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giovedì 13 gennaio 2011

II Domenica del Tempo Ordinario: “Ecco l’agnello di Dio”

Dopo i tempi forti dell’Avvento e del Natale, che hanno inaugurato questo nuovo anno liturgico all’insegna della lettura e dell’approfondimento del vangelo di Matteo, domenica incomincia il Tempo Ordinario… Così – dopo aver pensato e celebrato il mistero dell’avvento dell’incarnazione e i momenti iniziali della drammatica storica del Figlio di Dio, nonché Figlio dell’Uomo – oggi iniziamo ad inoltrarci nel racconto della cosiddetta “vita pubblica” di Gesù, dunque nel mistero della sua identità.


Già domenica scorsa con la festa del Battesimo del Signore, il nostro sguardo si era staccato da Gesù fanciullo, per concentrarsi su Gesù trentenne, precisamente nel momento inaugurale del suo ministero pubblico, cioè l’incontro al Giordano con Giovanni Battista. Oggi – nuovamente – ci è riproposta la stessa scena, stavolta però secondo il racconto dell’evangelista Giovanni; una scena che dunque mostra tutta la sua rilevanza e che, proprio per la sua funzione logica di “gancio” tra i primi trent’anni della vita di Gesù (quelli da “sconosciuto” a Nazareth) e gli anni della manifestazione pubblica della sua identità/missione, chiude il Tempo di Natale e apre quello Ordinario, invitandoci ad una raddoppiata riflessione.

Fortunatamente l’evangelista Matteo e l’evangelista Giovanni – pur facendo riferimento al medesimo episodio della vita di Gesù – ne parlano a partire da punti di vista teologico-narrativi diversi, permettendo così anche a noi – cambiando punto di osservazione – di intercettare una nuova luce che illumina quel volto che entrambi vogliono tratteggiare.

Innanzitutto, va detto che l’evangelista Giovanni – a differenza di Matteo e Luca – non ha i vangeli dell’infanzia, per cui questo nostro brano, ha sì qualcosa che lo precede (il prologo poetico: «In principio era il Verbo…»; e l’episodio in cui il Battista è interrogato dai sacerdoti e dai leviti riguardo alla sua identità: «Io non sono il Cristo», «Io sono voce di uno che grida nel deserto: Rendete diritta la via del Signore, come disse il profeta Isaia»), ma mai, prima d’ora, in questo Quarto Vangelo, Gesù era entrato sulla scena: è infatti precisamente nel nostro brano che egli fa la sua comparsa: «Giovanni, vedendo Gesù venire verso di lui, disse…».

È come se – scenograficamente – l’occhio di bue per la prima volta si posasse su di lui… Eppure – nuovamente – senza che egli dica niente. Qualcun altro parla di lui: il Battista, appunto… Questo è il modo in cui l’evangelista Giovanni sceglie di presentare il suo protagonista: è Lui, è illuminato, ma – per ora – non si presenta da sé… altri dicono di lui… e sarà solo alla fine di tutta la narrazione evangelica, che il lettore/spettatore potrà dire chi è colui che viene introdotto in questo modo…

«Ecco l’agnello di Dio, colui che toglie il peccato del mondo! Egli è colui del quale ho detto: “Dopo di me viene un uomo che è avanti a me, perché era prima di me”. Io non lo conoscevo, ma sono venuto a battezzare nell’acqua, perché egli fosse manifestato a Israele», «Ho contemplato lo Spirito discendere come una colomba dal cielo e rimanere su di lui. Io non lo conoscevo, ma proprio colui che mi ha inviato a battezzare nell’acqua mi disse: “Colui sul quale vedrai discendere e rimanere lo Spirito, è lui che battezza nello Spirito Santo”. E io ho visto e ho testimoniato che questi è il Figlio di Dio».
… Una presentazione densissima… di questo personaggio/protagonista di cui Giovanni (evangelista) ci vuol raccontare la storia e che ha fatto entrare – illuminandolo – sulla scena… infatti di lui, la prima volta che i lettori/spettatori lo vedono viene detto che è l’agnello/servo di Dio, che toglie il peccato del mondo, che “era prima di me”, che lo Spirito è sceso e rimasto su di lui, che battezza/immerge nello Spirito Santo e che è Figlio di Dio!

Forse non subito cogliamo il senso di cosa vogliano dire questi titoli con cui viene indicato, forse non capiamo nemmeno fino in fondo il significato delle espressioni che si usano per indicare la sua identità/missione (e ci vorrà la lettura di tutto il vangelo per riempire queste parole del significato giusto – evangelico – che hanno e soprattutto per disinquinarle dai significati che abbiamo in testa noi… e poi tutta una vita per masticare, digerire essi miliare – almeno un po’ – l’identità/missione di questo agnello di Dio), ma, certo, già in prima battuta – anche senza capire tutto – di fronte ad una presentazione così c’è da rimanere spiazzati… Giovanni ottiene il suo scopo, affascinare e conquistare il lettore/spettatore… instillargli un’aspettativa promettente, che lo faccia decidere a mettersi in cammino dietro a quell’agnello di Dio, proprio come avverrà il giorno dopo per i discepoli di Giovanni (Battista): «Il giorno dopo Giovanni stava ancora là con due dei suoi discepoli e, fissando lo sguardo su Gesù che passava, disse: “Ecco l’agnello di Dio!”. E i suoi due discepoli, sentendolo parlare così, seguirono Gesù».

