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lunedì 19 gennaio 2009

L'impeto dell'irruzione


Leggendo il messaggio dei vescovi

Con tutto il rispetto e l'ammirazione dovuta al genio di Simone Weil qua e là un colpo di pollice al suo pensiero è dovuto; scriveva: "Come gli indù hanno visto, la grande difficoltà per cercare Dio è che lo portiamo al centro di noi stessi. Come andare verso di me? Ogni passo che compio mi conduce fuori di me. È per questo che non si può cercare Dio. Il solo procedimento è di uscire da sé e di contemplarsi dall'esterno. Allora dal di fuori, si vede al centro di sé Dio tale qual è. Uscire da sé è la rinuncia totale ad essere qualcuno, il consenso completo ad essere qualcosa".
Prova a cercarLo e continuerai a cercarLo senza sosta perché rischi di non trovarLo, mai e in nessun luogo, neppure con il procedimento suggerito dalla filosofa francese.
Noi non conosceremmo Dio se Dio stesso non fosse venuto verso di noi. Il movimento è decisamente di segno opposto. Il messaggio della Cei per la Giornata della vita consacrata lo sottolinea con vigore e autorevolezza, citando lo stesso Benedetto XVI: "Tutto ciò che Paolo fa, parte da questo centro. La sua fede è l'esperienza dell'essere amato da Gesù Cristo in modo tutto personale; […] è l'essere colpito dall'amore di Gesù Cristo, un amore che lo sconvolge fin nell'intimo e lo trasforma; [...] è l'impatto dell'amore di Dio sul suo cuore".
E, se si parla di impatto non si parla di scontro o di inciampo. In modi diversi, tanti quanti sono i volti delle persone, Dio irrompe. Quando crede e come crede e, soprattutto con chi crede. Ma irrompe. Vale a dire si fa sentire, si rende percettibile, in sfumature dalla diversa cromatura, fino a far dire a Paolo "l'amore del Cristo ci possiede" (2Cor 5,14). Tre sono le dimensioni che il verbo greco contiene ed esprime nell'amore agapico di Cristo:
- ci avvolge: è un abbraccio che stringe? Una nube che circoscrive? Una luce che penetra e stacca da tutto? Un sussurro che annulla ogni richiamo? Ognuno, secondo l'antico detto, reagisce … secondo il proprio recipiente!
- ci coinvolge: non è un punzone di qualità però inerte, è come il morso di una tarantola che mette in movimento ma per la vita non per la morte. Richiede tutta la persona perché il Tutto ha donato tutto.
- ci travolge: perché il mutamento scatta e contagia. Le dimensioni di prima appaiono (e forse sono) insufficienti, limitanti. Abbatte perché crea. Quella gamba ferita di Inigo de Loyola che preludeva alla fine della sua carriera militare e di corte per un'infermità inaccettabile, è diventata la sua salvezza e la salvezza di tanti.
Irruzione significa moto irruente, inarrestabile, movimento che nessuno può fermare, ostacolare e , malgrado, tutti i monitoraggi odierni neppure prevedere. Nessun sensore scatta in preallarme.
L'irruzione avviene e poi si constata.
Con buona pace di Simone Weil, peraltro acuta e fine interprete del sentire umano, Edith Stein invita invece ad entrare dentro di noi, a lasciarci trasportare dall'impeto dell'irruzione, di Lui che si fa presente e pone un pressante e ineludibile interrogativo: Lo accetto o lo rifiuto? È in gioco la libertà.
Chi nel vortice subito comprende che Cristo lo vuole tutto per il Padre, quale segno profetico della vita che ci attende, si slancia e accetta i sigilli dei tre voti. Non pensati o ritenuti, ahimè, quali vincoli giuridici, canonici (conoscono anche questo aspetto), ma quale risposta alla Luce che travolge, quale dono di una vita avvolta, coinvolta e travolta dall'amore agapico.
Le battute sulla molteplicità e pluriformità degli Istituti di vita consacrata pullulano ma rivelano un aspetto che dovrebbe far tremare le vene ai polsi: Colui che irrompe e travolge, rispetta nel modo più assoluto la persona e la lascia reagire per quella che è ma con lo stigma dell'Assoluto ormai impresso.
Allora non si è qualche cosa, anche se per Simone Weil tale espressione indica l'esproprio totale, ma si è un "chi" in relazione, viva e pulsante, con il "Chi" che si è rivelato e donato. L'alchimia della pietra filosofale dell'amore è compiuta: la ferita impressa da Colui che irrompe sana e sospinge al servizio del Padre, della Chiesa e dei fratelli. Non dal di fuori guardando Dio, ma dall'interno, nel Dio che ha rotto le barriere trasfigurandole.
Simone Weil si è spesa gratuitamente fino a morire, cioè a donare la vita. Chi porta impresso l'amore agapico nel segno dei tre voti, vive in Colui che è morto per noi e può gridare con Paolo: "Per lui ho lasciato perdere tutte queste cose e le considero spazzatura". "Per me il vivere è Cristo". Nell'irruzione.
C. Dobner in SIR, 14 gennaio 2009

2 commenti:

Danila ha detto...

Si, è vero!! Se Dio ti avvolge, se Dio si è chinato su di te per primo, se Dio ti ama di un amore totalmente altruistico, se Dio.....e se tu ti senti "preso" da Lui, non in un laccio, ma in un abbraccio, allora non senti nei tre voti un legame che ti opprime, ma una libertà tutta nuova. Si, è vero, le cose del mondo ci appaiono per quello che sono: Il Profeta le chiamava vanità (assenza - inutilità), noi le possiamo modernamente chiamare spazzatura. Poichè, una volta conosciuto Cristo, null'altro Gli è paragonabile.

'ntonia ha detto...

Io continuo a ringraziare sicuramente il Signore Gesù di avermi dato il dono della testardaggine. Se non fossi stata così,non sarei qui a leggere e commentare tali testimonianze. Sarei stata ai margini di una non vita,quasi spettatrice di un nulla. Con il Suo amore mi ha donato il desiderio mai sazio e la possibilità, nella mia libertà o comunque, anche qualche volta nella mia non libertà fisica,ma sicuramente con tutta la mia capacità introspettiva, di rovesciare....al di fuori di me....il suo Amore Grande e Infinito.

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