Certo imitare la famiglia di Nazareth - troppo singolare l’esperienza di questa famiglia - non è possibile, ricalcando passi, situazioni, avvenimenti, però imparare a prendere il Vangelo dalla famiglia di Nazareth, oh!, questo si; anzi mi chiedo se questa non sia la grazia di questa domenica che celebra la festa della Santa Famiglia di Nazareth.
E facendoci aiutare come sempre, anche se solo inizialmente, poi dopo ognuno può continuare nella riflessione e nella preghiera anche lungo il giorno e nei prossimi giorni, facendoci aiutare da questi testi proclamati, come una piccola scuola dove apprendiamo a vivere di Vangelo.
Ci direbbe quel testo molto bello del profeta (Is 45, 14-17) che abbiamo ascoltato poco fa, “non cercando logiche di potere o di forza, ma percorrendo piuttosto i sentieri della mitezza, della giustizia, della bontà”. Questo apre il cuore di una famiglia, di una comunità, di un popolo, alla logica di Dio. E queste parole come diverranno sempre più incisive e concrete man mano che questa logica di Dio si andrà manifestando. Questo era un momento, certo importante, del cammino del popolo di Dio, ma dopo, pensiamo il momento dei libri della Sapienza, il momento di Gesù, questa logica di Dio, intrisa di mitezza e di bontà e di magnanimità sempre più evidente sarebbe apparsa. Questo è un apprendere il Vangelo, e questo vuol dire custodirsi bene da affanni eccessivi, da logiche che non sono somiglianti al Vangelo, e anche all’interno di un’esperienza di famiglia, di comunità, tutto questo può accadere, lo sappiamo, l’esperienza ce lo va dicendo, e come allora diventa bello questa mattina pregare il Signore Dio perché questo ci sia dato come dono e come grazia.
Oppure ci direbbe il testo della Lettera agli Ebrei (Eb 2, 11-17): “prendendosi cura degli altri”, come Lui, in tutto simile a noi, “si è preso cura della stirpe di Adamo” – bellissima questa frase che commenta il mistero dell’Incarnazione del Signore in una forma ineguagliabile come profondità, come bellezza. “Il prendersi cura di” fratelli e sorelle, questo è un apprendere il Vangelo, l’imparare il Vangelo. Ed è l’augurio che la liturgia di oggi sembra consegnare alle famiglie: diventino sempre più spazio e luogo dove la scelta del prendersi cura diventa un valore amato, uno stile educativo, una cosa che ci aiutiamo a perseguire in profondità. E questa ci è data come possibilità, anche avessimo difficoltà, e magari serie, dentro il cammino della nostra famiglia, comunque questa libertà del continuare a prendersi cura, del farsi carico di altri, questa nessuna situazione ce la potrà sottrarre, rimarrà una possibilità sempre aperta; anzi, a volte, sono proprio le persone più segnate dalla prova che si rivelano più capaci di prendersi cura di altri. Quasi come se la prova affinasse il cuore e ci rendesse più capaci di una disponibilità sincera.
Oppure, ed è l’ultima strada che la liturgia ci propone in questi testi: quell’abitare i confini piccoli di Nazareth, si concludeva così il brano (Lc 2, 41-42): “venne a Nazareth e stava loro sottomesso e sua Madre custodiva tutte queste cose nel suo cuore”. Come un invito a non ritenere mai che la vita feriale, sempre identica nei suoi ritmi, in contesti semplici e poveri dove scorrono i nostri giorni e i nostri anni, non rassegnarsi mai a pensare che essi diventino la tomba dove si spengono gli ideali, dove i valori grandi escono mortificati. Ci direbbe l’esperienza di Nazareth: “guarda che piuttosto è vero il contrario, che abitare nei confini poveri, con una carica di amore vero, con uno sguardo comunque che va oltre i tuoi confini e che vorrebbe abbracciare l’intera ricerca e sofferenza dell’uomo, questo non è il far morire gli ideali, anzi è un alimentarli e in maniera grande e vera”. Forse alludeva a questo in quella risposta Gesù alla madre e al padre che angosciati lo cercavano: “Non sapevate che io devo occuparmi delle cose del Padre mio?”.
Ecco sono alcuni doni che riceviamo nella liturgia di oggi, in questa domenica della famiglia e sappiamo quanto parole e convinzioni così diventino sempre più preziose oggi. E’ insidiata in mille modi oggi la famiglia, addirittura a volte nella stessa possibilità di esserci; e anche quando poi è data la libertà di farla nascere una famiglia, nelle scelte libere del cuore di un uomo e di una donna, la storia ci sta dicendo quanto sia frequente il frantumarsi di tutto, e magari dopo pochissimo tempo. Comunque il venir meno di un sogno , di una scelta, di un amore perseguito come senso della propria vita. A volte tutto questo sembra introdurre uno sguardo pessimista e negativo, che non è più capace né di sognare né di rilanciare, quasi incapsulato dalle tante drammatiche situazioni che segnano oggi la vita di tante famiglie o mettono in salita il loro cammino, anche dal punto di vista delle risorse di cui vivere, delle risorse economiche.
Pregando con calma questi testi, francamente sentivo piuttosto un invito nella direzione opposta: non ad intristirsi fino a divenire incapaci di intuire i valori più grandi, piuttosto un incoraggiamento è ad amarle ancora di più queste scuole di Vangelo, perché poi è forse questa l’esperienza che custodisce e che salva, che consente di nuovo di rimettersi in cammino, di nuovo di dire a dei giovani che un’esperienza come quella di vita matrimoniale è esperienza degna del nome della vocazione, esperienza degna di essere amata e vissuta con tutte le proprie capacità. Ecco, stamattina noi siamo pochi a celebrare, ma come è bello sentirsi dentro lo sterminato mondo delle famiglie e pregare con loro, e pregare a nome loro e pregare noi stessi come famiglia Tua, Signore.
