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venerdì 24 giugno 2011

Corpus Domini

Domenica è la solennità del Corpus Domini: una solennità che risale al XIII secolo e che – nella sua istituzione – aveva l’intenzione di celebrare la presenza reale del corpo e sangue di Cristo nell’eucaristia. Non a caso tutte le letture che la Chiesa ci propone per questa domenica fanno riferimento al cibo che il Signore dà al suo popolo, che nell’Antico Testamento ha il suo emblema nella manna nel deserto e che nel Nuovo Testamento diventa il darsi di Gesù stesso ai suoi: «Io sono il pane vivo, disceso dal cielo. Se uno mangia di questo pane vivrà in eterno e il pane che io darò è la mia carne per la vita del mondo».


Le riflessioni che si potrebbero fare in proposito sono innumerevoli, così come gli spunti per ripensare alla nostra relazione col Signore a partire dal dono del suo corpo e del suo sangue, ma anche le attenzioni da avere: troppo spesso lungo la storia (e anche oggi) infatti la presenza reale del corpo e sangue di Cristo nell’eucaristia è stata intesa con un realismo esasperato o – viceversa – ridotta ad un simbolismo inconsistente. Sono famose in proposito le dispute del IX secolo tra Pascasio Radberto, Ratramno e Giovanni Scoto Eriugena e quelle dell’XI secolo tra Lanfranco di Pavia e Berengario… che porteranno al Concilio Lateranense IV (1215) e alla promulgazione del dogma della transustanziazione.

È difficile oggi entrare in questo dibattito, perché esso risente di una mentalità teologica ed antropologica di stampo metafisico che non è più la nostra... e che rischia di essere travisata, se approcciata con la cultura odierna.

Ciò che inoltre va ulteriormente a complicare il discorso e a costringermi ad entravi in punta di piedi è il fatto che oggi quella mentalità metafisica – abbattuta dalle riflessioni teologiche del XX secolo – non è ancora stata rimpiazzata da una teologia in grado di performare il mondo cristiano. Essa è ancora in “fase di elaborazione” all’interno delle scuole teologiche e – anche dove ha trovato ormai la forma del sistema (e non solo dell’idea abbozzata) – risulta ancora discussa e non di certo diffusa in senso egemonico (come era stato appunto per la metafisica medievale).

Tutto questo per dire che l’“affare” è più complicato di quello che a volte con riduzioni semplicistiche si vuol far credere, senza considerare le conseguenze – anche sul piano pratico/esistenziale – cui un’errata o parziale visione teologica può portare.

Non è certo però compito delle lectio inoltrarsi in una disquisizione teologica che – inevitabilmente – dovrebbe assumere linguaggi e strumenti specifici, che – data la situazione di passaggio del nostro tempo (è finita l’epoca metafisica, ma non si è ancora costruito con solidità un orizzonte di senso teologico rinnovato e condiviso) – risulterebbero un po’ ostici o per lo meno poco accessibili…

Compito della lectio è stare sulla Parola… la quale – come accennato – al di là di tutti i dubbi riflessivi, porta un dato certo: il Dio di Israele è il Dio che si preoccupa e si prende cura del suo popolo, nutrendolo; quello stesso Dio è il Padre di Gesù Cristo che si dà ai suoi… in un momento contingente della storia (nell’ultima cena), che però diventa accessibile per tutti nella memoria di quei suoi gesti e di quelle sue parole…

Contro ogni etereo spiritualismo, il Cristianesimo è quindi la fede in una persona in carne ed ossa, con una storia, con una libertà che si è determinata nel tempo: di lui noi diciamo che è Dio.

E – per entrare maggiormente a indagare il senso teologico ed esistenziale di questo suo essere Dio così – “rubiamo” le parole ad una donna che dell’umanità di Cristo ha fatto il centro della sua vita:

«1. […] In alcuni libri sull’orazione si dice che, sebbene l’anima non possa arrivare da sola a questo stato [unione mistica] – essendo una condizione del tutto soprannaturale e opera unicamente di Dio – potrà però aiutarsi, distaccando lo spirito da tutte le cose create ed elevandolo con umiltà.

