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venerdì 17 aprile 2009

…comincia la chiesa, col dono della Pace

Scambiatevi un segno di pace!
…pace a voi!
La mattina presto del ‘primo giorno della settimana’, come tutti gli evangelisti ricordano, il Signore è apparso prima alle donne, a cominciare da Maria Maddalena, che è mandata ad “evangelizzare gli apostoli”, ma “quelli, avendo sentito che lui viveva ed era stato visto da lei, non credettero… (Mc 16,11). Ecco allora la prima apparizione ai discepoli “insieme”, estremamente importante, perché da qui inizia la manifestazione ufficiale della missione salvifica di Gesù risorto. Qui si racconta come fluisce la chiesa nascente, allo stato germinale, dalla passione umana e divina del cuore di Gesù. Il quale arriva adesso alla vita dalla tomba della morte, tornato alla luce del nostro sole dagli inferi, dove “andò ad annunziare la salvezza anche agli spiriti che attendevano in prigione (1Pt 3,19)”. E cosa ci porta? La pace! Quella che è esplosa ormai e ha preso pieno possesso di lui, attraverso tutte le vicissitudini della sua vita terrena, finita atrocemente, ma consegnata infine alle braccia invisibili del Padre. Una pace totale e vera, “non come la dà il mondo”. Proprio l’abbandono, la tortura e la morte che il mondo gli ha dato, sono state il luogo dove questa pace si è consolidata e ha provato se stessa, perché nell’infuriare dell’odio contro di lui, il suo amore ha avuto il respiro più lungo (Balthasar). Questo è il suo regalo “personale”, perché adesso, del tutto pacificato nella sua carne gloriosa, “egli è la nostra pace”! (Ef 2,14). E si rende credibile ai discepoli mostrando loro le sue ferite e invitandoli… ad entrarci! È delicatissimo! non c’è nessuna scena di riconciliazione con loro, che l’hanno ignominiosamente rinnegato e abbandonato. Offre loro di sprofondare gioiosamente, ormai, nella pace del suo cuore trafitto e svuotato, ma tornato a pulsare la sua passione di amore! Come uno, appunto, che ha rischiato la vita fino alla morte per noi, ci ha amato ‘fino alla fine e adesso è vivo e vuole comunicarci, anzi contagiarci con la sua pace!
… come il Padre ha mandato me, io mando voi
La “missione” che costituisce il Figlio nel mondo come nostro salvatore, diventa “trasmissione”, perché è proprio dell’amore diffondersi per contagio. Perciò egli alita su di loro e dona ad essi lo spirito della sua propria missione, nella quale anche loro vengono costituiti capaci e autorizzati a trasmettere a loro volta agli uomini la pace ricevuta. Il dono che Gesù dona non è statico, è una forza dinamica. Pace e capacità di pacificare. Davvero un germe divino vitale in noi, che cresce e riproduce il perdono ricevuto, perché lo distribuiamo attorno a noi. Nella verità di uomini liberi e responsabili, certamente, e non nell’incoscienza! Quindi questo “perdono” comprende anche “la negazione del perdono”, come “giudizio” sull’eventuale incapacità momentanea di accoglierlo. Non come condanna, ma come dilazione che ha per scopo la preparazione più matura a riceverlo!
Non c’era Tommaso con loro…
Questa dinamica nuova, preziosa e delicata, trasmessa ai discepoli, non è una magìa riservata, un potere esoterico, ma il passo fondante della fede… Perciò, per metterlo in luce, ecco il racconto dell’episodio di Tommaso. Questa “pace dello Spirito”, questo “dono” che d’ora in avanti è il nucleo dinamico dell’essere cristiani, non ha come presupposto l’esperienza fisica visiva del Crocifisso risorto, dal quale proviene, ma la dedizione della fede, che è l’affidamento totale di sé a Lui. La condizione dell’accoglienza del dono divino non è infatti il vedere o il toccare. Anche di fronte al Cristo risorto, è necesssario comunque rinunciare ai “ragionamenti che salgono nel cuore” (Lc 24,38) e che vorrebbero che ogni decisione fosse la conclusione della propria esperienza ragionata:: “se non vedo nelle sue mani il segno dei chiodi… se non metto il mio dito…”. Questo è un vicolo cieco, almeno nel senso che lascia l’uomo dov’è, in balia delle sole sue forze, che sono impotenti al passo della fede! Si tratta invece di rispondere ad un saluto (pace a voi!) che nessun altro può dare, perché contiene la partecipazione alla “sua” missione, l’effusione dello Spirito e il perdono dei peccati: realtà (rapporti personali!) che vengono proposti e donati da fuori dell’uomo, che ne è assolutamente incapace! Perché Tommaso crolla? Questa “presenza” di fronte a lui è così piena, totale, talmente inerme e avvincente… che i suoi ragionamenti si sbriciolano. Il dito e la mano non lo toccano neanche, ma è il suo cuore che è toccato… e capisce! Capisce in un istante chi ha davanti e l’insensatezza della sua pretesa, di fronte a tanto amore! Capisce quello che noi dovremmo maturare nel corso della nostra peregrinazione di fede: questa pace coinvolgente solo il Signore la può dare – anzi, è lui! In lui è la riconciliazione universale delle cose che sono in cielo e in terra e negli inferi, da cui la nostra piccola pace dipende. In lui è la “riconciliazione” interna a noi e tra gli uomini di ogni popolo, stirpe e lingua, la riconciliazione con Dio e con il cosmo… Vera perché totale! È lì, davanti a lui, implosa in quel corpo torturato e glorificato, che dunque … è Dio stesso – che lo chiama personalmente. E risponde con totale riconoscenza e appartenenza: mio Signore e mio Dio!
