri climi e molto vulnerabili al dente delle malattie. Su queste creature noi ci curviamo con la stessa trepidazione con cui ci curviamo sopra tutte le culle, come davanti a un punto interrogativo del mistero della vita. E pensiamo, col rossore sul volto, che questo colore italo-nero nelle guance di questi bimbi rappresenta il senso di abiezione della patria; e questo senso di tristezza lo sentiamo tutti quanti nel cuore, come senso angoscioso di responsabilità per tutti. A un dato momento questa ondata di corruzione è passata sul nostro Paese, perché, oltre alle violenze delle truppe saccheggiatrici, liberatrici, ossessionate dal sensualismo, c'è stata anche la prostituzione e la corruzione. Noi ci volgiamo a questi illegittimi collo stesso sguardo con cui guardiamo tutti gli altri nostri bambini". Uno sguardo di cui, in realtà, in pochissimi furono capaci. Tra questi, un uomo alto ed elegante, don Carlo Gnocchi e la sua fondazione Pro Juventute, da lui creata proprio per dare cura, assistenza e formazione - tese profeticamente all'integrazione sociale - a "orfani di guerra, mutilatini, mulattini, tutte vittime innocenti della barbarie umana".
Con ottica ben distante, nel 1949 il deputato Silvio Paolucci aveva presentato una proposta di legge volta ad aggiungere all'articolo 235 del Codice civile, che regolava il disconoscimento di paternità, una nuova ipotesi: quella in cui il figlio risultasse di razza diversa da quella del marito della madre. Un tempismo quasi obbligato: proprio nel 1949 aveva suscitato enorme scandalo la decisione dei giudici di Firenze di rigettare la domanda di un padre toscano che aveva chiesto di disconoscere il figlio di colore.
Per fortuna, comunque, ci aveva pensato Napoli, dove nel 1945 Edoardo Nicolardi - all'epoca dirigente di un ospedale cittadino - aveva scritto la celeberrima Tammurriata Nera. Nel vivace botta e risposta con la gente del vicolo, il protagonista-spettatore commenta un fatto "strano", la nascita di un bambino nero da una ragazza partenopea. Nella canzone lo stupore per un fenomeno nuovo ("io nun capisco 'e vvote che succede / e chello ca se vede nun se crede / è nato nu criaturo è nato niro") e diffuso ("sti cose nun so' rare se ne vedono a migliare"), viene spiegato in modo affascinante e singolare: "'e vvote basta solo 'na guardata / e 'a femmina è rimasta sott''a botta impressionata". Interviene quindi il parularo: poco importa che sia dalla pelle bianca o nera, rimane una creatura. "Addó pastíne 'o ggrano, 'o ggrano cresce: riesce o nun riesce, sempe è ggrano chello ch'esce!". Nel 2010, invece, siamo ancora all'odio. Ora muto, ora scandito e ritmato dagli sfottò, ora fattosi gesto concreto.
©L'Osservatore Romano - 11-12 gennaio 2010)
martedì 12 agosto 2008
Noi, prostituti dentro!
postato da
Mario

Arrabbiata, spaventata e infine esausta. Rannicchiata a terra, mezza nuda, con il corpo sporco di polvere sul pavimento di una cella di sicurezza. La ragazza nigeriana fermata durante l'ultima retata anti-prostituzione e fotografata al comando della polizia municipale di Parma dopo che si era lasciata cadere a terra senza più forze, è diventata, suo malgrado, il simbolo di una nuova "caccia alle streghe", cominciata con la carta sulla sicurezza e proseguita con le ordinanze (applicate o solo annunciate) dei sindaci-sceriffo.
