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Incomunicabilità (dal sito http://www.giovannirapiti.it/) |
“Abbiamo mangiato e bevuto in tua presenza e tu hai insegnato nelle nostre piazze” (Lc 13,26).
«Voi, non so di dove siete» (Lc 13,27).
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Incomunicabilità (dal sito http://www.giovannirapiti.it/) |
…iniziano i conflitti nella chiesa dei discepoli di Gesù…
Le tre letture sono una testimonianza intensa della vita e dei problemi dei discepoli di Gesù alle prese con il grande dramma del Nuovo Testamento: come vivere senza la presenza fisica di Gesù? Come entrare nell’ultima beatitudine che Gesù stesso ci ha augurato: beati quelli che pur non avendo visto crederanno? (Gv 20,29). Il disagio sorto nella fervente e unanime comunità di Gerusalemme di cui ci racconta Luca, le tensioni sulla centralità di Cristo, che è insieme pietra scartata per gli uni e pietra angolare per gli altri, il rinnovarsi, nella comunità, delle domande dei tre discepoli, Tommaso (Gv 14,5), Filippo (Gv 14,8) e Giuda Taddeo (Gv 14,22)… sono esempi che esprimono le difficoltà, i dubbi e i contrasti che nascevano tra i discepoli di Gesù verso la fine del primo secolo. Ma sono anche l’eco degli interrogativi eterni che scavano nel cuore dell’uomo la sua sete inestinguibile… L’elaborazione delle risposte a questi disagi, tramandataci nel Nuovo Testamento è una strada maestra, aperta e ricca di indicazioni paradigmatiche essenziali per affrontare anche noi, illuminati dallo stesso Spirito, la nostra situazione odierna.
Sorse un malcontento…
“Goggusmòs” - si chiama nel greco biblico questo malcontento – che è una parola onomatopeica, come in italiano “borbottamento” o brontolamento o mormorazione… usata già nella versione greca dei LXX, con significato forte di reazione amara o risentimento acido contro Mosè e contro Dio, a proposito della mancanza di cibo nel deserto. “Mosè disse: «Quando il Signore vi darà alla sera la carne da mangiare e alla mattina il pane a sazietà, sarà perché il Signore ha inteso le mormorazioni, con le quali mormorate contro di lui. Noi infatti che cosa siamo? Non contro di noi vanno le vostre mormorazioni, ma contro il Signore»” (Es 16,8). Il termine è ripreso da Giovanni a proposito di Gesù: “…il borbottamento riguardo a lui era grande tra le folle: alcuni dicevano : è buono; altri: no, ma inganna la folla!” (7,12)… In quale comunità o famiglia o gruppo non capita? C’è sempre il momento in cui si insinua un disagio, una sofferenza sorda, un malcontento… che finiscono per diventare prima mormorazioni o lamenti malcelati, poi proteste e recriminazioni… Le prime comunità non ne erano immuni e si domandavano: come rimediare le preferenze ingiuste, le sperequazioni interne e le rivalità che ne nascono? Come convivere con idee e visioni della vita tanto diverse e talora contrapposte? Come preservare la comunità dalle lacerazioni, senza condannare o emarginare o estirpare le persone (i fratelli) con l’intento di togliere il male? Gli Apostoli suggeriscono un metodo originale per svolgere le tensioni in risorsa per una maggior comunione: per prima cosa è necessario il coinvolgimento di tutti nell’analisi del disagio, perché tutti se ne responsabilizzino; poi si impone una differenziazione dei carismi e delle competenze per affrontare l’aumentata complessità della comunità; ne deriva quindi la conferma sempre ribadita del nucleo vitale della comunione ecclesiale che è la preghiera e l’annuncio instancabile della Parola. Questo processo favorisce sempre più una dinamica circolare delle tre coessenziali dimensioni della grazia cristiana: identità, comunione e missione. Dove il carisma dell’autorità, il continuo confronto fraterno con la base, la spinta propulsiva del vangelo verso l’esterno, rende la comunità intensamente coesa ma plurale all’interno, e perciò capace di capire le diverse situazioni culturali dei vari popoli e paesi all’esterno… Per cui il “protagonista” che si impone e trionfa non è una parte o l’altra della chiesa, ma la “Parola” (di Gesù!), che cresce… illumina, perdona e guarisce.
