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domenica 2 settembre 2012

L'ultima intervista

Il rito della lavanda dei piedi in Duomo

Padre Georg Sporschill, il confratello gesuita che lo intervistò in Conversazioni notturne a Gerusalemme, e Federica Radice hanno incontrato Martini l'8 agosto: «Una sorta di testamento spirituale. Il cardinale Martini ha letto e approvato il testo».

Come vede lei la situazione della Chiesa? «La Chiesa è stanca, nell'Europa del benessere e in America. La nostra cultura è invecchiata, le nostre Chiese sono grandi, le nostre case religiose sono vuote e l'apparato burocratico della Chiesa lievita, i nostri riti e i nostri abiti sono pomposi. Queste cose però esprimono quello che noi siamo oggi? (...) Il benessere pesa. Noi ci troviamo lì come il giovane ricco che triste se ne andò via quando Gesù lo chiamò per farlo diventare suo discepolo. Lo so che non possiamo lasciare tutto con facilità. Quanto meno però potremmo cercare uomini che siano liberi e più vicini al prossimo. Come lo sono stati il vescovo Romero e i martiri gesuiti di El Salvador. Dove sono da noi gli eroi a cui ispirarci? Per nessuna ragione dobbiamo limitarli con i vincoli dell'istituzione».

Chi può aiutare la Chiesa oggi? «Padre Karl Rahner usava volentieri l'immagine della brace che si nasconde sotto la cenere. Io vedo nella Chiesa di oggi così tanta cenere sopra la brace che spesso mi assale un senso di impotenza. Come si può liberare la brace dalla cenere in modo da far rinvigorire la fiamma dell'amore? Per prima cosa dobbiamo ricercare questa brace. Dove sono le singole persone piene di generosità come il buon samaritano? Che hanno fede come il centurione romano? Che sono entusiaste come Giovanni Battista? Che osano il nuovo come Paolo? Che sono fedeli come Maria di Magdala? Io consiglio al Papa e ai vescovi di cercare dodici persone fuori dalle righe per i posti direzionali. Uomini che siano vicini ai più poveri e che siano circondati da giovani e che sperimentino cose nuove. Abbiamo bisogno del confronto con uomini che ardono in modo che lo spirito possa diffondersi ovunque».

Che strumenti consiglia contro la stanchezza della Chiesa? «Ne consiglio tre molto forti. Il primo è la conversione: la Chiesa deve riconoscere i propri errori e deve percorrere un cammino radicale di cambiamento, cominciando dal Papa e dai vescovi. Gli scandali della pedofilia ci spingono a intraprendere un cammino di conversione. Le domande sulla sessualità e su tutti i temi che coinvolgono il corpo ne sono un esempio. Questi sono importanti per ognuno e a volte forse sono anche troppo importanti. Dobbiamo chiederci se la gente ascolta ancora i consigli della Chiesa in materia sessuale. La Chiesa è ancora in questo campo un'autorità di riferimento o solo una caricatura nei media? Il secondo la Parola di Dio. Il Concilio Vaticano II ha restituito la Bibbia ai cattolici. (...) Solo chi percepisce nel suo cuore questa Parola può far parte di coloro che aiuteranno il rinnovamento della Chiesa e sapranno rispondere alle domande personali con una giusta scelta. La Parola di Dio è semplice e cerca come compagno un cuore che ascolti (...). Né il clero né il Diritto ecclesiale possono sostituirsi all’interiorità dell'uomo. Tutte le regole esterne, le leggi, i dogmi ci sono dati per chiarire la voce interna e per il discernimento degli spiriti. Per chi sono i sacramenti? Questi sono il terzo strumento di guarigione. I sacramenti non sono uno strumento per la disciplina, ma un aiuto per gli uomini nei momenti del cammino e nelle debolezze della vita. Portiamo i sacramenti agli uomini che necessitano una nuova forza? Io penso a tutti i divorziati e alle coppie risposate, alle famiglie allargate. Questi hanno bisogno di una protezione speciale. La Chiesa sostiene l'indissolubilità del matrimonio. È una grazia quando un matrimonio e una famiglia riescono (...). L'atteggiamento che teniamo verso le famiglie allargate determinerà l'avvicinamento alla Chiesa della generazione dei figli. Una donna è stata abbandonata dal marito e trova un nuovo compagno che si occupa di lei e dei suoi tre figli. Il secondo amore riesce. Se questa famiglia viene discriminata, viene tagliata fuori non solo la madre ma anche i suoi figli. Se i genitori si sentono esterni alla Chiesa o non ne sentono il sostegno, la Chiesa perderà la generazione futura. Prima della Comunione noi preghiamo: "Signore non sono degno..." Noi sappiamo di non essere degni (...). L'amore è grazia. L'amore è un dono. La domanda se i divorziati possano fare la Comunione dovrebbe essere capovolta. Come può la Chiesa arrivare in aiuto con la forza dei sacramenti a chi ha situazioni familiari complesse?»

Lei cosa fa personalmente? «La Chiesa è rimasta indietro di 200 anni. Come mai non si scuote? Abbiamo paura? Paura invece di coraggio? Comunque la fede è il fondamento della Chiesa. La fede, la fiducia, il coraggio. Io sono vecchio e malato e dipendo dall'aiuto degli altri. Le persone buone intorno a me mi fanno sentire l'amore. Questo amore è più forte del sentimento di sfiducia che ogni tanto percepisco nei confronti della Chiesa in Europa. Solo l'amore vince la stanchezza. Dio è Amore. Io ho ancora una domanda per te: che cosa puoi fare tu per la Chiesa?».

Georg Sporschill SJ, Federica Radice Fossati Confalonieri

sabato 11 dicembre 2010

Cristianesimo da “spam”


La mia casella postale, come accade oramai a tutti, è spesso invasa dallo spam (email indesiderate). Normalmente le cancello senza leggerle… Oggi mi si è illuminata una lampadina e ho provato a guardarle… Ho trovato interessante l’evoluzione del loro contenuto, che mi permette, in qualche modo, di vedere il “mondo” (nel senso giovanneo) dal punto di vista dei massaggi (No! Non è un errore di stampa!) dei suoi adepti.
Agli inizi arrivavano spam inviate dalla dea Venere.
Ora sempre più spesso arrivano spam direttamente dal dio Mammona che propone di trasformati in un novello re Mida.

Ecco alcune interessanti contenuti che mostrano, come dire, l’evoluzione filosofico-teologica della proposta (Mammona, si sa, è un gran teologo!).