[…] Tali libri raccomandano, inoltre, vivamente di allontanare da sé ogni immagine corporea per accedere alla contemplazione della divinità, perché dicono che, per coloro che sono ormai giunti tanto avanti, è d’imbarazzo e d’impedimento a una più perfetta contemplazione anche l’umanità di Cristo. […] Chi scrive questi libri ritiene dunque che […] considerarsi concretamente circondati da ogni parte da Dio e in lui sommerso è quello a cui devono tendere i nostri sforzi.

Questa mi sembra che possa essere una buona via da seguire, qualche volta, ma allontanarsi del tutto da Cristo […] non lo so ammettere.

2. […] A mio parere s’ingannano. Può essere che l’ingannata sia io, ma voglio dire ciò che mi è accaduto.

3. Poiché non avevo un maestro e leggevo quei libri […] procurai di allontanarmi da ogni cosa corporea, pur non osando elevare grandemente l’anima, il che mi sembrava – spregevole com’ero – una temerarietà. Avevo, però, l’impressione – ed era proprio così – di sentire la presenza di Dio e cercavo di starmene raccolta in lui. È un’orazione soave e molto gioiosa, se Dio ci aiuta. E, vedendo il profitto e il piacere che ne traevo, non solo sarebbe stato impossibile farmi tornare alla considerazione dell’umanità di Cristo, ma – a dire il vero – sembrava anche a me un ostacolo.

Oh, Signore dell’anima mia e mio bene, Gesù Cristo crocifisso! Non c’è una sola volta in cui mi ricordi di questo pensiero senza provare una gran pena: mi sembra, infatti, di aver commesso un gran tradimento, sia pure per ignoranza.

4. […] È mai possibile, mio Signore, che io abbia potuto pensare anche solo per un’ora che voi mi sareste stato d’impedimento per un bene maggiore?

6. […] E che abbia potuto io, mio Signore, allontanarmi da voi nell’intento di servirvi meglio! Almeno, quando vi offendevo non vi conoscevo, ma che, conoscendovi, abbia pensato di trarne maggior profitto seguendo questa strada, oh, che strada sbagliata battevo, Signore! Anzi, come mi sembra, ero del tutto fuori strada. […] Io vedo chiaramente, e l’ho visto dopo quell’inganno, che per essere graditi a Dio e per ottenere che ci doni speciali grazie, egli vuole che si passi attraverso questa sacralissima umanità di Cristo, in cui Sua Maestà disse di compiacersi.

[…] 9. Che noi a bella posta procuriamo di disabituarci dal cercare con tutte le nostre forze di aver sempre dinanzi – piacesse al Signore che fosse davvero sempre! – questa sacratissima umanità, è ciò che – ripeto – non mi sembra ben fatto. È, come suol dirsi, un camminare per aria, perché allora l’anima sembra andare senza appoggio, pur nella ferma convinzione di essere piena di Dio. È molto importante, finché viviamo in veste umana, aver presente il Signore come uomo.

10. […] Noi non siamo angeli, ma abbiamo un corpo. Voler fare gli angeli, stando sulla terra, è una pazzia.

[…] Per questo è un bene, come ho detto, non adoperarci a cercare consolazioni spirituali; qualsiasi cosa succeda, stiamo abbracciati alla croce, che è una grande cosa.

[…] 11. Dio si compiace molto nel vedere un’anima prendere umilmente per mediatore suo Figlio. […] Quantunque abbia a soffrirne un po’, non giungerà mai a quella inquietudine e a quella pena di alcune persone che, se non si impegnano sempre a lavorare con l’intelletto e a far pratiche di devozione, pensano che tutto sia perduto, come se un così gran bene potesse essere merito dei loro sforzi.

Non dico che non ci si debba impegnare ad ottenerlo e a stare ben raccolti davanti a Dio, ma che, se non si riesce ad avere neppure un buon pensiero, non ci si disperi.

