Pagine

ATTENZIONE!


Ci è stato segnalato che alcuni link audio e/o video sono, come si dice in gergo, “morti”. Se insomma cliccate su un file e trovate che non sia più disponibile, vi preghiamo di segnalarcelo nei commenti al post interessato. Capite bene che ripassare tutto il blog per verificarlo, richiederebbe quel (troppo) tempo che non abbiamo… Se ci tenete quindi a riaverli: collaborate! Da parte nostra cercheremo di renderli di nuovo disponibili al più presto. Promesso! Grazie.

giovedì 3 aprile 2008

Le vie d'accesso al Signore Risorto

Anche in questa terza domenica di Pasqua, la Chiesa, nella liturgia, ci invita a soffermarci sul mistero della Risurrezione; questa insistenza non deve stupirci perchè quest’evento, che è il centro sorgivo di tutto il fermento cristico, si presenta tanto inaudito e smisurato, da risultare inesauribile nella sua com-prensione.
Infatti, per come ne parlano i testi neotestamentari e per come è stata vissuta dalla comunità credente, la Risurrezione di Cristo è un evento che ha in sé un tale novum da risultare scardinante le stesse fondamenta della vita umana, per cui i consueti schemi interpretativi della realtà (anche quelli religiosi) risultano inadeguati.
E di fatti, per esempio, non si può parlare per Gesù di una semplice ri-vitalizzazione del suo corpo. La sua non è l’esperienza di Lazzaro, che richiamato in vita, dovrà poi però di nuovo incontrarsi con la morte.
In questo senso un modo chiaro per spiegare questa differenza è il cosiddetto “schema delle stanze”. Esso mostra come l’uomo abbia sempre conosciuto solo 2 stanze, 2 mondi, quello dei vivi e quello dei morti, senza ulteriori possibilità: chi vive è destinato a finire nella tomba e a restarci. La soglia tra la prima stanza (la vita) e la seconda (la tomba) è naturalmente la morte fisica. Lazzaro in questa prospettiva, morendo, passerebbe dalla prima stanza alla seconda, ma poi, attraverso la nuova chiamata alla vita da parte di Gesù («Lazzaro, vieni fuori!», Gv 11,43), farebbe il percorso inverso: dalla seconda stanza (regno dei morti) alla prima (mondo della vita).
Non altrettanto si può dire invece per Gesù: Egli non torna indietro nella prima stanza, ma per Lui è come se si spalancasse una terza e nuova stanza, inaudita per l’uomo: il mondo di Dio. Egli, morendo, passa dalla prima alla seconda stanza, ma, risorgendo, fa un ulteriore avanzamento! Passa infatti dalle mani della morte a quelle della nuova Vita, la vita di Dio, attraverso la nuova soglia della Risurrezione.
Ed è questa novità inaudita, questo accesso mai percorso prima, questa possibilità solo da lui abilitata ad essere vissuta, ciò che rende così sproporzionato l’evento di Risurrezione rispetto all’abituale comprensione che l’uomo ha delle dinamiche del vivere e del morire.
È quello che i Vangeli a modo loro cercano di mostrare nella forma del racconto. Essi infatti parlando di Gesù risorto, sebbene ne mettano in luce per un verso una continuità con il Gesù in carne ed ossa che percorreva le strade della Palestina prima di finire appeso ad una croce (il crocifisso è il risorto), ne mostrano però allo stesso tempo anche una diversità sorprendente.
Per esempio si parla di Gesù che «Venne a porte chiuse» dai suoi discepoli (Gv 20,26), ma che allo stesso tempo mangiò con loro (Gv 21). Soprattutto si parla di quello strano fenomeno che si ripete diverse volte e che è il mancato riconoscimento di Gesù stesso. Maria di Magdala, vedendolo, lo scambia per il custode del giardino («Essa, pensando che fosse il custode del giardino, gli disse: “Signore, se l'hai portato via tu, dimmi dove lo hai posto e io andrò a prenderlo”», Gv 20,15); i discepoli non si accorgono che chi gli si fa vicino sulle rive del Lago di Tiberiade è proprio Lui («Quando già era l'alba Gesù si presentò sulla riva, ma i discepoli non si erano accorti che era Gesù», Gv 21,4); e infine, in modo ancora più clamoroso, perché prolungato, i discepoli di Emmaus non si accorgono che è Lui che camminava con loro («Mentre conversavano e discutevano insieme, Gesù in persona si avvicinò e camminava con loro. Ma i loro occhi erano impediti a riconoscerlo», Lc 24,15-16).
