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venerdì 13 febbraio 2009

L’immondo espulso dall’accampamento è… Gesù!

Il lebbroso andrà gridando: Impuro! Impuro


Le categorie puro/impuro (mondo/immondo, sacro/profano…) sono piuttosto estranee alla mentalità moderna, ma determinanti nella mentalità veterotestamentaria, come in ogni antica religione: per accedere a ciò che è santo o comunque relativo al divino, occorre essere puri. Lo stato di purità rende possibile la comunicazione col mondo della santità divina, quello di impurità la preclude. Detto questo diventa però difficile la distinzione dei piani morale e cultuale, religioso e igienico, mistico e politico. Qui facilmente si equivoca: la distinzione puro/impuro nella Bibbia non si riferisce subito alla situazione morale, ossia non equivale a buono/cattivo: si radica molto più sul piano fisico e poi cultuale fino a sconfinare, per noi moderni almeno, nel magico. Trovare motivazioni razionali a queste dinamiche non è sempre facile. In questo processo convergono vari fattori dipendenti dalle conoscenze naturalistiche e mediche, da tabù ancestrali, da motivazioni sociologiche, dall'incubo della morte e dei suoi prodromi. Sinteticamente questo si può dire che la purità è legata soprattutto all'integrità del vivente. Il contatto con quanto sta nell'ambito della morte, è "mortifero", E tutto ciò che è malato, mutilato, corrotto, alterato, rende impuro. Ciò è ben evidente nel caso della lebbra, che secondo le antiche tradizioni raccolte nel Pentateuco provocava la più grave forma di esclusione dalla società e di abbandono totale.


Un evento inaudito: un lebbroso si avvicina a Gesù! Ha sentito parlare di lui, visto che in tutta la Galilea se ne parlava, come si dice poco prima… Ma è un escluso, un impuro! Deve essere allontanato dalla convivenza umana, a colpi di pietra. Chi gli si avvicina diventava impuro anche lui. Questo lebbroso trasgredisce la legge di Dio, pur di parlare a Gesù. Chissà come ha intuito che Gesù era connivente con lui! Infatti Gesù l'ha già misteriosamente guarito ‑ "dentro" ‑ dal male più subdolo e devastante che lo opprime, che è l'inconsapevole introiezione della segregazione, come una maledizione accettata e meritata, in qualche modo, fino a convincersi che è giusta, e farsene colpa. Per questo la legge voleva che lui stesso gridasse di sé : Immondo! Immondo!... a convincere se stesso, ancor prima che per allontanare gli altri. Questo avvelenamento interiore che fa perdere a uno anche il minimo di stima di sé, provoca la disintegrazione della persona, perché ne taglia in radice la speranza, giustificando per di più, con questa auto-maledizione, la discriminazione che lo distrugge umanamente. Come lo schiavo, che si convince della "naturalità" della sua schiavitù… fino a spegnere perfino il desiderio di libertà!


Il passaggio dalla legge alla grazia!


Gesù sovverte questa oppressione sociale che da prevenzione sanitaria è divenuta una lenta condanna a morte fisica, affettiva e morale. Non fa un discorso teorico. Apre un orizzonte nuovo. Prima suscita misteriosamente un barlume di speranza, il desiderio di salvezza. Poi accetta di incontrare il segregato, di rispondergli, e soprattutto di toccarlo… Con conseguenze imprevedibili e sconvolgenti in un contesto culturale tragicamente impotente di fronte alla "necessità" che il malato contagioso sia espulso ed eliminato dall'accampamento. Inizia un processo delicato e misterioso, "gratuito" ed esplosivo, che qualifica la differenza di "regime" tra primo e nuovo Testamento. Un processo che innesca una dinamica inarrestabile nelle strutture mentali personali e comunitarie, come una nuova opportunità antropologica, il risveglio dell'impossibile sogno di reintegrazione, un sogno divenuto adesso realizzabile, possibile da quando Dio in carne umana sente smuoversi le viscere materne davanti al nostro male congenito, avvolgendolo di un immenso amore sanante e liberante, perché è Dio ‑ e non uomo, diceva il profeta antico (cfr. Os 11,9). Ma toccando adesso, con una carezza della sua mano, la pelle putrescente del corpo malato, perché è un Uomo, ove si è incarnata la tenerezza di Dio! La compassione sembra divenire il supremo valore etico, al di là di ogni religione e cultura: "la cosa che ha più senso nell'ordine del mondo" (E. Lévinas).


