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lunedì 8 novembre 2021

XXXII DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO (ANNO B)

 Dal primo libro dei Re (1Re 17,10-16)

In quei giorni, il profeta Elia si alzò e andò a Sarèpta. Arrivato alla porta della città, ecco una vedova che raccoglieva legna. La chiamò e le disse: «Prendimi un po’ d’acqua in un vaso, perché io possa bere».
Mentre quella andava a prenderla, le gridò: «Per favore, prendimi anche un pezzo di pane». Quella rispose: «Per la vita del Signore, tuo Dio, non ho nulla di cotto, ma solo un pugno di farina nella giara e un po’ d’olio nell’orcio; ora raccolgo due pezzi di legna, dopo andrò a prepararla per me e per mio figlio: la mangeremo e poi moriremo».
Elia le disse: «Non temere; va’ a fare come hai detto. Prima però prepara una piccola focaccia per me e portamela; quindi ne preparerai per te e per tuo figlio, poiché così dice il Signore, Dio d’Israele: “La farina della giara non si esaurirà e l’orcio dell’olio non diminuirà fino al giorno in cui il Signore manderà la pioggia sulla faccia della terra”».
Quella andò e fece come aveva detto Elia; poi mangiarono lei, lui e la casa di lei per diversi giorni. La farina della giara non venne meno e l’orcio dell’olio non diminuì, secondo la parola che il Signore aveva pronunciato per mezzo di Elia.

Dalla lettera agli Ebrei (Eb 9,24-28)
Cristo non è entrato in un santuario fatto da mani d’uomo, figura di quello vero, ma nel cielo stesso, per comparire ora al cospetto di Dio in nostro favore. E non deve offrire se stesso più volte, come il sommo sacerdote che entra nel santuario ogni anno con sangue altrui: in questo caso egli, fin dalla fondazione del mondo, avrebbe dovuto soffrire molte volte.
Invece ora, una volta sola, nella pienezza dei tempi, egli è apparso per annullare il peccato mediante il sacrificio di se stesso. E come per gli uomini è stabilito che muoiano una sola volta, dopo di che viene il giudizio, così Cristo, dopo essersi offerto una sola volta per togliere il peccato di molti, apparirà una seconda volta, senza alcuna relazione con il peccato, a coloro che l’aspettano per la loro salvezza.

Dal Vangelo secondo Marco (Mc 12,38-44)
In quel tempo, Gesù [nel tempio] diceva alla folla nel suo insegnamento: «Guardatevi dagli scribi, che amano passeggiare in lunghe vesti, ricevere saluti nelle piazze, avere i primi seggi nelle sinagoghe e i primi posti nei banchetti. Divorano le case delle vedove e pregano a lungo per farsi vedere. Essi riceveranno una condanna più severa».
Seduto di fronte al tesoro, osservava come la folla vi gettava monete. Tanti ricchi ne gettavano molte. Ma, venuta una vedova povera, vi gettò due monetine, che fanno un soldo.
Allora, chiamati a sé i suoi discepoli, disse loro: «In verità io vi dico: questa vedova, così povera, ha gettato nel tesoro più di tutti gli altri. Tutti infatti hanno gettato parte del loro superfluo. Lei invece, nella sua miseria, vi ha gettato tutto quello che aveva, tutto quanto aveva per vivere».

Commento
Il vangelo di oggi, va collocato nell’ultima settimana trascorsa da Gesù prima della sua crocifissione. Gesù ha già fatto l’ingresso solenne a Gerusalemme, è entrato nel tempio restandone disgustato e cacciando i mercanti dal tempio. Fin dall’inizio Gesù è entrato in contrasto con i rappresentanti dell’istituzione religiosa (scribi, sacerdoti, farisei...) che lo hanno sempre osteggiato considerandolo un eretico e invitando il popolo a non ascoltarlo perché posseduto e in combutta con Belzebul. E Gesù aveva chiamato gli scribi e i sacerdoti, ladri e briganti che avevano trasformato il tempio in una spelonca (abitazione squallida, priva di luce e di aria = priva di vita e di libertà) di ladri. Un attacco durissimo quindi all’istituzione religiosa e a coloro che la gestivano. La cacciata dei venditori è stata la goccia che ha fatto traboccare il vaso. Infatti l’evangelista Marco dice che, dopo questo episodio, i sacerdoti e gli scribi si sono riuniti per decidere di toglierlo di mezzo.

Marco continua raccontando una serie di dispute molto accese, con sadducei, farisei ed erodiani avvenute nel tempio. Domenica scorsa abbiamo visto la discussione sul comandamento grande. Nel vangelo di oggi abbiamo l’ultima disputa, la settima. Stavolta l’attacco di Gesù è rivolto contro gli scribi.