"Che cosa ha fatto di male quella donna per essere messa in una cella?", si chiede indignato un lettore. La risposta, provocatoria, arriva da Carla Corso, leader storica delle prostitute: "È una indesiderata, un'emarginata, una donna che forse è vittima di una tratta e che cerca di vivere o sopravvivere con il proprio corpo. E questo, in una Italia sempre più intollerante, è diventata una colpa". La lista dei divieti si allunga di giorno in giorno: vietato chiedere l'elemosina, lavare i vetri, rovistare nei cassonetti… "Essere poveri sta diventando un crimine e in questa fascia di nuovi perseguitati i più deboli sono gli immigrati e le donne… Ci sono troppe lucciole che sono schiave e si vendono sui marciapiedi perché minacciate da chi le ha fatte arrivare in Italia". "Le retate anti-prostituzione – continua – servono solo a fare impazzire le lucciole che scappano da una città all'altra o da un quartiere all'altro in cerca di un clima più tollerante. La ragazza fotografata chiederà mai aiuto a chi l'ha trattenuta in quella cella? Si fiderà mai delle forze dell'ordine? Anche se è vittima della tratta non glielo dirà e se, insieme alle sue colleghe, sarà cacciata in un cono d'ombra ancora maggiore, ad esempio se sarà costretta a prostituirsi in un appartamento, non incontrerà neppure volontari in grado di spiegargli che può entrare in un percorso di protezione. I sindaci-sceriffo stanno cavalcando il tema della prostituzione ottenendo come unico effetto quello di criminalizzare chi avrebbe bisogno di protezione". "Trovo vergognoso – continua Corso, riferendosi alla foto – quel corpo abbandonato a terra in un comando di polizia municipale. Trovo vergognoso che i nostri poliziotti, carabinieri e vigili urbani controllino gli immigrati senza informarli dei loro diritti e che si scambi la prostituzione per un problema di sicurezza".
continua in Repubblica.it
Nel vedere questa foto, nel leggere queste parole, di una (ex?) prostituta... mi appaiono ancora più attuali e inaudite le parole di Gesù: In verità vi dico: I pubblicani e le prostitute vi passano avanti nel regno di Dio. (Matteo 21,31)...
venerdì 13 giugno 2008
L’obbedienza della libertà… (se ti chiama un volto che ti ama!)
postato da
Mario
“…gratuitamente avete ricevuto, gratuitamente date!” …è il filo d’oro che collega i brani della Scrittura che ci sono proposti. È il seme che solo l’Amore preventivo poteva seminare nel cuore della materia inerte (la polvere biblica) perché divenisse nel corso dei tempi infiniti un cuore che pensa e che impara ad amare. È il fermento, che perduto nella nostra radice carnale, ci ha spinto al vertice del nostro essere: l’intera storia umana è un segno privilegiato di questo passaggio continuo, mai interrotto e mai compiuto, dalla condizione necessitata, oppressa e servile, a un regime di libertà. La miscela misteriosa tra pensiero, libertà e amore, tra desiderio dell’altro, voglia di dargli la vita per farlo crescere e rispetto profondo della sua alterità, è “il di più” che ci fa umani! Più un anelito che una conquista, ma qui si gioca il futuro dell’umanità, singolo uomo e famiglia umana. È in questo “più” che Gesù ha giocato la sua “chiamata” a portare a compimento la misteriosa strategia di amore del Padre (l’economia della salvezza raccontata nelle Scritture), promettendo e donando ai suoi discepoli, come definitivo Messia liberatore, un animatore e consolatore in questo difficile cammino…
“I cristiani sono un popolo messianico non perché ascoltano prediche rituali, non perché pregano: cose importanti queste, ma non distintive dei cristiani… il cristiano ha il suo segno distintivo nel liberarsi costantemente dai faraoni che gli occupano l’anima e il corpo. Questo è il suo segno distintivo. Con questo in più, che per il cristiano, la libertà totale non si consuma dentro il confine della storia, nell’arco carnale dell’esistenza: esso riguarda la totalità assoluta… Questa è la prima legge del popolo messianico! è una legge dura, che ci coinvolge ogni giorno… Di più, essa ci richiede di liberarci “dentro”, innanzi tutto, nell’intimo della nostra coscienza, dove si connettono le catene più invincibili” (Balducci)
vi ho sollevato su ali di aquila… fino a me
…c’è un’obbedienza a Dio che solleva l’uomo dalle catene che lo legano alla sua condizione servile (asservita!) per portarlo alla libertà. C’è dunque un legame a Dio (più una fede che una religione) che lo slega da ogni altra oppressione, perché ogni nido in cui pure siamo cresciuti, espletata la sua funzione, diventa presto un luogo di costrizione. Da quando Israele ha visto e sperimentato questo passaggio dalla schiavitù alla libertà… nell’esodo dall’Egitto, ha riscoperto fin nelle proprie radici questa caratteristica “pasquale” del Dio degli “eletti”, il Dio di Abramo, Isacco, Giacobbe…, nomadi e pellegrini in ogni terra, il Dio dei giudici, dei re, dei profeti; il Dio dei poveri e degli schiavi, dei prigionieri e degli oppressi, delle vedove e degli orfani. Finché Gesù, apertamente, con le sue parole e i suoi gesti, rivela che il Regno di Dio, che fa irruzione nella storia, vuol dire il passaggio degli uomini che lo accolgono dalla sudditanza, dalla schiavitù, dall’oppressione delle forze del male di ogni tipo, alla libertà di figli! Perché “eletti”, vuol dire esistenzialmente chiamati a partecipare della caratteristica qualificante della presenza di Dio nella storia: la libertà dell’amore! O… l’amore che libera, e apre sempre ulteriori strade di vita!
