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martedì 11 giugno 2013

XI Domenica del Tempo Ordinario (C)


Dal secondo libro di Samuèle (2Sam 12,7-10.13)

In quei giorni, Natan disse a Davide: «Così dice il Signore, Dio d’Israele: Io ti ho unto re d’Israele e ti ho liberato dalle mani di Saul, ti ho dato la casa del tuo padrone e ho messo nelle tue braccia le donne del tuo padrone, ti ho dato la casa d’Israele e di Giuda e, se questo fosse troppo poco, io vi aggiungerei anche altro. Perché dunque hai disprezzato la parola del Signore, facendo ciò che è male ai suoi occhi? Tu hai colpito di spada Urìa l’Ittìta, hai preso in moglie la moglie sua e lo hai ucciso con la spada degli Ammonìti. Ebbene, la spada non si allontanerà mai dalla tua casa, poiché tu mi hai disprezzato e hai preso in moglie la moglie di Urìa l’Ittìta». Allora Davide disse a Natan: «Ho peccato contro il Signore!». Natan rispose a Davide: «Il Signore ha rimosso il tuo peccato: tu non morirai».

 

Dalla lettera di san Paolo apostolo ai Gàlati (Gal 2,16.19-21)

Fratelli, sapendo che l’uomo non è giustificato per le opere della Legge ma soltanto per mezzo della fede in Gesù Cristo, abbiamo creduto anche noi in Cristo Gesù per essere giustificati per la fede in Cristo e non per le opere della Legge; poiché per le opere della Legge non verrà mai giustificato nessuno. In realtà mediante la Legge io sono morto alla Legge, affinché io viva per Dio. Sono stato crocifisso con Cristo, e non vivo più io, ma Cristo vive in me. E questa vita, che io vivo nel corpo, la vivo nella fede del Figlio di Dio, che mi ha amato e ha consegnato se stesso per me. Dunque non rendo vana la grazia di Dio; infatti, se la giustificazione viene dalla Legge, Cristo è morto invano.

 

Dal Vangelo secondo Luca (Lc 7,36-8,3)

In quel tempo, uno dei farisei invitò Gesù a mangiare da lui. Egli entrò nella casa del fariseo e si mise a tavola. Ed ecco, una donna, una peccatrice di quella città, saputo che si trovava nella casa del fariseo, portò un vaso di profumo; stando dietro, presso i piedi di lui, piangendo, cominciò a bagnarli di lacrime, poi li asciugava con i suoi capelli, li baciava e li cospargeva di profumo. Vedendo questo, il fariseo che l’aveva invitato disse tra sé: «Se costui fosse un profeta, saprebbe chi è, e di quale genere è la donna che lo tocca: è una peccatrice!». Gesù allora gli disse: «Simone, ho da dirti qualcosa». Ed egli rispose: «Di’ pure, maestro». «Un creditore aveva due debitori: uno gli doveva cinquecento denari, l’altro cinquanta. Non avendo essi di che restituire, condonò il debito a tutti e due. Chi di loro dunque lo amerà di più?». Simone rispose: «Suppongo sia colui al quale ha condonato di più». Gli disse Gesù: «Hai giudicato bene». E, volgendosi verso la donna, disse a Simone: «Vedi questa donna? Sono entrato in casa tua e tu non mi hai dato l’acqua per i piedi; lei invece mi ha bagnato i piedi con le lacrime e li ha asciugati con i suoi capelli. Tu non mi hai dato un bacio; lei invece, da quando sono entrato, non ha cessato di baciarmi i piedi. Tu non hai unto con olio il mio capo; lei invece mi ha cosparso i piedi di profumo. Per questo io ti dico: sono perdonati i suoi molti peccati, perché ha molto amato. Invece colui al quale si perdona poco, ama poco». Poi disse a lei: «I tuoi peccati sono perdonati». Allora i commensali cominciarono a dire tra sé: «Chi è costui che perdona anche i peccati?». Ma egli disse alla donna: «La tua fede ti ha salvata; va’ in pace!». In seguito egli se ne andava per città e villaggi, predicando e annunciando la buona notizia del regno di Dio. C’erano con lui i Dodici e alcune donne che erano state guarite da spiriti cattivi e da infermità: Maria, chiamata Maddalena, dalla quale erano usciti sette demòni; Giovanna, moglie di Cuza, amministratore di Erode; Susanna e molte altre, che li servivano con i loro beni.

 

«… ecco una donna, con un vaso di profumo…

 … dove ha trovato questo coraggio, di sfidare un pubblico ‘perbene’ ed entrare già con l’intenzione di inondare Gesù della sua tenerezza? Perché questo, ovviamente, era il suo tormento: trovare qualcuno che si lasci davvero amare, curare e accudire, ma non a pagamento… Cercare qualcuno cui donarsi davvero “gratis”, per amore. È la sua unica possibilità di sapere che qualcuno la ama! Chissà quali parole o gesti di Gesù le hanno infuso questa fiducia di essere accolta e poter osare una libertà che sbalordisce il padrone di casa – e conquista la “scandalosa” connivenza di Gesù. E’ la prima persona veramente libera che Gesù incontra. Ha sperimentato in qualche modo che Gesù, a differenza di tutti gli altri, invece che schiacciarle addosso la pietra tombale del suo disgraziato mestiere, l’avrebbe accolta e amata, con tale fiducia e condiscendenza, da lasciarsi amare da lei con tutti i “sensi” dell’anima e del corpo… E proprio su questo Gesù richiama l’attenzione (vedi questa donna?), enumerando di nuovo i suoi gesti di tenerezza appassionata: con gli occhi (con lacrime irrorò i miei piedi); con i capelli (li asciugò); con le labbra (non smise di baciare i miei piedi!); con le mani (di profumo unse i miei piedi)  … Lacrime e baci, carezze e capelli, profumo e contatto della pelle … che impregnano di sensualità amante i suoi piedi, lui tutto, … e l’intera casa. Le sono perdonati i molti suoi peccati perché ha molto amato!».

