Pagine

ATTENZIONE!


Ci è stato segnalato che alcuni link audio e/o video sono, come si dice in gergo, “morti”. Se insomma cliccate su un file e trovate che non sia più disponibile, vi preghiamo di segnalarcelo nei commenti al post interessato. Capite bene che ripassare tutto il blog per verificarlo, richiederebbe quel (troppo) tempo che non abbiamo… Se ci tenete quindi a riaverli: collaborate! Da parte nostra cercheremo di renderli di nuovo disponibili al più presto. Promesso! Grazie.

lunedì 26 gennaio 2015

IV Domenica del tempo ordinario


Dal libro del Deuterònomio (Dt 18,15-20)

Mosè parlò al popolo dicendo: «Il Signore, tuo Dio, susciterà per te, in mezzo a te, tra i tuoi fratelli, un profeta pari a me. A lui darete ascolto. Avrai così quanto hai chiesto al Signore, tuo Dio, sull’Oreb, il giorno dell’assemblea, dicendo: “Che io non oda più la voce del Signore, mio Dio, e non veda più questo grande fuoco, perché non muoia”. Il Signore mi rispose: “Quello che hanno detto, va bene. Io susciterò loro un profeta in mezzo ai loro fratelli e gli porrò in bocca le mie parole ed egli dirà loro quanto io gli comanderò. Se qualcuno non ascolterà le parole che egli dirà in mio nome, io gliene domanderò conto. Ma il profeta che avrà la presunzione di dire in mio nome una cosa che io non gli ho comandato di dire, o che parlerà in nome di altri dèi, quel profeta dovrà morire”».

 

Dalla prima lettera di san Paolo apostolo ai Corìnzi (1Cor 7,32-35)

Fratelli, io vorrei che foste senza preoccupazioni: chi non è sposato si preoccupa delle cose del Signore, come possa piacere al Signore; chi è sposato invece si preoccupa delle cose del mondo, come possa piacere alla moglie, e si trova diviso! Così la donna non sposata, come la vergine, si preoccupa delle cose del Signore, per essere santa nel corpo e nello spirito; la donna sposata invece si preoccupa delle cose del mondo, come possa piacere al marito. Questo lo dico per il vostro bene: non per gettarvi un laccio, ma perché vi comportiate degnamente e restiate fedeli al Signore, senza deviazioni.

 

Dal Vangelo secondo Marco (Mc 1,21-28)

In quel tempo, Gesù, entrato di sabato nella sinagoga, [a Cafàrnao,] insegnava. Ed erano stupiti del suo insegnamento: egli infatti insegnava loro come uno che ha autorità, e non come gli scribi. Ed ecco, nella loro sinagoga vi era un uomo posseduto da uno spirito impuro e cominciò a gridare, dicendo: «Che vuoi da noi, Gesù Nazareno? Sei venuto a rovinarci? Io so chi tu sei: il santo di Dio!». E Gesù gli ordinò severamente: «Taci! Esci da lui!». E lo spirito impuro, straziandolo e gridando forte, uscì da lui. Tutti furono presi da timore, tanto che si chiedevano a vicenda: «Che è mai questo? Un insegnamento nuovo, dato con autorità. Comanda persino agli spiriti impuri e gli obbediscono!». La sua fama si diffuse subito dovunque, in tutta la regione della Galilea.

 

In questa Quarta Domenica del Tempo Ordinario, entriamo nel vivo del racconto di Marco. Infatti dopo il titolo («Inizio del vangelo di Gesù, Cristo, Figlio di Dio», Mc 1,1), il trittico sinottico (Battesimo di Giovanni Battista, Battesimo di Gesù e Tentazioni nel deserto, Mc 1,2-13) e il prologo letto e meditato domenica scorsa (Mc 1,14-20), dal v. 21 inizia il vero e proprio racconto della storia di Gesù.

La prima serie di episodi raccontati a partire dal versetto 21, fino a Mc 3,6, hanno «come motivo ricorrente una annotazione geografica: Cafarnao e il suo lago. Anzi la prima parte (1,21-34) costituisce una “giornata” [tipo] di Gesù. […] Ed è una giornata di sabato, come si dice all’inizio e come si lascia capire alla fine (le folle aspettano il tramonto del sole, cioè la fine del riposo sabbatico, per portare a Gesù gli ammalati)» [B. Maggioni, il racconto di Marco, Cittadella Ed., Assisi 199912, 40].