Ed ecco che alla luce di questo problema, sentito davvero come significativo dalla prima comunità cristiana – Come riconoscere il Cristo risorto? – si fanno strada le prime risposte; si vogliono cioè indicare quali siano per i discepoli di qualsiasi epoca, le vie di accesso per il riconoscimento, e dunque l’incontro col Signore risorto.
E la portata del problema non deve sfuggire, soprattutto a noi, discepoli di 2000 anni dopo: com’è possibile per me oggi incontrare il Signore in persona? È possibile, visto che io non c’ero allora? È possibile per me che non l’ho mai visto in carne ed ossa? O dopo la sua Risurrezione è possibile solo un ricordo di Lui?
No, rispondono i Vangeli: non è possibile solo un ricordo di ciò che è stato, ma si danno alcune vie reali e attuali di accesso al Signore. E il Vangelo di Luca nel capitolo 24 (quello appunto che racconta dei discepoli di Emmaus) è stato scritto proprio per indicarle:
1- Le Scritture: «“Stolti e lenti di cuore a credere in tutto ciò che hanno detto i profeti! Non bisognava che il Cristo patisse queste sofferenze per entrare nella sua gloria?”. E, cominciando da Mosè e da tutti i profeti, spiegò loro in tutte le Scritture ciò che si riferiva a lui». Le Scritture dunque come via d’accesso all’incontro col Risorto. Esse infatti sono lo strumento essenziale per la comprensione di Gesù e in particolare del suo morire. I discepoli di Emmaus infatti si sentono dare degli scemi proprio su questo punto: perché hanno mostrato di non capire la morte; di non capire che il Cristo doveva morire e soltanto così entrare nella sua gloria, in quella gloria che è la sua e non quella degli altri, quella che gli altri s’aspettavano. Ed è solo la spiegazione delle Scritture, la narrazione della sua storia, che mette in condizione di ripensare alla morte come il luogo preciso in cui si capisce chi è Gesù e si vede la sua gloria;
2- L’accoglienza dell’altro, l’ospitalità dello straniero (tale infatti consideravano Gesù, data la sua ignoranza sui recenti fatti accaduti a Gerusalemme: «Solo tu sei forestiero a Gerusalemme! Non sai ciò che vi è accaduto in questi giorni?»): «egli fece come se dovesse andare più lontano. Ma essi insistettero: “Resta con noi, perché si fa sera e il giorno è ormai al tramonto”». I discepoli di Emmaus aiutano il fratello in pericolo, accolgono l’altro, ospitano lo straniero e proprio in questo Luca mostra esserci l’anello decisivo: senza di esso Gesù se ne sarebbe andato. E infatti è proprio questa dedizione per l’altro l’effettivo analogo della passione di Gesù, della sua dedizione per lo straniero, la donna e persino per il discepolo peccatore;
- E infatti l’ultima via d’accesso che Luca pone in campo in questo brano è lo spezzare del pane, il gesto anticipatore del senso della sua morte per noi: «Quando fu a tavola con loro, prese il pane, recitò la benedizione, lo spezzò e lo diede loro». È la ripetizione dei gesti della familiarità, di quegli stessi gesti che con il dono effettivo poi in croce del suo corpo e del suo sangue avevano ormai assunto un significato di dedizione ben preciso.
Ecco allora che vederlo nella sua gloria accade per loro, per noi, per tutti nelle stesse condizioni, non solo per chi era contiguo all’evento, ma per chiunque, perché ripensando la storia, illuminati dalle Scritture, nell’esercizio della dedizione che supera la distanza, gli occhi si aprono e lo vedi.
È la concomitanza e l’intreccio di queste disposizioni interiori che dischiude l’accesso all’incontro personale col Risorto; e questa relazione con lui non è nient'altro che la fede. Essa appunto è questo incontrarsi della libertà del Risorto con la nostra, di modo che anche per noi si dia la vita nuova, perché «la morte non è morte, se giunge prima che l’amore finisca», come scrive Raniero La Valle.

Nessun commento:

Posta un commento

Related Posts Plugin for WordPress, Blogger...

I più letti in assoluto

Relax con Bubble Shooter

Altri? qui

Countries

Flag Counter