… mentre noi eravamo ancora peccatori, Cristo morì per gli empi
Non poteva che essere così, il primo passo! … e S. Paolo l’ha sperimentato sulla sua pelle: se non comincia il Signore ad amarci (donandoci la capacità di amarlo, che è la liberazione dalle catene della “necessità” del peccato personale e strutturale, che ci chiudono in noi stessi) come potremmo noi cominciare, mentre siamo ancora incatenati? Chi è ammalato o affamato o schiavo o violentato… non è libero, se non trova qualcuno che lo aiuta a entrare nelle condizioni minime di respiro umano, almeno acquisendo quel minimo di libertà e di coscienza che permette di guardare a sé e all’altro con amore. E l’amore è la voglia di bene per l’altro, una voglia che rigenera non solo chi riceve, ma altrettanto chi dona un po’ della propria attenzione, del proprio affetto, del proprio accudimento… insomma un poco della propria vita! La storia, o (detto alla luce dell’amore di Dio per l’uomo, manifestato nelle Scritture) “l’economia della salvezza” è il racconto del passaggio continuo, tormentato e colmo di contraddizioni e sofferenze, da un regime di necessità e oppressione della condizione umana ad una capacità di apprendere e conquistare… un’umanità più libera e dignitosa!
vedendo le folle ne sentì “compassione”, perché erano stanche e sfinite, come pecore senza pastore… …è una compassione per la sofferenza di una deturpazione o diminuzione della vita degli uomini, come si vede dal racconto di tutta la sua vita nei vangeli, e dai “poteri” conferiti ai suoi discepoli. Infatti il vocabolo greco fa riferimento all’amore materno, al grembo ove nasce e cresce la vita. Gesù prima di ogni valutazione morale o religiosa è preoccupato della vita. Aiutare la vita umana a crescere e dilatarsi è un compito universale e indivisibile: è la redenzione!. Questo è il fuoco interiore che farà saltare tutte le barriere culturali, religiose, razziali, che sono il tributo inevitabile dell’incarnazione di questa voglia di bene in un momento umano della storia … E quindi queste barriere culturali interiorizzate erano ancor presenti nel tempo di Gesù e persistenti anche quando l’universalità della missione dei suoi discepoli apparirà manifesta… Recinzioni appesantite da tentazioni esclusive non inclusive, stabili invece che provvisorie, sacralizzate piuttosto che umili difese di amori ancora immaturi… Steccati che ci affaticano e frenano ancor oggi, perché inquinano la “riconoscenza”, che è l’esperienza originaria di amore gratuito. Quella, appunto, della “chiamata”, che, “mentre siamo ancora divisi”, quando ancor contrapponiamo giusti e ingiusti, salvati e peccatori, ortodossi ed eretici… abbiamo però già tra di noi l’antidoto a questi veleni… e umilmente “ci gloriamo pure in Dio, per mezzo del Signore nostro Gesù Cristo, dal quale ora abbiamo ottenuto la riconciliazione”
Chiamati a sé i dodici discepoli, diede loro il potere di scacciare gli spiriti immondi e di guarire ogni sorta di malattie e d'infermità.