Giuliano

Ho voluto iniziare la riflessione sulle letture (bellissime!) di questa Undicesima Domenica del tempo ordinario con un pezzo significativo della lectio di Giuliano di sei anni fa… perché mi pare “metta lì” proprio bene quella che chiamerei l’ “icona” di questa donna, se “icona” non suonasse alle nostre orecchie occidentali come qualcosa di meramente simbolico, nel senso debole che si dà a questa parola oggi… “Icona” e “simbolo” sono invece parole forti, parole in cui non solo è evocata o rimandata una realtà, ma in cui essa è significata davvero. In questo senso la donna che Luca ci presenta in questo suo settimo capitolo è realmente icona, perché in lei si convogliano le esperienze storiche di tante donne di tanti tempi (oserei dire: di tutte le donne di tutti i tempi), ma non in una maniera che rende stereotipa, evanescente, meramente esemplificativa la sua vicenda: la sua storia, la sua esperienza, la sua relazione a Gesù è la sua… eppure è così vera che – avendo intercettato le coordinate fondamentali del suo essere donna – intercetta contemporaneamente quelle di ognidonna:

-  Il bisogno di una visibilità pubblica dell’unicità del proprio amore;

-  La “necessità” di sciogliersi in un’intimità che non ha ombre né paure;

-  La condiscendenza dell’altro, «certezza di “indovinare”, questa volta, come amare».

- 

L’essere cioè guardata senza essere violentata, da quell’unico sguardo che permette di farsi vedere davvero, nella propria intimità più intima, senza dover costruire maschere, accettare etichette, fare continuamente i conti col “non essere come l’altro ti vuole/vorrebbe”… senza dover fare l’amore per soddisfare «le carezze di un animale» (De Andrè) o per ricatto o «per avercelo garantito» (De Andrè).

 

E questa qui è l’icona a cui Gesù chiede di guardare: «vedi questa donna?».

È dentro a questo specchio qui che il cristiano si deve guardare… Perché di fronte a quello che qui è raccontato (nel vangelo!!!) crollano tante (tutte?) le impalcature che ci siamo preconfezionati per scansare sempre – almeno un attimo prima – questo sguardo o l’intimità della gente… che così abbandoniamo e tradiamo veramente, rifugiandoci nelle nostre liturgie, nei nostri dogmi, nelle nostre banalissime pacche sulle spalle… senza mai entrare nei drammi veri della gente che ci vive accanto, nei suoi abissi, nelle sue disumanizzazioni… che anche noi – come figli di questo mondo – abbiamo contribuito a creare, o a rilanciare, o ad ignorare…

 

Quanta troppa poca gente rimandiamo in pace… come chiesa, come cristiani, come persone singole, impastate delle stesse paure e fragilità degli altri, dei loro stessi tradimenti e infedeltà, schifezze e meschinità, dimentichi che se appariamo solo po’ più bravini, lucidi, solidi, integerrimi, forti, è solo perché siamo dei privilegiati tra i derelitti della storia, ancora convinti che è per le nostre buone opere che siamo così (giusti!!?!?)… e non perché a noi è stata fatta una carezza e agli altri no; e non perché noi abbiamo da mangiare (tutti i cibi di cui si sazia l’uomo: pane, affetto, un tetto, un’istruzione, …) e gli altri no… Con una mentalità ancora anticotestamentaria per cui l’elezione (mia) è a scapito della non-elezione (di qualcun altro)… come se il nostro privilegio fosse un premio per le nostre opere buone e la loro dannazione (in terra) fosse figlia delle loro opere cattive (dei loro peccati, della loro ottusità, della loro malvagità o sfrenatezza)… Diceva un amico (il biblista Luca Moscatelli) in proposito: di fronte al mandato «tutto ciò che legherai sulla terra sarà legato nei cieli, e tutto ciò che scioglierai sulla terra sarà sciolto nei cieli» (Mt 16,19) dovremmo avere un sussulto di gioia perché a noi è dato di “sciogliere” tutti… e non dovremmo far altro che vivere per rimandare in pace la gente… e invece abbiamo fatto anche di questo un potere… sciogliendo qualcuno e non sciogliendo qualcun altro abbiamo inserito una discriminazione, su cui fondare il nostro potere…

 
Ecco… è il volto di dio che fonda questa discriminante (perché lui discriminatorio per primo) che Gesù – per tutta la sua vita e la sua morte – ha voluto distruggere… per rivelare l’unico vero Dio, l’Abbà suo… e nostro… che si tiene lì tra le sue braccia una prostituta (resa tale dagli uomini, come è di ogni donna) perché lui ci vede solo una “piccola” da pacificare – inglobandola nella sua tenerezza.

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