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giovedì 19 febbraio 2009

Il perdono dei peccati sulla terra: i paralitici camminano!

paralitico, Gesù, guarigione, peccato
…faccio una cosa nuova: proprio ora germoglia!
L’uomo, anche il più santo, ha assunto dalla carne con cui è intessuto, una specie di perverso istinto (la “legge della carne” che contamina anche il piano morale) di sopraffare e “mangiare” il più debole, quasi non si possa sopravvivere senza prevaricare su qualcuno, o desiderare di farlo. Questo istinto congenito convive con le migliori intenzioni… Anche il discepolo convertito è tuttora preso nel dramma tra la paura di perdersi e la scoperta evangelica che il dono della vita, come insegna Gesù, è la strada migliore per salvare la vita stessa. E allora è lacerato in questo dilemma interiore e rischia di consumarsi dibattendosi dolorosamente tra il “sì” e il “no”, come dice Paolo: “Non riesco a capire ciò che faccio: infatti io faccio non quello che voglio, ma quello che detesto” (Rom 7,15). Incapace di imitare la fede totale e duratura che ha sostenuto la vita di Gesù, nel quale invece “tutte le promesse di Dio sono «sì»”. Dio è stanco che ci siamo stancati di lui…, proclama il profeta. Ma questo intenso dispiacere in lui non genera il rifiuto di noi, anzi provoca una voglia ancor più grande di perdono e di proposta di rapporto nuovo. Gli antichi testi profetici hanno plasmato l’animo di Gesù e la sua concezione di Dio – Padre! La gente capisce che il suo atteggiamento verso il male (morale, come peccato, ma anche fisico e psichico – esistenziale!) è completamente diverso da quello che insegnano i loro maestri. Pur tenendone conto, Gesù non guarda tanto alla trasgressione della legge divina, che effettivamente è perdonabile solo da Do – ma guarda al malessere interione della gente che incontra, lo soffre dentro di sé (è preso da compassione nelle viscere!), perché è un male che blocca la vita come esperienza e processo di amore, di comunione con gli altri, di stima umile di sé (perché amati!), di speranza in un futuro… sostenuta dalla fede che spera in un Dio che ti dice: “Io, io cancello i tuoi misfatti per amore di me stesso, e non ricordo più i tuoi peccati”.
Il vangelo che Gesù vive, prima ancora di annunciarlo, è la notizia sorprendente che Dio non è né la legge né la coscienza, è più grande di ogni legge e del nostro stesso cuore e dei suoi scrupoli e rimorsi… Anche se da soli non riusciamo ad uscirne e bisogna che uno che ci ama ce lo dica! Incontrandoci paralizzati dalle catene interiori che neppure noi conosciamo del tutto, prima ancora che apriamo bocca per implorarlo, Gesù dice: figliolo, sono rimessi a te i peccati! Non dice: io ti rimetto, perché è vero che solo Dio può farlo, ma Dio esercita questa sua prerogativa divina nel Figlio dell’uomo sulla terra. Il giaciglio (nominato quattro volte) in cui è steso il paralitico è la legge, che è necessaria per contenerlo, ma nello stesso tempo lo tiene legato a sé, senza riuscire a guarirlo, perché effettivamente la legge non può perdonare. Così gli uomini, fratelli e sorelle, sono la necessaria mediazione per “calarlo” davanti a Gesù, ma non sono loro che lo salvano!

…amare l’uomo scrutandolo fino in fondo…
Gesù, infatti, non rimprovera ai suoi interlocutori di ritenere che solo Dio perdona i peccati, ma contrasta la loro rigida mentalità di preclusione del perdono divino, qui, sulla terra, senza il quale siamo condannati alla falsità e all’ipocrisia. Conoscere il cuore dell’uomo, le sue caverne interiori, le sue ferite sanguinanti, è possibile solo al Padre che ci ha creati e, mantenendoci in vita con il suo amore misericordioso, penetra e abita nelle pieghe più intime del nostro essere, contenendo il nostro male dentro di sé … Il perdono dei peccati non è tanto un problema del peccatore, che ci è immerso come in un pozzo da cui non ha forza e strumenti per uscirne da solo, ma di Gesù che si pone di fronte a lui… Proprio davanti al peccatore, più che mai, Egli manifesta “il suo potere” interiore, cioè la libertà e l’amore, l’ineguagliabile maturità umana di non esserne a sua volta schiavo del peccato – e quindi in atteggiamento di paura, aggressività, condanna verso di sé e verso gli altri! Mentre Lui è, dentro di sé, “signore” del peccato, non ha paura della morte, non si lascia vincere dal panico della solitudine e della sofferenza, non perde dignità e non tradisce mai il fratello o sorella… non ha complessi di colpa che lo impaniano nel passato, ma solo un’immensa compassione misericordiosa – quella stessa di Dio, suo e nostro Padre che si espande come forza risanante attorno a lui… Non – come si dice con un pericoloso cortocircuito – perché ha pagato al Padre il dovuto prezzo del peccato degli uomini, attraverso la passione e la croce! Piuttosto si è scontrato con la coalizione delle forze del male (come ricorda subito Marco : 3,6) determinate a bloccarlo e distruggere la sua umile amorevole “signoria” sul peccato e sulla sua causa che è la paura della morte. A Dio non lo obbligava il prezzo da pagare alla Sua offesa. È il Padre stesso che genera incessantemente nel Figlio l’irriducibile passione di amare tanto il mondo da mandare il proprio figlio, non a giudicare, ma a salvare gli uomini.