Un mandato a largo spettro. Quanto l’uomo soffre, tanto è il compito del discepolo di Gesù di aiutarlo a liberarsi! All'iniziativa di Dio, attuata da Cristo, segue la mediazione degli Apostoli e la costituzione di questo gruppo messianico di “mandati” (questo vuol dire ‘apostoli’) a liberare l’umanità stanca e sfinita come pecore senza pastore… Questi dodici Gesù li inviò dopo averli così istruiti… Una scelta radicale e determinata, questa, di legarsi e legarci storicamente a questi dodici e ai loro discepoli, promettendo di essere con loro in questo compito fino alla fine del mondo (Mt 28,20). Uomini con i loro nomi e i loro volti inconfondibili, la loro qualità umana modesta e povera, fatta di cuori grandi quanto fragili, di mani callose e situazioni sociali ambigue… ma tutti “bruciati” da un’esperienza di amore che gli ha trasformata e capovolta la vita!… La trasmissione della fede è dunque legata ai nomi e ai volti, non può diventare un’operazione di massa, perché è anzitutto un’esperienza di amore liberante. Non può essere ridotta a inculturazione, che ne può essere una conseguenza sociale. Non è un indottrinamento che sostituisca nozioni sul mondo e sull’uomo con altre nozioni migliori, ma altrettanto storicizzate e precarie… ma è l’annuncio (fatto di esperienza e speranza) che il “Regno di Dio è vicino”, per cui la gente sofferente riacquista umanità. E la chiesa ne dovrebbe essere il segno levato tra le nazioni: questo segno così raro e difficile, ma essenziale, è l’esperienza del gratuito!
“I cristiani sono un popolo messianico non perché ascoltano prediche rituali, non perché pregano: cose importanti queste, ma non distintive dei cristiani… il cristiano ha il suo segno distintivo nel liberarsi costantemente dai faraoni che gli occupano l’anima e il corpo. Questo è il suo segno distintivo. Con questo in più, che per il cristiano, la libertà totale non si consuma dentro il confine della storia, nell’arco carnale dell’esistenza: esso riguarda la totalità assoluta… Questa è la prima legge del popolo messianico! è una legge dura, che ci coinvolge ogni giorno… Di più, essa ci richiede di liberarci “dentro”, innanzi tutto, nell’intimo della nostra coscienza, dove si connettono le catene più invincibili” (Balducci)
vi ho sollevato su ali di aquila… fino a me
…c’è un’obbedienza a Dio che solleva l’uomo dalle catene che lo legano alla sua condizione servile (asservita!) per portarlo alla libertà. C’è dunque un legame a Dio (più una fede che una religione) che lo slega da ogni altra oppressione, perché ogni nido in cui pure siamo cresciuti, espletata la sua funzione, diventa presto un luogo di costrizione. Da quando Israele ha visto e sperimentato questo passaggio dalla schiavitù alla libertà… nell’esodo dall’Egitto, ha riscoperto fin nelle proprie radici questa caratteristica “pasquale” del Dio degli “eletti”, il Dio di Abramo, Isacco, Giacobbe…, nomadi e pellegrini in ogni terra, il Dio dei giudici, dei re, dei profeti; il Dio dei poveri e degli schiavi, dei prigionieri e degli oppressi, delle vedove e degli orfani. Finché Gesù, apertamente, con le sue parole e i suoi gesti, rivela che il Regno di Dio, che fa irruzione nella storia, vuol dire il passaggio degli uomini che lo accolgono dalla sudditanza, dalla schiavitù, dall’oppressione delle forze del male di ogni tipo, alla libertà di figli! Perché “eletti”, vuol dire esistenzialmente chiamati a partecipare della caratteristica qualificante della presenza di Dio nella storia: la libertà dell’amore! O… l’amore che libera, e apre sempre ulteriori strade di vita!