Guardatevi dagli scribi”, il verbo greco è un imperativo presente e significa, continuate a tenere gli occhi aperti! State in guardia! È un appello accorato perché il pericolo che sta vedendo e vuole denunciare è molto serio. Lui ha rilevato negli scribi degli atteggiamenti incettabili in aperto contrasto con la sua proposta di uomo e teme che i discepoli ne restino affascinati. Il rischio è grande perché non immediatamente percepibile e persino può apparire lodevole in quanto attuate da persone ritenute unite a Dio. L’insidia subdola costringe Gesù a un linguaggio inusuale: usa la satira e l’ironia per prenderne in giro il loro comportamento.

Gli scribi infatti erano in tutto il M.O. coloro che redigevano i documenti economici e storici ufficiali. Erano qualcosa di ciò che noi oggi possiamo considerare nello stesso tempo dei notai e dei commercialisti. Col tempo avevano acquisito un potere enorme anche in Israele. Persino superiore al Sommo Sacerdote. Avevano acquisito grande prestigio e rispetto durante l’esilio a Babilonia. Con la distruzione del tempio i sacerdoti avevano perso potere. Mentre gli scribi che stavano redigendo i testi sacri riunivano il popolo per ascoltare la lettura di questi testi. È proprio in quel periodo che cominciarono a nascere le sinagoghe, proprio per questi incontri guidati dagli scribi.

Con la fine dell’esilio il loro potere crebbe a dismisura: divennero gli interpreti ufficiali della Parola di Dio, erano l’autorità in campo legislativo, erano i giudici che pronunciavano le sentenze nei tribunali e risolvevano tutte le cause giudiziarie.

Nel libro del Siracide cap 38-39 si tesse l’elogio dello scriba e il contemporaneo il disprezzo del lavoro umile. Come può essere saggio chi si occupa solo di coltivare i campi, diverso il caso dello scriba che meditando e studiando raggiunge la saggezza. Conosce gli enigmi, viaggia in terre straniere lodato da tutti per la sua intelligenza e ricordato di generazione in generazione per le sue sentenze sagge. Studiavano fino a 45 anni le scritture e veniva loro imposte le mani e ricevevano lo spirito di Mosè. Con ciò erano la Parola di Dio vivente. La loro autorità morale era superiore a quella del Sommo Sacerdote.

Gesù non intende condannare gli scribi come persone, ma i loro comportamenti che possono essere emulati dai suoi discepoli di ieri e di oggi.

Il Vangelo resta un invito a verificare se questi atteggiamenti sono presenti anche oggi.

Ø     Vogliono passeggiare in lunghe vesti.

Paludamenti che Gesù non sopportava. Le divise dividono, creano caste, divisioni tra i membri di una comunità.

Flavio Giuseppe storico praticamente contemporaneo di Gesù, sacerdote lui stesso, fa una descrizione dettagliata delle splendide vesti che il Sommo sacerdote indossava durante le feste solenni. Al punto che la gente si commuoveva di gioia fino alle lacrime e addirittura credeva di vedere dio nel suo rappresentante sulla Terra.

Vestiva col pettorale in cui erano incastonate 12 pietre preziose rappresentanti le tribù di Israele, che presentava a Dio quando entrava nel Santuario. Il grembiule di porpora e il diadema d’oro sul capo in cui era scritto “sacro al Signore”. Alle vesti erano attaccati dei campanelli che suonando attiravano l’attenzione di tutti.

Pur non arrivando a tanto, anche i rabbini ci tenevano a distinguersi dal popolo. Portavano uno scialle usato ancora oggi nella preghiera e portato anche da Gesù, ma loro lo usavano probabilmente con tessuti pregiati.

I profeti non usavano questi vestiti speciali, ciò che conta per loro era la parola.

Gli scribi volevano differenziarsi dal popolo, per ostentare la loro presunta superiorità.

Ø     Amavano ricevere i saluti nelle piazze

Non solo con i vestiti attiravano le attenzioni della gente, ma anche coi titoli onorifici miravano allo stesso obiettivo. Per questo Gesù li ha espressamente vietati tra i suo discepoli.

Ciò che per noi sembrano cose secondarie per Gesù non lo erano perché ai titoli onorifici seguono poi gli ossequi, gli inchini, le riverenze i baciamani. La gente trattava gli scribi con mille riguardi: cedeva loro il passo nelle strade, al mercato erano i primi e meglio serviti. Anche il saluto esigeva un rituale tutto speciale. E se non ricevevano queste attenzioni si indignavano perché pretendevano l’ossequio.

Gesù stigmatizza questi atteggiamenti perché queste forme di ossequio potevano facilmente fraintese come autentica manifestazione di amore per Dio, mentre era solo amore per se stessi.

Anche oggi pensare che persone con un’autorità nella chiesa, meritino maggior rispetto, rinnega quel principio tra fratelli e sorelle del regno di Dio, dove il rispetto deve essere massimo per tutti.

Se vogliamo proprio fare delle graduatorie, evangelicamente, più rispetto dobbiamo averlo per il povero, verso chi è emarginato e ha più bisogno del nostro aiuto. Verso il peccatore.

Noi tendiamo a considerarli aspetti marginali per la vita cristiana, mentre per Gesù non sono comportamenti secondari.