Nel lungo cammino biblico, questo è un momento luminoso del "misterioso passaggio" dalla struttura invincibilmente discriminatoria del sistema immunitario dell'accampamento … alla compassione profonda e coinvolgente con chi patisce l'emarginazione. Un passaggio dalla drammatica necessità di eliminare i propri figli malati (dove il criterio guida assoluto è la difesa del gruppo, legalizzata e sacralizzata), al coraggio dell'amore che sfida ogni norma segregante… alla tenerezza che rischia il contagio pur di veder rinascere la speranza… allo spirito autocritico sulla propria cultura e sulle sue certezze morali o religiose… al coraggio, infine, capace di sfidare l'opinione comune… quando il potere, la gente, il buon senso cominciano a guardarti male. E solo la passione di togliere l'altro dal dolore e dalla schiavitù fisica e morale e soprattutto dalla sottostima di sé, può sostenerti.


Dio vuole tutti guariti in un'unica comunione …


Con quale solitudine interiore Gesù sradica da sé le sedimentazioni mentali irriformabili perché giudicate indispensabili alla sopravvivenza della nazione, dunque necessarie "leggi di natura", e immutabili proprio perché giudicate sacre, cioè di volere divino. Gesù rompe questa barriera, intrecciando un "illegale" dialogo con il malato segregato, un approccio diretto "nuovo ed eversivo" tra uomo e uomo, che d'ora in avanti è seminato nel cuore del discepolo, come fermento messianico di nuove relazioni liberanti, dialogo tra desiderio e grazia, tra malattia mortale e rinascita alla vita, tra segregazione distruttiva e gioia dell'annuncio evangelico. Un dialogo di "scambio vitale": se vuoi, puoi mondarmi… ‑ lo voglio, sii mondato!… Con tutta discrezione, nonostante il desiderio straripante, il lebbroso dice: se vuoi... Il futuro suo (e del mondo) è appeso ad un «se vuoi», ad un misterioso "se"… che è la fede in Lui: Dio stesso accessibile quaggiù di fronte a te! È la grazia! Tanto "necessaria" per liberarci dalla malattia mortale quanto "gratuita" per responsabilizzare il nostro amore e non ridurci di nuovo a schiavi – che Dio non vuole più. Vuole solo amici! Il lebbroso si appella al desiderio di Dio, sotto e contro le sedimentazioni e le dure scorze tramandate dalle leggi e tradizioni religiose: tu (Messia, mandato da Dio?!) vuoi abbandonarmi, come dicono i sacerdoti e gli scribi ‑ o vuoi guarirmi? Gesù rivela il cuore di Dio di fronte al male: lo voglio, guarisci! L'esito – la guarigione totale! ‑ è tanto immediato e sconvolgente che Gesù stesso cerca di correre ai ripari, "ammonendolo severamente", per contenere la divulgazione di un fatto così delicato e difficilmente spiegabile nella sua complessità. Ma inutilmente! Il lebbroso si sente liberato nell'anima, non solo nella pelle. È troppo irreprimibile la gioia di esser tornato a vivere… troppo esaltante la voglia di condividere la gratitudine, irrefrenabile la fierezza di far sapere a tutti cosa gli è successo, quale miracolo dunque è possibile per tutti i disastrati della vita…


Tre condizioni sembrano necessarie al discepolo di Gesù, per poter evangelizzare, secondo questo racconto:


La "commozione" (delle viscere materne), che libera il cuore dalla sterile preoccupazione di sé… a imitazione di Gesù il quale, camminando in mezzo alla gente, ha accolto e fatto suo il dolore dei volti concreti che incontrava, con un coinvolgimento così intenso, che guarisce i malati e libera gli oppressi … Questo atteggiamento del cuore di Gesù è la radice stessa della sua missione nel mondo: "…sbarcando, vide molta folla e si commosse per loro, perché erano come pecore senza pastore…. e si mise a insegnar loro molte cose.. (6,34)


Lo spirito critico che nasce da questo coinvolgimento nelle situazioni concrete di sofferenza e di oppressione, cercandone e denunciandone, sulla linea degli antichi profeti, le cause e le connivenze… con totale libertà e autonomia dalle strutture culturali e normative, rese immutabili dall'interesse o dall'inerzia intellettuale e spirituale delle classi dirigenti:"annullate la parola di Dio con la tradizione che avete tramandato Voi" (7,13).