[…] 14. Voglio, dunque, concludere così: che quando pensiamo a Cristo, dobbiamo sempre ricordarci dell’amore con il quale ci ha fatto tante grazie, e di quello, immenso, che ci ha testimoniato dio col darcene tale pegno. Amore chiama amore, e anche se siamo agli inizi e tanto miserabili, cerchiamo di riflettere sempre su questa verità e di stimolarci all’amore» [Santa Teresa di Gesù, Vita 22].

5 commenti:

greg50 ha detto...

Ciao Chiara! Temevo di non rileggerti più sul blog, ma lo Spirito soffia, leggero e continuo.
Le citazioni di Teresina sono impegnative:ci tornerò sopra. Apprezzo il tono generale che 'smonta' un clima da 'pane degli angeli' che da decenni (secondo me) toglie all' Eucarestia le sua immensa Forza Divina. Spero di vederti all' Eremo questa estate. Un caro saluto. Greg

semedisalute ha detto...

Fuori da ogni discorso strettamente teologico... cosa risponderesti ad una persona scettica sulla presenza reale di Cristo nell'Eucarestia, e propensa invece a credere nella solo presenza dello Spirito in comunione con l'assemblea che commemora l'ultima cena?

Perdona la domanda non da poco catapultata qui in questo modo. Ma non vedo altro modo di prendere in mano la situazione se non esponendo nella maniera più diretta i miei dubbi.

Cecilia

cooksappe ha detto...

buona domanda! :o

chia ha detto...

ciao!

allora... caro greg... quella era teresa di gesù = teresa d'avila = "teresona", non teresina, = teresa di gesù bambino = teresa di lisieux!! comunque son contenta di quanto mi scrivi :o)

agli altri... eh già... buona domanda!
e lo so che mi caccerete degli accidenti, ma è una domanda a cui - così com'è posta - non si può rispondere, perchè bisognerebbe almeno chiarire cosa si intende per "presenza reale" e per "sola presenza dello Spirito in comunione con l'assemblea che commemora (termine che non va bene) l'ultima cena"...
scusa se sono un po' puntigliosa, ma come spiegavo nel post, c'è una teologia di scuola molto avanti su questa riflessione che però non è ancora stata recepita dal sentire comune, nè ratificata dal magistero. però contemporaneamente la vecchia teologia preconciliare ci fa cadere esattamente nei dilemmi che anche tu proponi, senza riuscire a uscirne sani e salvi (cioè senza perdere pezzi di dogma)...
poi, sai, su queste cose la gente già lungo la storia s'è scannata... e io non ho voglia di far da vittima sacrificale...
perciò... 3 cose:
1- è un discorso molto lungo (un commento a un post non è il lugoo adatto per parlarne);
2- se volete continuiamo il discorso in privato (via mail);
3- non si sbaglia mai se si resta al vangelo: Gesù prese il pane e il vino... e disse "questo è il mio corpo, questo è il mio sangue"... "fate questo in memoria di me"...

Denise Cecilia ha detto...

Grazie per la tua risposta, Chia.
Sul punto tre non posso che dichiararmi d'accordo, ma in quanto teologa sai meglio di me che non sempre l'interpretazione letterale è corretta.
Ben volentieri perciò continuerei il confronto via mail: mi rendo conto che non si parlare di questa cosa escludendo in toto la teologia (nè lo vorrei), ma penso ci sia anche un modo per arrivare al punto come ci arrivano i semplici, intesi come ingenui e impreparati concettualmente.

Non parlare, però, di vittima sacrificale ;)
Mi sono esposta certa di trovare in te un'interlocutrice pacata; e ti garantisco che non è mia intenzione dare il via a qualche diatriba intellettuale.
Io voglio, banalmente, poter avere uno spunto in più per orientarmi (non per decidere a tavolino) in quella che è una mia difficoltà oggettiva e concreta: non mi faccio paranoie perché non so subito a cosa credere, mi preoccupa però la prospettiva di languire nell'incertezza a tempo indeterminato, di non arrivare ad accostarmi al sacramento o rito commemorativo che sia in modo adeguato - adeguato perché compreso nel profondo e sentito come veritiero.

[cecilia2day@gmail.com]

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