Non sia turbato il vostro cuore!
Nella narrazione di Giovanni Gesù esorta i suoi a non lasciarsi prendere dallo scoramento! Questa insistenza nel ribadire parole d'incoraggiamento per superare i turbamenti e le divergenze, è un segno che ci dovevano essere tendenze molto diverse anche nelle comunità giovannee, con tanta gente che si riteneva più veritiera e ortodossa degli altri, di coloro, cioè, che forse si lasciavano affascinare dal bisogno di adattare ai tempi le forme e tradizioni antiche e venerande, a costo di sofferenze, offese e condanne reciproche. Quale strada per uscirne? Nel testo di Giovanni si intessono l’insegnamento di Gesù, le provocazioni storiche della comunità di neo convertiti e l’esperienza della comunione “ritrovata”, nell’avverarsi della presenza dello Spirito promesso da Gesù. Non è necessario che tutti pensino allo stesso modo e facciano le stesse scelte, per vincere queste profonde paure: ma ciò che è essenziale è che tutti accettino Gesù come rivelazione del Padre (via, verità e vita) e rinnovino in sua memoria la sua passione di servizio e d'amore. Nella casa del Padre mio ci sono molti posti! La “casa del padre” prima era il tempio… adesso Dio è andato ad abitare nel cuore squarciato del Figlio in croce, la nuova abitazione storica della misericordia del Padre, il nuovo “luogo” dove nasce e si purifica continuamente la chiesa. Qui tutti hanno diritto al posto preparato per ciascuno di noi da Gesù stesso, che da sempre ci attende… Se uno accetta di dimorare nel Figlio, proprio lì trova la comunione indissolubile con i fratelli, qualunque difficoltà o incomprensione insorga. L’ “andarsene da noi” di Gesù è infatti il cammino stesso di passione, morte e risurrezione, per raggiungere la sua glorificazione presso il Padre. In questo cammino che rinnova con noi, egli ci accompagna (perché dove sono io siate anche voi…), affinché insieme con lui anche noi raggiungiamo il Padre (se conoscete me, conoscerete anche il Padre!).
«Chi ha visto me ha visto il Padre».
Filippo forse aspirava a una visione religiosa più alta o più mistica e più dimostrativa («Mostraci il Padre!»), -forse era un desiderio diffuso nelle comunità di Giovanni. È certo che continua comunque ad essere il desiderio di tutti noi. Ma dove e come incontrare Dio? Ecco l'interrogativo sotteso all'intero quarto vangelo, che è iniziato con la dichiarazione forte: Dio nessuno l'ha mai visto (1,18). Gesù risponde chiaramente che la sua persona e la sua vita, la sua storia umana e la sua fine - sono lo spazio in cui Dio si è reso visibile e conoscibile. Nell'incarnazione del Figlio di Dio l'invisibilità di Dio è venuta in mezzo a noi in carne umana… ha camminato tra gli uomini. Ma ora non è più visibile o percepibile al modo che l’uomo dei sensi e della ragione vorrebbe. Tutto quello che Dio voleva dire all'uomo, lo ha detto con le parole di Cristo: “Le parole che io vi dico, non le dico da me”. Tutto quello che Dio vuol fare per l'uomo, lo ha fatto in Cristo: “Il Padre che è in me compie le sue opere”, fino alla solenne proclamazione: In verità, in verità vi dico: anche chi crede in me, compirà le opere che io compio e ne farà di più grandi, perché io vado al Padre. Dunque, arrivato presso il Padre ad intercedere per noi, ci rende capaci di fare come lui, sviluppando nel tempo la sua opera. Che consiste nell’accogliere e annunciare l’amore misericordioso del Padre in tutto il mondo. E renderlo visibile: «Nessuno ha mai visto Dio, ma se ci amiamo scambievolmente, Dio dimora in noi» (1 Gv 4,12). La presenza visibile di Dio vissuta, annunciata e trasmessa a noi in Gesù, si gioca dunque su questo discrimine: l’amore… fino alla fine (Gv 13,1) La scelta, per il discepolo come per la comunità, soprattutto nei momenti di scoramento e di tentazione di fuga e divisione, è drammatica: per cui Pietro ci raccomanda: “stringetevi a Cristo, pietra viva, rigettata dagli uomini, ma scelta e preziosa davanti a Dio; anche voi venite impiegati come pietre vive per la costruzione di un edificio spirituale…” Ancora una volta, stringersi a Cristo e unirci tra noi, pietre disperse, in una comunione “edificante” la comunità, è la stessa cosa!