…io cancello i tuoi misfatti per amore di me stesso.
Questa sorgente di amore e benevolenza inarrestabile che sgorga dal cuore del Padre nel Figlio, proprio perché è gratuita e gioisce di coinvolgere tutti in sé, al di là di ogni legame o restrizione contrattuale o di ricompensa o di castigo, è l’identità stessa di Dio! Non c’è una formula o un potere magico… È “l’amore dell’amore” che cancella i peccati, l’incontenibile desiderio che l’amore si diffonda e faccia “vivere” tutti e tutto… Gesù né è impregnato appunto perché è senza peccato, cioè senza freni o impedimenti o ostacoli che impediscano dentro di lui di assorbirlo pienamente, al punto che “in lui abita corporalmente tutta la pienezza della divinità” (Col 2,9). Da qui scaturisce la misericordia sconfinata per i peccatori e gli sventurati della società… perché sono un vuoto di amore, e gli stanno a cuore più di quanto loro amino sé stessi. È consapevole di cosa è capace il cuore dell’uomo (e lo patirà amaramente!), ma è anche in grado di percepire il reale desiderio di bene di chi ha peccato e vorrebbe riconciliarsi e tornare a vivere. È questo il mistero che gli scribi, legati al valore giuridico della legge, non riescono a capire. Gesù compie il miracolo perché anch'essi sappiano che “il Figlio dell'uomo ha il potere sulla terra di rimettere i peccati”. E il paralitico è completamente guarito. Qui, per la prima ed unica volta, Gesù dichiara apertamente il motivo vero del suo miracolo: è il segno che indica il suo potere divino, che riguarda proprio il perdono. Dio è amore, e l’amore per l’uomo è anzitutto perdono risanante o preveniente! Come dice Giovanni: In questo conosceremo che siamo dalla verità e davanti a lui rassicureremo il nostro cuore, qualunque cosa esso ci rimproveri. Dio è più grande del nostro cuore e conosce ogni cosa. (1Gv 3,19).

La radice profonda del problema del peccato.
L’uomo religioso (come era normale nel mondo antico) o l’uomo ateo (come oggi è culturalmente diffuso) sono imparentati tra loro da una tenacissima radice comune: la falsa immagine di Dio! Accettata e strumentalizzata nel primo o rifiutata e combattuta nel secondo, è sempre idolatria, che vuol dire appunto adorare l’immagine. L’uomo, secondo la Bibbia, non ha dentro di se la causa di se stesso, ma raggiunge la sua pienezza nell’esser relativo ad altro da sé… è fatto ad immagine di un altro. Impara dalla mamma o da chi lo accudisce, poi dai rapporti di amicizia e di coppia, se ha la grazia di sperimentarli… a maturare sempre più la scoperta che il suo riferimento definitivo, intimo a tutti i suoi riferimenti che lo fanno crescere sulla terra, è l’Altro! La sua avventura umana è uscire da sé! Se non gli nasce dentro questa capacità interiore (consapevole o meno) l’uomo si consuma nella rincorsa continua di immagini fallaci, fondate sull’affermazione insaziabile di sé, che lo ingannano e lo conducono all’angoscia, perché non raggiungono mai il bersaglio. Allora si consuma nei sensi di colpa (che sono provocati dalla lesione della immagine di sé!) e non dal senso del peccato (che è il rifiuto o la paura dell’amore che chiama fuori di sé). Ma l’immagine di Dio, come si è manifestata nella storia, non è “l’onnipotenza”, che l’uomo “religioso” ricerca in Dio o che l’ “ateo” ricerca in sé … ma è Gesù, e questo crocifisso! Per aver insegnato agli uomini che Dio è “amore impotente”, cioè storicamente inabile alla potenza e alla violenza, ma capace solo di perdono e benevolenza! Un amore che si manifesta donando a tutti perdono e misericordia e insegnando agli uomini a fare altrettanto, già qui sulla terra! ingenuità o bestemmia? Così pensano i realisti, sia religiosi che atei! … comunque, un passo duro, per chi non ha provato un troppo di amore!

3 commenti:

cris Campodonico ha detto...

Parole bellissime, ma così difficili da vivere, che restano nella mente come il sogno che non si è mai avverato, e lo dico con infinita tristezza. Perchè nella vita quotidiana difficilmente ci s'imbatte in un "troppo di amore" che renderebe il sogno realtà

chia ha detto...

difficilmente, ma non impossibilmente! e chi ci si è imbattuto in questo amore, non può che diffondere intorno a sè scintille, affinchè altri possano imbattersene.
è l'unica cosa seria da fare nella vita.

benvenuta cris

anto.digregorio ha detto...

L'Amore donato ma prima ricevuto da Gesù è fatto di piccole cose "senza senso", piccoli gesti di tenerezza gratuita, di sguardi avvolgenti, di contatti umani.
Ma devo essere prima io a donare quello che ho ricevuto. HO RICEVUTO TUTTO DA LUI ED ALLORA DONO TUTTA ME STESSA, CON I MIEI LIMITI. ADESSO E NON DOMANI. IO PER PRIMA. NON CI SONO SCUSE E PAURE.

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