Intanto al Casino si è aggiunto un accento trasformandolo in Casinò… questo se “fisicamente” non ha richiesto grande sforzo, oggettivamente bisogna riconoscere che c’è stato un gran salto di “qualità”. Infatti da banali distributori di piacere immediato si è passati a dei distributori che ti promettono un futuro di piacere…

Non è un’evoluzione di poco conto, perché passa dalla soddisfazione immediata del desiderio (che proprio per questo patisce la “curva della frustrazione”) alla soddisfazione come “promessa mai compiuta” che ha i confini infiniti del desiderio non appagato. In questo modo il desiderio non patisce la frustrazione che nasce dalla propria soddisfazione immediata, ma si lancia oltre se stesso verso un futuro solo promesso e solo parzialmente “anticipato” dalle calcolate vincite.

Per chi ha un minimo di conoscenze teologiche e bibliche non farà fatica a scoprire che siamo davanti a una proposta strutturalmente “cristiana” (non semplicemente “religiosa”), con dinamiche interne simili a quelle della speranza che proietta l’uomo e il suo cuore (teleologia) verso la promessa escatologica.
Cristianesimo senza Cristo, al cui posto – nel tempio umano – regna, come l’abominio biblico, trionfante il denaro agognato.

Non a caso il linguaggio di queste spam è prettamente “biblico”, nel senso che attingono alle figure tipiche del mondo genesiaco  cercando di riproporre quelle idealizzazioni da “paradiso terrestre”, nostalgicamente ancora ben vivo nella ancestrale memoria culturale di ciascuno.

Ed ecco alcune proposte allettanti, testuali, testuali: «entra nel mondo dei ricchi» e un’altra «clicca qui, potresti non dover lavorare in vita tua».

Se questo è lo spam oggi, possiamo fermarci un attimo a pensare ad eventuali analogie… gli insegnamenti che ne ricavo mi istruiscono non poco: scelgo un filone, tra i tanti che mi si mostrano.

Intanto noto che queste spam non si distanziano da molte proposte politiche.
Naturalmente, quando parlo di politica intendo anche politica economica.
Sindacati e imprenditori non sono esclusi dalla categoria. Anzi!
Marchionne e le sue proposte di un’Italia migliore (sic!) si iscrive a pieno titolo all’interno della logica religiosa di queste spam: un sacrificio oggi per avere il paradiso domani. Naturalmente lui si prende per il dio al quale dobbiamo il nostro fiat!

Altrettanto dicasi dell’accertato e documentato slittamento della cosiddetta “classe operaia” (e sue successive evoluzioni con o senza “colletto bianco”), dall’eresia comunista all’eresia leghista.
Infatti, molte scelte politiche (votare questo o quel partito, aderire a questa o quella azione sindacale…) si ispirano a questa nostalgia paradisiaca, di un benessere a cui gli altri continuamente attentano. Qui la proposta religiosa, oltre ad arricchirsi di ulteriori riti, si fa più raffinata: il sacrifico lo si fa fare agli altri (ieri erano i padroni, oggi, visto che siamo diventati padroncini, sono stranieri, Rom, terroni, musulmani, ecc.) e il paradiso ce lo teniamo noi!

Non sto a descrivere l’ovvio e quindi è inutile affermare ciò che è evidente a tutti e cioè che eletti e elettori del Pdl (almeno quelli che io ho conosciuto direttamente o indirettamente) si ispirano agli stessi valori “cristiani” delle spam sopra descritte, al punto che potrebbe essere definito letteralmente un “partito spam” (o «spam di partito», vedete voi). Sarà per questo che si crede cristiano?

Ma anche certe affermazioni di altri personaggi “insospettabili” sono inconsciamente rivelatrici che lo spam oramai ci ha raggiunto l’anima. Durante l’allora trasmissione di confronto all’americana per la campagna elettorale tra Berlusconi e Prodi ad un certo punto il giornalista, evidentemente a corto di domande, ha la bella pensata di chiedere a Prodi che cosa prospetta nel futuro degli italiani. Alche, il grande Prodi, non trova di meglio che augurarsi e quindi promettere in un rotondo e per nulla imbarazzato sorriso, «Più di felicità!». Ditemi se non è una promessa “religiosa”, da spam!

Conclusione? Non basta essere cristiani (su questo giudichi Iddio!) per esserlo anche politicamente (questo dobbiamo farlo tutti!): Infatti la separazione del potere politico dal potere religioso, implica, tra le altre cose, che il potere politico rinunci a delle promesse “religiose”, e si faccia fattore di una società semplicemente più vivibile per tutti: vivibile il lavoro, vivibile la scuola, vivibile la sanità, ecc.

Mi attendo una politica vivibile che rinunciando a linguaggi e promesse messianiche sia più attenta alle dinamiche proprie della “secolarità”: diritto, lavoro, equità, giustizia, democrazia, ecologia… Altrimenti il nostro sogno di un mondo migliore si tradurrà in fuga alienante dalla realtà concreta che lascia irrisolti i suoi problemi. E “le cose” non potranno che andare peggio. Il “paradiso”… lasciamolo a Dio!

Chissà se Bertone, tra una cena e l’altra, ci ha mai pensato.

giovedì 9 dicembre 2010

Non il «fare», ma il «fare in memoria» conta!


Ho letto ultimamente qualcosa del sindaco di Firenze, Matteo Renzi.

L’occasione, più per curiosità che per altro, è stata la sua visita ad Arcore, che ha scatenato… la sua fervida fantasia in propria difesa. Non che il fatto di Arcore, mi abbia infastidito, i nostri politici ci hanno abituato a ben altro. Quello che mi ha incuriosito è il “personaggio” e le sue argomentazioni. Il che mi ha fatto riflettere andando ben oltre la sua persona.

Dunque seguendo la logica di Renzi: Se avessi da sbrigare personalmente qualche pratica improcrastinabile con il mio Sindaco e visto che lui è molto occupato (non ammalato!), ed io pure (magari con l’agenda piena di apparizioni TV e convegni), posso benissimo accettare un appuntamento a casa sua! e io – sempre secondo il Renzi-pensiero – per amor di Patria, dovrei andarci! A pelle mi vien da dire: Tipicamente italiano! Ma ve lo immaginate una cosa del genere altrove? Cose che accadono solo nella Repubblica delle banane! E se mi seguite, capirete pure perché queste cose accadono solo lì!