Così «il Vangelo ci aiuta a leggere in filigrana, sul percorso del Battista, le tappe di conversione di chiunque voglia accettare le sue indicazioni profetiche, per diventare o ridiventare discepolo di Gesù.



colui che viene dopo di te è più importante di te, anzi è l’unica cosa importante. Dunque colui che Giovanni (noi) andavamo cercando da una vita, non è “il mio compimento”. Noi, piuttosto, siamo il “suo” compimento! Perché era prima di noi e ci è passato avanti, perché viene dall’eternità del Padre… Se non s’illumina questo barlume, se non ti accorgi di questa stella nelle tenebre; se non ti morde dentro questo presagio che la tua ricerca e i tuoi affanni, la tua missione e le tue presunzioni, il compito o il senso su cui hai puntato la vita sono labili e transitori, e proprio perché impastati del tuo io, ti si sfaldano tra le mani, non si fa spazio dentro di te, per cercare davvero… E comunque non si può censurare troppo a lungo il senso di incompiutezza che ci cova dentro, per il troppo poco che siamo. Non si può far tacere la chiamata interiore ad una dislocazione da fare, che se non altro, diventa umiltà e implorazione. Perché è a questo livello che riconosciamo cosa voglia dire davvero il primo avviso pregiudiziale di Gesù : chi vuol venire dietro di me, rinneghi se stesso…Giovanni l’ha fatto fino a scoprirvi il senso definitivo e compiuto della sua missione…



 “Egli deve crescere ed io diminuire” (3,30). Anche per noi… i passi fatti, le fatiche del cammino, le persone che ci accompagnano, le ideologie con cui abbiamo interpretato e razionalizzato il suo vangelo e le nostre scelte (e che comunque dovevamo fare: sono il nostro battesimo penitente!), indicano con la loro fragilità e ambiguità dov’è il futuro, a cosa ci preparavano, verso dove ci spingevano. E ormai hanno realizzato il loro compito, devono ritrarsi per lasciare posto all’incontro, diversissimo per ognuno dei discepoli, ma passaggio assolutamente necessario per uscire dall’adolescenza … vocazionale cristiana, e diventare umilmente “responsabili” della propria fede. Per incontrare così la domanda nuda che Gesù ci rivolge, quando siamo fermi su questa soglia, incerti sul passo decisivo per la nostra vita: Chi cercate? (38)



L'uomo sul quale vedrai scendere e rimanere lo Spirito è lui che battezza in Spirito Santo. Questa era la promessa e garanzia che l’aveva sostenuto e aveva dato il respiro all’impegno di tutta la sua vita, la forza alla sua voce inascoltata nel deserto, il coraggio della verità pagata di persona, il senso al suo battesimo di penitenza… Colui che sembrava uno dei tanti devoti nella fila dei suoi battezzandi… era il vero Battezzatore e salvatore dell’umanità, smarrita e ferita come pecore senza pastore… Al principio ognuno, man mano che si immerge nelle funzioni, nelle scelte, negli impegni della sua vita cristiana e si spende nella faticosa ricerca di fedeltà e dedizione, crede di conoscere bene Colui per il quale ha dato la vita… Quanto più è grande la (piccola) dedizione di cui siamo capaci, e passano i giorni e gli anni, tanto più è la distanza che scopriamo da lui. Per questo l’insistenza accorata del Battista, diventa propria di chiunque ha provato a seguire Gesù, ed ha imparato a proprie spese a sottoscrivere, presto o tardi la sua dichiarazione perentoria: io non lo conoscevo!…



Ecco l’agnello di Dio!

Il giorno dopo, l’anno dopo, o il decennio dopo… arriva il momento che ti trovi seduto per terra come Pietro o Paolo, o smarrito nel viaggio come i due di Emmaus, in forme tanto diverse quanto le storie personali di ognuno. E allora scopri che la fede, così com’era, non ti serve più. Ma non per questo perdi lui: anzi rimane solo lui – e gli sparuti fratelli o sorelle che ti legano a lui! Rimangono questi segni o presagi profetici che Giovanni ha insegnato ai suoi discepoli… che li ha spinti ad iniziare l’avventura con Gesù, andando a conoscerlo “a casa sua”. Dunque, a non sfuggire, a non cercare capri espiatori, ma ad assumere la propria vita, e a prendere atto di dover iniziare di nuovo…. A livello liturgico e teologico la consapevolezza di questa destinazione cristiana è collaudata nella chiesa. Ad ogni Eucaristia si rinnova sacramentalmente agli invitati alla cena pasquale l’indicazione del Battista "Ecco l'Agnello di Dio che toglie i peccati del mondo". Gesù infatti non ha voluto salvarci con la parola, con i miracoli, con le grandi conversioni di popoli, ma con la sua fine innocente e mite sul Calvario, all’ora dell’immolazione degli agnelli pasquali… Dopo aver condiviso con i discepoli l’ultima cena e dopo aver “spiegato” tutto il suo amore ai loro cuori induriti, allora come oggi: li amò sino alla fine!» [Giuliano].

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