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mercoledì 18 febbraio 2009

Cecità...



E' strano come talvolta i pensieri coincidano...è strano, ma, soprattutto, è bello. Mi riallaccio quindi alla suggestione di Mario, "integrando" (se mi è permesso) le sue riflessioni con un'immagine.

Tra le tavole del Miserere, strepitosa serie di incisioni del francese Georges Rouault, c'è anche questa. Come tutte le tavole della serie, la figurazione si accompagna ad un'iscrizione, il cui svolazzante carattere non deve trarre in inganno: non si tratta di "pensierini" infantili, ma di riflessioni di incredibile lucidità. In questo caso, essa recita

Talvolta chi non vede ha consolato il viandante
Immagine stupenda, e che si apre a suggestioni molto varie. La prima che vorrei suggerire è che il cieco, che ci appare sulla sinistra, è menomato fisicamente, ed è conscio di questa cosa. Come suggeriva Mario, è in grado di poter gridare per chiedere guarigione. L'altro vede, o pensa di vedere, ma è talmente prostrato che sembra quasi affidarsi nelle mani dell'altro, lasciarsi guidare. Quante volte anche noi pensiamo di vedere, di sapere verità su di noi e gli altri...gli occhi in realtà non ci servono più, è come se avessimo già visto tutto, saputo tutto. E in realtà sappiamo poco o nulla. Vedendo questa immagine mi vengono in mente le parole di San Paolo, sulla forza che risiede nella debolezza. E questo mi suggerisce un'altra riflessione, su quante volte dai "deboli", da quelli che ci sembrano meritevoli di aiuto, ci arrivano lezioni, ma soprattutto consolazioni che ci superano.


8 commenti:

Mario ha detto...

Permesso, permesso, sempre... siamo qui per questo per "integrarci" no?
Interessante... grazie!

marcopino ha detto...

Dunque, grazie alla segnalazione di Mario, mi sono accorto che la traduzione che ho messo è sbagliata!
In realtà, il cieco console il VEDENTE, non il viandante...l'assonanza con il francese, e un po' di stanchezza serale mi hanno tirato un brutto scherzo!

Mario ha detto...

Qualcosa si è detto, qualcosa è lasciato sotteso... Allora la domanda che faccio anche per animare il post è:
Secondo voi, in cosa consiste questa consolazione?
Sbizzarritevi!

Danila ha detto...

E' una bella domanda! Gesù ha detto agli Apostoli di non affliggersi quando Lui sarebbe tornato al Padre, poichè avrebbe mandato lo Spirito Consolatore. E dunque, per un cristiano, la consolazione è la presenza dello Spirito Santo nella nostra esistenza. E quì finisce la breve catechesi! Ora continuo la mia riflessione sul come questo Spirito consolatore entra nella nostra vita...consolandoci! Per esempio, donandoci la certezza di non essere mai soli,in quanto inabitati da Lui. O ci mette accanto amici sinceri che ci sanno guidare con consigli ed esempi, che sanno esserci accanto nel momento del bisogno, con l'attenzione e l'ascolto. Ma credo che, innanzitutto, la consolazione sia la presa di coscienza che questa vita val la pena di essere vissuta pienamente, accettandone anche i lati oscuri (sofferenza fisica e morale), ben sapendo che Qualcuno ha sofferto più di noi e per noi per condurci al Padre, il cui amore è più grande di tutti i piccoli, insignificanti amori terreni.

Cipo ha detto...

Ci provo. Il vedente potrei essere io quando, aprendo gli occhi sul mio peccato da una parte ed intuendo la santità di Dio dall'altra, percepisco come insormontabile la distanza tra noi.
Il cieco potrebbe essere Gesù, che chiude gli occhi sul mio peccato, cioè non ne fa conto (non mi ama nemmeno un briciolo di meno, anzi con maggior sollecitudine) e con ciò annulla quella distanza, avvertita come tragica (cfr. lettura breve di questa mattina).
Ci può stare?
Ciao a tutti

Mario ha detto...

Belle risposte ma "fuori tema"... Riformulo allora la domanda...
Secondo te "in che modo" un non-vedente può talvolta consolare il vedente? In cosa consiste questa consolazione (del cieco!)?
Chiedere a dei laici di dare risposte "laiche" davanti a un quadro "laico", è chiedere troppo? ;o)

Danila ha detto...

Senti, Mario, ma sai che ci metti in difficoltà? Riformulata la domanda, riformulo la risposta. Se per vedente intendi colui che "dovrebbe" essere a conoscenza delle verità, e che a causa di questo cade in una crisi profonda, e si smarrisce, posso intuire che il "non vedente", proprio a causa della sua ignoranza della verità, e ricolmo da un forte desiderio di apprendere ciò che non sa, suscita nel primo delle nuove domande e delle altrettanto nuove risposte, dandogli così l'imput per riprendere un cammino che aveva interrotto. Altro non mi viene in mente, poichè io sono, a seconda dei casi, il vedente e il cieco!

chia ha detto...

a me pare che il non vedente consoli il vedente, perchè nel primo il secondo rivede la sua stessa fragilità bisognosa di custodia... e nel "marcio" dell'altro, se riesce a non sfuggirlo, temerlo, farsene ripugnare, scopre che anche il suo "marcio" può essere non sfuggito, non temuto, non ripugnato... ma accolto, integrato, addirittura amato (da lui stesso per primo).
e questo è consolante...

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