… beati quelli che non hanno visto e hanno creduto!
Anche quelli che “hanno visto” infatti, hanno per poco goduto di quelle scintille di apparizioni e di incontri con il loro amico e maestro crocifisso e risorto (oltretutto colmi di ansietà, trepidazioni e dubbi). Scintille, a loro date per poter essere poi testimoni convinti della sua resurrezione, fino agli estremi confini del mondo. Ma dopo, Lui se ne è andato, e non lo hanno più visto… e l’essenziale è rimasto lo stesso “dono” fatto a noi, il processo interiore che la resurrezione di Gesù accolta in loro ha provocato: Chiunque è stato generato da Dio vince il mondo; e questa è la vittoria che ha vinto il mondo: la nostra fede. Dunque una visione nuova globale della vita e del suo senso, seminata in noi dalla Spirito di Gesù, che non è quella del mondo, ma le è antitetica. Il mondo ha una forza pervasiva irresistibile attraverso la cultura che ci ha permeati e ci condiziona strutturalmente … e che è contraria allo Spirito di Gesù. Non si tratta tanto di un conflitto di moralità con il mondo, anche se questo ne è la conseguenza, ma di una visione e percezione dell’uomo e del senso della sua vita fondate su una logica interna al mondo, dove il primato discriminante è affidato totalmente alla ragione. Una ragione, ancor più oggi, soggiogata dal modello delle verifiche sperimentali proprie del campo scientifico e tecnologico, escludendo come indimostrabile qualsiasi altro orizzonte umano o trascendente che non sia l’interesse, l’efficacia, il profitto! Cioè il raggiungimento degli obiettivi programmati dalla ragione stessa, chiusa nel perimetro del suo io. Sicché, non solo nel rapporto con Dio, ma con gli uomini e il mondo, diventa sempre più arduo fare affidamento ad altri sensori o percezioni od orizzonti – al di fuori di quell’unico modo di conoscere che è la ragione dimostrativa (la propria! chiusa nei ferrei confini culturali ed esperienziali). Così diminuisce e si ottunde la grande qualità che ci fa umani: si riduce la potenza di amore! Cioè di relazione, di coinvolgimento e allargamento del proprio cuore e della propria mente. Qui è la grande scelta della fede, che ci fa beati, senza aver visto, ma per esserci affidati alla Parola, testimoniata dagli apostoli! O accettiamo di entrare ed essere coinvolti in una visione del mondo e in una qualità di vita che è l’universo del Vangelo, la cui conoscenza non avviene primariamente per via di ragione deduttiva, ma per altri modi di conoscenza ed esperienza da lui indicati alla chiesa nascente, o saremo inevitabilmente attratti e assorbiti dalla logica della ragione mondana: egocentrica – cioè chiusa nell’io, personale, tribale o culturale o religioso. E la subdola logica del mondo ci vincerà, anche dentro la chiesa! E diventeremo incapaci di amare!
… perché, credendo, abbiamo la vita nel suo nome!
… i nuovi modi di conoscenza e di esperienza vitale sono evidenti nella chiesa che nasce:
- la celebrazione del “giorno del Signore”: fin dagli inizi gli apostoli sono insieme il primo giorno della settimana, a pregare, a ripensare, ascoltare e nuovamente ricevere e riannunciare il Signore e la sua eucaristia, e tutta la vita ‘feriale’ ne rimane illuminata e orientata verso il punto di sintesi che è Lui, e il dono della sua pace!
- nessuno di loro diceva qualcosa sua proprietà – tanto era forte e entusiasmante un’altra identità, il riferimento al crocifisso risorto, divenuto “proprietà comune unificante”: Signore mio e Dio mio! Questa comune appartenenza a lui, che ci ha conquistati con il suo sangue, è il legame ecclesiale, la relazione d’amore che mi apre all’altro e che ha il primato su ogni altra logica;
- la sollecitudine dei poveri e dei malati… Non c’era infatti tra loro nessun bisognoso, perché ciò che ognuno aveva era messo a disposizione di tutti, a cominciare dalla capacità di ascoltare, accudire ed amare… perché questo ha fatto il Signore con noi.
Questi ed altri segni che il Risorto ha trasmesso alla sua chiesa continuano a compiersi nella vita della chiesa e del cristiano, giorno per giorno… e non sono narrati nel Vangelo, ma sulla pagina bianca del piccolo vangelo che a ciascuno e ad ogni generazione è dato dallo Spirito di scrivere “nel suo nome”!