Come giustamente ha notato Bersani, forse, secondo alcuni, non accorgendosi di dire una cosa intelligente, il Sig. Renzi doveva esigere un incontro nelle sedi istituzionali… ed eventualmente rendere pubblico un eventuale diniego.
La controcritica di Renzi a chi lo critica si può sintetizzare più o meno così: chi lo critica, è un formalista, fa del bieco antiberlusconismo, ha un atteggiamento ideologico…

Noto che è certamente possibile che qualcuno possa farne una questione ideologica, formalistica, ecc.… D’altronde è anche vero che spesso accade di arrivare alla stesse conclusioni pur partendo da presupposti completamente diversi, magari da discutibili intenzioni e motivazioni. Proviamo però a non liquidare queste critiche al suo operato così sbrigativamente come egli fa. Non è detto cioè che l’affermazione di Bersani, non abbia in sé un fondamento più vero e autentico di quel che appare a una prima superficiale lettura. E questo rivela che forse Bersani è una persona più intelligente di quel che ne pensa lo stesso Renzi. Certamente di una intelligenza diversa dalla sua: quella che nasce più che dal ragionamento, dall’integrità della persona. Si chiamava una volta “saggezza”, ma ci accontenteremo di chiamarla “buon senso”.

Ma andiamo con ordine. Spesso mi è da guida, in quest’Italia, una frase del compianto cardinale Pappalardo, vescovo di Palermo, che affermava (non so se citava, ho saputo poi che anche Falcone diceva la stessa cosa) che la mafia, prima di essere una associazione a delinquere, è un modo di pensare.

Corruzione della mente, prima che dell’agire e… dei soldi! Dove il pensiero si fa sostanzialmente clientelare, e non tiene conto dei diritti e dei doveri di ciascuno e dei rispettivi ruoli. In questo senso per dirla tutta, al di là delle sue buone intenzioni che gli concediamo senza fatica, quella di Renzi è una caduta di mentalità, più che di stile. Di mentalità “mafiosa” e “clientelare”, molto “berlusconiana” nel senso del “ghe pensi mi”: frutto di puro solipsismo narcisista...

A proposito di narcisismo… Ho sentito e seguito qualche sua intervista: non so… ma mi dà un'impressione di uno eccessivamente sicuro di sé, fino alla tracotanza e direi “insensibilità” nel liquidare atteggiamenti altrui.

“L'uomo del fare” quale è e si autodefinisce (d'altronde come dargli torto: a cosa serve un Sindaco se non per “fare”?) ha in sé questo rischio: il credere, perché ne è capace (e pare che lui ne sia capace!), di dover insegnare a tutti cosa bisogna fare. E passi. Il problema è che Renzi vuole insegnare a tutti anche il come!

In fondo questo, uno può dire, è un problema suo! Già, solo che la cosa mi sembra oramai un problema generale. Vediamo di approfondire.

Quello che manca alla politica di oggi è una visione, come dire,  più “ecclesiale”. Bersani forse manca di “carisma” e su questo possiamo convenire, forse non piace neanche d’Alema (un altro narcisista come Renzi e Berlusconi: dio quanto si “com-piacciono”!) ma a meno che non si voglia fondare un altro partito (vedi Fini), fin che si sta insieme (insieme!), è meglio che le cose si facciano assieme. Anzi. Meglio non farle o dirle proprio certe cose, se per farle si creano continue rotture (vedi Veltroni): a meno che non si voglia fare le “primedonne” (vedi quasi tutti)! Ma la politica non è cabaret (qui meglio non vedere!). Perché ciò che conta, non è vincere (le elezioni) ma stare insieme. E questo non, come si dice, perché “si vince solo se si sta insieme”, ma perché lo stare insieme è già vincere, è la vera vittoria, da cui nascono le altre (non dimentichiamo che la politica è comunque fare! Ma non fare comunque!). Questo è possibile però solo se, se ne abbraccia la storia. Storia invece che Renzi vuole rottamare, semplicemente perche “datata”.
Dimenticando che non si rottamano mai i valori, tantomeno  le persone, ma gli ostacoli alla loro valorizzazione! Renzi – ma non è il solo – non si rende conto che proprio questa sua “forma mentale” testé descritta è il cuore del suo (e nostro, in quanto umano) problema. Problema che anche in lui, ascoltandolo, non sembra solo politico, ma esistenziale, perché è il suo modo di esserci (il dasein) nell’incontro col reale: Il rifiuto, della storia (nel bene e nel male) che l’ha preceduto. Il suo agire è un agitarsi senza “memoria” che non lo porterà lontano perché non ha radici… al massimo ad Arcore (nel senso che dirò più avanti)!

In fondo, delle sue (o altrui) idee e trovate per quanto geniali ed efficaci, non ce ne importa un fico secco, quello che servirebbe agli italiani, tipici geni solipsisti, invece è che si trovasse qualche idea e azione normale per compattare non solo il Pd ma anche la Politica e il Paese.
Questo esige, il rispetto dei ruoli di ciascuno, anche in casa propria! Ma vedo che gli è più facile parlare col Presidente del Consiglio, che col Segretario del suo partito!

Misteri della politica italiana? No! Smemoratezza! Che rivela non tanto il livello ma la qualità del problema. Manifesta a quale profondità antropologica si è inceppato il meccanismo del cuore. Palesa cioè il tipo di “sfascio” dell’uomo d’oggi e quindi del politico e della consecutiva politica. In Italia e nel mondo.

Prova ne è, che a sua difesa il Renzi pensa di donarci questa chicca del suo megapensiero, che è la quadratura del cerchio dell’analisi fatta sopra. Il Nostro, indirizzato a coloro che nel suo partito lo criticano, dice: «Capisco la critica sul luogo simbolo. Ma se il premier mi dà appuntamento ad Arcore, vado ad Arcore. Penso che il Pd dovrebbe lavorare per cambiare il premier, non per cambiare il luogo degli incontri». Se avesse memoria (anche solo biblica, visto che è cattolico), saprebbe che da sempre nella storia umana, ogni re si è costruito una reggia. E il loro numero e magnificenza simboleggiano la potenza del loro potere. Versailles non è nata per capriccio. E nemmeno Arcore…
Da sempre l’esercizio del potere è indicato con i nomi dei luoghi dove si esercita (Il Quirinale, Palazzo Madama, La Casa Bianca, Il Cremlino, ecc.). E la casa, ogni casa, è sempre il luogo simbolico di chi la abita.

E, per converso, la presa del potere ha sempre coinciso con l’occupazione o la distruzione dei luoghi dove si esercita. Quindi sempre è accaduto – come persino il cosiddetto popolino sa – che per cambiare il premier occorre cambiare il luogo degli incontri! Perché anche la Politica, cioè l’arte della convivenza reciproca, si nutre di simbolica e di riti (vedi, la bandiera, ma anche un semplice doveroso “buongiorno!”).
Eppure Renzi se ne esce con una frase ad effetto dicendo di capire ciò che invece non ha veramente capito, in quanto lui (ma anche chi lo critica) allude alle cene e ai festini che invece qui proprio non c’entrano, perché ben altro e alto dovrebbe essere il discorso!
Ma si sa la “memoria” oggi non va oltre la cronaca … Certo che se queste sono le nuove leve della politica, poveri noi!