Ø     Amavano i primi seggi nelle sinagoghe

Le sinagoghe non erano soltanto il luogo della liturgia del sabato, dove gli scribi avevano i primi posti, ma erano anche, durante la settimana, il luogo dei tribunali, delle scuole e il luogo dove si conservavano i beni da distribuire ai poveri.

Quando qualcuno faceva un’offerta significativa il capo della sinagoga, durante la liturgia del sabato, lo chiamava a sé, lo faceva sedere tra i primi posti e lo lodava davanti a tutta l’assemblea.

Gesù ha assistito molte volte a queste commedie e non vuole che si riproducono nella sua comunità.

Ø     Bramano i primi posti nei banchetti

Il primo posto era accanto al padrone di casa. Erano serviti per primi e meglio degli altri. Gesù qui diventa ironico.

Ø     Divorano le case delle vedove

La colpa più grave perché sono l’immagine delle persone più deboli e indifese. Approfittavano della ingenuità di queste persone per capirne le elemosine o esigevano loro parcelle esorbitanti. Diventavano spesso tutori dei loro beni passando come persone pie.

Ø     Infatti ostentano la loro pietà con preghiere pubbliche a questo fine, per ingannare le persone che anche Dio è dalla loro parte.

Quindi criticarli, giudicarli, non sottomettersi al loro, volere era sinonimo di ribellarsi a Dio.

Ø     Nel giudizio costoro riceveranno una condanna più grande.

È l’unica volta in cui Gesù parla di condanna. E proprio per persone che tutti ritengono le più unite a Dio.

E subito Gesù parla di un esempio concreto. Proprio di una vedova, povera, Che fa l’offerta.

Le vedove in Israele erano persone poverissime che dipendevano totalmente dalla sensibilità e generosità dei figli. Alla morte del marito infatti loro non ereditavano i suoi beni, che andavano ai figli. Cf Numeri 27.

Derubare una vedova, che costituiva insieme all’orfano, la persona più povera e indifesa, era un peccato gravissimo al cospetto di Dio. Cfr  Esodo 22.

Gli spiccioli della vedova del vangelo erano monetine di nessun valore. Negli scavi ne furono trovate molte perché se cadevano, non si degnavano nemmeno di raccoglierle. Il suo valore era così basso, al massimo sufficiente per comprare 100gr di pane, che si smise persino di coniarle.

Questo sta a indicare l’estrema miseria di questa vedova, che pure compie il suo gesto senza farsi notare.

Quale senso dare a questo episodio della vedova?

Spesso si dà l’interpretazione nel senso di imitarne la generosità, in realtà il contesto non permette qui l’identificazione con una religiosità che offende i valori evangelici.

La vedova non è posta qui a modello di generosità e di fede (diversamente dalla vedova della prima lettura dove i profeti sono sempre stati araldi di giustizia e di libertà anche economica), ma piuttosto come esempio da non imitare. Esempio di ingiustizia e di ipocrisia da parte degli scribi e della casta sacerdotale del tempio, che si approfittavano della fede ingenua (immatura!) delle persone vulnerabili, sottraendo loro persino ciò di cui avevano bisogno per vivere. Infatti il testo dice proprio che con quelle due monete la vedova ha consegnato tutta la sua vita.

È su questo che Gesù avverte i suoi discepoli: non sta facendo l’elogio della vedova, ma sta denunciando una pratica religiosa che umilia la dignità della persona soggiogandola fino a gettare, in buona fede, la propria vita per far vivere senza saperlo un’istituzione tirannica. Tentativo che cercheranno di realizzare con la crocifissione di Gesù e che la sua resurrezione sbaraglierà definitivamente. Ritroviamo qui sulla bocca di Gesù le stesse condanne dei profeti dell’AT.

In sintesi, tenendo conto del contesto, Marco ci sta dicendo che la fede non ha niente a che fare con un atteggiamento di sottomissione. Il Dio di Gesù Cristo è un Dio liberatore che si prende cura dei suoi figli e ben si guarda di chiederne l'annientamento. Una fede evangelica avrebbe al limite condiviso il poco con un'altra vedova, non l'avrebbe certamente consegnato all'istituzione che ne calpestava la dignità.

Interessante a questo proposito l'insegnametno della Didaché: Si bagni di sudore l’elemosina nelle tue mani, finché tu sappia a chi sia meglio darla. Fin da subito la comunità cristiana, non dava soldi a pioggia, ma era attenta che il suo aiuto non andasse ai furbetti ma a chi ne aveva veramente bisogno, perché amare coincide con l'emancipare, liberando l'altro dalla morsa del potere. Anche religioso.

Qui, in questo contesto più che un invito per noi a dare generosamente la nostra offerta, c'è l'invito a stare attenti che questa offerta vada realmente a chi è nel bisogno, e si impegna veramente per la costruzione di un mondo nuovo.

DOMANDE:

Hai avuto esperienza di comportamenti che Gesù stigmatizza?

Come hai reagito?

In base a quanto detto sopra, cosa ti insegna il gesto della vedova?

È sufficiente oggi fare l’elemosina?

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