… mentre noi eravamo ancora peccatori, Cristo morì per gli empi
Non poteva che essere così, il primo passo! … e S. Paolo l’ha sperimentato sulla sua pelle: se non comincia il Signore ad amarci (donandoci la capacità di amarlo, che è la liberazione dalle catene della “necessità” del peccato personale e strutturale, che ci chiudono in noi stessi) come potremmo noi cominciare, mentre siamo ancora incatenati? Chi è ammalato o affamato o schiavo o violentato… non è libero, se non trova qualcuno che lo aiuta a entrare nelle condizioni minime di respiro umano, almeno acquisendo quel minimo di libertà e di coscienza che permette di guardare a sé e all’altro con amore. E l’amore è la voglia di bene per l’altro, una voglia che rigenera non solo chi riceve, ma altrettanto chi dona un po’ della propria attenzione, del proprio affetto, del proprio accudimento… insomma un poco della propria vita! La storia, o (detto alla luce dell’amore di Dio per l’uomo, manifestato nelle Scritture) “l’economia della salvezza” è il racconto del passaggio continuo, tormentato e colmo di contraddizioni e sofferenze, da un regime di necessità e oppressione della condizione umana ad una capacità di apprendere e conquistare… un’umanità più libera e dignitosa!
vedendo le folle ne sentì “compassione”, perché erano stanche e sfinite, come pecore senza pastore… …è una compassione per la sofferenza di una deturpazione o diminuzione della vita degli uomini, come si vede dal racconto di tutta la sua vita nei vangeli, e dai “poteri” conferiti ai suoi discepoli. Infatti il vocabolo greco fa riferimento all’amore materno, al grembo ove nasce e cresce la vita. Gesù prima di ogni valutazione morale o religiosa è preoccupato della vita. Aiutare la vita umana a crescere e dilatarsi è un compito universale e indivisibile: è la redenzione!. Questo è il fuoco interiore che farà saltare tutte le barriere culturali, religiose, razziali, che sono il tributo inevitabile dell’incarnazione di questa voglia di bene in un momento umano della storia … E quindi queste barriere culturali interiorizzate erano ancor presenti nel tempo di Gesù e persistenti anche quando l’universalità della missione dei suoi discepoli apparirà manifesta… Recinzioni appesantite da tentazioni esclusive non inclusive, stabili invece che provvisorie, sacralizzate piuttosto che umili difese di amori ancora immaturi… Steccati che ci affaticano e frenano ancor oggi, perché inquinano la “riconoscenza”, che è l’esperienza originaria di amore gratuito. Quella, appunto, della “chiamata”, che, “mentre siamo ancora divisi”, quando ancor contrapponiamo giusti e ingiusti, salvati e peccatori, ortodossi ed eretici… abbiamo però già tra di noi l’antidoto a questi veleni… e umilmente “ci gloriamo pure in Dio, per mezzo del Signore nostro Gesù Cristo, dal quale ora abbiamo ottenuto la riconciliazione”
Chiamati a sé i dodici discepoli, diede loro il potere di scacciare gli spiriti immondi e di guarire ogni sorta di malattie e d'infermità.
Un mandato a largo spettro. Quanto l’uomo soffre, tanto è il compito del discepolo di Gesù di aiutarlo a liberarsi! All'iniziativa di Dio, attuata da Cristo, segue la mediazione degli Apostoli e la costituzione di questo gruppo messianico di “mandati” (questo vuol dire ‘apostoli’) a liberare l’umanità stanca e sfinita come pecore senza pastore… Questi dodici Gesù li inviò dopo averli così istruiti… Una scelta radicale e determinata, questa, di legarsi e legarci storicamente a questi dodici e ai loro discepoli, promettendo di essere con loro in questo compito fino alla fine del mondo (Mt 28,20). Uomini con i loro nomi e i loro volti inconfondibili, la loro qualità umana modesta e povera, fatta di cuori grandi quanto fragili, di mani callose e situazioni sociali ambigue… ma tutti “bruciati” da un’esperienza di amore che gli ha trasformata e capovolta la vita!… La trasmissione della fede è dunque legata ai nomi e ai volti, non può diventare un’operazione di massa, perché è anzitutto un’esperienza di amore liberante. Non può essere ridotta a inculturazione, che ne può essere una conseguenza sociale. Non è un indottrinamento che sostituisca nozioni sul mondo e sull’uomo con altre nozioni migliori, ma altrettanto storicizzate e precarie… ma è l’annuncio (fatto di esperienza e speranza) che il “Regno di Dio è vicino”, per cui la gente sofferente riacquista umanità. E la chiesa ne dovrebbe essere il segno levato tra le nazioni: questo segno così raro e difficile, ma essenziale, è l’esperienza del gratuito!
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