Lo scambio dell'emarginazione: chi aiuta l'oppresso a liberarsi si scontra presto con un'opposizione, che in qualche modo si vendica ed emargina chi combatte l'emarginazione, se presto non viene a patti… e lascia i poveri al loro destino, per reintegrarsi nell'istituzione! Gesù sa bene come si concluderà la sua missione di liberazione e proibisce al lebbroso di parlare della sua guarigione. Ma finisce che Gesù non poteva più entrare pubblicamente in una città. Aveva osato toccare un lebbroso… ora lui stesso è un impuro, e deve stare lontano da tutti. Questo è il "prezzo" che egli deve pagare per reinserire l'ex-lebbroso "nell'accampamento".


Gesù dunque non è un agitatore sociale che punta a sovvertire l'assetto del potere, per sostituirsi ad esso, ma non è neppure un predicatore di conversioni "spirituali": il suo è un inserimento di contrasto nella dinamica sociale di emarginazione che, con una sorprendente dottrina nuova e "potenza" di guarigione e liberazione, reintegra l'umanità. Ma suscita un'opposizione di diversi interessi che si coalizzano: "…tennero consiglio contro di lui per farlo morire" (3,6). Per loro – a ragione ‑ la sua non è una sostituzione sacrificale, ma sovversione politica, della quale paga i costi in prima persona. Non è per placare l'ira del Dio offeso dal peccato dell'uomo, che Gesù viene stritolato dallo stesso criterio d'emarginazione politica che vuole combattere, ma per dimostrare e realizzare l'amore del Padre sulla terra: "È bene che uno muoia per il popolo (Gv 11,50), sentenzia Caifa. Ma questo meccanismo perverso, che prima abbandona il lebbroso alla sua deriva di consunzione, poi si ritorce contro Gesù stesso, diviene il luogo d'incontro dell'umanità: Usciamo dunque verso di lui fuori dell'accampamento, portando il suo disonore… (Eb 13,13). Nessuna lebbra umana - grazie a Gesù – può essere più luogo di separazione o vergogna, ma diventa spazio di incontro e umanizzazione. Così proprio il nostro male diventa ponte di grazia sul quale Lui ci incontra e ci salva.

4 commenti:

'ntonia ha detto...

Due aspetti mi hanno colpito che, attraverso le letture della lectio, sto imparato a riconoscere: quando incontri un volto sia esso lebbroso o altro e non ci metti dentro te, con PASSIONE, la relazione è come tante altre, quasi superficiale, di convenienza, esteriore, ecc.
Ma è anche vero che se ci metti la PASSIONE ,agli occhi dei tanti si è giudicati EMOTIVI, e si preoccupano anche per te, così diversa, quasi instabile,poco equilibrata, sei comunque e spesso TROPPO. Mi accorgo che vado sul personale ed allora smetto.
Quello che si ha veramente nel cuore riesco a dirlo solo a Lui, mentre dall'altra parte vorresti scuotere l'apatia di tanti.
Guardate che sto bene, sono in forma

'ntonia ha detto...

Allora ecco la mia maschera, nascondere i miei sentimenti più profondi ai "più", soprattutto quelli più intimi!
Però .... io ogni tanto esplodo, quando non ce la faccio più....
Poi mi pento, però... almeno sto meglio.
E mi devono accettare così come sono.
Buona domenica a tutti

chia ha detto...

buona settimana 'ntonia!!!
mi rivedo molto anch'io in quel che dici...

'ntonia ha detto...

Vedi che serve trovarsi, non ci si sente soli, anche se non dovremmo sentirci così, perchè Gesù ci ha lasciato Qualcuno per non sentirci mai più soli, ma quel Qualcuno che è lo Spirito Santo ci arriva attraverso la nostra vita ma anche attraverso le nostre relazioni con il prossimo, le nostre attenzioni..
oppure sbaglio? desidero essere educata! Grazie a tutti
Ciao

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