La liturgia della Parola spezza questa “giornata tipo” su due domeniche, la IV e la V del Tempo Ordinario (B). Ciò di cui ci dobbiamo occupare oggi è perciò quello che accade in questa prima parte di questa “giornata tipo”, non dimenticando che essa si completerà nel brano di vangelo di domenica prossima.

Il primo atto di questa vicenda consiste nell’entrare di Gesù – di sabato – nella sinagoga di Cafarnao.

Il sabato è il giorno di riposo per gli ebrei, vissuto con puntuale intransigenza soprattutto dal gruppo dei farisei; è un elemento della religiosità giudaica sul quale – sappiamo – Gesù spesso si scontrerà, tentando di riportare i suoi interlocutori allo spirito autentico del precetto sabbatico, riassumibile nell’espressione: «il sabato è stato fatto per l’uomo e non l’uomo per il sabato» (Mc 2,27).

Ma il sabato è anche il giorno in cui gli israeliti convenivano nella sinagoga per la preghiera e per la lettura e la spiegazione della Legge. Essa era un edificio – presente non solo nei grandi centri, ma anche nelle piccole città e villaggi – che durante la settimana fungeva da scuola (per i soli bambini maschi), mentre di sabato accoglieva gli adulti per la preghiera.

Tutti i partecipanti potevano essere invitati dal presidente a insegnare, non solo gli scribi e gli anziani. Inoltre, ogni israelita poteva chiedere la parola e intervenire. Ecco perché il fatto che Gesù prendesse la parola e insegnasse nella sinagoga di Cafarnao (come riporta il nostro brano evangelico) non è un elemento anomalo. Non è per questo che i presenti si stupiscono! Come dice il testo infatti essi non erano stupiti del fatto che Gesù insegnasse, ma della modalità del suo insegnamento: «infatti insegnava loro come uno che ha autorità, e non come gli scribi».

A questo punto del vangelo «a Marco non interessa dirci che cosa [Gesù] ha insegnato», ma il fatto che il suo modo di presentarsi, «diventi un problema per i presenti: che è mai questo? Ecco l’interrogativo centrale» [Maggioni].

E il punto su cui si attesta questo stupore è l’autorità con cui Gesù insegna. Autorità (in greco εξουσία, exusìa) «si potrebbe anche tradurre autorevolezza, potenza. Insomma è un po’ difficile tradurre il senso che ha in quel versetto, proprio perché autorevolezza è troppo debole, potenza è fin troppo trucido, perché non è una questione di muscoli. Questo termine è usato qui per indicare l’incomparabilità del modo con cui Gesù afferma e si afferma» [P.A. Sequeri durante il Corso di Teologia Fondamentale, 2002-2003]. Un’incomparabilità che si può riconoscere citando alcuni elementi del suo affermare e affermarsi:

-          per esempio quando “si permette” di dire «vi fu detto, ma io vi dico», dove quel “vi fu detto” fa riferimento a quanto è scritto nella Bibbia. È cioè un’espressione forte, traducibile così: “Nella Bibbia c’è scritto… ma io vi dico”…

-          oppure quando in Giovanni si autodefinisce “Io sono”, che a noi dice poco… ma che non è altro che il nome di Dio; e ad un orecchio ebraico, di certo, questo non sfuggiva;

-          oppure quando si attribuisce prerogative prettamente divine, per esempio quella di rimettere i peccati: «il Figlio dell’uomo ha il potere di perdonare i peccati sulla terra», (Mc 2,10);

-          infine quando con gesti e parole ordina agli eventi, al male, agli stessi capi religiosi del popolo, ai demoni...

Proprio come nel nostro brano, dove – sempre nella sinagoga – Gesù libera un uomo posseduto da uno spirito impuro.