Per fortuna la memoria del Natale mi ha aperto il cuore alla speranza portandomi, quasi per associazione di idee, a fare una constatazione che non avevo mai fatto prima: Quando Dio ha voluto abbattere ogni potere oppressivo e liberare l’umanità, si è dato un corpo ma non una casa (Luca 9,58)!
Una ragione ci sarà! Forse oggi lo capisco meglio.

E se anche la politica imparasse a ripartire da qui? Dopotutto compito della Parola di Dio è “ricostruire” la memoria dell’uomo. E l’uomo biblico, è per definizione «l’uomo che fa “memoria”».

mercoledì 25 febbraio 2009

Dark Age?

Una interpretazione che trova le sue radici nelle polemiche positivistiche ottocentesche, vuole che il Medioevo abbia rimosso tutte le scoperte scientifiche dell’antichità classica per non contraddire la lettera delle sacre scritture. È vero che alcuni autori patristici hanno cercato di dare una lettura assolutamente letterale della Scrittura là dove essa dice che il mondo è fatto come un tabernacolo. Per esempio nel IV secolo Lattanzio (nel suo Institutiones divinae), su queste basi si opponeva alle teorie pagane della rotondità della terra, anche perché non poteva accettare l’idea che esistessero degli Antipodi dove gli uomini avrebbero dovuto camminare con la testa all’ingiù.
E idee analoghe aveva sostenuto Cosma Indicopleuste, un geografo bizantino del VI secolo, che nella sua Topografia Cristiana, sempre pensando al tabernacolo biblico, aveva accuratamente descritto un cosmo di forma cubica, con un arco che sovrastava il pavimento piatto della Terra.

Ora, che la terra fosse sferica, tranne alcuni presocratici, lo sapevano già i greci, sin dai tempi di Pitagora, che la riteneva sferica per ragioni mistico-matematiche. Lo sapeva naturalmente Tolomeo, che aveva diviso il globo, ma lo avevano già capito Parmenide, Eudosso, Platone, Aristotele, Euclide, Archimede, e naturalmente Eratostene, che nel terzo secolo avanti Cristo aveva calcolato con una buona approssimazione la lunghezza del meridiano terrestre.

Tuttavia si è sostenuto (anche da parte di seri storici della scienza) che il Medioevo aveva dimenticato questa nozione antica, e l’idea si è fatta strada anche presso l’uomo comune, tanto è vero che ancora oggi, se domandiamo a una persona anche colta che cosa Cristoforo Colombo volesse dimostrare quando intendeva raggiungere il levante per il ponente, e che cosa i dotti di Salamanca si ostinassero a negare, la risposta, nella maggior parte dei casi, sarà che Colombo riteneva che la terra fosse rotonda, mentre i dotti di Salamanca ritenevano che la terra fosse piatta e che dopo un breve tratto le tre caravelle sarebbero precipitate dentro l’abisso cosmico.

In verità a Lattanzio nessuno aveva prestato troppa attenzione, a cominciare da Sant’Agostino il quale lascia capire per vari accenni di ritenere la terra sferica, anche se la questione non gli sembrava spiritualmente molto rilevante. Caso mai Agostino manifestava seri dubbi sulla possibilità che potessero vivere esseri umani ai presunti antipodi. Ma che si discutesse sugli antipodi è segno che si stava discutendo su un modello di terra sferica.
Quanto a Cosma, il suo libro era scritto in greco, una lingua che il medioevo cristiano aveva dimenticato, ed è stato tradotto in latino solo nel 1706. Nessun autore medievale lo conosceva.

Nel VII secolo dopo Cristo Isidoro di Siviglia (che pure non era un modello di acribìa scientifica) calcolava la lunghezza dell’equatore in ottantamila stadi. Chi parla di circolo equatoriale evidentemente assume che la terra sia sferica.

Anche uno studente di liceo può facilmente dedurre che, se Dante entra nell’imbuto infernale ed esce dall’altra parte vedendo stelle sconosciute ai piedi della montagna del Purgatorio, questo significa che egli sapeva benissimo che la terra era sferica, e che scriveva per lettori che lo sapevano. Ma della stessa opinione erano stati Origene e Ambrogio, Beda, Alberto Magno e Tommaso d’Aquino, Ruggero Bacone, Giovanni di Sacrobosco, tanto per citarne alcuni. La materia del contendere ai tempi di Colombo era che i dotti di Salamanca avevano fatto calcoli più precisi dei suoi, e ritenevano che la terra, tondissima, fosse più ampia di quanto il nostro genovese credesse, e che quindi fosse insensato cercare di circumnavigarla. Naturalmente né Colombo né i dotti di Salamanca sospettavano che tra l’Europa e l’Asia stesse un altro continente.

Tuttavia proprio nei manoscritti di Isidoro appariva la cosiddetta mappa a t, dove la parte superiore rappresenta l’Asia, in alto, perché in Asia stava secondo la leggenda il Paradiso terrestre, la barra orizzontale rappresenta da un lato il Mar Nero e dall’altro il Nilo, quella verticale il Mediterraneo, per cui il quarto di cerchio a sinistra rappresenta l’Europa e quello a destra l’Africa. Tutto intorno sta il gran cerchio dell’Oceano. Naturalmente le mappe a t sono bidimensionali, ma non è detto che una rappresentazione bidimensionale della terra implichi che la si ritenga piatta, altrimenti a una terra piatta crederebbero anche i nostri atlanti attuali. Si trattava di una forma convenzionale di proiezione cartografica, e si riteneva inutile rappresentare l’altra faccia del globo, ignota a tutti e probabilmente inabitata e inabitabile, così come noi oggi non rappresentiamo l’altra faccia della Luna, di cui non sappiano nulla.
Infine, il Medioevo era epoca di grandi viaggi ma, con le strade in disfacimento, foreste da attraversare e bracci di mare da superare fidandosi di qualche scafista dell’epoca, non c’era possibilità di tracciare mappe adeguate. Esse erano puramente indicative. Spesso quello che preoccupava maggiormente l’autore non era di spiegare come si arriva a Gerusalemme, bensì di rappresentare Gerusalemme al centro della terra.

