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venerdì 8 agosto 2014

XIX Domenica del Tempo Ordinario


Dal primo libro dei Re (1Re 19,9.11-13)

In quei giorni, Elia, [essendo giunto al monte di Dio, l’Oreb], entrò in una caverna per passarvi la notte, quand’ecco gli fu rivolta la parola del Signore in questi termini: «Esci e fèrmati sul monte alla presenza del Signore». Ed ecco che il Signore passò. Ci fu un vento impetuoso e gagliardo da spaccare i monti e spezzare le rocce davanti al Signore, ma il Signore non era nel vento. Dopo il vento, un terremoto, ma il Signore non era nel terremoto. Dopo il terremoto, un fuoco, ma il Signore non era nel fuoco. Dopo il fuoco, il sussurro di una brezza leggera. Come l’udì, Elia si coprì il volto con il mantello, uscì e si fermò all’ingresso della caverna.

 

Dalla lettera di san Paolo apostolo ai Romani (Rm 9,1-5)

Fratelli, dico la verità in Cristo, non mento, e la mia coscienza me ne dà testimonianza nello Spirito Santo: ho nel cuore un grande dolore e una sofferenza continua. Vorrei infatti essere io stesso anàtema, separato da Cristo a vantaggio dei miei fratelli, miei consanguinei secondo la carne. Essi sono Israeliti e hanno l’adozione a figli, la gloria, le alleanze, la legislazione, il culto, le promesse; a loro appartengono i patriarchi e da loro proviene Cristo secondo la carne, egli che è sopra ogni cosa, Dio benedetto nei secoli. Amen.

 

Dal Vangelo secondo Matteo (Mt 14,22-33)

[Dopo che la folla ebbe mangiato], subito Gesù costrinse i discepoli a salire sulla barca e a precederlo sull’altra riva, finché non avesse congedato la folla. Congedata la folla, salì sul monte, in disparte, a pregare. Venuta la sera, egli se ne stava lassù, da solo. La barca intanto distava già molte miglia da terra ed era agitata dalle onde: il vento infatti era contrario. Sul finire della notte egli andò verso di loro camminando sul mare. Vedendolo camminare sul mare, i discepoli furono sconvolti e dissero: «È un fantasma!» e gridarono dalla paura. Ma subito Gesù parlò loro dicendo: «Coraggio, sono io, non abbiate paura!». Pietro allora gli rispose: «Signore, se sei tu, comandami di venire verso di te sulle acque». Ed egli disse: «Vieni!». Pietro scese dalla barca, si mise a camminare sulle acque e andò verso Gesù. Ma, vedendo che il vento era forte, s’impaurì e, cominciando ad affondare, gridò: «Signore, salvami!». E subito Gesù tese la mano, lo afferrò e gli disse: «Uomo di poca fede, perché hai dubitato?». Appena saliti sulla barca, il vento cessò. Quelli che erano sulla barca si prostrarono davanti a lui, dicendo: «Davvero tu sei Figlio di Dio!».

 

Anche l’episodio che la liturgia ci narra in questa diciannovesima domenica del tempo ordinario, come quello di settimana scorsa della moltiplicazione dei pani (di cui quello odierno è la diretta continuazione) è molto noto.

Sono molti gli aspetti su cui ci si potrebbe soffermare, ma quest’anno mi ha colpito in particolare la frase di Pietro: «Signore, se sei tu, comandami di venire verso di te sulle acque».

Egli è sulla barca, con gli altri discepoli, di notte, distante «già molte miglia da terra», con il vento contrario… senza Gesù, che non era andato con loro per salire «sul monte, in disparte, a pregare».

In questa situazione, vede qualcuno avvicinarsi alla barca, qualcuno che cammina sul mare. Lui, insieme ai suoi compagni, scambia questa figura che gli si fa vicino per un fantasma e grida di paura. «Ma subito Gesù parlò loro dicendo: “Coraggio, sono io, non abbiate paura!”».

È a questo punto che Pietro pronuncia questa strana frase: «Signore, se sei tu, comandami di venire verso di te sulle acque».

Strana innanzitutto per quel «se sei tu»… perché – mi domando – “se è Lui” dovrebbe comandargli di venire verso di lui sulle acque? Inoltre, in che modo il fatto di comandargli di andare verso di Lui, attesterebbe che quella figura sta dicendo il vero, cioè è veramente il Signore e non un fantasma? Molte altre cose Pietro avrebbe potuto chiedere a quella persona che vedeva avvicinarsi per certificarne l’identità. Al massimo avrebbe dovuto dire: “Se sei tu, fammi capace di camminare anch’io sulle acque”… Invece dice: «comandami di venire verso di te sulle acque». Lega cioè il “se sei tu” con il “comandami”. Gesù è riconoscibile come Signore in quanto comanda.