«Il concetto di exusia è [quindi] il concetto di potere, sovranità, signoria, esibita da Gesù, in quella forma che fa la differenza per i suoi interlocutori, sia popolari che dotti, perché anche immaginandosi al meglio la figura di un profeta, fosse anche degli ultimi tempi, il protagonismo con il quale Gesù interviene nella sfera della Rivelazione è sorprendente, sconcertante e i vangeli lo registrano, registrando anche la conferma da parte di Gesù della percezione di questa scandalosità. Dice: “Beati quelli che non si scandalizzeranno” e “scandalizzeranno” qui vuol dire questo» [Sequeri]. Non scandalizzarsi del suo modo di affermare e affermarsi.

Intanto il vangelo testimonia che le reazioni intorno a lui sono di stupore e timore. Solo i demoni paiono cogliere davvero chi lui sia. Ma egli impone loro il silenzio. Egli infatti sa che questo suo modo di presentarsi sulla scena con autorità (con εξουσία) può essere ambiguo: le sue parole e i suoi gesti, che altro non vogliono che annunciare l’arrivo del regnare di Dio (e dunque la buona notizia per l’uomo della liberazione dal male), potrebbero invece essere fraintesi e considerati espressioni di forza cieca, che può agire tanto per il male che per il bene.

Ecco perché tutto il vangelo di Marco è percorso dal cosiddetto “segreto messianico”, cioè dalla pervicace insistenza di Gesù a non essere immediatamente riconosciuto come messia: è quanto dicevamo nelle domeniche passate con l’immagine dello stare giù dal palco di Gesù. Egli ha paura che identificandolo/riconoscendolo come messia, la gente, i suoi stessi discepoli, possano fraintendere invece che comprendere la sua identità.

Ecco perché tutto il vangelo di Marco – che come sappiamo è costruito sulla domanda “Chi è Gesù?” – non vuole che si risponda a questa domanda se non alla fine, sotto la croce, quando sarà un centurione romano a dire di lui “Davvero quest’uomo era il figlio di Dio”.

Nell’iniziare allora il suo percorso pubblico, Gesù tenta – senza farsi riconoscere come messia, anzi mettendo a tacere chi vuole dirlo e scrollandosi di dosso ogni etichetta – di mostrarsi, di farsi conoscere e contemporaneamente di far conoscere Dio, suo Padre.

E lo fa, da un lato, ponendo immediatamente un gesto di liberazione dal male, a dire che quando Dio arriva, per l’uomo è (solo) una buona notizia: l’uomo è liberato dal male. A noi uomini sempre un po’ paurosi di fronte al venire di Dio, che temiamo sia un venire giudicante e in fin dei conti punitivo, egli annuncia che invece inequivocabilmente l’arrivo di Dio è un vangelo, un lieto annuncio, una bella notizia, appunto.

In secondo luogo, Gesù si pone con una autorità imprevista (per chi aveva davanti solo un uomo), tanto che si presenta trasgredendo una legge di Dio: il riposo sabbatico (non dimentichiamoci mai che Gesù verrà condannato come bestemmiatore, perché “si è fatto come Dio”, cioè per motivi religiosi). Eppure in quella sua trasgressione c’è come un inveramento: il senso profondo del precetto sabbatico era infatti di essere “per l’uomo” e non “contro l’uomo”.

Di nuovo, dunque, Gesù, senza rivelarsi come messia, anzi proprio grazie al suo non rivelarsi come messia, rivela il vero volto del Padre: Dio è colui che è “per l’uomo” mai “contro l’uomo”. E per essere “per l’uomo” è disposto anche a trasgredire quella legge che lui stesso aveva posto… perché lui l’aveva posta “per l’uomo”, mentre l’uomo (religioso) aveva finito per usarla “contro l’uomo”.

Ecco ciò che Gesù è venuto a fare: disincrostare il volto di Dio che la religione aveva distorto… e che – purtroppo – continuerà a distorcere anche dopo Gesù.

Ecco perché è importante tornare continuamente a spaccarsi la testa su questi testi… per custodire disincrostato il volto di Dio, per toglierlo dal distorcimento cui ad ogni passo siamo tentati di sottoporlo… perché il dio della religione è più rassicurante, ci permette di ergerci a suoi custodi, “contro l’uomo”, cioè “contro gli altri uomini”.

Nessun commento:

Posta un commento

Related Posts Plugin for WordPress, Blogger...

I più letti in assoluto

Relax con Bubble Shooter

Altri? qui

Countries

Flag Counter