Vuole un po’ come ricondurci verso la riscoperta di un Volto vero del Signore, la liturgia di queste domeniche, anche quella d’oggi, appunto, come a rendere ancora più luminosa quella manifestazione del Signore, che abbiamo celebrato il suo inizio proprio nella solennità dell’Epifania.
Se preghiamo così i testi che ora stanno accompagnando la nostra preghiera domenicale, ci accorgiamo di alcuni elementi di risposta preziosi che poi aiutano un cammino di fede, indicano mete e passi da compiere, da atteggiamenti da coltivare. Ci direbbe, ad esempio il profeta (Is 25, 6-10a), “Vedi, il Signore è uno che le compie le promesse, non si limita a farle, poi le conduce a compimento, il Signore è fedele alla sua Parola”. E il profeta lo dice con gioia, con gratitudine, lo ricordavo all’inizio: “Questo è il Signore in cui abbiamo sperato!”. Con una sorta di fierezza nel riconoscere che il Dio in cui abbiamo e stiamo riponendo le nostre speranze, è un Dio che non tradisce, che non cambia le carte in tavole, che mantiene la parola data. E allora la Parola che Lui ci ha consegnato, nel Volto del Signore, nel Vangelo del Signore, questa è la Parola da custodire nella vita, questa è la Parola da cui farsi irradiare nella vita, questo è il luogo dove attingere una luce che poi orienta i nostri passi.
Oppure ci direbbe Paolo, e riprendo almeno qualche aspetto di questa bellissima pagina della lettera ai Colossesi (2, 1-10a). Cioè l’aver imparato a conoscere il Signore vuol dire adesso radicarsi in Lui: “Camminate radicati e costruiti su di Lui, saldi nella fede”. Questo è un tipo di consegna che può fare uno che ha veramente compreso, che ciò che Dio ci ha dato attraverso Gesù, attraverso il Vangelo di Gesù, nella presenza viva di Gesù, è qualcosa di solido, che ha la stabilità di un fondamento: costruisci sopra un fondamento così, stai tranquillo, la casa reggerà, qualsiasi tempo ci sarà regge, perché questo è fondamento solido. E utilizza le immagini a lui care, del “radicati e costruiti su di Lui”. Dice una stabilità, dice una fedeltà che no si lascia contaminare da rischi o da paure, da seduzioni o da prove: “sei Tu la mia roccia, Signore; sei Tu Colui sul quale poggiamo la nostra speranza”. E questo dopo che risorsa diventa in un cammino di fede, quando sono queste le condizioni che ci sostengono, davvero il Signore consente di andare lontano perché queste sono parole forti, hanno un fondamento solido.
Ma poi di quella pagina indimenticabile che sono le nozze di Canaa, che il Vangelo di Giovanni (2, 1-11) ci regala, raccolgo l’ultimo aspetto, anche qui solo qualcosa di questo testo molto più ricco. Da una parte, ecco, quella consegna che viene, ed è bello questo, dalla Madre di Gesù. E’ lei che vede l’imbarazzo degli sposi, vede il disagio per una inevitabile figuraccia, e risolve, quasi introducendosi a sorpresa – “non è ancora giunta la mia ora”, le dice Gesù -, ma la sua parola rimane ferma: “Qualsiasi cosa vi dica, fatela!”. Ecco, questa è una consegna, di fare ciò che ci dice il Signore. La fedeltà alla parola del Vangelo è espressa con una forza davvero straordinaria, e noi una Parola così la dovremmo raccogliere, per di più, viene da lei, da Maria di Nazareth, viene dall’attenzione squisita che ha verso questa gente semplice, che vedrebbe rovinato un giorno di festa su cui aveva puntato tanto e da tanto tempo.
Ma anche un ultimo aspetto vorrei affidarvi per la preghiera, quello dell’attingere al vino buono del Vangelo, a un vino non contaminato, non annacquato, il vino buono del Vangelo. Questo è un invito a non intiepidire la vita lungo il cammino, a non rendere sbiadita la Parola che invece è luminosissima, come quella del Vangelo, a non far venire un otre appesantito un passo che invece ha sempre bisogno della vivacità e della convinzione di chi sa di aver posto la propria fiducia in Uno che ampiamente la merita. Il vino buono del Vangelo: la nostra vita chiamata a custodirlo, chiamata ad attingere al vino buono del Vangelo, chiamata a regalarlo il vino buono del Vangelo.
E’ piena di ricchezza e di suggestione la Parola del Signore che segna questo giorno domenicale. Lo accompagniamo anche con quella preghiera corale che, proprio a partire da oggi, diventa invocazione del dono dell’unità tra tutte le Chiese cristiane, in questa settimana particolare di preghiera. Ieri l’aveva aperto il capitolo relativo al rapporto con i nostri fratelli ebrei, e ora, giorno dopo giorno, questa implorazione non manchi, nella nostra preghiera.
Se preghiamo così i testi che ora stanno accompagnando la nostra preghiera domenicale, ci accorgiamo di alcuni elementi di risposta preziosi che poi aiutano un cammino di fede, indicano mete e passi da compiere, da atteggiamenti da coltivare. Ci direbbe, ad esempio il profeta (Is 25, 6-10a), “Vedi, il Signore è uno che le compie le promesse, non si limita a farle, poi le conduce a compimento, il Signore è fedele alla sua Parola”. E il profeta lo dice con gioia, con gratitudine, lo ricordavo all’inizio: “Questo è il Signore in cui abbiamo sperato!”. Con una sorta di fierezza nel riconoscere che il Dio in cui abbiamo e stiamo riponendo le nostre speranze, è un Dio che non tradisce, che non cambia le carte in tavole, che mantiene la parola data. E allora la Parola che Lui ci ha consegnato, nel Volto del Signore, nel Vangelo del Signore, questa è la Parola da custodire nella vita, questa è la Parola da cui farsi irradiare nella vita, questo è il luogo dove attingere una luce che poi orienta i nostri passi.