E facendoci aiutare come sempre, anche se solo inizialmente, poi dopo ognuno può continuare nella riflessione e nella preghiera anche lungo il giorno e nei prossimi giorni, facendoci aiutare da questi testi proclamati, come una piccola scuola dove apprendiamo a vivere di Vangelo.
Ci direbbe quel testo molto bello del profeta (Is 45, 14-17) che abbiamo ascoltato poco fa, “non cercando logiche di potere o di forza, ma percorrendo piuttosto i sentieri della mitezza, della giustizia, della bontà”. Questo apre il cuore di una famiglia, di una comunità, di un popolo, alla logica di Dio. E queste parole come diverranno sempre più incisive e concrete man mano che questa logica di Dio si andrà manifestando. Questo era un momento, certo importante, del cammino del popolo di Dio, ma dopo, pensiamo il momento dei libri della Sapienza, il momento di Gesù, questa logica di Dio, intrisa di mitezza e di bontà e di magnanimità sempre più evidente sarebbe apparsa. Questo è un apprendere il Vangelo, e questo vuol dire custodirsi bene da affanni eccessivi, da logiche che non sono somiglianti al Vangelo, e anche all’interno di un’esperienza di famiglia, di comunità, tutto questo può accadere, lo sappiamo, l’esperienza ce lo va dicendo, e come allora diventa bello questa mattina pregare il Signore Dio perché questo ci sia dato come dono e come grazia.
Oppure ci direbbe il testo della Lettera agli Ebrei (Eb 2, 11-17): “prendendosi cura degli altri”, come Lui, in tutto simile a noi, “si è preso cura della stirpe di Adamo” – bellissima questa frase che commenta il mistero dell’Incarnazione del Signore in una forma ineguagliabile come profondità, come bellezza. “Il prendersi cura di” fratelli e sorelle, questo è un apprendere il Vangelo, l’imparare il Vangelo. Ed è l’augurio che la liturgia di oggi sembra consegnare alle famiglie: diventino sempre più spazio e luogo dove la scelta del prendersi cura diventa un valore amato, uno stile educativo, una cosa che ci aiutiamo a perseguire in profondità. E questa ci è data come possibilità, anche avessimo difficoltà, e magari serie, dentro il cammino della nostra famiglia, comunque questa libertà del continuare a prendersi cura, del farsi carico di altri, questa nessuna situazione ce la potrà sottrarre, rimarrà una possibilità sempre aperta; anzi, a volte, sono proprio le persone più segnate dalla prova che si rivelano più capaci di prendersi cura di altri. Quasi come se la prova affinasse il cuore e ci rendesse più capaci di una disponibilità sincera.
Oppure, ed è l’ultima strada che la liturgia ci propone in questi testi: quell’abitare i confini piccoli di Nazareth, si concludeva così il brano (Lc 2, 41-42): “venne a Nazareth e stava loro sottomesso e sua Madre custodiva tutte queste cose nel suo cuore”. Come un invito a non ritenere mai che la vita feriale, sempre identica nei suoi ritmi, in contesti semplici e poveri dove scorrono i nostri giorni e i nostri anni, non rassegnarsi mai a pensare che essi diventino la tomba dove si spengono gli ideali, dove i valori grandi escono mortificati. Ci direbbe l’esperienza di Nazareth: “guarda che piuttosto è vero il contrario, che abitare nei confini poveri, con una carica di amore vero, con uno sguardo comunque che va oltre i tuoi confini e che vorrebbe abbracciare l’intera ricerca e sofferenza dell’uomo, questo non è il far morire gli ideali, anzi è un alimentarli e in maniera grande e vera”. Forse alludeva a questo in quella risposta Gesù alla madre e al padre che angosciati lo cercavano: “Non sapevate che io devo occuparmi delle cose del Padre mio?”.
Ecco sono alcuni doni che riceviamo nella liturgia di oggi, in questa domenica della famiglia e sappiamo quanto parole e convinzioni così diventino sempre più preziose oggi. E’ insidiata in mille modi oggi la famiglia, addirittura a volte nella stessa possibilità di esserci; e anche quando poi è data la libertà di farla nascere una famiglia, nelle scelte libere del cuore di un uomo e di una donna, la storia ci sta dicendo quanto sia frequente il frantumarsi di tutto, e magari dopo pochissimo tempo. Comunque il venir meno di un sogno , di una scelta, di un amore perseguito come senso della propria vita. A volte tutto questo sembra introdurre uno sguardo pessimista e negativo, che non è più capace né di sognare né di rilanciare, quasi incapsulato dalle tante drammatiche situazioni che segnano oggi la vita di tante famiglie o mettono in salita il loro cammino, anche dal punto di vista delle risorse di cui vivere, delle risorse economiche.
Pregando con calma questi testi, francamente sentivo piuttosto un invito nella direzione opposta: non ad intristirsi fino a divenire incapaci di intuire i valori più grandi, piuttosto un incoraggiamento è ad amarle ancora di più queste scuole di Vangelo, perché poi è forse questa l’esperienza che custodisce e che salva, che consente di nuovo di rimettersi in cammino, di nuovo di dire a dei giovani che un’esperienza come quella di vita matrimoniale è esperienza degna del nome della vocazione, esperienza degna di essere amata e vissuta con tutte le proprie capacità. Ecco, stamattina noi siamo pochi a celebrare, ma come è bello sentirsi dentro lo sterminato mondo delle famiglie e pregare con loro, e pregare a nome loro e pregare noi stessi come famiglia Tua, Signore.
don Franco Brovelli, omelia al Carmelo di Concenedo, 25 gen.’09, Santa Famiglia di Nazareth
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