È un aspetto decisamente inconsueto per l’idea che abbiamo del Signore. Eppure è un dato piuttosto presente nei vangeli: più volte e in varie forme è ricordata questa autorevolezza di Gesù (nei confronti dei demoni, delle folle, dei discepoli, ecc…). Certo, come in tutti i casi in cui si ha a che fare con Lui, le parole vanno riempite di significato non a prescindere, ma in conseguenza del suo agire e del suo muoversi sulla scena della storia… per cui non possiamo ovviamente intendere questo “comandare” di Gesù nel senso nostro classico di comandare, immediatamente associato all’idea del comando militare o dell’ordine autoritario. È un altro il modo di comandare di Gesù, forse più vicino all’idea della guida che a quella del capo… Ma indubbiamente c’è questo aspetto: Gesù è percepito da Pietro come colui che si fa riconoscere nel suo comandare.

E, in particolare, Pietro chiede che il Signore gli comandi di andare verso di lui sulle acque: gli chiede cioè che gli comandi di farglisi vicino, nonostante un ostacolo impossibile da oltrepassare, le acque agitate dal vento.

Noi non sappiamo quanto, di questo episodio, sia effettivamente accaduto in questa dinamica e quanto invece, nella sua redazione, sia il frutto di un intento teologico: ma, in un caso come nell’altro, l’intenzione dell’autore (che – ricordo – è Parola di Dio: per la Chiesa infatti è Parola di Dio quello che l’autore ha inteso scrivere ed è proprio per questo si fanno così grandi studi per cercare di ricostruirlo) è mostrare la relazione discepolare: rivelare chi è il Signore e dunque chi siamo noi, suoi discepoli.

E alla questione sull’identità di Gesù e dunque sulla nostra, il brano risponde: il Signore è colui che ci si fa prossimo e – a fronte del nostro non riconoscimento – si presenta come qualcuno di cui non avere paura, perché – dice di sé – «Sono io», cioè «Io sono» (che è il nome di Dio: JHWH)… lo stesso Dio che già conoscete dalla storia della salvezza, il Dio di Abramo, di Isacco, di Giacobbe, di Mosè, di Elia…

E di fronte alla domanda umana di un comando – che potremmo tradurre nel nostro gergo più moderno: “Cosa devo fare?” – per poter farci a lui vicini dal luogo (esistenziale) in cui ci troviamo (che è sempre un mare – sinonimo nella Bibbia del male, in tutte le sue forme – agitato), lui risponde: «Vieni!».

La barca, distante «già molte miglia da terra», con il vento contrario, di notte, insieme ad altri poveri martiri… assomiglia molto alla nostra vita sempre precaria, sempre approssimativa, sempre immersa in un male che patiamo o abbiamo patito, che facciamo o abbiamo fatto, che vediamo dentro e fuori di noi e ci lascia impotenti…

Ebbene, lì il Signore si approssima, dice «Coraggio, sono io, non abbiate paura!»… lì, alla nostra domanda “Cosa dobbiamo fare per poterti avere vicino? Come possiamo fare per superare questo mare/male?”, lui risponde: «Vieni!». Risponde cioè dicendo che non c’è nessuna acqua agitata, nessun male (fatto, subito o visto) che possa impedirci di stargli vicino.

Ecco come il Signore comanda, ecco come il Signore si fa nostra guida: usando l’imperativo “Vieni!”, vienimi vicino, non temere nessun male (fatto, subito o visto), non avere paura perché nessun male impedisce a me di essere “Io sono” e nessun male impedisce a te di “venire verso di me”.

 

E quando non ci crediamo e prendiamo paura e iniziamo ad accartocciarci e ad affondare (proprio come è accaduto a Pietro) la reazione del Signore è quella di tendere subito la mano e afferrarci, perché non ci sia nessun dubbio che, se anche noi non siamo all’altezza del dar credito alla sua parola che nessun male ci impedisce di stargli vicino, lui tradisca se stesso, diventando un Dio di cui aver paura (anche quando siamo peccatori – cioè quando non abbiamo fiducia nella sua Parola – il Signore vuole essere lasciato essere colui che non fa paura!)… infatti: «subito Gesù tese la mano e lo afferrò», subito cioè Egli si ri-rivela come il Signore che salva non il Signore che condanna o lascia morire… senza esitazione, nonostante Pietro abbia appena fatto il contrario di ciò che gli aveva detto… aveva dubitato… cioè aveva avuto paura!

«Appena saliti sulla barca, il vento cessò. Quelli che erano sulla barca si prostrarono davanti a lui, dicendo: “Davvero tu sei Figlio di Dio!”». Quello di cui non avere paura!

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