Infine si cerchi di pensare alla mappa delle linee ferroviarie che propone un qualsiasi orario in vendita nelle edicole. Nessuno da quella serie di nodi, in sé chiarissimi se si deve prendere un treno da Milano a Livorno (e apprendere che si dovrà passare per Genova), potrebbe estrapolare con esattezza la forma dell’Italia. La forma esatta dell’Italia non interessa a chi deve andare alla stazione (...).

Si veda ora questa immagine del Beato Angelico nel duomo di Orvieto. Il globo (di solito simbolo del potere sovrano) tenuto in mano da Gesù rappresenta una Mappa a T rovesciata. Se si segue lo sguardo di Gesù si vede che egli sta guardando il mondo e quindi il mondo è rappresentato come lo vede lui dall'alto e non come lo vediamo noi, e quindi capovolto. Se una mappa a T appare sulla faccia di un globo vuole dire che essa era intesa come rappresentazione bidimensionale di una sfera.


di Umberto Eco in Repubblica.it, 23 febbraio 2009

venerdì 18 luglio 2008

Il male è “dentro”… Dio!

Supponiamo dunque che Dio somigli ad una casa
o ad un palazzo molto grande e bello
e che questo palazzo, ripeto, sia precisamente Dio stesso.

Può forse il peccatore scappare da questo palazzo,
per compiere le sue malvagità? No, di certo.
Per cui, è proprio dentro tale palazzo costituito da Dio stesso,
che vengono perpetrate tutte le abominazioni,
le disonestà e le malefatte che commettiamo noi peccatori.

È davvero una cosa tremenda,
che deve impensierire e al contempo risultare vantaggiosa,
a noi che sappiamo così poco
da non arrivare nemmeno a comprendere una buona volta
queste verità,
perché altrimenti ci risulterebbe impossibile
avere una sfrontatezza così insensata.

Consideriamo, sorelle,
la grande misericordia e la grande pazienza di Dio,
che non ci sprofonda lì stesso e immediatamente nell’abisso. Rendiamogli le più calorose grazie
e vergogniamoci di risentirci per qualunque cosa
si faccia o si dica contro di noi.

È infatti la peggior ribalderia del mondo
il constatare come Dio stesso nostro Creatore
soffra tanti affronti
da parte di creature operanti dentro lui stesso,
e poi lasciarci andare noi medesime a prendercela talvolta
per una semplice parola detta in nostra assenza,
e magari nemmeno con cattiva intenzione.


(S. TERESA D’AVILA, Il castello interiore, 6 MANSIONE CAP. 10,3 - trad. E. Martinelli)

venerdì 20 giugno 2008

Perché la paura?

Gli uomini vanno a Dio nel loro bisogno
Implorano aiuto, invocano pane e fortuna,
salvezza dalla malattia, dalla colpa, dalla morte.
Tutti, tutti, cristiani e pagani

“gli uomini vanno a Dio nel suo bisogno
Lo trovano povero, umiliato, senza tetto né pane,
lo vedono soffocato dai peccati, dalla debolezza, dalla morte.
I cristiani stanno vicini a Dio nella sua sofferenza”

Può sembrare strano il fatto di postulare per l’uomo forte e adulto un Dio crocifisso e impotente. Già, ma è lui che si è rivelato così e poi questa è l’unica maniera di respingere ogni forma di integrismo e eteronomia in forma clericale. La terra è laicamente liberata dai cortocircuiti dell’oggettivazione teologica per le realtà mondane, e Dio gli sta sofferente nel cuore come imprevedibile fermento: Fonte di pietà senza fine, capace di attrazioni amorose, come quelle che portarono Bonhoeffer sulla via della sequela e della consumazione. Se “Dio onnipotente” atterrisce oppure crea l’ubriacatura del dominio, il “Dio impotente” attrae come un destino di partecipazione.

C’è poi un altro motivo per questa scelta biblica e cristiana, che rappresenta un “rovesciamento” teorico e pratico di fronte alle teologie dell’onnipotenza, ed è quello che solo nel senso di questa logica teologicamente depotenziata e umanisticamente esaltata porta Dio in Gesù ad essere totalmente per l’uomo. Il crocifisso infatti dice due cose molto importanti: l’antitrionfalismo e la totale immersione con la caratteristica tutta teologica della sostituzione. Il crocifisso infatti implica l’impotenza che Dio si sceglie per lasciare posto alla potenza dell’uomo: Il crocifisso non è allora un evento capitato a Dio, ma l’essenza del suo essere nel mondo. Il cristiano deve sapere che il modo cui il suo Dio vuole essere presente nel mondo è quello dell’assenza. La logica teologica non può essere giudicata con i parametri logici normali. Chi può insegnare a Dio come essere potente?

Inoltre il crocifisso è segno di un nuovo senso dell’essere di Dio, quello del consumarsi per l’altro. In ciò è Gesù che rivela compiutamente. La nuova stoffa dell’essere teologico è dunque definitivamente fissata così: “l’esistere per gli altri”. Ecco come si esprime Bonhoeffer nel ricordato schema per un saggio . “Chi è Dio? Non è prima di tutto fede generica in Dio,nell’onnipotenza di Dio e via dicendo. Questa non è autentica esperienza di Dio,ma un pezzo di mondo prolungato- L’incontro con Gesù Cristo è prendere coscienza che qui è avvenuto un rovesciamento di ogni essere umano, che Gesù “esiste solo per gli altri

Nasce così un nuovo concetto di trascendenza e nuovi compiti infiniti: il trascendere non l’uomo, creando un pericoloso”in alto” tanto vicino al trono dei potenti, ma il trascendere l’io, in una tensione e svuotamento inesausti: Bonhoeffer insiste in questa nuova maniera di fare esperienza di Dio e su questa che è chiaramente una trascendenza mondana. «l’“esistere per gli altri” di Gesù è la presa di coscienza della trascendenza. Dalla libertà da se stessi, dall’ esistere per gli altri fino alla morte scaturiscono l’onnipotenza. l’onniscienza, l’onnipresenza. Fede è partecipare a questo essere di Gesù (incarnazione, croce, risurrezione). Il nostro rapporto con Dio non è un rapporto religioso con l’essere più alto, più potente, più buono: questa non è vera, autentica trascendenza; il nostro rapporto con Dio è una nuova vita nell’ “esistere per gli altri”,nella partecipazione all’essere di Cristo. Il trascendente non è… doveri infiniti, irraggiungibili, ma il prossimo, dato volta per volta, raggiungibile».