Oppure ci direbbe Paolo, e riprendo almeno qualche aspetto di questa bellissima pagina della lettera ai Colossesi (2, 1-10a). Cioè l’aver imparato a conoscere il Signore vuol dire adesso radicarsi in Lui: “Camminate radicati e costruiti su di Lui, saldi nella fede”. Questo è un tipo di consegna che può fare uno che ha veramente compreso, che ciò che Dio ci ha dato attraverso Gesù, attraverso il Vangelo di Gesù, nella presenza viva di Gesù, è qualcosa di solido, che ha la stabilità di un fondamento: costruisci sopra un fondamento così, stai tranquillo, la casa reggerà, qualsiasi tempo ci sarà regge, perché questo è fondamento solido. E utilizza le immagini a lui care, del “radicati e costruiti su di Lui”. Dice una stabilità, dice una fedeltà che no si lascia contaminare da rischi o da paure, da seduzioni o da prove: “sei Tu la mia roccia, Signore; sei Tu Colui sul quale poggiamo la nostra speranza”. E questo dopo che risorsa diventa in un cammino di fede, quando sono queste le condizioni che ci sostengono, davvero il Signore consente di andare lontano perché queste sono parole forti, hanno un fondamento solido.
Ma poi di quella pagina indimenticabile che sono le nozze di Canaa, che il Vangelo di Giovanni (2, 1-11) ci regala, raccolgo l’ultimo aspetto, anche qui solo qualcosa di questo testo molto più ricco. Da una parte, ecco, quella consegna che viene, ed è bello questo, dalla Madre di Gesù. E’ lei che vede l’imbarazzo degli sposi, vede il disagio per una inevitabile figuraccia, e risolve, quasi introducendosi a sorpresa – “non è ancora giunta la mia ora”, le dice Gesù -, ma la sua parola rimane ferma: “Qualsiasi cosa vi dica, fatela!”. Ecco, questa è una consegna, di fare ciò che ci dice il Signore. La fedeltà alla parola del Vangelo è espressa con una forza davvero straordinaria, e noi una Parola così la dovremmo raccogliere, per di più, viene da lei, da Maria di Nazareth, viene dall’attenzione squisita che ha verso questa gente semplice, che vedrebbe rovinato un giorno di festa su cui aveva puntato tanto e da tanto tempo.
Ma anche un ultimo aspetto vorrei affidarvi per la preghiera, quello dell’attingere al vino buono del Vangelo, a un vino non contaminato, non annacquato, il vino buono del Vangelo. Questo è un invito a non intiepidire la vita lungo il cammino, a non rendere sbiadita la Parola che invece è luminosissima, come quella del Vangelo, a non far venire un otre appesantito un passo che invece ha sempre bisogno della vivacità e della convinzione di chi sa di aver posto la propria fiducia in Uno che ampiamente la merita. Il vino buono del Vangelo: la nostra vita chiamata a custodirlo, chiamata ad attingere al vino buono del Vangelo, chiamata a regalarlo il vino buono del Vangelo.
E’ piena di ricchezza e di suggestione la Parola del Signore che segna questo giorno domenicale. Lo accompagniamo anche con quella preghiera corale che, proprio a partire da oggi, diventa invocazione del dono dell’unità tra tutte le Chiese cristiane, in questa settimana particolare di preghiera. Ieri l’aveva aperto il capitolo relativo al rapporto con i nostri fratelli ebrei, e ora, giorno dopo giorno, questa implorazione non manchi, nella nostra preghiera.
don Franco Brovelli, omelia al Carmelo di Concenedo, 18 gen.’09, II dom. Tempo dopo l’Epifania
3 commenti:
"E l'acqua, davanti al suo Dio, arrossisce", Che bella immagine ha creato Stefano Jacomuzzi nel suo libro"Cominciò in Galilea"! Proprio nel descrivere il primo miracolo di Gesù. Se tutti noi ci emozionassimo come quelle limpide acque trasformate in vino, ascoltando la Parola, che meraviglia!! E se davvero comprendessimo che il Vangelo è vino da bere e pane da gustare! Grazie per aver pubblicato questa stupenda omelia
Bella qs risonanza! Grazie
Non è facile vivere il vangelo nella quotidianità. Affido tutte le mattine la mia vita, il mio essere, il mio fare. Lo supplico di FARMI capire la sua volontà, ma...... non è facile. Nel tuo muovere puoi far del male inconsapevolmente a chi ti sta vicino, a chi il Signore ti fa incontrare.
Non è facile. E' vero che seguire la sua Parola è morire con Lui. Ma un conto è vivere la quotidianità sulla via con lo sguardo rivolto a Lui, ed un altro .....
Contare sul Suo perdono, sulla Sua misericordia non è sufficiente a far crescere quella pace così tanto predicata. Oppure dirsi: "Va bene Signore nulla è nelle mie mani, ma tutto nelle TUE: Ma la sofferenza,il disagio di tante persone fragili non lo metti da parte così facilmente, con tutta la comodità che ho, che abbiamo in tanti.
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