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venerdì 13 febbraio 2009

Una singolare immagine del figliol prodigo



Un'altra opera d'arte che ci aiuta a riflettere. Con un deciso balzo all'indietro rispetto alla modernità di Ensor, questa volta andiamo in Germania, a vedere un'opera di Albrecht Durer (1471 - 1528)

Artista tedesco di grandissima qualità, vissuto a cavallo tra il Quattrocento e il Cinquecento, Durer ha segnato la storia dell'arte con le sue opere, che mettono in comunicazione le esperienze figurative nordiche e quelle italiane. Tuttavia, ciò che di quest'opera è notevole non è solo lo stile. Quello aiuta, certo: si tratta di un'immagine gradevole a vedersi, equilibrata nella composizione, e non si può non rimanere affascinati dalla perizia tecnica dell'artista (per inciso, questa dovrebbe essere la sua prima lastra a bulino a noi nota): tutto ciò che vediamo è realizzato incidendo una lastra di rame attraverso uno strumento tagliente, il bulino, appunto, e poi procedendo all'inchiostratura e alla stampa della lastra.
Ma ciò che la rende, a mio avviso, davvero significativa, è la scelta del soggetto. Durer sceglie di raffigurare la parabola del figliol prodigo, narrata dal vangelo di Luca al capitolo 15. Questo racconto è largamente rappresentato nella storia dell'arte, ma solitamente ciò su cui si concentrano gli artisti - da Rembrandt a Martini e De Chirico - è il momento conclusivo, con l'abbraccio del padre che riaccoglie in casa il figlio perduto. Durer, invece, ci mostra un altro momento. Per rievocarlo ci appoggiamo direttamente al testo evangelico:

Allora si mise con uno degli abitanti di quel paese, il quale lo mandò nei suoi campi a pascolare i maiali. Ed egli avrebbe voluto sfamarsi con i baccelli che i maiali mangiavano, ma nessuno gliene dava. Allora, rientrato in sé, disse: "Quanti servi di mio padre hanno pane in abbondanza e io qui muoio di fame! Io mi alzerò e andrò da mio padre, e gli dirò: padre, ho peccato contro il cielo e contro di te: non sono più degno di essere chiamato tuo figlio; trattami come uno dei tuoi servi".

L'opera, dunque, ci mostra il momento del pentimento, della presa di coscienza; e, secondo me, è questo il momento centrale del racconto. Se avessimo un cuore pronto a riconoscere il vero volto di Dio, sapremmo infatti che lui è già alla finestra, ci attende...sempre, aspetta il nostro passo. Tutto ciò che noi dobbiamo fare è accorgerci di questo, mutare il nostro pensiero, in una parola convertirci. Mi sembra dunque una bellissima immagine che, in modo indiretto, ci parla di perdono e di come, forse, dobbiamo mutare le nostre idee "mercantili" su questo argomento.

4 commenti:

chia ha detto...

ciao marcopino,
condivido proprio l'esortazione a "mutare le nostre idee mercantili" in riferimento al rapporto col Signore. Perchè tanto è facile dirlo (e dirlo a noi stessi) nei momenti riflessivamente pregnanti, tanto poi è facile l'inconscio rispuntare del "contrattare con Dio" nella quotidianità.
mi piacciono poi questi post "artistici", anche perchè io in proposito son proprio a zero!

'ntonia ha detto...

Concordo con Chia sia sull'immagine, sia sul commento. Ma mi sto rendendo conto che non è proprio facile mutare le nostre idee. Anzi a me pare che la pietra che grava sui nostri cuori abbia preso il posto del muscolo cardiaco. Come è difficile lasciarsi amare.... lasciarsi plasmare da una relazione coinvogente....
Boh!!!!

danila ha detto...

Certo il punto cruciale è il pentimento e la presa di coscienza dei propri errori, ma è altrettanto valido, e lo metterei sullo stesso piano, l'abbraccio del Padre che perdona. Posso entrare nel personale? Mia madre, quand'ero piccola, mi metteva in condizione di sentirmi colpevole e chiederle scusa, e non mi perdonava finchè non lo facevo. Solo perdonata da un abbraccio, mi sentivo in pace con me stessa e col mondo intero. Sono due gesti concatenati tra loro: ci si può pentire, ma il pentimento non basta se non c'è il perdono dall'altra parte perchè manca quel gesto di riconciliazione tra le tue parti che è un'operazione matematica del cuore:" io ti chiedo perdono + tu me lo concedi = PACE".Vorrei aggiungere solo un commento su Duerer, che amo molto: quel figliol prodigo dell'incisione è il suo stesso autoritratto. Non pensate che abbia un senso? Per me ne ha molto: il fatto di non aver dipinto un personaggio qualsiasi, ma sè stesso, è un gesto di grande umiltà, poichè si è riconosciuto peccatore. Succede di rado che si abbia il coraggio di ammettere i propri errori, grandi o piccini che siano, e si tende spesso ad addossare agli altri colpe che ci appartengono, inconsapevoli che vediamo negli altri noi stessi allo specchio!!!

Gaetano ha detto...

Tanto singolare da non accorgervi di una cosa che nessuno ha mai notato, nemmeno i più accreditati commentatori di arte.
Notate la postura del porcaro nel "figliul prodigo" evangelico, sembra normale con quel ginocchio della gamba sinistra che sopravanza l'altra destra? Provate ad imitarla e riscontrerete con sorpresa che è quasi impossibile, tale da giungere ad una sensazione di slogatura dell'anca. Non solo, ma tentando di assumere questa postura, almeno per un attimo l'equilibrio viene meno e sarà impossibile tenere le mani unite per imitare il "figliul prodigo" con la preghiera e con l'attenzione verso la chiesa in lontananza. E allora sorge l'ammirazione verso la genialità di Albrecht Dürer nell'essere riuscito con la scena in questione, di aver rappresentato in immagini due cose:
- la prima, con la sensazione di slogatura, la simulazione della biblica lotta di Giacobbe con un angelo in seguito alla quale egli ottenne di cambiare nome per chiamarsi Israele e corrisponde alla piena conclusione dell'Opera alchemica rappresentata con il quadro düreriano del "figliul prodigo".
- la seconda, la simulazione della rottura dell'anca di Giacobbe che trova riscontro nel fatto che il ginocchio e piede del sacrificio é il segno della penitenza del "figliul prodigo" grazie al quale è reintegrato in seno al Padre suo. L'analoga cosa è il sacrificio di Gesù sulla croce in offertorio per la reintegrazione dell'umanità presso il Padre suo celeste.
Gaetano

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