L’inaudito tocca la sua più alta espressione“Dio in forma umana”


[Italo MANCINI, Scritti cristiani, Marietti, pg 9s]

venerdì 13 giugno 2008

Se il gratuito si appanna… nella chiesa...

di Zita DAZZI

MILANO - Una durissima lezione per gli uomini di Chiesa, peccatori come tutti gli altri uomini. E un severo ammonimento ai preti: «Non conformatevi alla mentalità di questo secolo. Occorre un vero rinnovamento della mente». Malato e sofferente per il Parkinson, pensava di non farcela, il cardinale Carlo Maria Martini, a predicare gli esercizi spirituali. E invece, appena tornato da Gerusalemme, è arrivato fino a Galloro, vicino ad Ariccia, alla casa dei gesuiti, dove si recano i sacerdoti a meditare. E con loro, interrompendo le omelie di tanto in tanto per sottoporsi ai controlli clinici, è stato molto chiaro, commentando i brani della lettera di San Paolo al romani, dove si parla del peccato: «Tutti questi peccati, nessuno escluso, sono stati commessi nella storia del mondo, ma non solo. Sono stati commessi anche nella storia della Chiesa. Da laici, ma anche da preti, da suore, da religiosi, da cardinali, da vescovi e anche da papi. Tutti».
Una vera e propria lezione sui «vizi capitali» della Chiesa d’oggi, senza nessun timore di dire cose sgradevoli. Anzi con la certezza di offrire «una pista di riflessione». Martini ha voluto parlare dei «peccati che interessano proprio noi come chierici»: anzitutto i peccati «esterni», come le fornicazioni, gli omicidi e i furti, precisando «questi ci toccano meno di altri, ma comunque ci riguardano anch’essi». E poi è passato ad esaminare «le cupidigie, le malvagità, gli adulteri». Ha ammonito: «Quante bramosie segrete sono dentro di noi. Vogliamo vedere, sapere, intuire, penetrare. Questo contamina il cuore. E poi c’è l’inganno, che per me è anche fingere una religiosità che non c’è. Fare le cose come se si fosse perfettamente osservanti, ma senza interiorità».
L’arcivescovo emerito di Milano ha parlato poi dell’invidia, «il vizio clericale per eccellenza: l’invidia ci fa dire «Perché un altro ha avuto quel che spettava a me?». Ci sono persone logorate dall’invidia che dicono «Che cosa ho fatto di male perché il tale fosse nominato vescovo e io no?»«. E ancora: «Devo dirvi anche della calunnia: beate quelle diocesi dove non esistono lettere anonime. Quando io ero arcivescovo davo mandato di distruggerle. Ma ci sono intere diocesi rovinate dalle lettere anonime, magari scritte a Roma... «.
Carlo Maria Martini, vescovo per 22 anni a Milano, sente il dovere di parlare esplicitamente ai giovani preti, auspicando un rinnovamento: «Devo farlo perché sarà l’ultimo ritiro, fa parte delle scelte che fa una persona anziana e in dirittura d’arrivo, ci sono cose che devo dire alla Chiesa». La sua lezione continua giorno dopo giorno durante la settimana di ritiro spirituale. «San Paolo parla del «vanto di fare gruppo», di coloro che credono di fare molti proseliti, di portare gente perché così si conta di più. Questo difetto grave è molto presente anche nella Chiesa di oggi. Come il vizio della vanagloria, del vantarsi. Ci piace più l’applauso del fischio, l’accoglienza della resistenza. E potrei aggiungere che grande è la vanità nella Chiesa. Grande! Si mostra negli abiti. Un tempo i cardinali avevano sei metri di coda di seta. Ma continuamente la Chiesa si spoglia e si riveste di ornamenti inutili. Ha questa tendenza alla vanteria».
Non fa nomi, Martini, se non quello del papa Benedetto XVI, citato tre o quattro volte, affettuosamente: «Dobbiamo ringraziare Dio di averlo, anche se poi abbiamo qualcosa da criticare». Ma Martini è come se volesse anche mettere in guardia Ratzinger quando, riprendendo le parole del papa, mette in guardia i preti dal «vanto terribile del carrierismo»: «Anche nella Curia romana ciascuno vuole essere di più. Ne viene una certa inconscia censura nelle parole. Certe cose non si dicono perché si sa che bloccano la carriera. Questo è un male gravissimo della Chiesa, soprattutto in quella ordinata secondo gerarchie perché ci impedisce di dire la verità. Si cerca di dire ciò che piace ai superiori, si cerca di agire secondo quello che si immagina sia il loro desiderio, facendo così un grande disservizio al Papa stesso».
Un quadro fosco, che il grande biblista, dettaglia, come può solo chi conosce dall’interno i meccanismi di potere della Chiesa: «Purtroppo ci sono preti che si pongono punto di diventare vescovi e ci riescono. Ci sono vescovi che non parlano perché sanno che non saranno promossi a sede maggiore. Alcuni che non parlano per non bloccare la propria candidatura al cardinalato. Dobbiamo chiedere a Dio il dono della libertà. Siamo richiamati a essere trasparenti, a dire la verità. Ci vuole grande grazia. Ma chi ne esce è libero».
(Repubblica.it, 5 giugno 2008)

Vedi anche: Martini, il Cardinale e Dio: Il testamento del cardinale, di Marco POLITI

venerdì 6 giugno 2008

La santità dei peccatori

Vi sono due specie di santi: vi sono i santi dalla psiche disgraziata e difficile, la compagnia degli angosciati, degli aggressivi e dei cattivi, tutti quelli che portano il peso dei determinismi.
Vi sono quelli che non affascineranno mai gli uccelli del cielo e non accarezzeranno mai il lupo di Gubbio;
quelli che cadono e cadono ancora;
quelli che piangeranno fino alla fine, non perché avranno sbattuto la porta un po’ troppo forte, ma perché commettono ancora quella colpa sordida, inconfessabile.

V’è l’immensa folla di quelli la cui santità non brillerà mai quaggiù nella loro vita psichica, e non si alzerà che l’ultimo giorno per risplendere infine in perpetuas aeternitates.
Sono i santi senza nome.
E, di fianco a loro, vi sono i santi della psiche felice, i santi casti, forti e dolci, i santi modello, canonizzati e canonizzabili;
quelli il cui cuore liberato è grande come le sabbie sulle spiagge del mare, quelli il cui cuore canta già come un’arpa armoniosa la gloria di Dio;
i santi ammirevoli che suscitano il rendimento di grazie, nei quali tocchiamo l’umanità toccata dalla grazia.

…Chi è il santo?
Modello di perfezione o figlio del perdono?
A nuovi bisogni, santi nuovi. Dio aggiorna il Vangelo: lo Spirito modella nuovi profili. Eccoci entrati nell’era della “santità dei miserabili”. Tempo della grande miseria, tempo della grande misericordia.
…la stoffa umana è ormai a brandelli, non avremo più eroi.
Non più eroi, ma molti santi.
Forse non santi da offrire come esempio di “perfezione”, ma amici di Dio da ricevere come segno di consolazione.
Un santo sarà sempre meno un modello di perfezione e sempre più un figlio del perdono.