3 commenti:

'ntonia ha detto...

Quello che mi ha colpito: la pace vera e non come la dà il mondo. La negazione del perdono come incapacità momentanea ad accoglierlo.
L'aggettivo "delicatissimo e delicato" utilizzato.
Infine l'affermazione che il mondo ha una forza pervasiva attraverso la cultura che ci ha permeati, che ci condiziona, che è contraria allo Spirito di Gesù.
Nonostante tutto ........ comincia la chiesa, con il dono della PACE.

Danila ha detto...

Toccante tutto l'articolo, ma ciò che maggiormente mi ha colpito è proprio quel piccolo vangelo donatoci dallo Spirito...magari riuscissimo - anche solo in minima parte - a scrivere un vangelo con la nostra vita ad imitazione di quella del Cristo!!! E l'immagine che accompagna questo testo è emblematica: mi ricorda quel passo in cui i leoni brucheranno con gli agnelli...ma ancor più, pare un simbolico abbraccio con il "nemico", che nemico non è. Questa è la vera pace, vedere nella belva feroce un amico che aspetta da noi fiducia, speranza ed amore (carità). Altro gesto sicuramente faticoso, ma la pace non arriva se non la sappiamo costruire dentro di noi, per primi, senza aspettare che venga dall'esterno. E se non avessimo Cristo come modello, non sapremmo da che parte cominciare. Invece Lui ce lo ha detto: dal cuore!

'ntonia ha detto...

C'è un verbo all'inizio del commento gli evangelisti "ricordano". Una domanda: era consapevoli di vivere e poi di scrivere un vangelo?

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