Arrestato Giovanni … Gesù cominciò a predicare!
C’è un raccordo di contiguità e discontinuità insieme – di compimento e diversità radicale tra Giovanni e Gesù. Le prime comunità cristiane hanno rilevato l’enorme importanza di questo legame, ed hanno scoperto così la novità assoluta di Gesù. La novità consiste nel tenere insieme una duplice polarità: il radicamento profondo nella tradizione e nella storia concreta degli uomini (l’incarnazione!), da una parte, e dall’altra il fermento esplosivo del suo messaggio e della sua efficacia nella condizione dolorosa ed oppressa della gente (liberazione o redenzione!). Questa è la forza propulsiva, umile ma incoercibile, del minuscolo seme di amore che il Padre lo ha mandato a seminare nel mondo…
Anche la comunità di Matteo rilegge a questo modo gli “inizi” di Gesù! Dopo l'arresto di Giovanni. Gesù cambia paese, casa, modo di vita. Come se, dopo il battesimo e le tentazioni nel deserto, gli premesse ormai in cuore in modo incontenibile l’urgenza della sua missione tra gli uomini… per riprendere la fiaccola della speranza, oscurata nella prigione del Battista, dove è stato messa a tacere la voce più forte di tutti i cercatori di Dio della storia biblica. In questo breve racconto è condensato ciò che la comunità di Matteo ha capito e vissuto nel suo primo impatto con la fede evangelica. Questo è il piccolo trattato di teologia del cominciamento della chiesa, non semplicemente degli inizi della chiesa storica. È l’inizio della chiesa di sempre – di cui diceva Gesù stesso: dove sono due o tre riuniti nel mio nome, io sono in mezzo a loro (18,20).
Per capire il comportamento nuovo e originale di Gesù, che si sposta dal centro religioso e cultuale della Giudea alla Galilea delle genti, i discepoli sono andati a studiare le profezie dell’esilio, il tempo della distruzione e dispersione di ogni istituzione religiosa, ma anche il tempo del ricominciamento della fede. E le profezie antiche illuminano la storia presente: Gesù è andato a stare tra quelli che più di altri abitavano in terra tenebrosa… che dimoravano in terra e ombra di morte… perché è lui la luce! perché lui è il ricominciamento: In passato il Signore umiliò…, ma in futuro renderà gloriosa la via del mare!
"Convertitevi, perché il Regno dei Cieli è vicino"
L’annuncio di Gesù è lo stesso del Battista, perché per tutti e due la disponibilità a “cambiare mentalità” è la premessa necessaria ad ogni conversione. Ma per Giovanni questa è la fine del suo messaggio e della sua missione di precursore. Per Gesù questo stesso annuncio è un’apertura, è l’inizio. Perché in Gesù il Regno non solo si fa prossimo, ma comincia “a camminare”. É lui il Regno, è lui la presenza salvatrice del Padre nella storia quotidiana degli uomini! Ecco perchè non chiama la gente nel deserto ma neanche nel tempio …È lui che va dove la gente vive: sul lavoro, nelle case, per le strade, nei villaggi… nelle loro sinagoghe (di sabato!) : Gesù “va attorno per tutta la Galilea”: e cosa vede? Vede nel cuore degli uomini e della società il conflitto tra una realtà dura e pesante da portare e la spinta vitale di una speranza che non riesce a farsi strada, perchè sottoposta al giogo che l'opprimeva, alla sbarra che gravava le sue spalle e al bastone del suo aguzzino… Proprio perché Gesù va dove l’uomo vive (sul lavoro, nella famiglia, nella società e nelle sue istituzioni) tocca con mano che la gente fa fatica, è a disagio, al buio… e vede gli uomini che dimorano in terra e ombra di morte. L’ombra di morte è la paura, e la paura nasce nel cuore man mano che la speranza deperisce, senza che una luce rischiari le tenebre in cui ci sentiamo immersi… Ma, ecco la buona notizia: una luce ha fatto irruzione nell’ombra! I primi discepoli ne hanno un ricordo vivissimo, con alcune caratteristiche ‘mitiche’ della loro esperienza appassionata di chiesa nascente.