Santi della razza del buon ladrone.
La bellezza di un santo non è quella di un indossatore, ma quella di un volto ferito: la santità si misurerà dalla vulnerabilità.
Poiché ecco tutto è rovesciato. Più un uomo porta un handicap pesante, più questo stesso peso lo trascina nel centro del cuore di Dio.
E questo stesso peso è la sua gloria.
Più un essere è ferito dalla vita, più è amato da Maria. Più è rifiutato dagli uomini, più è protetto da Dio.
Tanto più ferito, tanto più amato.
..Il santo è colui che è talmente peccatore che Dio è tutto per lui
…Dio trasforma i difetti psicologici, le ferite affettive, in grazie di purificazione passive e attive.
Dio fa diventare delle fonti queste stesse ferite. Tante più ferite, tante più fonti.
Fonti dello Spirito Santo per il nostro mondo.
Fonti di guarigione per la nostra umanità malata…

…sì coloro che il male metterà in croce saranno coloro che l’amore avrà segnato.
…le nostre città sono popolate da più santi che assassini!
Ed anche gli assassini possono diventare santi, poiché il primo canonizzato – e da Dio stesso! – lo era senza dubbio: il bandito crocifisso di fianco alla Luce.
Scoprendovi il suo Re e il suo fratello…

DANIEL ANGE
~~~~~~
[…monaco francese contemplativo, teologo e mistico, dopo trent’anni di vita contemplativa … decise di dedicare il resto della sua vita all’evangelizzazione dei giovani fondando a Vabre in Francia un centro dal nome Jeunesse-Lumiere (luce della giovinezza), la prima scuola di evangelizzazione cattolica in Europa, basata sull'intuizione che i veri apostoli dei giovani sono i giovani…]

venerdì 30 maggio 2008

Vita psichica e vita spirituale

Per coloro che non crescono nell’interiorità spirituale, anche se compiono opere straordinarie, vale quella parola di Gesù risvolta a quanti avevano “profetato”, “cacciato demoni” e “compiuto miracoli nel suo nome”. Egli dice loro: “non vi ho mai conosciuti!...”. D’altra parte è possibile fare le cose più insignificanti, ma con atteggiamento tale che consente alla vita di espandersi, anche se non si fa riferimento a Cristo…
L’atteggiamento che consente il flusso di vita è l’apertura senza riserve : la fiducia nella vita e la disponibilità ad offrirla. Nella tradizione cristiana è chiamata fede o vita teologale: Non si tratta di restare passivi di fronte all’energia creatrice, ma bensì di farla fluire attivamente. La creatura non è semplicemente un recipiente riempito di sostanze diverse, l’energia che la alimenta diventa la sua stessa realtà. La forza creatrice, infatti, nella persona che l’accoglie, diventa pensiero decisione, attività, servizio, dono da offrire agli altri: Nella creatura sono possibili pensieri nuovi, e non solo quelli che derivano dal suo passato, perché la verità che la investe è più profonda delle sue idee; essa può avere forme di amore mai esercitate prima, perché il bene che alimenta il suo amore è molto più ricco del cuore umano; essa può giungere a qualità nuove di esistenza perché l’energia che l’attraversa e la costituisce vivente, contiene espressioni non ancora fiorite in forma umana.
La densità della vita perciò dipende dalla modalità con cui la si accoglie e dalla disponibilità che si ha di offrirla. Lo sviluppo della dimensione spirituale, quindi non è automatico e meccanico, frutto del tempo che passa e della semplice crescita biologica e psichica, bensì risulta da una particolare modalità di accoglienza della vita. È possibile perciò restare tutta l’esistenza centrati su se stessi, e sviluppare solo dinamiche psichiche, senza mai pervenire alla fioritura della dimensione spirituale.
Quando la persona assume invece un atteggiamento di accoglienza, sviluppa una dinamica nuova, acquista possibilità inedite e ciò che risulta ha qualità diverse. Usando una formula paolina si potrebbe dire che accogliendo e offrendo il dono della vita, l’uomo “psichico” diventa “spirituale” (cfr 1 Cor 2,14) e tutto ciò che egli compie si configura come “culto spirituale”, “sacrificio santo e gradito a Dio” (Rom 12,2), diventa cioè ambito di epifania divina.
Tutti coloro che vivono in questo modo, diventano “degni dell’altro mondo” ed essendo “figli della risurrezione” divengono “figli di Dio” (Lc 20,36). Quando operano, comunicano offerte di vita “guidati dallo Spirito” (Rom 8,14). In definitiva le nostre opere valgono solo in quanto mettono in moto dinamiche eterne, rivelano Dio e comunicano l’arcana forza della vita. Di conseguenza solo coloro che, centrati di fatto su Dio, operano nella lunghezza d’onda della sua azione, diffondono dinamiche spirituali , trasmettono doni eterni, fanno crescere figli di Dio e loro stessi lo diventano.
Chi invece, facendo opere di bene, resta centrato su se stesso e si considera principio dei doni che offre, necessariamente esige riconoscimenti dagli altri, introduce ricatti nascosti nella sua azione, e trasmette messaggi inquinanti. Anche la reazione suscitata in coloro che ne vengono beneficiati in parte dipende dal modo con cui il dono viene offerto. Se l’amore offerente non è gratuito la risposta suscitata non potrà esserlo che difficilmente. Lo potrà eventualmente diventare solo per influsso di altre persone o per ricchezza spirituale acquisita in altre circostanze.
La differenza quindi tra chi opera centrato su di sé e chi opera lasciandosi condurre dallo Spirito, si traduce in un tipo di relazione diversa, in una qualità nuova di amore che i cristiani hanno chiamato carità (in greco biblico : agàpe). Se invece l’amore verso i bisognosi è possessivo e interessato, non alimenta la loro dimensione spirituale e non risponde perciò alle loro esigenze integrali. Solo quando l’amore è creatore, oblativo, gratuito e universale come l’amore divino, può esercitarsi anche di fronte ai difetti delle persone e porvi confini. Allora è in grado di alimentare tutte le dimensioni della vita e conferisce un carattere trascendente alle opere compiute.
L’offerta della vita non può limitarsi agi aspetti transitori e precari dell’esistenza, ma deve raggiungere le dimensioni profonde delle persone, quelle dove si costruisce il loro destino eterno.

[Carlo Molari, vita psichica e vita spirituale, rocca - 15-12-2007 p 46]

venerdì 23 maggio 2008

Una mamma eucaristica

Tanti preti, ieri, attorno all’altare
a fare eucaristia,
con tanta gente davanti, nei banchi.
E, in mezzo, nella bara,
ultima dimora
del suo vecchio dolce corpo stanco,
la mamma!

La mamma … di noi dieci figli.
Ad ogni bimbo che veniva alla luce,
dieci volte ha detto:
questo è il mio corpo, questo è il mio sangue!

Come ogni donna
dell’infinita processione di mamme,
che hanno concepito, nutrito, accudito
l’umanità nei millenni.
Originali madri dei viventi:
non solo la carne e il sangue,
trasmettono di generazione in generazione,
ma un “vuoto” del cuore
che ci fa umani,
a cui loro insegnano la parola,
mentre lo crescono
…e non basterà la vita per poterlo colmare,
…e imparare a rispondergli.

Una donna
ha raccolto l’esperienza materna
delle sue sorelle passate e future
di ogni tribù lingua e nazione
ed ha detto anche lei:
ecco il mio corpo, ecco il mio sangue!
e lo Spirito dentro di lei ha intrecciato la carne e la Parola,
ne ha fatto la carne di Dio.

e Gesù ha imparato,
stampato nel suo corpo,
il sacramento che ci salva.

venerdì 9 maggio 2008

Pentecoste nei giorni feriali

…I SEGNI dello Spirito nella Chiesa del N.T. sono spesso vistosi e manifesti (miracolosi) - come prima in Gesù: ma poi si “normalizzano”. Servivano dunque da “segnali indicatori” di ciò che “può avvenire” ancor oggi nel cuore dell’uomo e dell’umanità… e quindi come si deve imparare a credere e accettare la sfida dello Spirito in mezzo ai conflitti e tribolazioni della storia quotidiana grande e minuscola. Ancora oggi sono questi: la conversione del cuore (non nel battesimo, ma da grandi!), la pacificazione (nel perdono), la comunione delle lingue (nella diversità), il servizio dei poveri e dei malati (nell’amore reciproco, invece che nella competizione e nell’abbandono)… ‘Cacciare’ o allontanare i demoni e ‘non aver danno’ da serpenti e veleni, sono diventati rispettivamente l’aspetto positivo e negativo del camminare nella storia drammatica degli uomini senza esserne travolti né inquinati….
…il FRUTTO dello Spirito (il suo influsso nel cuore e nella comunità) è variamente descritto nel Nuovo Testamento, e dispiegato in Gal 5,22 nelle sue diverse espressioni affettive, intellettive e operative: amore, gioia, pace, longanimità, benevolenza, bontà, fedeltà, mitezza, dominio di sé… Si tratta di atteggiamenti (stranamente) tutti LAICI, cioè senza particolari caratteristiche religiose o sacrali o rituali. Accessibili, quindi, a piccoli e grandi, consacrati o semplici cristiani, credenti di diverse fedi o atei, uomini e donne, padroni e schiavi… Ripetutamente gli Apostoli, anch’essi duri a capire, si sono scontrati con questa misteriosa libertà anarchica che lo Spirito semina nel discepolo che lo accoglie, del quale poi odi la voce (vedi i segni e il frutto) ma non sai donde venga né dove vada (non sta dentro gli schemi prefissati).
… Si può dunque, nella vita feriale, camminare secondo lo Spirito, disinquinando la storia dal basso – cominciando dalle piccole cose accessibili agli uomini senza potere, che però sono assuefatti ai segreti del Regno. E imparando a lasciarsi abitare e guidare da Lui. Così cresce il germe divino che dimora in noi, negli appuntamenti silenziosi e nascosti della vita d’ogni giorno…ove lo Spirito stesso viene in aiuto alla nostra debolezza…
e intercede con insistenza per noi, con “aneliti senza rumore”.

QUANDO?:…
 quando dobbiamo fare tante piccole cose senza senso, come sorridere a qualcuno, mentre tutto ci amareggia o ribolle dentro
 quando lasciamo ad altri un minuscolo successo o affermazione, senza ritorsioni, per lasciarli crescere… in pace
 quando silenziosamente condividiamo la passione dei sofferenti e disperati della terra - seduti per terra con loro
 quando sperimentiamo il desiderio e insieme l’impossibilità di uscire dalle gabbie della carne e dall’egoismo - e confidiamo lo stesso che la liberazione è vicina e non ci sarà negata
 quando la fame di compagnia e tenerezza ci rode la carne - e la solitudine sembra l’unica assurda risposta
 quando facciamo i conti della nostra vita e vediamo un passivo incolmabile scavato nell’anima - e ci fidiamo che un Altro, inafferrabile, pareggerà
 quando stiamo dentro l’amara realtà quotidiana sino alla fine, sottomettendoci con fatica alla monotonia corrosiva di una vita che si svuota
 quando ci ostiniamo a pregare, sicuri di essere in ogni caso esauditi, anche se nessun segno ci perviene
 quando la caduta diventa l’estremo umano modo di camminare, che ci rimane - perché sempre di nuovo chiediamo di essere accolti, amati, sollevati
 quando affidiamo la domanda irrisolta e il desiderio inesaudito al mistero di grazia che tutto avvolge - dove Qualcuno, nel buio o nel disagio interiore, ci chiama con il nostro nome
 quando ci esercitiamo nei disappunti delle faccende quotidiane, per imparare a morire con serenità ed amore - vivendo, appunto, come vorremmo morire
 quando ci sono offerte scintille di gioia e compiutezza, e cerchiamo di condividerle …

DOVE?:…
 dove è nascosta la possibilità piccola, ma qualitativamente essenziale, della nostra libertà - di donarci
 dove incontriamo… il diverso – perché l’alterità è la casa dello Spirito, “dove si manifesta la verità ‘più’ intera e le cose future”
 dove siamo chiamati al coraggio di atteggiamenti nuovi… per “abbeverare di Spirito la nostra carne”, aprendola a gusti diversi, in vista della redenzione del nostro corpo
 dove è nascosta la mistica quotidiana, perché questa accoglienza dello Spirito … è l’unione con Dio, l’eterno che scorre nella nostra storia!
 dove si può gustare la sobria ebbrezza dello Spirito, di cui parlano i Padri e l’antica Liturgia: sobria, perché vissuta laicamente e sommessamente nella storia d’ogni giorno; ebbrezza, perché è una strana forza interiore, che vuole mandarci ‘fuori’… dagli angusti schemi mondani.

[…. su un testo di K Rahner…]
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