Una tiepida chiesa alla ricerca di poteri fittizi…
…a guardarci allo specchio noi cristiani di oggi! alla luce di questo fervore della chiesa evangelica nascente, risalta ancor di più la stagione ecclesiale stanca e triste, che stiamo vivendo, almeno in occidente.
Noi somministriamo alla gente “cristiana” soprattutto sacramentalizzazione, precetti morali, inquadramento ideologico… E siccome la gente ci segue sempre meno, siamo spesso in atteggiamento agguerrito e aggressivo per difendere o recuperare spazi, istituzioni, leggi o radici … e renderle più cristiane. Illudendoci che queste poi preservino la fede. È il metodo inverso di quello evangelico. E qui sta il nodo dirimente della nostra tentazione ecclesiastica! Il potere, pur ricercato per ‘fini buoni’, di natura sua vanifica la croce di Cristo, perché la croce non è un incidente di percorso, ma la “necessaria” conseguenza di aver rinunciato ai mezzi del potere, sbilanciandosi del tutto per l’amore gratuito. Ma non riusciremo a rinunciare davvero al potere se non assaggiando un’altra gioia più grande … Nel vangelo, invece che i verbi sedentari di possesso o di conquista, predominano i verbi di movimento, di missione. Gesù si sposta continuamente e mette in moto altri discepoli, semplici, umili, ignoranti, laici, uomini e donne (cfr Lc 8,1-3 – il corrispettivo del nostro testo). La sua proposta è coinvolgimento profondo dei cuori, anzitutto. Poi è paziente e costante trasformazione delle idee su Dio Padre, se stessi, gli uomini, la storia… Poi è esperienza viva di rinascita interiore e comunitaria di pacificazione delle relazioni, almeno nei barlumi di speranza che si accendono nell’ombra della paura … per sanare gli incubi di panico che crescono dove non c’è più speranza viva.
Solo ripercorrendo il cammino della chiesa nascente ci riappassioneremo… al seguito di Gesù!
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…Padre, credo che mi capisca…
sono stata ferita al cuore, bruciata al cuore.
È una ferita ed è un fuoco.
Sono sicura che un giorno il Signore mi abbia accordato
una piccolissima scintilla dell’amore del suo Cuore
e che questa scintilla ha acceso il braciere.
E allora non ne posso più, perché nessun cuore umano è fatto a questa misura.
Non può contenere tutto questo amore.
Padre, sogno l’amore, ma un amore
come non l’ho ancora visto spiegare in un libro,
soprattutto come non l’ho visto mai raccomandare nei consigli alle religiose,
un amore che sia insieme divino e umano.
Sogno che si possa donare tanta tenerezza a tutti,
una tenerezza che sia così divina, pur uscendo da un cuore umano,
da non portare con sé fatalmente il disordine dei sensi.
Perché, padre, non è possibile amare ardentemente e insieme con purezza?
Crede che sarebbe realizzabile?
Se ci provassimo prima noi
e poi insegnassimo a tutte le piccole sorelle a dilatare il cuore?
Per quale motivo, per il fatto di essere religiose, dovremmo chiudere il cuore
anziché aprirlo di più. Non solo nel fondo, ma nell’espressione?
Le assicuro che il mondo ha bisogno di amore.
Vorrei potere amare tutti gli essere umani del mondo intero.
Vorrei mettere una scintilla di amore in ogni angolo del mondo:
in Egitto, in Brasile, presto in Giappone.
Basta una scintilla ad appiccare incendi nei boschi della Provenza.
Perché non dovremmo creare bracieri nel mondo intero?
Passando a Saint-Fons ho visto tutte le ciminiere delle fabbriche
e ho pensato che un giorno vi manderò delle piccole sorelle.
Passando a Péage de Roussillon,
ho visto il quartiere operaio delle fabbriche del Rodano
e ho pensato che anche là manderò delle piccole sorelle…
Padre, ci vogliono dappertutto focolai di amore!...
Parigi, 21 ottobre 1947
[Magdeleine, Il padrone dell’impossibile, PM, Casale M. pp.199]
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